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Più qualità uguale maggiore ottimismo anche in caso di Brexit. Una tesi che l’Istituto Grandi Marchi ha illustrato oggi alla Stampa Estera di Roma con il supporto dei risultati dello studio commissionato all’osservatorio Wine Monitor di Nomisma, dal titolo “I vini italiani di alta qualità nel mercato UK. Tra Brexit e concorrenza francese”.

La ricerca ha messo sotto osservazione la percezione, il posizionamento e le abitudini di consumo relativi ai fine wines italiani, anche alla luce di una possibile uscita definitiva della Gran Bretagna dall’Ue. Secondo i dati, infatti, malgrado il generale clima di incertezza legata agli effetti post voto, tra gli attuali consumatori inglesi di vini top italiani prevale comunque un sentiment positivo: il 59% del campione intervistato (in tutto 1.000 wine users di età compresa tra i 18 e i 65 anni) dichiara che continuerà a consumare le stesse quantità di oggi anche in caso di innalzamento dei prezzi. Diversa è invece la situazione nei confronti del vino made in Italy in generale, verso cui le prospettive sono meno rosee per il 53% dei rispondenti: a fronte di eventuali rincari, l’11% smetterebbe di acquistarli e un ulteriore 42% continuerebbe a consumarli ma in quantità ridotte. Tra i più giovani cresce la quota di chi pensa di diminuire i consumi in favore della birra.

Il tutto in uno scenario che nei primi otto mesi del 2019 vede l’Italia enoica inseguire la Francia, perdendo quote sugli sparkling (-9% in valore), ma recuperando sui fermi, a partire dai rossi piemontesi e veneti. Malgrado le prospettive incerte, la Gran Bretagna rappresenta ancora il terzo mercato di sbocco in assoluto per il nostro made in Italy, dopo Stati Uniti e Germania, con un fatturato che nel 2018 ha sfiorato gli 811 milioni di euro, per il 40% dovuti al Prosecco. Ma la consapevolezza generale è che la leva del prezzo possa fare la
differenza.

“Un aspetto determinante – ha detto Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi – sia se guardiamo alla corsa con i competitor francesi, che non a caso hanno recuperato quote di mercato con azioni aggressive sullo Champagne, sia se consideriamo gli eventuali rincari legati alla Brexit. Questi influenzerebbero inevitabilmente gli acquisti, lasciando ampi margini al low cost, indicato dal 44% del campione intervistato come principale fattore di acquisto in questo momento storico. Guardando invece il bicchiere mezzo pieno, lo studio conferma che per il 38% dei pareri l’origine del vino e il brand sono ancora criteri di scelta prioritari, ponendo il nostro Paese in cima alla lista insieme a Francia e Australia. Ciò su cui intendiamo puntare dal canto nostro è quindi la crescita ulteriore del valore dei fine wines, lavorando in modo mirato e più strutturato su canali strategici che vadano oltre la Gdo, come l’Horeca e il commercio online, dove il pregio e il fascino dei nostri vini possono garantire ampi margini di sviluppo”.

Non a caso, l’indagine IGM si concentra anche sulle principali dinamiche legate allaristorazione inglese e all’e-commerce, che per le top label italiane rappresentano due ‘piazze’ decisive per intensificare le vendite. Basti pensare che analizzando 350 ristoranti, rappresentativi delcanale on-trade di Londra, il 63% di essi ha almeno un’etichetta top italiana nella lista dei vini (considerando le sole bottiglie da 0,75 sopra le 50 sterline). Secondo i dati, inoltre, i fine wines tricolore rappresentano complessivamente il 16% di tutte le referenze con prezzo superiore a £ 50 presenti nellewine-list analizzate. A superarci solo la Francia che detiene il 57% sul totale delle bottiglie over £ 50 presenti. Guardando ai vini italiani nel complesso, il rapporto è del 19% contro il 50% francese. Toscana e Piemonte rientrano nella top 10 dei territori di origine più presenti (rispettivamente al 5° e 7° posto nella classifica dei vini top).

