Pro Vita & Famiglia Onlus esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Sua Santità Papa Francesco, che ha sempre difeso con coraggio e fermezza la dignità della persona umana dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e la libertà educativa dei genitori come pilastri irremovibili del Bene Comune.
In questi anni, il Magistero di Papa Francesco si è levato con forza contro la “cultura dello scarto”, denunciando l’aborto e l’eutanasia come mali che attentano alla sacralità della vita, alla giustizia sociale e alla stessa pace nel mondo. Egli ha ribadito con fermezza che “l’aborto è un omicidio” e che non è mai lecito “eliminare una vita umana o affittare un utero per produrre un bambino”. Allo stesso modo, ha avvertito che l’eutanasia non è una scelta di libertà, ma il segno di società che “scarta i più fragili iunanvece di accompagnarli”.
Numerosi i saluti e gli incoraggiamenti rivolti alla Manifestazione Nazionale per la Vita in Italia, che tornerà in piazza a Roma il prossimo sabato 10 maggio. In occasione dell’edizione dell’anno scorso, Papa Francesco ha ringraziato i partecipanti per “l'impegno e la testimonianza pubblica a difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale”, esortandoli ad “andare avanti con coraggio nonostante ogni avversità”, perché “la dignità assoluta della vita umana, dono di Dio Creatore, è troppo alta per essere oggetto di compromessi o mediazioni”. Anche nel 2023 il Santo Padre aveva incoraggiato i presenti all’evento a “testimoniare la bellezza della vita e della famiglia che la accoglie”, sottolineando la necessità di costruire “una società che rifiuti la cultura dello scarto in ogni fase dell'esistenza”.
Papa Francesco ha inoltre messo in guardia dall’ideologia gender, definendola “una delle colonizzazioni ideologiche più pericolose”, perché cancella le differenze tra uomo e donna e mina l’identità della persona. Ha sempre difeso la famiglia naturale come fondamento della società, ricordando che “un uomo e una donna sono l’immagine di Dio” e che “senza la differenza sessuale non c’è vera complementarità”.
Pro Vita & Famiglia si unisce nella preghiera a tutti i fedeli che oggi piangono la sua dipartita, nella certezza che il suo insegnamento continuerà a illuminare l’impegno pubblico di chi si batte per la difesa della vita, della famiglia e della verità sull’uomo e sulla donna.
Il Governo “europeista” di Donald Tusk, frutto nel 2023 di alchimia politica (una coalizione di dieci partiti, tutti sconfitti dietro il Pis, il Partito di maggioranza relativa con il 35, 38%) continua a governare imbavagliando le voci libere del Paese.
“Già dall’inizio, nell’ambiente di Tusk circolavano due parole d’ordine:“vendetta” e “non cederemo mai più il potere”. La vendetta riguardava i conservatori del PiS, “colpevoli” di aver governato la Polonia per ben 8 anni”. ( Wlodzimierz Redzioch Polonia. Tusk vuole chiudere due televisioni che non controlla, 14.4.25, lanuovabussola.it) Così per rimanere per sempre al potere Tusk, opera per la distruzione ad ogni costo dell’opposizione. Redzioch fa un elenco delle imprese che hanno lo scopo manifesto di annullare ogni opposizione, violando anche le leggi e la Costituzione: cambi del personale nelle procure, attacchi ai giudici delle corti, della Corte Suprema, del Consiglio nazionale della magistratura, del Tribunale Costituzionale, i processi politici pilotati dai procuratori fedeli a Tusk e al suo ministro della giustizia Adam Bodnar, arresti “esplorativi” di testimoni per estorcere accuse contro i capi dell’opposizione. Tusk da qualche tempo si sta concentrando sui mass media. Subito dopo l’insediamento del suo governo, il 20 dicembre 2023, su ordine del ministro della cultura Bartlomiej Sienkiewicz “è stata assaltata la sede della televisione pubblica TVP Info. Quindi è toccata alla Radio polacca e all’agenzia di stampa statale. In questo modo il governo ha cominciato ad occupare i media pubblici che sono diventati mezzi di pura propaganda, la stessa propaganda della televisione privata TVN (la televisione fondata da ex membri di servizi segreti polacchi, oggi in mano agli americani di Warner Bros. Discovery; la televisione schierata apertamente con gli ambienti liberal di sinistra, antipolacca).
