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Migranti, boom di sbarchi in Italia

La serie di naufragi e ribaltamenti di imbarcazioni di migranti e rifugiati la scorsa settimana nel Mediterraneo avrebbe causato almeno 880 decessi, ha affermato oggi l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) basandosi su nuove informazioni ricevute in colloqui con sopravvissuti in Italia. Il totale dei rifugiati e migranti morti dall'inizio del 2016 mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo per giungere in Europa è cosi' salito di 2.510, contro i 1.855 per lo stesso periodo del 2015.

Una strage nella strage, quella dei più piccoli, che l'Unicef chiama "genocidio" e che era stata documentata in un altra foto che lo scorso ottobre aveva fatto il giro del mondo: quella di Aylan, bambino siriano di tre anni trovato morto su una spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia, con la faccia in giù, appena lambito dall'acqua, le braccia abbandonate, ancora vestito.

Sembrava una bambola". Invece era un bambino, uno dei tanti che in questi giorni vengono inghiottiti dal Mediterraneo

L'immagine choc diventa un nuovo capo d'accusa all'Europa. "Se non vogliamo più vedere queste immagini dobbiamo smettere di fabbricarne - ha spiegato in un comunicato la ong Sea-Watch - sulla scia di questi eventi disastrosi, diventa evidente per le organizzazioni che operano sul campo che gli appelli dei politici europei ad evitare ulteriori morti in mare non sono altro che parole". I numeri dell'Onu sulle tragedie del mare sono impietosi e confermano che quella appena conclusa è stata una delle peggiori settimane di sempre: tre naufragi, 65 corpi recuperati, 700 dispersi, almeno 40 dei quali bimbi.

Quel corpicino nudo tra le braccia di un soccorritore sconfortato racconta l'ennesima tragedia del mare. La foto choc, diffusa da una ong, diventa così l'ennesimo colpo a un'Unione europea incapace di affrontare l'emergenza immigrazione.

Il cadavere del piccolo, che non aveva ancora compiuto un anno, è stato recuperato dalla ong Sea-Watch venerdì scorso a largo della Libia, subito dopo che un barcone di legno era affondato con 45 persone a bordo. "Sembrava una bambola - ha raccontato il soccorritore - aveva le braccia tese". "L'ho preso in braccio per proteggerlo, come se fosse ancora vivo, con i suoi occhi luminosi e amichevoli, ma immobili - ha continuato l'uomo, padre di tre figli che ha detto chiamarsi Martin - ho cominciato a cantare per trovare conforto e dare un senso a questo incomprensibile e straziante momento, perché fino a qualche ora fa il bambino era vivo".

La fotografia del neonato annegato al largo della costa libica tenuto in braccio da un nostro marinaio commosso dice lo stato degli atti. "La visione è insopportabile - tuona il presidente de deputati azzurri Renato Brunetta - non è più tollerabile che Renzi riduca l'allarme gravissimo sull'immigrazione a una schermaglia di battute". Il picco c'è stato proprio nel fine settimana, quando si sono contati ben 7.200 arrivi. A maggio sono arrivate via mare complessivamente 19.819 persone.

Anche l'accoglienza registra numeri record. Nelle varie strutture sono ospitati 119.294 persone: ben 16mila in più rispetto allo scorso anno. La maggioranza (86mila) sono presenti nelle strutture temporanee. Poi, ce ne sono 19.777 nel sistema Sprar per richiedenti asilo e rifugiati e 13.472 nei centri di prima accoglienza e nei quattro hotspot. La Lombardia, ancora una volta, è la regione a cui vengono chiesti i sacrifici maggiori. Quindi il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha, infatti, spedito 16.482 immigrati (il 13% del totale). Tanto per capirci: in Sicilia, terra presa d'assalto dagli sbarchi, ce ne sono "solo" 13.869 (il 12% del totale). Un'altra regione martoriata dal Viminale è il Veneto dove ne sono stati mandati 10.427 (il 9% del totale).

Finora l'anno record per numero di arrivi è stato il 2014, con 170.100 persone sbarcate. Segue il 2015 con 153.842. Senza una stabilizzazione della situazione in Libia, è prevedibile che il 2016 segni un nuovo primato, con scenari che ipotizzano fino a 200mila arrivi. Eppure Renzi nasconde la verità e si trincera dietro ai soliti slogan buonisti: "Davanti a qualcuno che rischia di morire in mare, io vado e cerco di salvargli la vita. Una vita salvata vale più di mille discorsi in televisione". E accusa il centrodestra: "È evidente che sul tema si gioca la sfida della paura ma i numeri che abbiamo davanti sono diversi da quelli raccontati: non sono in aumento gli sbarchi ma gli allarmi a scopo elettorale".

Con i massicci sbarchi del fine settimana c'è stato il sorpasso. Dall'inizio dell'anno sono già sbarcati 47.740 immigrati, il 4% il più rispetto allo stesso periodo del 2015.

