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Il ruolo dello psicologo scolastico è stato ulteriormente riconosciuto dal recente Protocollo d’Intesa tra CNOP- Consiglio Nazionale Ordine Psicologi e MIUR – Ministero dell’Istruzione (25 settembre 2020). Si pone come figura professionale chiave per promuovere il benessere a scuola e sostenere bambini, ragazzi, famiglie, insegnanti ed educatori a svolgere più serenamente il proprio ruolo.

Tuttavia questa figura è alle prese con le nuove sfide del contesto socioculturale e storico in cui viviamo, occorre perciò un ampliamento delle sue risposte.

Nasce da questa esigenza il seminario organizzato dall'Istituto HCC Italy, con sede a Siracusa, Palermo, Milano: "La psicoterapia della Gestalt a scuola", in cui è stato anche presentato il master in psicologia scolastica che inizierà ad Ottobre.  L'istituto è dalle origini (1979) impegnato a rispondere con le sue ricerche ai continui cambiamenti sociali, adattando le sue modalità di intervento alle nuove richieste della scuola.

Ad esporre le ultime  ricerche dell'istituto, sono stati la psicologa, psicoterapeuta, ricercatrice, Margherita Spagnuolo Lobb direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia dell'Istituto di Gestalt HCC Italy, le psicologhe, psicoperapeute, Angela Basile, Elisa Mordocco, Silvia Tosi, docenti dello stesso istituto.

"Ci siamo attivati per poter fronteggiare la situazione della scuola oggi, il nostro sguardo  sta cambiando", ha affermato Margherita Spagnuolo Lobb. "I bisogni, già fondamentali nei bambini e nel sistema scolastico, sono diventati molto urgenti, anche in seguito alla pandemia".

Nel corso del seminario è stato  evidenziato  il ruolo fondamentale che la scuola riveste:  la socializzazione secondaria. Infatti se il nucleo di origine garantisce al  bambino le relazioni primarie, la formazione di un senso del sé, la scuola ha il compito importantissimo di insegnare, dall’infanzia all’adolescenza, ad essere parte di una comunità.

Ci sono però alcuni aspetti nel sistema scolastico che non vengono attenzionati abbastanza, e sono tuttavia importantissimi. Per esempio il dover trascorrere molto tempo seduti. Durante la prima elementare un bambino passa da una situazione di gioco nella scuola di infanzia, allo stare fermo ed ubbidire a determinate regole che costringono notevolmente la sua fisiologia spontanea. E questo ha un effetto importantissimo sia sul suo corpo che sulle competenze sociali, perché il bambino impara a stare con gli altri attraverso il movimento corporeo. Ci sono poi le interazioni con i compagni, le invidie, le aggressività, le prepotenze o la sudditanza. Tutte dinamiche che devono essere filtrate dall'adulto.  L'occhio dello psicologo scolastico  attenziona questi processi, interviene tempestivamente senza giudizio ma interrogandosi sulle motivazioni che portano ad esempio i ragazzi ad agire il bullismo. Ci si interroga anche  su cosa provi chi  subisce  la violenza, i compagni che assistono e cosa sente l'insegnante, cosa avvertono i genitori dei bulli e dei bullizzati? Un genitore che accetta tutti i comportamenti del figlio cosa sente? Probabilmente vorrebbe essere sostenuto nelle sue capacità di contenerlo, quindi di fare il genitore. Lo psicologo scolastico della Gestalt lo aiuta, focalizzandosi  su cosa funziona in lui, per sostenerlo. Questo è il suo  sguardo, non valutativo, non interpretativo: "L' obbiettivo finale, è che le persone possano essere rilassate quando sono a scuola", ha dichiarato Silvia Tosi, "Che riescano a sentirsi riconosciute nelle loro capacità, e questa è la base per poter starci creativamente, sentendo un senso di appartenenza, di radicamento".

Importantissimo perciò anche il riconoscimento delle emozioni che il docente porta allo psicologo, magari la sua curiosità, la paura, il bisogno di risolvere un problema. E' necessario supportarlo, perché possa sentirsi pronto a co-creare delle modalità relazionali nuove. Ha  affermato Elisa Mordocco: "Lo psicologo gestaltico a scuola, aiuta inoltre gli insegnanti a differenziare tra  le richieste normali che i bambini ed i ragazzi portano durante la crescita,  dalle sofferenze importanti che a volte  manifestano.  Quelle vanno indirizzate precocemente ad una cura  psicoterapica".

Ed il saper vedere ed apprezzare la bellezza, spesso tenuta nascosta, è proprio una tipicità della psicoterapia della Gestalt: "Noi riusciamo a prenderci la parte più bella degli studenti", ha affermato Angela Basile, "Perché non essendoci la valutazione, ma l'attenzione ai vissuti emotivi porta i ragazzi spesso ad un'apertura, ad una riattivazione di corpi, nonostante la mascherina. E tutto questo è davvero coinvolgente".