Il caso della TVN è molto emblematico, secondo il giornalista Redzioch.“La mossa di Tusk nei confronti di TVN non ha nulla a che fare con la tutela degli interessi polacchi: TVN non è né statale né polacca. L'unico criterio è che sia un braccio mediatico del governo Tusk, un braccio da tenere ad ogni costo, specialmente adesso, prima delle elezioni presidenziali”.
Un altro caso di attacco all'informazione in Polonia è quello che hanno sferrato l'anno scorso, nei confronti diRadio Maryja, il parlamentare Roman Giertych e l'eurodeputato Dariusz Joński, con richieste di vera e propria liquidazione di questa radio e persino di repressione legale contro il reverendo Tadeusz Rydzyk, fondatore della radio. Si tratta di una “brutale campagna contro Radio Maryja e la sua dirigenza,- scrive Redzioch - che osserviamo da molti anni e che ora, con il governo più anticlericale dalla svolta democratica, è diventata ancora più intensa”. Intanto recentemente è successo un altro fatto gravissimo che mette in serio pericolo la libertà dei media in Polonia: il Tribunale amministrativo provinciale di Varsavia ha annullato la delibera del Consiglio nazionale delle emittenti radiotelevisive (KRRiT) di concessione delle licenze di trasmissione alla televisione wPolsce24 e alla televisione Republika. “Guarda caso, - scrive il giornalista polacco - si tratta di televisioni indipendenti, critiche verso l’attuale governo”. Secondo la giudice Barbara Kołodziejczak-Osetek, il presidente del Consiglio nazionale della radiodiffusione, la Tv, “ha violato «in modo significativo» le vigenti regolamentazioni. Il problema è che la stessa giudice è legata a Iusticia, un’associazione di giudici molto politicizzati, che per anni hanno mostrato la loro avversità verso il governo conservatore; perciò, la sentenza di Kołodziejczak-Osetek non può essere vista come obiettiva”. Per Redzioch i giudici politicizzati (anche in Polonia) “non sono stati guidati dalle leggi, ma si sono purtroppo lasciati coinvolgere in una lotta politica. Di conseguenza, potremmo perdere lo spazio di libertà che TV Republika e “TV wPolsce24” avevano ampiamente offerto ai loro telespettatori”. Secondo il giornalista, Pawel Lisicki: «C’è il sospetto che si stia realizzando davanti ai nostri occhi il piano di attuare la cosiddetta idea di “democrazia militante”, ovvero che si cerchi di mettere a tacere tutte le entità mediatiche indipendenti per impedire loro di togliere il potere all’oligarchia liberale-di sinistra attualmente al potere». Tusk e compagni cercano di impedire che le informazioni libere raggiungano il grande pubblico. E' un colpo repressivo nei confronti dei media privati, guarda caso proprio prima delle elezioni presidenziali. Michal Karnowski, giornalista della TV wPolsce24, ha aggiunto: «Combatteremo. Niente ci fermerà, continueremo a dire la verità, combatteremo per la Polonia, combatteremo per la libertà di parola finché sarà possibile».Vedremo se all’estero si alzeranno voci di solidarietà verso i giornalisti polacchi che combattono per la libertà di parola e il pluralismo dei media.
È stato presentato oggi, nella Sala Baleari di Palazzo Gambacorti, l’Equiraduno dell’Anno Santo 2025, il grande viaggio a cavallo “da San Piero a San Pietro” che, lungo le antiche vie dei pellegrini, condurrà cavalieri e amazzoni da Pisa fino a Roma. L’iniziativa è parte della Horse Green Experience – Giubileo 2025, un progetto promosso da Final Furlong, patrocinato del Dicastero dell’Evangelizzazione, in collaborazione con Simtur e Ass.ne Natura a Cavallo, pensato per valorizzare il turismo lento e la mobilità dolce attraverso un’esperienza unica tra natura, cultura e spiritualità.
Alla conferenza stampa sono intervenuti Michele Conti, sindaco di Pisa; Paolo Pesciatini, assessore al turismo e commercio del comune di Pisa, Valter Tamburini, presidente della Camera di Commercio Toscana Nord Ovest; il prof. Vincenzo Miragliotta, direttore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa; Don Salvatore Glorioso, responsabile delle manifestazioni del Giubileo nell’Arcidiocesi di Pisa, Lorenzo Bani presidente dell'Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli e Maurizio Rosellini, presidente di Final Furlong.
