Padre Livio Fanzaga dai microfoni della sua Radio Maria non perde mai di vista di fare formazione, e azione apologetica per gli uomini e le donne che vogliono appartenere alla Chiesa senza se e senza ma. Nel settembre scorso la casa editrice Sugarcoedizioni di Milano ha pubblicato un saggio di padre Livio, sul Credo di san Paolo VI, il titolo dell’opera: “La Dottrina Cattolica. Il Credo antimodernista di San Paolo VI”.
Naturalmente il libro va letto e meditato passo dopo passo come sta facendo padre Livio ogni mattina in radio. E’ un testo che serve come nutrimento spirituale, che va completato attraverso un percorso di riflessione e di meditazione.
Nella prima Parte, il sacerdote, presenta il papa Paolo VI, un santo “vero”, come profeta del nostro tempo. Riconosciuto santo dalla Chiesa, non perché Papa, “ma per il suo alto profilo spirituale, morale e intellettuale, un profilo profetico straordinario, non compreso a suo tempo, ma che ora ci appare in tutto il suo valore”. Padre Livio, non manca di ricordare che Paolo VI, negli ultimi dieci anni ha vissuto una sistematica persecuzione, non tanto fuori dalla Chiesa, ma al suo interno. Pertanto, la sua elevazione agli altari gli restituisce giustizia e nello stesso tempo, la Chiesa propone un profeta di grande attualità.
Paolo VI, ha intuito, proprio dopo il Concilio Vaticano II che la Chiesa stava per essere investita da una crisi devastante. Per questo nel 1968 proclamò l’Anno della fede, compose lo straordinario documento che fu il “Credo del popolo di Dio”.
Secondo padre Livio, “non si comprende lo straordinario valore della Professione di fede di San Paolo VI se non la si colloca nel contesto del post-Concilio, quando i risultati di un lungo lavoro furono messi in discussione non solo dalle correnti tradizionaliste, ma anche da quelle moderniste, sempre più insidiose e virulente”.
Paolo VI viene eletto Sommo Pontefice nel conclave del 1963. Il nome scelto da Papa Montini indica il suo orientamento, quello di san Paolo, “l’apostolo delle genti, infatti, “il nome Paolo contiene già il suo programma: portare Cristo a tutti”.
Padre Livio accenna a quei tempi del Concilio a Roma quando lui giovane studente alla Gregoriana, iniziava a sentire e vedere ad affiorare i primi elementi della crisi di fede.
Il testo mette in luce il profondo amore per la Chiesa, nostra madre da parte del pontefice. “Essere membri della Chiesa è una grande gioia, amare la Chiesa è un dovere e servire la Chiesa è il compito di tutti noi. Come pure difendere la Chiesa, mai offendere la Chiesa, perché lei ci ha dato la fede”.
Del resto, questo è un imperativo che dovrebbe valere per chi si professa cristiano e in particolare per Radio Maria, nonostante gli scandali di certi uomini di Chiesa. “In ogni circostanza - scrive padre Livio - dobbiamo usare parole di figli, tenendo presente che dietro le debolezze umane c’è la presenza di Cristo, il Signore che vive nella Chiesa come l’anima nel suo corpo”.
Paolo VI chiude il Concilio, l’8 dicembre 1965, compiendo quasi un miracolo di equilibrio e di saggezza. Il testo di padre Livio pone la sua attenzione sulle due correnti che hanno messo in discussione il Concilio: la corrente tradizionalista e quella che lui chiama neo-modernista. La prima, puntava a uno scisma, come quella lefebvriana, la seconda metteva in discussione la stessa fede cattolica, ritenuta superata dalle conquiste della modernità. Il Papa è arrivato a sostenere che “il fumo di satana”, stava entrando all’interno della Chiesa stessa. In quell’occasione ha tenuto un discorso storico, profetico anche per il nostro tempo: “La religione del Dio che si è fatto uomo e la religione dell’uomo che si fa Dio”. Padre Livio evidenzia il secondo aspetto: “allora Paolo VI non immaginava che questa seconda religione sarebbe penetrata nella Chiesa, prima nelle élites e poi nel popolo, svuotando la fede e cercando di spingere la stessa Chiesa verso un sincretismo religioso, il cui fine ultimo sarebbe l’abolizione di Dio e il culto dell’uomo”.
Pertanto, oggi si può affermare secondo il direttore di Radio Maria, “che la religione che si fa Dio è quella vincente. Se in Occidente le chiese sono vuote è perché sta vincendo la religione dell’uomo che si mette al posto di Dio”.