Quali sono le conseguenze della pandemia sulla psiche? Come si può affrontare nel miglior modo possibile questo difficile momento? In tutti i paesi del mondo, le conoscenze dell’influsso di questo evento sulla salute mentale sono ancora limitate e non tutti conoscono il grande contributo che la psicologia può dare. La domanda di interventi psicoterapeutici è aumentata e s’incrementerà notevolmente nei prossimi mesi e anni. E’ necessario dare risposte concrete a queste richieste e per farlo, l'Istituto di Gestalt Hcc Italy, con sedi a Siracusa, Palermo e Milano, ha organizzato un seminario online “Nuove sfide cliniche: dialogo tra diversi approcci psicoterapici” della durata di due giorni, durante il quale sono intervenuti psicoterapeuti di diversi approcci. L'istituto fondato nel 1979 ha collaborato con alcuni dei fondatori della psicoterapia della Gestalt .

Ad aprire i lavori è stata la direttrice dell’Istituto, la dottoressa Margherita Spagnuolo, Lobb, psicologa, psicoterapeuta, ricercatrice e didatta internazionale spiegando che la condizione generata dalla pandemia ha minato le importantissime certezze che sono alla base dell'individuo: “L'aria che respiriamo può essere piena di virus. Ciò rende non sicura la nostra fisiologia del respiro. Questa condizione si è inserita in una situazione sociale già precedentemente compromessa, creando un forte grado di desensibilizzazione, soprattutto nei giovani, con una conseguente difficoltà, di vivere le relazioni, a sentire le proprie emozioni. Di qui i casi in aumento di depressione, violenza, dissociazione, disturbi da dipendenze da alcol, droghe, gioco d'azzardo, web, alimentari, relazionali”.

“La pandemia ha scatenato la paura dell'impotenza”, ha aggiunto Albino Macaluso, psicologo psicoterapeuta della Gestalt, docente dell'Istituto di Gestalt HCC Italy, “Rievocando le più profonde angosce dell' uomo di fronte all'ignoto ed alla morte. Il covid 19 è una minaccia che non siamo in grado di controllare. Eppure questo fenomeno così drammatico, potrebbe rappresentare anche un'occasione di crescita”.

E di possibilità di profondi cambiamenti, ha parlato anche Pietro A. Cavaleri, didatta dello stesso Istituto:

"E' il crollo dell'idea di un mondo sicuro, la fine del mito della scienza di cui già Michel Foucault aveva parlato. Ma dove c'è una disgregazione, esiste anche la necessità di creare una nuova dimensione”.

“Se questa sarà positiva o negativa dipende soltanto da noi”, ha affermato lo psicoterapeuta psicoanalitico Annibale Bertola che ricordando lo slogan, “Andrà tutto bene”, molto diffuso nel corso del primo periodo della pandemia, ha aggiunto”: “La possibilità di concretizzare queste parole, dipende soltanto nelle nostre scelte”. E la dottoressa Fabiola Maggio, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt, didatta dell'Istituto di Gestalt Hcc Italy, ha precisato che potrebbe essere utile nel direzionarci verso nuove dimensioni, divenire profondamente consapevoli dell'importanza che il corpo, ed il corpo in contatto riveste ”.

“E si, perché siamo animali sociali e la pandemia almeno ce ne ha fatto avere la certezza”. Ha aggiunto Maria Mione, psicologa, psicoterapeuta della Gestalt, didatta dell'Istituto Hcc Italy.

“La dimostrazione è nel massimo utilizzo che abbiamo fatto dei mezzi della rete, che non sostituiscono l'incontro in presenza, ma almeno ci hanno tenuti vicini”.

Se la distanza fisica è stata colmata dall’uso degli ausili tecnologici, non è accaduto lo stesso per la distanza psichica, ha spiegato Daniele La Barbera, titolare della Cattedra di Psichiatria della Scuola di Medicina dell’Università di Palermo: “In psicoterapia anche variazioni minime dei gesti, della mimica, trasferiscono messaggi importanti da parte del paziente e del terapeuta. E' pur vero però, che la distanza non sempre scompare automaticamente quando si è in presenza. Si può essere abbracciati, ma avere una lontananza psichica enorme, se l'abbraccio non è pieno di calore e autenticità”.

“Ma il nostro compito è riuscire ad essere flessibili, alle condizioni e al contesto in cui ci troviamo a vivere, sia come persone, sia come psicologici e psicoterapeuti”,

ha affermato il prof. Franco Di Maria, professore di “Teoria e tecniche della dinamica di gruppo” presso l’ateneo palermitano.

E il covid è anche e soprattutto morte. E per superane la paura, suggerisce  Pierluigi Lattuada, medico e psicoterapeuta, transpersonale:

“Non bisogna condurre una vita nella quale la morte è stigmatizzata, in cui se ne ha paura, considerandola un male, la fine. Così è certo che quando arriva è molto più difficile affrontarla.

Il mio è un invito ad uno sguardo più ampio, ad osservare l'evidenza che la vita è nascita, esistenza e morte, che il nostro passaggio sulla terra sin dall'origine, è destinato a finire”.