“L’Equiraduno del Giubileo - dichiara il sindaco di Pisa Michele Conti - rappresenta un evento eccezionale capace di legare spiritualità, arte, storia e tutela dell'ambiente. Un evento significativo per Pisa, che è storicamente una città fortemente legata al mondo dei cavalli, per la presenza di un importante Ippodromo inserito all’interno del Parco di San Rossore, al punto di fare di Pisa un punto di riferimento nazionale e internazionale. Sono tanti gli eventi legati al cavallo che la nostra città ospita ogni anno, ma in questa occasione l’Equiraduno ben si lega alla storia dei pellegrini di passaggio dalla via Francigena e dalla nostra città, che è sempre stata un crocevia, un punto di partenza e di arrivo di itinerari che venivano dal nord Europa o dall’area del Mediterraneo. Un legame profondo che affonda le radici nel passato e che oggi a Pisa rinnoviamo con un’iniziativa dall’alto valore spirituale, che può fungere da importante volano in ambito turistico e culturale.”
«Pisa rappresenta, per tradizione e vocazione, la terra dei cavalli per eccellenza – afferma Maurizio Rosellini, presidente di Final Furlong - Non è un caso che l’Equiraduno dell’Anno Santo attraversi proprio questo territorio straordinario: qui il rapporto millenario tra uomo e cavallo si intreccia con paesaggi iconici, borghi storici e una cultura dell’accoglienza che trova nel turismo lento una delle sue espressioni più autentiche. Da due anni, grazie alla collaborazione con la Camera di Commercio dell’Area Toscana Nord Ovest, abbiamo avviato uno studio di sviluppo dedicato al turismo con il cavallo, che ci ha permesso di valorizzare il potenziale economico, ambientale e sociale di questo segmento in forte crescita, proseguita poi con la significativa collaborazione del Dipartimento di Veterinaria dell’Università di Pisa e del Parco di San Rossore. L’Equiraduno, nel suo passaggio in Toscana, non è solo un cammino simbolico verso Roma, ma anche un laboratorio vivente di sostenibilità, innovazione e identità territoriale».
La scelta di Pisa come punto di partenza della tratta toscana dell’Equiraduno, riveste un significato particolarmente rilevante, sia simbolico che operativo. Storicamente nota come “La città dei cavalli”, Pisa era meta invernale per i cavalli provenienti soprattutto dall’Inghilterra, diventando luogo di cura, sosta e accoglienza. Oggi questa vocazione si riflette nella presenza di eccellenze come la Clinica veterinaria universitaria, l’ippodromo di San Rossore, importanti centri di allevamento di cavalli purosangue e il Parco Naturale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli, vero e proprio scrigno di biodiversità e scenario ideale per pratiche di turismo lento. Sebbene non direttamente collocata sulla via Francigena, Pisa si configura come snodo naturale per la tratta settentrionale del cammino, collegando il Nord Italia con i grandi itinerari storici che conducono a Roma, in un crocevia tra tradizione e innovazione nel segno della mobilità sostenibile.
Il viaggio a cavallo, che si snoda lungo tre importanti percorsi storici – via Romea Strata, via Francigena e via Romea Germanica – partirà il 23 aprile da San Piero a Grado, un luogo simbolico e spiritualmente carico: qui, secondo la tradizione, approdò San Pietro nel suo viaggio verso Roma, facendo del luogo un ponte ideale tra le origini della cristianità e il Giubileo.
Pisa di fatto, sarà il cuore pulsante dell’iniziativa che ha riscosso da subito l’interesse dell’Opera Romana Pellegrinaggi e del patrocinio del Dicastero per l’Evangelizzazione, che l’ha ufficializzata nel proprio calendario. Non è infatti un caso che nella città della Torre Pendente, i cavalieri e pellegrini vivranno tre giornate indimenticabili. Il pomeriggio del giorno 22 aprile si aprirà con un Workshop in Camera di Commercio TNO rivolto alle imprese che intendono aprirsi al mondo del turismo con il cavallo visti anche gli indicatori emersi nelle ultime indagini dagli osservatori internazionali. A seguire poi l’accoglienza di cavalieri a San Rossore, e i controlli di rito ai cavalli, da parte dei veterinari dell’Ateneo pisano, gli ospiti e gli invitati parteciperanno ad una serata di Gala presso il Teatro Verdi, organizzata dalla Fondazione Arpa con la collaborazione della Fondazione Teatro di Pisa.