Naturalmente padre Livio fa presente che per comprendere l’eresia modernista, contro il quale ha dovuto combattere Paolo VI, occorre risalire all’enciclica di Papa San Pio X, “Pascendi Dominici Gregis”, dove san Pio X, spiega che l’eresia modernista è “la somma di tutte le eresie, perché nega la possibilità stessa della divina Rivelazione, in quanto ogni religione, compresa quella cristiana, sarebbe una proiezione dello spirito umano e quindi passibile di cambiamenti”.
Per avere un’idea della situazione odierna che sta vivendo la Chiesa per quanto riguarda l’Europa, il testo cita il cardinale di Utrech, Wilem Jacobus Eijk, il quale sostiene che il nostro tempo è segnato dall’impostura anticristica. Portando come esempio la sua diocesi che aveva aperte 280 chiese, ora ne ha soltanto 15.
Padre Livio sottolinea il carattere missionario di Papa Paolo VI, e ci invita a meditare le commoventi parole pronunciate a Manila dinnanzi a una folla immensa di poveri e diseredati, è quello che deve fare anche Radio Maria.
Ancora una volta nel testo il sacerdote descrive la Via Crucis che ha dovuto sopportare Paolo VI, subito dopo il Concilio negli anni, dal 1966 al 1978, anni in cui il papa ha coraggiosamente difeso l’integrità della fede cattolica, attaccata alla sua stessa radice dalle correnti neomoderniste. Sono gli anni della tanto discussa e contestata enciclica “Humanae Vitae”. E proprio sulla contestazione al Papa che padre Livio ci invita a soffermarci. Paolo VI si considerava segno di contraddizione. “La Chiesa, attraversa oggi un momento di inquietudine. Molti si esercitano nell’autocritica, si direbbe persino nell’autodemolizione”. Si fa notare come l’espressione “autodemolizione della Chiesa” risuona frequentemente nelle parole di Paolo VI e, successivamente, anche di Benedetto XVI. “La Chiesa oggi, - sottolinea il sacerdote – si distrugge dal di dentro, quando non è più fedele a Cristo e mette in questione la fede”. E’ questa l’autodemolizione. Tutti si aspettavano una fioritura della fede, “un’espansione serena dei concetti maturati nella grande assisi conciliare, e invece la Chiesa viene colpita da chi ne fa parte”.
Risuona la frase che in innumerevoli occasioni abbiamo sentito risuonare: “Si credeva che dopo il, Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ invece venuta una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza”.
Il 30 giugno 1968 nella basilica di San Pietro pronuncia il famoso Credo del popolo di Dio, una professione di fede di una luminosità impressionante e, in quell’occasione, pronuncia una frase che è passata alla storia: “il Papa ha la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio”. Secondo padre Livio questa affermazione è attualissima, il fumo di satana si riferisce a un pensiero non cattolico che è penetrato nella Chiesa. Peraltro, è stato ben spiegato da Jean Guitton, amico del papa, con il quale ogni anno si trovava per un incontro fin da quando erano giovani. Tuttavia, è proprio al filosofo che Paolo VI confida i suoi timori “che un domani questo pensiero non cattolico diventi maggioritario, ma deve pur sussistere un piccolo gregge che rimanga fedele”.
Paolo VI muore il 6 agosto 1978, Andrè Frossard, grande intellettuale, comunista, convertito al cattolicesimo è lapidario: “la crudeltà del mondo lo ha ucciso”.
La seconda parte del libro è tutta dedicata alla “professione di fede di San Paolo VI”, che si apre con l’omelia in piazza San Pietro, dove il Papa, precisa che mentre si accinge a pronunciare il Credo, riprende sostanzialmente il Credo di Nicea, il Credo dell’immortale Tradizione della santa Chiesa di Dio.
“Noi siamo coscienti dell’inquietudine – afferma il Papa – che agita alcuni ambienti moderni in relazione alla fede. Essi non si sottraggono all’influsso di un mondo in profonda trasformazione, nel quale un così gran numero di certezze sono messe in contestazione o in discussione. Vediamo anche dei cattolici che si lasciano prendere da una specie di passione per i cambiamenti e le novità”.
Infatti, Paolo VI, senza nominare il modernismo, allude a quei cattolici che si lasciano influenzare dalle correnti egemoni del pensiero moderno, col rischio di mettere in discussione le verità rivelate e di intaccare gli insegnamenti della dottrina cristiana.
Così nell’attuale clima di “autodissoluzione della fede” e di “apostasia silenziosa”, “il Credo di Paolo VI, arricchito dagli insegnamenti del Catechismo della Chiesa cattolica, rappresenta una guida necessaria per non smarrire il cammino della verità e tenere accesa la lampada della fede mentre si estendono sempre più le tenebre della menzogna”.