Buone performance si registrano inoltre nei principali siti di e-commerce inglese di vini di qualità. Dalla web analysis effettuata su Lay&Wheeler, Winedirect e Laithwaite’s, l’Italia occupa infatti un buon posizionamento in termini di numero di referenze, soprattutto su Lay&Wheeler dove si contano quasi 700 etichette nazionali. Sul fronte delle tipologie più diffuse, spiccano i rossi (su Lay&Wheeler rappresentano il 92% delle etichette italiane), mentre per quanto riguarda le regioni con maggiore assortimento brillano Toscana e Piemonte (da cui, in media, proviene l’80% delle nostrelabel). Tornando ai fine wines(oltre 35£/bottiglia), la loro incidenza è pari al 17% su Winedirect, al 20% Laithwaite’s e arriva fino al 58% su Lay&Wheeler. Nonostante quest’ultimo sia il sito con il più ampio assortimento di vini top (italiani e non), è però Winedirect quello a registrare l’incidenza maggiore di fine wines made in Italy: quasi 3 referenze su 10.

“In uno scenario di possibile aumento dei prezzi – ha chiarito Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor - la qualità risulta l’unico fattore in grado di mantenere invariati i consumi. Tant’è vero che lo pensa il 20% degli inglesi. Percentuale che cresce fino al il 23% tra i consumatori di vino italiano e arriva al 27% tra chi oggi è già fruitore di top label provenienti dal nostro Paese. Non è solo una questione di reddito più alto della media a garantire questa fidelizzazione ai nostri fine wines, conta anche l’attitudine all’uso di internet e social media e l’aver frequentato l’Italia per motivi di vacanza o di studio: tra i turisti inglesi che sono stati nel nostro paese, la percentuale di chi beve fine wines italiani passa dal 18% al 34%”.

Altro capitolo della ricerca, infine, quello riferito alla promozione e quindi alle attività preferite dai wine loveringlesi per approfondire la conoscenza dei vini italiani di alta qualità. Richieste che, per il 41% degli inglesi intervistati nell’indagine IGM, vedono prevalere le degustazioni come il più utile strumento, in particolare nei ristoranti, nei winebar e nei locali, che rappresentano il canale ideale soprattutto per gli old Millennials (28%) e per chi dispone di redditi medi mensili medio-alti (27%). In generale, malgrado ancora oggi la maggioranza degli inglesi preferisca bere vino tra le mura domestiche, si evince infatti un andamento crescente per i consumi di qualità fuori casa anziché in GDO (lo pensano 2 consumatori su 3), specie se si guarda a grandi città come Londra, sempre più in fermento sul fronte dei ristoranti e degli chef di livello. Consequenziale dunque che uno dei fattori rilevanti nell’identificazione di un fine wine sia proprio la possibilità di abbinamento a cibi raffinati e a proposte di alta cucina (criterio di scelta per il 50% dei consumatori). Ancora più decisivi risultano infine il brand (64%), le caratteristiche organolettiche superiori (62%) e la provenienza da specifici territori altamente vocati (52%).

L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, attualmente presieduto da Piero Mastroberardino, comprende 19 tra le più rappresentative aziende del Belpaese: Alois Lageder, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Antinori, Argiolas, Col d’Orcia, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido, Umani Ronchi. Una compagine in grado di esprimere un fatturato di 570 milioni di euro e un valore delle vendite all’estero pari al 6% dell’intero export enologico tricolore.

 