Il giorno seguente, 23 Aprile, è prevista alle ore 12 la Benedizione dei Cavalli presso la Basilica di San Piero a Grado con i saluti delle istituzioni e successivamente, nel pomeriggio, un gruppo di cavalli e cavalieri parteciperanno al “brindisi della staffa” in Piazza Vittorio Emanuele, per poi avviarsi in corteo, tra le vie del centro cittadino, per raggiungere Piazza dei Miracoli dove saranno ricevuti dall’Operaio Presidente dell’Opera della Primaziale. A seguire serata conviviale nel Parco di San Rossore. Il giorno successivo, l’Equiraduno partirà dall’Ippodromo di San Rossore per dirigersi verso Lucca.
Da Capannori a Fucecchio, il tracciato intercetta uno dei tratti più affascinanti della pianura toscana, arricchito dalla presenza del Padule di Fucecchio, la più vasta area umida interna italiana, habitat ideale per una straordinaria biodiversità. Proprio qui si terrà la firma dell’accordo quadro tra Final Furlong e la Romea Strata, un momento cruciale che rafforza la sinergia tra cammini e territori.
Dopo Gambassi, famosa per le sue acque termali e per il ruolo centrale nella rete viaria medievale, il viaggio toccherà San Gimignano, uno dei borghi più iconici d’Italia, con le sue torri che svettano come sentinelle del tempo, scrigno di arte e testimonianze religiose.
La sosta a Abbadia a Isola, antico presidio benedettino e rifugio per viandanti, apre la strada all’arrivo a Siena, dove si celebreranno diversi appuntamenti tra i quali un importante Convegno “Horse Green Day”, iniziativa itinerante che unisce tradizione, sostenibilità e innovazione nel turismo slow realizzato in stretta collaborazione con l’Università di Siena. In questo contesto, il rapporto tra città e cavallo assume un valore culturale profondo e da una visione del territorio che unisce identità, paesaggio e partecipazione collettiva.
Da qui, il viaggio prosegue verso Monteroni d’Arbia, porta d’ingresso delle Crete Senesi e dell’importante tenuta di Suvignano, luogo simbolo strappato dalle mani della mafia e restituito alla collettività . Si giunge poi a Montalcino, patria del celebre Brunello e punto d'incontro tra viticoltura, arte e spiritualità. Successivamente, si raggiungerà Piancastagnaio, comune virtuoso che ha deciso di aprirsi in modo autorevole al turismo con il cavallo, dove è prevista una interessante conferenza dedicata agli interventi assistiti con animali, testimonianza del valore terapeutico e sociale della relazione con il cavallo.
L’ultima tappa toscana, il 4 maggio, sarà Acquapendente, da cui il cammino proseguirà nel Lazio, con arrivo previsto l’11 maggio in Piazza San Pietro, cuore pulsante del Giubileo.
L’Equiraduno è molto più di un evento: è un processo culturale, una comunità in movimento, un’opportunità concreta per riscoprire il territorio e costruire un nuovo modello di turismo, più rispettoso e partecipato.
Elisabetta Castiglioni: Uff. st. per Final Furlong
Un gesto ignobile ha colpito il murales realizzato dall'artista aleXsandro Palombo a Milano, dedicato a tre tra gli ultimi grandi testimoni dell’Olocausto: Liliana Segre, Edith Bruck e Sami Modiano. L’opera è stata imbrattata con la scritta “Israeliani Nazi”, accompagnata da una stella di David, un segno di uguaglianza e una svastica nazista. Un chiaro atto di vandalismo a sfondo antisemita, in un momento già segnato da forti tensioni internazionali.
“A chi imbratta e pensa di offendere, rispondiamo che non fa altro che rafforzare la nostra coesione e il nostro impegno collettivo per la memoria”, ha dichiarato Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. “Questo è un impegno che, come cittadini, portiamo avanti per il futuro del nostro Paese.”
Dura la condanna anche dell’artista Palombo: “A Milano si pretende di fermare la guerra a Gaza con atti di vandalismo, urlando impunemente insulti antisemiti e arrivando a deturpare un’opera pop che celebra simboli di pace e memoria. È un gesto vergognoso e inaccettabile.”