Può essere di aiuto però, un sostegno adeguato ai cari nel momento della morte e questo viene negato al tempo della pandemia. Ne ha parlato Rosanna Militello, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt, docente presso l'istituto di Gestalt Hcc Italy,

“ Si è vissuta una condizione eccezionale in cui non è stato possibile salutare le persone care. E cosa succede nell'esperienza di chi vive il lutto mancato, quando il sé rimane ingabbiato in una sorta di aura sospesa, che non concede di tornare indietro, ma non lascia neanche andare avanti? Il processo del lutto invece, è un flusso che ci porta oltre”.

 

Al termine del convegno i relatori hanno salutato i numerosissimi partecipanti, con calore e gioia nonostante le distanze. “Il nostro compito è quello di aiutare, e quando lo facciamo ci sentiamo bene”, ha concluso Margherita Spagnuolo Lobb.

 

Altri relatori sono stati:

Teresa Borino: psicologa, psicoterapeuta, specializzata in medicina psicosomatica e in riabilitazione equestre. Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt Hcc Italy.

Michele Cannavò: psichiatra, psicoterapeuta. Segretario della EAGT. Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt Hcc Italy.

Giuseppe Cannella: psichiatra e psicoterapeuta. Lavora in Sicilia con M.E.D.U. (Medici per i Diritti Umani) in progetti rivolti ai migranti, sostenuti dall'O.N.U.

Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt Hcc Italy.

Barbara Crescimanno; psicologa, psicoterapeuta. Supervisore del Centro Clinico e di ricerca in Psicoterapia di Palermo. Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt di Hcc Italy.

Gina Merlo: psicoterapeuta della Gestalt. Ha operato nelle aree di orientamento scolastico-professionale , prevenzione, consulenze peritali, riabilitazione neuro-motoria, tossicodipendenze. Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt di Hcc Italy .

Giuseppe Sampognaro: lavora come psicologo presso l'Unità di neuropsichiatria infantile dell'ASP di Siracusa. Didatta presso la scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt di Hcc Italy.

Fabio Di Pietra: responsabile del servizio psichiatrico diagnosi e cura presso l'ospedale di Canicattì.

Carla Fani: medico, neurologo, psicologa, psicoterapeuta della psicosintesi.

Susanna Federici Nebbiosi: psicoanalista relazionale.

Luigi Janiri: professore di psichiatria presso la facoltà di medicina dell'università Cattolica e presso il corso di laurea in Psicologia Clinica della LUMSA.

Franco La Rosa: medico umanista. Primario emerito di Psichiatria, Socio Analista CIPA(Istituto per l'Italia Meridionale).

Matteo Lancini: psicologo e psicoterapeuta. Docente presso il dipartimento di psicologia dell'università Milano-Bicocca.

Maria Luisa Manca: psicoterapeuta, analista bioenergetica.

Susanna Marotta: psicologa, psicoterapeuta della Gestalt. Esperta in psicologia giuridica e forense.

 

 

 

 

L’Ortopedia del “Di Venere”, per il sesto anno consecutivo, si conferma ai vertici in Italia per l’intervento chirurgico di frattura del collo del femore entro le 48 ore. Con il 97,04 per cento l’unità operativa diretta dal dr. Vincenzo Caiaffa è al secondo posto tra le oltre 700 strutture italiane censite, dietro solo all’Ospedale di Vittoria (Ragusa) e davanti a istituti specializzati come il “Galeazzi”  di Milano, oltre agli ospedali pugliesi di Castellaneta e Brindisi, anch’essi tra i primi dieci a livello nazionale. I dati sono stati resi noti  il 1° marzo scorso a Roma, durante la presentazione del Rapporto annuale dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.Na.S.), alla quale ha partecipato il ministro della Salute Roberto Speranza.

Il Rapporto illustra i dati del 2020 riferiti alle attività del 2019, anno in cui l’Ortopedia del “Di Venere” ha eseguito 181 interventi per frattura del collo del femore. «Si tratta di un indicatore dell’efficienza delle unità operative come la nostra – spiega il dr. Caiaffa – ma è soprattutto la riprova dei risultati ottenuti in termini di minori conseguenze degli interventi e di velocità di ripresa del paziente che, va ricordato, è nella maggior parte dei casi fragile e molto anziano. Intervenire con questa rapidità vuol dire evitare le complicanze da allettamento, che vanno dalla congestione cardiopolmonare alle piaghe da decubito, ma anche restituire qualità della deambulazione e quindi della vita a persone che hanno subito traumi, legati a cadute, incidenti o altre patologie. Risultati che sono il riflesso del lavoro e dell’impegno di tutti i nostri professionisti e operatori sanitari».

L’Ortopedia e Traumatologia continua il suo percorso di miglioramento, con l’utilizzo di nuove tecnologie come il navigatore virtuale, l’impiego di materiali e strumentazioni modernissime. «Il fattore umano – rimarca Caiaffa – è ancora fondamentale, assieme ad un ospedale che funzioni beni in ogni sua articolazione, perché al fianco delle competenze ed esperienze delle équipe chirurgiche, c’è bisogno dell’impegno degli infermieri di sala operatoria e di reparto, essenziale per restituire il carico precoce al paziente».