Eppure il premier Matteo Renzi continua a negare l'evidenza dei fatti. "È evidente che sul tema dell'immigrazione si gioca la sfida della paura ma i numeri sono profondamente diversi da quelli raccontati - ha detto all'indomani della pubblicazione dei numeri sugli arrivi - non c'è un aumento dei migranti rispetto all'anno scorso, c'è un aumento di allarmi a scopo elettorali".

Ma nella babele dell'accoglienza europea, l'Italia è un crogiolo di contraddizioni. Che spesso ammette chi l'Ue invece respinge, e viceversa.Il nostro paese ha invece concesso la protezione internazionale al 95% di domande di migranti dall'Afghanistan, contro una media Ue ferma al 64%. In Germania solo il 66% degli afghani ha avuto risposta positiva, nel Regno Unito appena il 36,9% e in Ungheria il 26%. E poi c'è il caso Ucraina, con il 65% delle istanze accolte dalle nostre commissioni, il doppio della media europea. Del Pakistan, 44% contro 33%, e della Guinea, con il 93% delle domande approvate in Italia, quasi due volte la media europea.

Non solo i rifugiati in fuga da Siria ed Eritrea, a cui l'Europa ha aperto le porte del diritto di asilo: per le commissioni territoriali che esaminano le istanze di protezione internazionale dei migranti, nemmeno l'Albania è immune da rischi di persecuzione per motivi di razza, opinione o religione. E, a differenza degli altri Stati membri, le richieste che provengono da quel paese vengono in gran parte accolte. Così come quelle che arrivano da Ucraina, Kosovo, Bangladesh, Afghanistan, Pakistan, Ghana, Gambia, Costa d'Avorio, Mali.

La conseguenza sono cancellerie dei palazzi di giustizia intasate da pratiche che hanno buone probabilità di trovare accoglimento e strutture al collasso. E paradossi che vedono l'Italia accogliere in percentuale meno siriani della media Ue, ma ammettere diverse nazionalità respinte dagli altri colleghi europei. Dai dati elaborati dalla fondazione Leone Moressa su quelli del Viminale, emerge che nel 2014 in Italia le richieste dei siriani sono state accolte solo per il 55%, contro una media Ue del 97,2%. Numeri che hanno toccato il 99% in Svezia, 93% in Germania e 95% in Francia.

Quando ciò non accade, ci pensano i tribunali, in sede di ricorso a ribaltare la sentenza. Le nazionalità dei migranti a cui l'Italia concede lo status di rifugiato o un'altra forma di protezione, umanitaria e sussidiaria, rivelano la marcia disordinata dell'Europa di fronte all'emergenza migratoria. Raccontano la confusione che regna tra le quaranta commissioni territoriali che in Italia decidono sui permessi e tra i giudici che ribaltandone i verdetti mano a mano ridisegnano la zona grigia che dovrebbe separare i cosiddetti migranti economici dai profughi di guerra. Dove la discrezionalità di giudizio davanti alla storia personale e umana del singolo migrante è l'unica bussola che guida il sentiero tra i paletti fissati dalla convenzione di Ginevra.

Dopo gli appelli del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a comporre il mosaico di un asilo europeo, la Commissione libertà civili del Parlamento Ue lavora all'istituzione di un elenco condiviso di paesi di origine sicuri che consenta di mettere nero su bianco dei criteri comunitari nell'esame delle domande.

Intanto però continuano gli sbarchi e i naufragi, con la conta dei morti e dei sopravvissuti alle partenze dalla Libia. Disperati che arrivano da Nigeria, Pakistan, Ghana. E che nel nostro Paese hanno più possibilità di ottenere il permesso di restare.

Intanto dal UE : "Il ritmo delle ricollocazione deve accelerare" o la Commissione farà scattare procedure di infrazione. Lo dice la portavoce, Mina Andreeva, a chi nota che finora si è fatto solo l'1% delle 160mila relocation promesse. Osservando che "ci sono progressi", Andreeva sottolinea che la decisione "è legalmente vincolante" e "deve essere messa in atto da chi l'ha presa". Per questo "abbiamo mandato lettere di avvertimento" ai governi e "se necessario, non ci vergogneremo di esercitare i nostri poteri come guardiani dei trattati".

"A oggi abbiamo avuto 1816 persone ricollocate da Italia e Grecia" specifica, ricordando che "proprio ieri 45 persone sono state ricollocate dalla Grecia alla Spagna". "Quello che vediamo in termini di progresso è che per la prima volta, da una settimana, vediamo ricollocazioni su base quotidiana. E' un segno incoraggiante, ma naturalmente i progressi devono aumentare" ha aggiunto prima di sottolineare: "E' esattamente per questo che il Commissario Avramopoulos ma anche il primo vicepresidente Timmermans ed il presidente Juncker hanno costantemente ricordato agli stati membri che stiamo parlando di una decisione legalmente vincolante, una legge europea che deve essere messa in atto da chi ha preso la decisione nel Consiglio. La Commissione è guardiana dei Trattati e può lanciare procedure di infrazione. Abbiamo inviato lettere di avvertimento e, se necessario, non ci vergogneremo di esercitare i nostri poteri come guardiani dei trattati. Informeremo quando questa decisione sarà stata presa".

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