L’episodio ha suscitato indignazione e richieste di intervento, mentre cresce la preoccupazione per un clima sempre più ostile nei confronti della comunità ebraica in Italia e in Europa.
“Desidero condannare il deplorevole atto vandalico di matrice antisemita avvenuto a Milano. Si tratta di un gesto inaccettabile, che offende la memoria della Shoah e i valori fondamentali della nostra convivenza civile. Inoltre, voglio esprimere la mia più profonda solidarietà a Liliana Segre, Sami Modiano ed Edith Bruck, a cui l’opera artistica è dedicata.” Jonathan Peled, Ambasciatore d’Israele in Italia
A ridosso della manifestazione nazionale pro Palestina a Milano e a pochi giorni dall’inaugurazione dell’opera “The Star of David” Edith Bruck dell’artista aleXsandro Palombo acquisita dal Museo della Shoah di Roma, con un’azione antisemita è stato vandalizzato il murales che celebra tre tra gli ultimi grandi testimoni dell’Olocausto, Liliana Segre, Edith Bruck e Sami Modiano in versione Simpson, nel tipico stile pop dell’artista. Sulle loro figure è stata realizzata la grande scritta “Israeliani Nazi” con la stella di David, il segno uguale e la svastica nazista. Nell’opera era stato ritratto anche Papa Francesco con un cartello e il messaggio che denunciava il diffondersi dell’antisemitismo, il volto del Santo Padre è stato cancellato insieme alla scritta "Anti-Semitism is everywhere”.
Solo pochi giorni fà Edith Bruck, sopravvissuta all'Olocausto, aveva preso parte all'evento d'inaugurazione del murale "The Star of David" Edith Bruck dell’artista contemporaneo aleXsandro Palombo, opera entrata a far parte della collezione permanente del Museo della Shoah di Roma, affiancando "Anti-Semitism, History Repeating" Liliana Segre e Sami Modiano, l'altro murale dell'artista aleXsandro Palombo acquisito dalla Fondazione lo scorso gennaio ed esposto anch’esso nell’antico ghetto ebraico davanti al Portico d’Ottavia.
Anche il murale di Edith Bruck in origine realizzato a Milano e dedicato all'Olocausto e alla lotta contro l’antisemitismo era stato vandalizzato da un'azione antisemita. La Stella di David che da sempre rappresenta il simbolo dell'unità del popolo ebraico era stata cancellata e il volto di Edith Bruck successivamente sfregiato. La scrittrice e poetessa che ha preso parte all’evento di svelamento dell’opera lunedì 7 Aprile ha dichiarato "Il murales vive, deve vivere proprio perché è stato vandalizzato, e cosi vivrà e deve vivere tutto quello che riguarda la memoria e quello che io ho vissuto personalmente. Dopo che lo hanno sfregiato finalmente vivrà, vivrà perchè è tornato a Roma dove io abito, perchè lo hanno vandalizzato a Milano” Edit Bruck.
Un segnale forte contro il negazionismo e l’odio antisemita, che oggi dilaga in nuove forme e con una rinnovata violenza, all’evento di svelamento dell’opera accanto ad Edith Bruck c’era Noemi di Segni, Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il Presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia, l'ambasciatore d'Israele Jonathan Peled e Victor Fadlun, Presidente Comunità Ebraica di Roma.
L’ARTISTA
aleXsandro Palombo è uno degli artisti internazionali tra i più riconosciuti e impegnati sulle tematiche di rilevanza sociale e per le sue opere pop di forte impatto, tra cui la serie "I Simpson deportati ad Auschwitz", definita "un colpo di genio" dal quotidiano ebraico americano The Forward. Le sue creazioni affrontano temi come la memoria della Shoah, i diritti delle donne e la lotta contro ogni forma di discriminazione. Nel 2021 la serie di opere apparsa sui muri di Milano “Just Because I am A Woman” con le donne più potenti della politica mondiale vittime di violenza, da Angela Merkel a Hillary Clinton fino a Michelle Obama, è stata acquisita nella collezione nazionale permanente del prestigioso Museo delle Arti Decorative di Parigi situato nei palazzi del Louvre, per l’importante valore e arricchimento che hanno apportato ai fondi cosi come ha scritto il Direttore Oliver Gabet, oggi passato a dirigere le arti decorative del Louvre di Parigi.