Anche dal punto di vista organizzativo, la recente attivazione del Dipartimento di Ortopedia, di cui è direttore lo stesso Caiaffa, è un ulteriore passo in avanti nel settore ortopedico e traumatologico: «Nella nostra ASL sono presenti sette ortopedie – sottolinea Caiaffa - oltre al Di Venere, San Paolo, Monopoli, Altamura, Putignano, Molfetta e Corato e, per quanto riguarda l’intervento chirurgico al collo del femore entro 48 ore, si attestano quasi tutte con uno standard di oltre il 70 per cento, con punte del 77 al San Paolo e oltre l’80 per cento ad Altamura e Putignano. Il Dipartimento è uno strumento utile non solo per organizzare meglio le risorse, ma soprattutto per innescare il circuito virtuoso della circolazione in rete di esperienze e competenze: un ottimo modo per far crescere il livello medio di ogni struttura e delle diverse professionalità». Performance confermate nel rapporto Agenas, dove le Ortopedie della ASL Bari sono,  a livello pugliese, stabilmente tra le prime quindici su oltre quaranta unità operative, con il “Di Venere” primo in assoluto.

 

Qualche settimana fa mi interrogavo se in Italia era ancora possibile porre delle domande. I Paesi dove non si potevano fare domande, erano quelli comunisti come l'Unione Sovietica.

Pertanto anche se non sono un medico e non ho elementi culturali di medicina a sufficienza per comprendere quello che sta accadendo con questo maledetto virus, alcune cose però li capisco anch'io. Anche perchè leggo, mi informo e ascolto. Soprattutto non sto comprendendo perchè dopo un anno di fallimenti, si continuano a prendere misure restrittive (lookdown) in continuazione. Si auspicava discontinuità rispetto al governo Conte invece ancora si percorre la stessa strada.

Il Comitato tecnico scientifico, che via via ha assunto una sacralità sacerdotale, una sorta di sinedrio incontestabile, da tempo delibera su tutti gli aspetti della nostra vita, e così sembra che anche il governo Draghi si è piegato ai suoi voleri.

La chiusura secondo il Comitato è obbligata perchè aumentano i ricoveri negli ospedali e pertanto occorre rimettere in moto la macchina dei lockdown, che per la verità non si è mai arrestata. In questi giorni creano allarme i dati della provincia di Brescia, dove stanno aumentando in maniera esponenziale i pazienti in corsia e in terapia intensiva sta tornando la paura di un’imminente chiusura generalizzata.

«Il problema è capire perché sono aumentati i casi di pazienti che necessitano di cure in ospedale», si chiede Zambrano su Lanuovabq.it, che ha intervistato il dottor Mangiagalli.

Il dottor Mangiagalli, più volte ospite della trasmissione di Mediaset, “Fuori dal coro” condotta da Mario Giordano per spiegare il progetto di cura dei pazienti malati di covid. Il dottore fa parte di un'equipe di medici in prima linea che da mesi cura a casa i malati che hanno primi sintomi di covid. Pare che queste cure siano andate tutte a buon fine, ad oggi con questi dottori e sono tanti, non è morto nessun paziente.

«Non perchè il virus sta intensificando la sua virulenza, siamo solo di fronte al nuovo piccolo epidemico stagionale, nello stesso periodo dello scorso anno, ma per il semplice motivo che i pazienti oggi in corsia sono i malati che non sono stati trattati adeguatamente a casa ieri nei primissimi giorni». (Andrea Zambrano, “Ci risiamo: ricoveri in crescita perchè non si cura subito”, 27.2.21, lanuovabq.it)

Questi medici mettono ancora sotto accusa «gli insufficienti protocolli di intervento, a base di solo paracetamolo nei primi giorni di vigile attesa, quelli che dovrebbero essere decisivi per aggredire il virus e che invece trascorrono esattamente come lo scorso anno. Con armi spuntate».

Il dottor Mangiagalli che opera a Pioltello (MI), insieme al suo gruppo, in questa intervista a Lanuovabq.it ribadisce che «I ricoveri sono figli di questo modus operandi. Bisogna intervenire subito e invertire la rotta prima che sia tardi». Sostanzialmente la “vigile attesa” ha causato tanti morti. Invece se si interviene subito con una cura immediata per aggredire il virus, cambia tutto, diversamente  l'epidemia ti scappa dalle mani. 

Il gruppo di medici ha scritto al viceministro Paolo Sileri, chiedendo di attivare «un protocollo di cura immediato ed efficace, con la vigile attesa a base di paracetamolo facciamo solo danni». Non si comprende il motivo perchè ancora questi medici non hanno ottenuto risposta da parte del ministero.

Il dottore Mangiagalli affronta altre questioni, come quella delle vaccinazioni e delle cosiddette varianti. Puntare tutto sui vaccini, per il dottore, «è come puntare al casinò il 100% sul 2. Se non esce il 2 hai perso tutto e non hai un piano bis».

Allora che cosa bisogna fare? «Da medico che da un anno cura sul territorio dico che bisognava mantenere il controllo dell’epidemia e contemporaneamente andare avanti col vaccino. Così al tavolo manca una gamba e non sta in piedi». Secondo Mangiagalli il covid si combatte su quattro fronti: prevenzione (il distanziamento), le cure, i ricoveri ospedalieri e il vaccino. Se non si investe sulle cure viene meno una gamba e il tavolo non sta in piedi».

