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Il romanzo di Carla Magnani "L'ombra del vero": la dicotomia fra realtà e apparenza

La scrittrice Carla Magnani è nata in Toscana, a Piombino, ma da diversi anni vive in Lombardia con la famiglia. Ha svolto l'attività di docente di materie letterarie presso istituti della provincia di Milano e Brescia.
In passato ha ricevuto premi di poesia ed ha collaborato con una testata giornalistica milanese.
Nel 2015 ha dato alle stampe il suo primo romanzo dal titolo "Acuto" e suoi racconti sono presenti in antologie.
La sua ultima pubblicazione è il romanzo "L'ombra del vero".

Dopo il successo della sua opera prima "Acuto" (Gilgamesh Edizioni) del 2015, recentemente ha pubblicato il suo nuovo romanzo "L'ombra del vero" (Le Mezzelane Casa Editrice). Una storia dai risvolti psicologici dei quali vorrei mi parlasse...

Nel gennaio scorso è uscito il mio secondo romanzo che dell’altro riprende il tema della paura, qui esasperato fino al parossismo. Infatti, se in “Acuto” la paura era indirizzata verso le scelte da compiere, in questo è la vita stessa a terrorizzare Anastasia, la protagonista. Ho voluto insistere su tale aspetto perché nessuno ne è immune; chi infatti, dal bambino all’adulto, non l’ha provata, sebbene vissuta con diversa intensità e rivolta a varie componenti dell’esistenza? Ciò dovrebbe permettere a ogni lettore di misurarsi con qualcosa di conosciuto e di approfondirne gli aspetti.

Come è riuscita ad entrare nei pensieri della protagonista, in coma per un tentativo di suicidio non riuscito?

Il romanzo è scritto in prima persona, infatti, è la protagonista che parla di sé e di coloro che fanno parte della sua vita. È un parlare muto il suo, attraverso flussi di coscienza e dialoghi interiori,  essendo lei impossibilitata, poiché lo stato in cui si trova non glielo consente. L’ho immaginata come se fosse di fronte a una moviola, dove tutto scorre lentamente, dove il tempo, fino ad allora avaro, le concede il beneficio di guardarsi nel profondo, di scoprire in sé e negli altri aspetti ignorati. Anche qui non esiste una sola realtà perché dobbiamo misurarci con l’apparenza, se vogliamo scomodare Pirandello. La stesura del romanzo la posso considerare un tentativo di mettermi alla prova con un tema non certo facile da affrontare e che richiede una scrittura dove i dialoghi tra i personaggi sono ridotti al minimo, ma amo le sfide con me stessa e quindi…

La donna ha una famiglia, un tenore di vita agiato. Ma, nonostante tutto, sente di aver perduto la sua battaglia con una vita solo apparentemente normale. Una latente sofferenza interiore, ma forse anche la paura di affrontare le caducità dell'esistenza spinge Anastasia al gesto estremo?

Il male di vivere, quello che non ti consente di prendere confidenza con la vita, tema già ampiamente trattato in letteratura, è lo stesso con cui deve fare i conti la protagonista. Non è appannaggio esclusivo degli individui ai margini della società, la cui condizione e miseria umana sono ben riconoscibili, ma è facilmente riscontrabile in chi dalla vita ha tutto da perdere. Non si teme quello che ci manca, ma il venir meno di ciò che ci appartiene. In quanto al suicidio, la psicoanalisi lo riconduce “non a un atto di rifiuto della vita, ma a una forma di vita che non ci rappresenta e, quindi, paradossalmente un atto d’amore per quella cui aspiriamo”.

Circa la sopracitata riflessione psicoanalitica potremmo aprire un ampio dibattito e lo faremo quando avrò il piacere di incontrarla di nuovo. Ma torno ad Anastasia ed alla convinzione comune, peraltro errata, della sua incapacitá di sentire. Ciò crea nella stanza d'ospedale una sorta di messa in scena di un certo spessore drammaturgico. Esiste un fil rouge che lega i vari personaggi?

Tutti coloro che si alternano al suo capezzale: parenti, amici, personale sanitario, sono legati dal desiderio-necessità di confessarsi. Credere di non essere sentiti facilita il raccontarsi ogni oltre pudore, lo spogliarsi sino a mettere a nudo la parte più oscura di ciascuno, il fare emergere il non detto neppure a loro stessi. La stanza del reparto di rianimazione diviene, quindi, un teatro della verità.

Questa situazione evoca la teatralità pirandelliana, che lei ha poco fa opportunamente chiamato in causa; molto interessante! A questo punto preferirei omettere la conclusione del romanzo, per non privare i nostri lettori della curiosità di leggerlo. Quindi, se crede, vorrebbe far cenno sui suoi progetti futuri?

Continuerò a scrivere, almeno fino a quando mi sarà possibile. Per me la scrittura, come del resto la lettura, sono terapeutiche. È’ attraverso loro che viviamo altre vite, riconoscendoci in quelle degli altri e trovo ciò meraviglioso. Nel prossimo futuro mi dedicherò alla revisione del mio terzo romanzo e continuerò a presentare “L’ombra del vero” perché è un vero piacere confrontarmi con il pubblico e dare ascolto ai lettori.

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