Basta scorrere i social per rendersi conto che l’intervista di Corrado Formigli a Romano Prodi, andata in onda su Piazzapulita (La7), ha sollevato più di un malumore. In molti parlano apertamente di un’occasione mancata, di toni troppo morbidi e di domande che non hanno incalzato a sufficienza l’ex premier, soprattutto su un tema delicatissimo: l’aggressione verbale e il gesto della tirata di capelli nei confronti dell’inviata di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici.
Il passaggio, tanto atteso quanto deludente per molti telespettatori, non ha visto alcun segno di pentimento né un tentativo di scuse da parte del Professore. Un atteggiamento che ha immediatamente scatenato la reazione indignata dei social e delle forze politiche di opposizione.
Il profilo ufficiale di Fratelli d’Italia ha pubblicato un estratto video del faccia a faccia, commentando duramente: “Nessun accenno di pentimento e nessuna volontà di chiedere scusa. L’Italia si è indignata, tranne lui. Professore, poteva recuperare e invece ha perso un’ennesima occasione”.
Su X, l’hashtag Prodi è schizzato tra i trend, accompagnato da commenti che parlano senza mezzi termini di “vergogna” e di un’intervista “sdraiata”, che avrebbe dovuto richiamare Prodi a una maggiore responsabilità pubblica e personale.
In un momento storico in cui si richiede ai protagonisti della politica e dell’informazione il massimo della trasparenza e del rispetto, il silenzio sulle scuse appare a molti non solo fuori luogo, ma anche sintomo di un certo scollamento rispetto al sentire comune.
Prodi, la mancata autocritica e l’intervista “morbida”: Formigli non incalza, l’ex premier minimizza
Dall’inizio era chiaro che l’intervista di Corrado Formigli a Romano Prodi, trasmessa a Piazzapulita, avrebbe seguito un tono accomodante, lontano da un vero confronto critico. L’apertura del conduttore, “Bentornato professore, gliene hanno fatte di tutti i colori, eh, queste settimane?”, già lasciava intuire la piega che avrebbe preso il colloquio. E infatti, alle attese domande sul caso che ha visto coinvolto l’ex premier e l’inviata di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici, l’ex presidente del Consiglio ha risposto con stizza e nessuna intenzione di scusarsi.
Formigli, pur toccando il tema, lo fa in maniera prudente: “La seconda domanda non posso non fargliela, lei lo sa Professore. Non voglio fare la moviola, ma lei crede di essere stato vittima di una trappola, di aver sbagliato, e soprattutto si aspettava così tanto rumore?”.
La replica di Prodi è rivelatrice del suo approccio: nega l’aggressività del gesto, non riconosce l’intimidazione e si rifugia in un confronto con altri interlocutori politici, affermando: “Perché lei crede che quella mossa sia stata aggressiva? Che abbia intimidito? Io ho risposto a tutto eh. Lei, quando ha fatto la sua domanda, mi ricordo bene, non gli ha risposto l’interlocutore di destra eh”. A quel punto, Formigli accenna a La Russa, sottolineando che “mi ha portato via la scorta”, ma senza mai davvero spingere per un chiarimento.
La narrazione si sposta subito sul terreno della vittimizzazione politica: Prodi si presenta come una voce “libera”, mal tollerata dai poteri forti e dalle opposizioni, riducendo quanto accaduto a un “piccolo incidente” montato ad arte: “Alla fine io sono una voce libera, dico quello che penso e questo viene sopportato male. Basta un piccolo incidente per fare un affare di stato”.
Il momento forse più imbarazzante arriva alla domanda finale di Formigli: “Comunque lei si è scusato, no?”. La risposta di Prodi è secca e disarmante: “Boh... scusato... Voglio dire: uno si scusa di una malefatta, ma di una cosa così piccola... Uno dice ‘vabbè pazienza’, niente di più”.
Nessun gesto di responsabilità, nessun riconoscimento di un comportamento inappropriato, solo un’alzata di spalle e una narrazione autoassolutoria. E così, l’intervista che avrebbe potuto rappresentare un’occasione per chiarire e, magari, riabilitare l’immagine di un leader politico, si è trasformata in un passaggio televisivo che ha lasciato l’amaro in bocca a molti, confermando un distacco evidente tra la politica e la sensibilità dell’opinione pubblica.
