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Italia, la pressione fiscale al 44,1%

La pressione fiscale continua a crescere in Italia e sfiora i livelli svedesi. Nel 2012 - si legge nel Rapporto Istat ''Noi Italia'' - ha raggiunto il 44,1% (dal 42,5% nel 2011 e il 41,3% del 2000) a fronte del 44,7% in Svezia, dato in deciso calo dal 51,7% registrato nel paese scandinavo nel 2000.

Ma il nuovo rapporto "Noi Italia" dell'Istat ci consegna l'ennesimo quadro sconfortante: nel 2012 in Italia si contavano 9,5 milioni di poveri, con il 12,7% delle famiglie in condizioni di povertà relativa, e il 6,8% in condizioni di povertà assoluta. L'allarme maggiore, come spesso accade, riguarda il Mezzogiorno, dove oltre un quarto delle famiglie si può considerare povera. A livello nazionale, una famiglia su quattro si può considerare in una condizione di "disagio economico": in parole semplici, il 25% delle famiglie italiane non può permettersi spese impreviste, arretrati nei pagamenti o un pasto proteico ogni due giorni. Dati sconvolgenti, soprattutto considerando che il dato è cresciuto di ben 2,6 punti percentuali in un solo anno (nel 2011 era del 22,3%). Sei famiglie su dieci se la devono cavare con meno di 2500 euro al mese, mentre il Pil pro capite, a parità di potere d'acquisto, è inferiore a quello della media Ue.

L'imposizione fiscale cresce a livelli inauditi, sfiorando i numeri di paesi, come la Svezia, che garantiscono ben altri livelli di servizi: 44,1% contro il 44,7% della monarchia scandinava. Da registrare come il dato italiano sia in aumento costante (era del 42,5% nel 2011 e del 41,3% del 2000), mentre quello svedese registra un ribasso di 7 punti percentuali dal 2000 ad oggi. Non ci sono miglioramenti, infine, per i tassi di occupazione: a livello nazionale i disoccupati sono il 10,7%, ma preoccupa specialmente al Sud, dove la cifra sale al 19,3%. Il 2012 ha registrato inoltre la più alta percentuale di disoccupazione giovanile degli ultimi trentasette anni, con un dato complessivo che si attesta al 35,3 per cento.

In Italia una famiglia su quattro è in una situazione di ''deprivazione'' ovvero ha almeno tre dei 9 indici di disagio economico come ad esempio non poter sostenere spese impreviste, arretrati nei pagamenti o un pasto proteico ogni due giorni. Lo si legge nel Rapporto Noi Italia dell'Istat secondo il quale l'indice e' cresciuto dal 22,3% del 2011.

In Italia lavorano solo 61 persone su 100 tra i 20 e i 64 anni un livello che è ancora di 14 punti inferiore al target europeo 2020 (75%). Lo si legge nel Rapporto Istat ''Noi Italia'' nel quale si sottolinea come nel 2012 per le donne occupate il dato sia ancora peggiore (solo il 50,5%). Peggio dell'Italia fanno solo Spagna (59,3%) e Grecia

Nel 2011 le famiglie italiane hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 20,6% (oltre -2% rispetto al 2001). La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l'1,8% del Pil nazionale, e ammonta mediamente a 949 euro per le famiglie del Mezzogiorno e a 1.222 euro per quelle del Centro-Nord.

La spesa sanitaria pubblica corrente dell'Italia nel 2012 (dato provvisorio) è stata di circa 111 miliardi di euro, pari al 7% del Pil e a 1.867 euro annui per abitante: un valore di molto inferiore rispetto a quello di altri importanti paesi europei. E' uno dei dati contenuti nel rapporto dell'Istat 'Noi Italia

Stretta tra tagli e riorganizzazione, la sanità italiana ricorrentemente vede ridursi posti letto ospedalieri e ospedali. Un obiettivo raggiunto che ci vede in Europa ai livelli più bassi, insieme a Portogallo, Spagna, Regno Unito, Irlanda, Svezia.

L'Italia non è il Paese più "vecchio" d'Europa: a superarci è la Germania, che con 155,8 anziani ogni 100 giovani sbaraglia il nostro pur rispettabile indice di vecchiaia (148,6).

Sicilia, Campania e Lazio sono le regioni italiane con il più alto tasso di mortalità infantile. Rispetto alla media nazionale di 3,3 decessi per mille nati vivi, registrata nel 2010, in Sicilia è di 4,8, in Campania di 4,1 e nel Lazio di 3,9. Tuttavia il nostro Paese vanta uno dei valori più bassi in Europa, in calo continuo dal 2000, anche se negli anni più recenti c'è stato un rallentamento di questo trend.

I laureati in Italia? Una percentuale ancora bassa rispetto all'obiettivo fissato dall'Europa. Se infatti ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente) il 21,7% dei 30-34enni e nel periodo 2004-2012 si registra un incremento di 6 punti percentuali, la quota è ancora molto contenuta rispetto all'obiettivo del 40% fissato da Europa 2020.

L'Italia è tra i paesi più motorizzati in Europa con 62 auto ogni 100 abitanti, seconda sola al Lussemburgo e tra i luoghi con più vetture nel mondo. Lo si legge nel Rapporto Noi Italia dell'Istat. ''Il numero di autovetture ogni mille abitanti (tasso di motorizzazione) - scrive l'Istat - se da un lato rappresenta un indicatore positivamente associato allo standard di vita di un paese, dall'altro consente di misurare l'impatto negativo sulla congestione del sistema viario riconducibile soprattutto alla densità delle autovetture presenti. Il tasso di motorizzazione in Italia è passato da circa 501 autovetture ogni mille abitanti nel 1991 a circa 621 nel 2012, uno dei tassi più alti del mondo e il secondo nell'Ue27. Su cento autovetture in circolazione nel nostro Paese nel 2012, 12 sono in classe Euro5, 34 in classe Euro4, 20 in classe Euro3, 17 in Euro2, cinque in classe Euro1 e le rimanenti 12 in classe Euro0.

L'Italia è il primo Paese in Europa per prodotti agroalimentari con marchi di qualità.

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