Opera? In jazz? Si fa presto a dire, a pensare ad un'aria operistica rivisitata e ... jazzata. 
Ma come riuscire a reinventare quel senso di profonditá e spazialitá, quella velatezza da polvere di palcoscenico che solo il teatro musicale "vero" sa infondere allo spettatore? Abbiamo riascoltato un album di un musicista avvezzo a rovistare nella soffitta, fra le anticaglie della nostra storia sonora e non solo, Renzo Ruggieri, con la sua fisarmonica ... vissuta. Trattasi di "Opera? concerto di musica con improvvisazioni e racconto con recitazione su canovaccio" con la Renzo Ruggieri Orchestra, inciso per la VAP e prodotto nel 2012.
Un disco che ha la particolaritá di scovare e scavare in profondità nei meandri della memoria operistica italiana per ri-costruire una narrazione in musica che ne riproduce il senso della teatralitá e nello stesso tempo la installa in un nuovo asset musicale..
Da premettere che il fisarmonicista è uno dei massimi specialisti dello strumento con cui ha accompagnato fra gli altri Antonella Ruggiero e PFM, Franco Cerri e Lino Patruno, Di Sabatino, Bosso, Moriconi, ma anche con Piera Degli Esposti, Fiorello, la Guerritore, Judith Malina... Un artista abituato agli intrecci ed a ideare arditi progetti orchestrali come quello incentrato su Gorni Kramer, insomma un virtuoso "antiglobalista" che ha il merito di portare in giro per il globo il jazz e la musica italiana Doc. Dunque sicuramente abilitato nel tentare e sperimentare connubi e fusioni fra i generi. Oltretutto la fisarmonica è strumento che oggi più che mai è "transgender" nel travalicare classica folk jazz e nel cambiar pelle con una naturalezza più unica che rara. 
Il disco in questione si caratterizza per una ouverture di melodie originali, con citazioni da Il barbiere di Siviglia, Tosca e La Traviata, effettuata con la sezione d'archi dell'orchestra di stato di Rostov (su youtube è disponibile un video del live con l'Orchestra da camera Benedetto Marcello). 
Ne abbiamo parlato direttamente con l'interessato.

Il racconto, una storia d'amore narrata da Paolo Perelli, si snoda inframmezzata dalle note secondo un percorso, ripreso anche nel disco su Rodolfo Valentino, che gioca su più livelli. Intanto quello propriamente musicale, ruotante fra solismo anche improvvisato dell'accordeon e "tappeto" orchestrale. 
Poi quello del recitativo, "secco" in alcune zone e con sfondo in altre, al quale è conferito il ruolo di offrire un "libretto" mix - Tosca è amata da Figaro ma Alfredo ne è geloso - al fantasioso vestito d'Arlecchino, cucito di trame d'opera ed eleganti ghirigori di note avvolte da una nostalgia-souvenir di echi melodrammatici d'autore.
Il finale è noir o rosa, a seconda che si voglia optare per il tragico o la commedia, come in quel labirintico ipertesto offerto dal repertorio lirico nazionale. E dal procedimento jazzistico. Ma l'album può definirsi "jazzistico"?
Io non potevo solo parlare il linguaggio afroamericano. Per questo sono finito in un progetto come "Opera?" che parte dall'Italia (anche se non trovo facilmente da noi una definizione di cosa sia in musica effettivamente l'italianità); sono in genere più gli stranieri a saperla delineare, quando descrivono il modo in cui tocchiamo gli strumenti, le nostre "singolarità" , individualitá, riconducibili a un personaggio, a un solista, ancor prima che a una scuola.

Ovviamente poi il disco è incentrato sulla nostra idea melodica...
R. Volevo fare un omaggio al melodramma, alla Melodia più ispirata. L'italianità musicale parte da lì. Ed ho scelto una sequenza di tre personaggi di altrettante opere distinte, Il barbiere di Siviglia, La Traviata e Tosca e in questi una figura femminile a far da raccordo, che si chiama Tosca ma è anche un po Traviata...

I tre personaggi son presi da tre episodi...

La storia, funzionale alla musica, nel concerto con testo a commento, si sviluppa 
in tre episodi, La lettera del Barbiere, quello della Gelosia da La traviata e infine il suicidio della Tosca (che nella storia avviene in uno solo dei finali).
A me servivano più che altro delle atmosfere, dei caratteri per sottolineare la musica.

E il doppio finale?
R. Oggi non vanno di moda gli happy ending ma questo genera la prevedibilità del finale contrario. L'artista io penso che debba fare il suo finale, bianco, nero o rosa che sia. In "Opera?" basta un Attimo, titolo del quarto brano, per invitare l'ascoltatore a scegliere il proprio finale.