Prodi e il caso Orefici: da protagonista a (presunta) vittima, ma le scuse non arrivano
L’ex premier Romano Prodi si presenta come una vittima. È questa la narrativa che emerge dopo l’ormai noto episodio con Lavinia Orefici, inviata di Quarta Repubblica, colpevole – si fa per dire – di avergli rivolto una domanda puntuale e garbata sul Manifesto di Ventotene, richiamato pochi giorni prima in Parlamento dalla premier Giorgia Meloni.
Il battibecco – che sarebbe più corretto definire un monologo aggressivo – ha visto una giornalista mantenere toni pacati mentre Prodi reagiva con evidente fastidio e impeto, fino al gesto clamoroso: una tirata di capelli. Un gesto sconcertante, che ha suscitato reazioni trasversali e indignazione diffusa. Eppure, da Prodi non sono mai arrivate delle scuse autentiche.
La sua “ammissione d’errore” è rimasta confinata a una riflessione su se stesso, un rammarico espresso in termini generici, senza mai rivolgersi direttamente alla giornalista coinvolta. Nessun atto di responsabilità formale, nessuna parola che riconoscesse l’inappropriatezza del gesto nei confronti di una professionista nell’esercizio del proprio lavoro.
Il tentativo di presentarsi come oggetto di una strumentalizzazione politica o mediatica rischia così di trasformare una vicenda chiara nei fatti in una polemica ideologica. Ma resta un dato inconfutabile: un ex presidente del Consiglio ha avuto una reazione spropositata e inaccettabile a fronte di una domanda del tutto legittima. E questo, a prescindere dai toni rassicuranti o dai tentativi di derubricare l'accaduto, continua a pesare.
Caso Prodi-Orefici, l’indignazione monta sui social e il dibattito si fa grottesco
L'episodio che ha visto protagonista Romano Prodi e l'inviata di Quarta Repubblica Lavinia Orefici continua a far discutere, alimentando un’ondata di polemiche e indignazione sui social. Le reazioni del pubblico televisivo sono state immediate e durissime. Commenti come "Vergognoso Prodi e vergognoso uno sdraiato Formigli sulla tirata dei capelli alla giornalista" o "Io voto dalla parte vostra, ma con sta roba di Prodi fate abbastanza c**re"* esprimono il malcontento anche da chi si riconosce politicamente vicino al conduttore di Piazzapulita o allo stesso Prodi. E ancora: "Prodi è come Fonzie, proprio non gli viene di chiedere scusa..."
Il caso assume, giorno dopo giorno, contorni sempre più grotteschi, soprattutto dopo la messa in onda delle immagini durante DiMartedì, il programma di Giovanni Floris, che mostrano inequivocabilmente l’ex premier afferrare una ciocca di capelli della giornalista. Non si tratta più solo di interpretazioni soggettive o racconti indiretti: le immagini parlano chiaro. Eppure, dalla sinistra non è arrivata una condanna compatta e unanime.
C’è chi, in maniera tiepida, ha preso le distanze; ma c’è anche chi ha aizzato ulteriormente il fuoco, finendo per trasformare l’aggressione in uno spunto per attaccare la vittima. Emblematico il caso di Angelo Dieni, consigliere comunale del Pd a Valsamoggia, che su Facebook ha scritto: “Non doveva tirarle i capelli, doveva darle un calcio ben assestato negli stinchi”. Un commento che ha fatto scalpore, tanto che lo stesso autore ha cancellato il post, probabilmente dopo averne intuito la gravità.
A stigmatizzare l'episodio anche Giuseppe Cruciani, nella trasmissione La Zanzara: "Prima scrivono cazz**, poi se la fanno sotto e cancellano tutto"*, ha commentato, sottolineando la leggerezza e l’irresponsabilità di certe uscite.
Il risultato? Una situazione paradossale e surreale, in cui un gesto chiaramente inappropriato – ancor più grave se compiuto da una figura di rilievo istituzionale – viene minimizzato, giustificato o, peggio, derubricato a “malinteso” o “reazione spontanea”. Ma una cosa è certa: il silenzio e l'assenza di scuse vere non fanno che peggiorare la percezione pubblica del comportamento di Prodi, e aggravano un clima già carico di tensioni.
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