Praticamente la storia si ripete, c'è tanta gente che si trova a casa senza risposte e alla fine poi esasperata va in ospedale. «Stiamo andando incontro a un grosso problema di salute pubblica: la gente a casa ormai è ignara di tutto, non chiama nemmeno più il medico perché sa che non ti visiterebbe comunque [...]Dire a uno di aspettare e prendere solo il paracetamolo è criminale».

Certo la cura del covid a casa non sarà la panacea di tutti i mali, come non lo sarà probabilmente il vaccino.

 

 

 

Nel discorso al Senato del presidente del Consiglio Draghi c'è stata molta retorica    e pochi veri contenuti. Per Stefano Fontana è un discorso che si oppone ai principi della Dottrina sociale della Chiesa, perchè ha totalmente ignorato la famiglia e la crisi demografica. Per qualche altro si è soffermato troppo su uno dei cardini del mainstream dominante: la questione ambientale. Addirittura in più occasioni ha messo sullo stesso piano pandemia e cambiamento climatico. Ma quello che più inquieta  nel discorso di Mario Draghi è quando si domanda: «Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così». In filigrana si potrebbe leggere in queste parole e nelle altre che sono seguite a queste il tema del «grande reset». (Tommaso Scandroglio, Il draghismo, una rivoluzione dall'alto, 18.2.21, lanuovabq.it)

E proprio sul come si governa la pandemia e come reagiscono gli italiani, che voglio soffermarmi. Anche perchè dalle prime battute del nuovo governo sembra che si intenda marciare sulla stessa linea del Conte 2. Anzi le premesse sono peggiori, basta osservare la grave decisione di chiudere all'ultimo momento tutti gli impianti sciistici in montagna.

E vengo alla questione della mancata ribellione dei cittadini italiani. E' un tema che mi incuriosisce particolarmente, lo avevo affrontato qualche mese fa, sottolineando che sostanzialmente gli italiani stanno bene, come ha ben descritto in un saggio prima della pandemia il professore Luca Ricolfi.

Tuttavia per comprendere la situazione che stiamo vivendo, c'è un interessante editoriale di Tommaso Scandroglio apparso ieri su Lanuovabq.it. (Inquietanti analogie. Covid, docili allo Stato come prigionieri di guerra, 17.2.21 lanuovabq.it)

Da questo momento utilizzerò abbondantemente questo servizio. Per sostenere che l'italiano medio non si sta ribellando alla persistente e incisiva limitazione delle proprie libertà personali causa Covid, Scandroglio, si rifà ad uno studio del 1957, di Albert D. Biderman dal titolo, Communist attempts to elict false confessions from air prisoners of war (I tentativi dei comunisti di ricavare false confessioni dagli aviatori prigionieri di guerra) pubblicato sul Bulletin of the New York Academy of Medicine (ne offre una sintesi Andrea Ingegneri sull’ultimo numero di Notizie proVita & Famiglia). In questo studio Biderman sintetizza gli strumenti utilizzati dai coreani per trasformare gli aviatori statunitensi da nemici in prigionieri accondiscendenti. Le analogie con la strategia del nostro governo durante l'epidemia sono evidenti.

Scandroglio precisa che in questo suo intervento non intende sindacare se le varie misure restrittive siano proporzionate o meno, ma evidenziare che «il sig. Rossi pare essere diventato assolutamente quiescente allo status quo. Ma per quale motivo l’italico abitante della nostra penisola non scende in piazza con il forcone in mano? Lo faceva sino a ieri per molto meno».

Il giornalista della Nuovabussola la risposta la trova a pagina 619 dello studio di Biderman dove analizza alcuni casi di aviatori statunitensi prigionieri di guerra, durante il conflitto con la Corea nel periodo 1950-1953, e poi rimpatriati negli USA. In uno schema si sintetizzano gli strumenti utilizzati dai coreani per trasformare gli aviatori statunitensi da nemici in prigionieri accondiscendenti. Sostanzialmente  Biderman sottoline un fatto paradossale: «la tortura fisica, al fine di piegare i prigionieri, risultò meno efficace rispetto ad altri strumenti di carattere psicologico. Alcuni di questi espedienti trovano forti analogie con altrettante misure previste dal Governo uscente (ma crediamo anche entrante) al fine di arginare l’epidemia di Coronavirus».

Analizziamo queste analogie.