Ci sono delle sottolineature che vorresti fare su questo progetto sempre attuale, in un momento in cui l'opera lirica è oggetto di rinnovata attenzione?
Intanto ho volutamente evitato i fiati perché volevo una sonorità europea.
Non ho usato swing, tranne un breve omaggio, e innestato ritmiche nordeuropee.
Ho adoperato gli archi in modo diverso, appoggiandoli alla sezione ritmica ma senza mai affidar loro le toniche dell'armonia.

Un lavoro che ha impiegato del tempo...
Ma con un risultato di nitidezza della sezione ritmica ed archi che ha evidenziato meglio una scrittura volutamente pulita e moderna.
Ho inserito un tarantellato, che è molto italiano, a definire meglio la mia identità.
Altra idea: immettere l'improvvisazione all'interno della recitazione, con un canovaccio in mano all'attore per richiamare la nostra commedia dell'arte.

Un progetto a tutto tondo italiano che non può essere archiviato.
R. Certo. È mia intenzione riprenderlo il prossimo anno e proporlo ancora come concerto-racconto.

Con la fotocamera digitale, un solo scatto e nessuna digitalizzazione, il pugliese Marcello Nitti opera in modo creativo e libero. "Dipinge" con la macchina fotografica in modo da realizzare le emozionanti immagini grafiche che gli appaiono. Dal 19 novembre e fino al prossimo febbraio, i visitatori potranno sperimentare "Come un sogno - - un viaggio nel mondo visionario di Marcello Nitti", con la sua quarta mostra in Svezia, evidentemente Paese sensibile all’arte fotografica..

Foto uniche decorano le pareti con la rivoluzionaria arte fotografica del fotografo e pioniere italiano. Le sue opere sono il risultato di oltre 20 anni di ricerca, sperimentazione e passione per la fotocamera, la luce, la forma, il colore e la musica.

Amanda Elmander, proprietaria di Skönhetsfabriken, una volta dichiarò che " Nitti vede il mondo in un modo unico e con la sua macchina fotografica condivide le sue visioni astratte e colorate che sono attraenti e impreziosiscono il giorno".

L'autore spiega che “Dal momento che ho sentito l'impulso di cogliere l'attimo, mi sono sentito spinto a trasferire la mia visione su un foglio di carta. Renderlo permanente. Un'attrazione fatale, si potrebbe dire! Ognuna delle mie foto è un momento misterioso e magico, sebbene tecnicamente spiegabile. Sono sempre stato entusiasta di ricercare e scoprire nuovi linguaggi nella fotografia, si tratta di un viaggio pieno di affascinanti incognite. Le mie foto sono i miei sogni, la musica, le influenze cinematografiche e le conoscenze combinate. Attraverso questa curiosa relazione con la macchina fotografica, è dove mi sono trovato. Mi sento costantemente costretto a esplorare nuovi orizzonti nella fotografia, a sfidare i suoi limiti ed espandere le mie possibilità. Con un solo clic della mia macchina fotografica, sono trasportato in un altro mondo in cui la passione abbraccia la vita e il desiderio. Spingendo e lavorando con la fotocamera, sono trasposto e mi trasferisco in molti mondi immaginari. Le mie foto sono cartoline del mio viaggio. Questo mi aiuta a migliorare e crescere spiritualmente ”.

Marcello Nitti è nato e cresciuto in Puglia ove continua a vivere, a Taranto, città ricca di luci ed ombre. Per oltre 30 anni ha sviluppato il suo rapporto con la fotografia; sfidando la sua pazienza e ampliando i suoi limiti e continuando a sperimentare. Con un solo clic scatta solo 2 o 3 foto. Quindi, senza manipolazione digitale, li traspone su carta per belle arti con inchiostro di alta qualità in grandi formati. Per la mostra le stampe sono 32,9 cm x 48,30 cm. Ogni foto è numerata, firmata, autenticata e garantita.

Mostra fotografica

"Come un sogno”, fino a febbraio 2020

Un itinerario fotografico nel mondo visionario di Marcello Nitti, presentazione di  Hannah Gerner

Vernissage 19 novembre 2019. h.14. 00

Sede della mostra: Espresso SEMPRE Bar, Jakobsbergsgatan 7, STOCCOLMA

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