«Il primo strumento di coercizione psicologica è l’isolamento il quale, secondo il sociologo, aveva prodotto questi effetti: «Togliere il supporto sociale alla capacità di resistere della vittima». È risaputo: l’unione fa la forza. La mancanza di relazioni sociali durante questo ultimo anno ha infiacchito tutti noi. Ulteriore effetto dell’isolamento: «Sviluppare una forte apprensione per la propria persona». L’ansia di poter morire è ormai tratto comune del nostro tessuto sociale. Ancora: «Creare dipendenza della vittima verso chi lo interroga»: milioni di italiani pendevano dalle labbra di Conte per sapere quale sarebbe stato il loro destino e così avverrà anche in futuro relativamente al governo Draghi»

La seconda strategia viene chiamata «manipolazione della percezione» provocata anche con le «restrizioni del movimento». È esperienza comune che nel lockdown il tempo e lo spazio perdevano quasi la loro consistenza usuale. Gli effetti di tale manipolazione sono: «Fissare l’attenzione sulla situazione nell’immediato»: non possiamo più fare progetti a lunga scadenza. Il nostro calendario non segue più i mesi ma i vari Dpcm. Altro effetto che si vuole ricercare: «Eliminare gli stimoli antagonisti a quelli controllati dal carceriere». Ecco allora bollare come fake news, le notizie che si oppongono alla versione ufficiale governativa e qualificare come “negazionisti” chi non si allinea al mainstream».

Ulteriore effetto: «Osteggiare tutte le azioni non coerenti con l’accondiscendenza». Gli esempi si sprecano: non indossare la mascherina, rimanere fuori dalla propria abitazione durante il coprifuoco, voler andare in un’altra regione, tenere aperti i ristoranti fuori dagli orari consentiti, etc».

La quarta strategia usata dai carcerieri coreani sono principalmente le minacce di morte: «il bollettino necrofilo reso noto ogni giorno rappresenta un perfetto esempio di implicita minaccia di morte. In secondo luogo Biderman parla di «minacce di isolamento senza fine». È il famigerato lockdown perenne tanto invocato dai vari Ricciardi».

Scandroglio lascia parlare l'autore: «I comunisti in genere incoraggiavano tali paure attraverso vaghe minacce e dando ad intendere che sarebbero stati pronti ad adottare soluzioni drastiche». Citiamo a caso frasi come: «Niente sarà più come prima»; «Se non collaboriamo tutti l’economia non ripartirà più»; «Se non ci adeguiamo alle misure di protezione individuale non usciremo più dalla pandemia».

La quinta strategia: siamo alle «Indulgenze occasionali» che si concretizzano, innanzitutto, in «favori occasionali»: passare dalla zona rossa a quella arancione; permettere di valicare i confini regionali, etc. Poi vi sono le «promesse» e «le ricompense per la parziale accondiscendenza»: famigerata la promessa di Conte in merito alle festività natalizia. Il premier decise la chiusura del Paese in autunno per salvare il Natale (cosa che poi non avvenne).

Inoltre da mesi ci obbligano alla mitezza promettendoci il vaccino, panacea di tutti i mali presenti. La riconquista di spazi di libertà viene poi venduta come ricompensa per il nostro comportamento virtuoso. Successivamente abbiamo le «fluttuazioni nell’atteggiamento dell’interrogatore»: si torna a scuola, no, non si torna a scuola, etc.; apriamo le piste da sci, no, non le apriamo.

Tutto questo secondo Biderman tende a «offrire motivazioni positive per avere accondiscendenza» e per favorire «gli adattamenti alla deprivazione» della libertà. Insomma, non ci vuole solo il bastone, ma anche la carota tenendo il detenuto/cittadino italiano sulla corda, in uno stato di tensione continua.

Sesto strumento di coazione psicologica: è la «Dimostrazione di onnipotenza e di onniscenza» che si concretizza come «totale controllo sul destino della vittima»: le imposizioni attuali sono infatti non aggirabili, ossia non possiamo sfuggire alle decisioni del governo. Famigerati poi i proclami del Ministro dell’Interno Lamorgese relativi ai controlli stradali minuziosi Tutto ciò deve portare il detenuto/il cittadino italiano alla consapevolezza che è «inutile resistere».

Settimo: «violazione della privacy»: ecco le autocertificazioni, i divieti di invitare a casa un tot numero di persone, il tracciamento con l’inutile app Immuni, etc. Questo percorso di degrado personale deve «far apparire il costo della resistenza più dannoso della resa». Nessun ristoratore si azzarda, comprensibilmente, ad alzare la serranda. Ma più in generale tutti obbediscono convinti che così facendo si salveranno la pelle e ne usciranno prima possibile da questo incubo. Insomma perché opporsi? Il gioco non varrebbe la candela».

Alla fine si analizza la persuasione occulta: «Imposizione di richieste banali»,come «imposizione di regole minuziose»: come portare la mascherina, come lavarsi le mani, quale distanza minima tenere tra le persone, quante persone possono entrare in un locale, etc. Tali imposizioni devono produrre l’effetto di «sviluppare l’abitudine all’accondiscendenza». Lo stato di torpore collettivo potrebbe essere la declinazione attuale di tale effetto».

Scandroglio alla fine aggiunge che non crede che il governo uscente abbia consapevolmente seguito questo schema, «abbia cioè lucidamente preordinato l’asservimento di un intero popolo, come se esistesse davvero un progetto teso alla alienazione dei cittadini. Non lo crediamo sia perché mancano le prove, sia soprattutto perché sovrastimeremmo i membri del governo uscente. Costoro non si sono dimostrati scienziati di guerra e la loro mediocrità non era di certo in grado di ordire simile piano diabolico». Tuttavia dopo questa precisazione  «è comunque innegabile che le misure adottate, così simili a quelle descritte nell’articolo, hanno prodotto proprio gli effetti indicati da Biderman. In conclusione, siamo diventati, nostro malgrado, tanti aviatori precipitati al di là delle linee nemiche e fatti prigionieri di un governo a noi ostile che ci sta torturando psicologicamente da un anno, ottenendo così da noi piena accondiscendenza».

Nel discorso al Senato del presidente del Consiglio Draghi c'è stata molta retorica    e pochi veri contenuti. Per Stefano Fontana è un discorso che si oppone ai principi della Dottrina sociale della Chiesa, perchè ha totalmente ignorato la famiglia e la crisi demografica. Per qualche altro si è soffermato troppo su uno dei cardini del mainstream dominante: la questione ambientale. Addirittura in più occasioni ha messo sullo stesso piano pandemia e cambiamento climatico. Ma quello che più inquieta  nel discorso di Mario Draghi è quando si domanda: «Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così». In filigrana si potrebbe leggere in queste parole e nelle altre che sono seguite a queste il tema del «grande reset». (Tommaso Scandroglio, Il draghismo, una rivoluzione dall'alto, 18.2.21, lanuovabq.it)

E proprio sul come si governa la pandemia e come reagiscono gli italiani, che voglio soffermarmi. Anche perchè dalle prime battute del nuovo governo sembra che si intenda marciare sulla stessa linea del Conte 2. Anzi le premesse sono peggiori, basta osservare la grave decisione di chiudere all'ultimo momento tutti gli impianti sciistici in montagna.

E vengo alla questione della mancata ribellione dei cittadini italiani. E' un tema che mi incuriosisce particolarmente, lo avevo affrontato qualche mese fa, sottolineando che sostanzialmente gli italiani stanno bene, come ha ben descritto in un saggio prima della pandemia il professore Luca Ricolfi.

Tuttavia per comprendere la situazione che stiamo vivendo, c'è un interessante editoriale di Tommaso Scandroglio apparso ieri su Lanuovabq.it. (Inquietanti analogie. Covid, docili allo Stato come prigionieri di guerra, 17.2.21 lanuovabq.it)

Da questo momento utilizzerò abbondantemente questo servizio. Per sostenere che l'italiano medio non si sta ribellando alla persistente e incisiva limitazione delle proprie libertà personali causa Covid, Scandroglio, si rifà ad uno studio del 1957, di Albert D. Biderman dal titolo, Communist attempts to elict false confessions from air prisoners of war (I tentativi dei comunisti di ricavare false confessioni dagli aviatori prigionieri di guerra) pubblicato sul Bulletin of the New York Academy of Medicine (ne offre una sintesi Andrea Ingegneri sull’ultimo numero di Notizie proVita & Famiglia). In questo studio Biderman sintetizza gli strumenti utilizzati dai coreani per trasformare gli aviatori statunitensi da nemici in prigionieri accondiscendenti. Le analogie con la strategia del nostro governo durante l'epidemia sono evidenti.

Scandroglio precisa che in questo suo intervento non intende sindacare se le varie misure restrittive siano proporzionate o meno, ma evidenziare che «il sig. Rossi pare essere diventato assolutamente quiescente allo status quo. Ma per quale motivo l’italico abitante della nostra penisola non scende in piazza con il forcone in mano? Lo faceva sino a ieri per molto meno».

Il giornalista della Nuovabussola la risposta la trova a pagina 619 dello studio di Biderman dove analizza alcuni casi di aviatori statunitensi prigionieri di guerra, durante il conflitto con la Corea nel periodo 1950-1953, e poi rimpatriati negli USA. In uno schema si sintetizzano gli strumenti utilizzati dai coreani per trasformare gli aviatori statunitensi da nemici in prigionieri accondiscendenti. Sostanzialmente  Biderman sottoline un fatto paradossale: «la tortura fisica, al fine di piegare i prigionieri, risultò meno efficace rispetto ad altri strumenti di carattere psicologico. Alcuni di questi espedienti trovano forti analogie con altrettante misure previste dal Governo uscente (ma crediamo anche entrante) al fine di arginare l’epidemia di Coronavirus».

Analizziamo queste analogie.

«Il primo strumento di coercizione psicologica è l’isolamento il quale, secondo il sociologo, aveva prodotto questi effetti: «Togliere il supporto sociale alla capacità di resistere della vittima». È risaputo: l’unione fa la forza. La mancanza di relazioni sociali durante questo ultimo anno ha infiacchito tutti noi. Ulteriore effetto dell’isolamento: «Sviluppare una forte apprensione per la propria persona». L’ansia di poter morire è ormai tratto comune del nostro tessuto sociale. Ancora: «Creare dipendenza della vittima verso chi lo interroga»: milioni di italiani pendevano dalle labbra di Conte per sapere quale sarebbe stato il loro destino e così avverrà anche in futuro relativamente al governo Draghi»

La seconda strategia viene chiamata «manipolazione della percezione» provocata anche con le «restrizioni del movimento». È esperienza comune che nel lockdown il tempo e lo spazio perdevano quasi la loro consistenza usuale. Gli effetti di tale manipolazione sono: «Fissare l’attenzione sulla situazione nell’immediato»: non possiamo più fare progetti a lunga scadenza. Il nostro calendario non segue più i mesi ma i vari Dpcm. Altro effetto che si vuole ricercare: «Eliminare gli stimoli antagonisti a quelli controllati dal carceriere». Ecco allora bollare come fake news, le notizie che si oppongono alla versione ufficiale governativa e qualificare come “negazionisti” chi non si allinea al mainstream».

Ulteriore effetto: «Osteggiare tutte le azioni non coerenti con l’accondiscendenza». Gli esempi si sprecano: non indossare la mascherina, rimanere fuori dalla propria abitazione durante il coprifuoco, voler andare in un’altra regione, tenere aperti i ristoranti fuori dagli orari consentiti, etc».

La quarta strategia usata dai carcerieri coreani sono principalmente le minacce di morte: «il bollettino necrofilo reso noto ogni giorno rappresenta un perfetto esempio di implicita minaccia di morte. In secondo luogo Biderman parla di «minacce di isolamento senza fine». È il famigerato lockdown perenne tanto invocato dai vari Ricciardi».

Scandroglio lascia parlare l'autore: «I comunisti in genere incoraggiavano tali paure attraverso vaghe minacce e dando ad intendere che sarebbero stati pronti ad adottare soluzioni drastiche». Citiamo a caso frasi come: «Niente sarà più come prima»; «Se non collaboriamo tutti l’economia non ripartirà più»; «Se non ci adeguiamo alle misure di protezione individuale non usciremo più dalla pandemia».

La quinta strategia: siamo alle «Indulgenze occasionali» che si concretizzano, innanzitutto, in «favori occasionali»: passare dalla zona rossa a quella arancione; permettere di valicare i confini regionali, etc. Poi vi sono le «promesse» e «le ricompense per la parziale accondiscendenza»: famigerata la promessa di Conte in merito alle festività natalizia. Il premier decise la chiusura del Paese in autunno per salvare il Natale (cosa che poi non avvenne).

Inoltre da mesi ci obbligano alla mitezza promettendoci il vaccino, panacea di tutti i mali presenti. La riconquista di spazi di libertà viene poi venduta come ricompensa per il nostro comportamento virtuoso. Successivamente abbiamo le «fluttuazioni nell’atteggiamento dell’interrogatore»: si torna a scuola, no, non si torna a scuola, etc.; apriamo le piste da sci, no, non le apriamo.

Tutto questo secondo Biderman tende a «offrire motivazioni positive per avere accondiscendenza» e per favorire «gli adattamenti alla deprivazione» della libertà. Insomma, non ci vuole solo il bastone, ma anche la carota tenendo il detenuto/cittadino italiano sulla corda, in uno stato di tensione continua.

Sesto strumento di coazione psicologica: è la «Dimostrazione di onnipotenza e di onniscenza» che si concretizza come «totale controllo sul destino della vittima»: le imposizioni attuali sono infatti non aggirabili, ossia non possiamo sfuggire alle decisioni del governo. Famigerati poi i proclami del Ministro dell’Interno Lamorgese relativi ai controlli stradali minuziosi Tutto ciò deve portare il detenuto/il cittadino italiano alla consapevolezza che è «inutile resistere».

Settimo: «violazione della privacy»: ecco le autocertificazioni, i divieti di invitare a casa un tot numero di persone, il tracciamento con l’inutile app Immuni, etc. Questo percorso di degrado personale deve «far apparire il costo della resistenza più dannoso della resa». Nessun ristoratore si azzarda, comprensibilmente, ad alzare la serranda. Ma più in generale tutti obbediscono convinti che così facendo si salveranno la pelle e ne usciranno prima possibile da questo incubo. Insomma perché opporsi? Il gioco non varrebbe la candela».

Alla fine si analizza la persuasione occulta: «Imposizione di richieste banali»,come «imposizione di regole minuziose»: come portare la mascherina, come lavarsi le mani, quale distanza minima tenere tra le persone, quante persone possono entrare in un locale, etc. Tali imposizioni devono produrre l’effetto di «sviluppare l’abitudine all’accondiscendenza». Lo stato di torpore collettivo potrebbe essere la declinazione attuale di tale effetto».

Scandroglio alla fine aggiunge che non crede che il governo uscente abbia consapevolmente seguito questo schema, «abbia cioè lucidamente preordinato l’asservimento di un intero popolo, come se esistesse davvero un progetto teso alla alienazione dei cittadini. Non lo crediamo sia perché mancano le prove, sia soprattutto perché sovrastimeremmo i membri del governo uscente. Costoro non si sono dimostrati scienziati di guerra e la loro mediocrità non era di certo in grado di ordire simile piano diabolico». Tuttavia dopo questa precisazione  «è comunque innegabile che le misure adottate, così simili a quelle descritte nell’articolo, hanno prodotto proprio gli effetti indicati da Biderman. In conclusione, siamo diventati, nostro malgrado, tanti aviatori precipitati al di là delle linee nemiche e fatti prigionieri di un governo a noi ostile che ci sta torturando psicologicamente da un anno, ottenendo così da noi piena accondiscendenza».

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