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Giornata di festa nazionale oggi in Spagna all'ombra del conflitto catalano, la crisi istituzionale più grave vissuta dal paese dalla fine della dittatura franchista. Re Felipe VI e il premier Mariano Rajoy assistono dalle 11 in Paseo de la Castellana a Madrid alla tradizionale sfilata militare, cui parteciperanno 3.800 soldati e uomini della Guardia Civil e della Policia Nacional, e 78 aerei. Il palco delle autorità è stato spostato quest'anno all'altezza dello stadio Santago Bernabeu del Real Madrid. Al ricevimento a Palazzo Reale sono attesi fra gli altri tutti i presidenti delle comunità autonome (regioni) spagnole, meno il catalano Carles Puigdemont e il basco Inigo Urkullu.

Oltre 100 comuni catalani non hanno chiuso oggi per la festa nazionale spagnola della Hispanidad, riferisce Tv3. La festa nazionale spagnola interviene nel pieno della crisi fra Barcellona e Madrid. Fra i principali centri che non aderiscono alle celebrazioni spagnole le città di Girona e Badalona.

Potrebbe avere i giorni contati il governo secessionista del presidente catalano Carles Puigdemont dopo la dichiarazione di indipendenza 'sospesa' di ieri, che ha scatenato l'ira di Madrid. Il premier Mariano Rajoy ha attivato oggi la procedura per l'applicazione dell'articolo 155 della costituzione, che consente di sospendere di fatto l'autonomia catalana e destituirne il presidente e i ministri. 

Rajoy ha lanciato un ultimatum. Entro lunedì alle 10 del mattino Puigdemont deve chiarire se ha effettivamente dichiarato o meno l'indipendenza, attentando all' unità della Spagna. Entro giovedì dovrà "rettificare". Altrimenti Rajoy chiederà al senato di attivare 'l'arma atomica' del 155. 

La prima risposta di Puigdemont all'ultimatum di Rajoy è stato un nuovo appello al dialogo, "senza condizioni", con Madrid. Il President ha proposto un tavolo di trattativa fra "due persone del governo catalano e due di quello spagnolo". Il portavoce del Govern Jordi Turull ha avvertito che la risposta di Barcellona all'applicazione del 155 potrebbe essere la proclamazione immediata della Repubblica come esige l'ala sinistra dello schieramento secessionista, la Cup, delusa dal 'rinvio' annunciato da Puigdemont. 

Una decisione presa dal president, ha detto l'analista indipendentista Pilar Rahola, dopo gli appelli dell'ultimo minuto del presidente del consiglio europeo Donald Tusk e dell'ex-segretario Onu Kofi Annan. Nonostante in apparenza renda più burrascoso il clima, l'ultimatum di Rajoy potrebbe dare più tempo ai tentativi di mediazione in corso, confermati anche da Rajoy, che li ha però respinti, davanti al Congresso. Molto potrebbe dipendere anche da come sarà formulata la risposta di Puigdemont. Sulle chances di poter avviare un dialogo influiranno anche le voci diverse in seno al partito socialista la cui ala catalana, il Psc, è contro il 155 e preme per una trattativa. I tempi poi potrebbero ulteriormente dilatarsi. 

Se anche giovedì 19 ottobre Rajoy deciderà di applicare l'art.155, dovrà comunque attendere un via libera del senato, che potrebbe richiedere ancora qualche giorno. Ulteriore tempo per cercare di portare avanti un dialogo. Se alla fine sfodererà effettivamente 'l'arma atomica' il rischio di un avvitamento della crisi si farà serio. "Faremo resistenza", ha avvertito il capogruppo al Congresso di Erc, il partito del vice-president Oriol Junqueras, Joan Tardà. Questo potrebbe voler dire decine di migliaia di civili nelle strade di Barcellona o Girona schierati pacificamente come scudi umani davanti alla polizia spagnola per impedire la destituzione o l'arresto di Puigdemont e dei suoi ministri. Immagini che di nuovo rischierebbero di suscitare proteste in tutto il mondo.

Il premier spagnolo, che visibilmente non era entusiasta all' idea di dover ricorrere a questo meccanismo coercitivo, oggi ha finalmente ceduto alle mille pressioni che si sono esercitate su di lui dopo il duro discorso di re Felipe il 3 ottobre scorso contro la Catalogna. Dalla destra del suo partito e dalla vicepremier Soraya de Santamaria, dalla stampa madrilena compatta nell' invocare l'art. 155, dall'alleato Albert Rivera di Ciudadanos. La notte scorsa, dopo il pronunciamento di Puigdemont, Rajoy ha concordato la mossa con il leader socialista Pedro Sanchez. In cambio dell'appoggio del Psoe, Sanchez ha ottenuto l'accordo di Rajoy per l'avvio di una riforma della costituzione che cerchi di offrire una nuova sistemazione istituzionale alla Catalogna.

La Catalogna ieri si è dichiarata indipendente. Per un minuto. Alle 19.41 il presidente Carles Puigdemont ha proclamato la Repubblica catalana. Alle 19.42 ha sospeso la secessione, per tentare "una tappa di dialogo" con Madrid. Ma in serata c'è stato anche tempo per la firma della dichiarazione da parte delle massime cariche della Catalogna e dai rappresentanti della maggioranza di governo. Un gesto simbolico, visto che, come ha detto anche un portavoce della Cup, l'ala più oltranzista del fronte indipendentista, la dichiarazione firmata "non è ancora valida". Immediata la reazione di Madrid. Prima con fonti che hanno definito "inammissibile una dichiarazione implicita di indipendenza e poi una sua sospensione esplicita"."Il governo - hanno aggiunto - non cederà a ricatti". 

Se il governo spagnolo deciderà di applicare l'art.155 della costituzione contro la Catalogna, il governo andrà avanti sulla strada dell'indipendenza, ha affermato oggi il portavoce dell'esecutivo catalano Jordi Turull. "Se applicano il 155, vuole dire che non vogliono il dialogo, e sarà chiaro che dobbiamo essere coerenti con i nostri impegni" ha detto alla radio catalana Catalunya Radio.

Alla dichiarazione si è arrivati dopo ore di trattative ad alta tensione con le varie componenti del fronte indipendentista. Sommerso dagli appelli da tutto il mondo perché evitasse un gesto "irreparabile", il leader catalano alla fine ha optato per la 'formula slovena'. Così aveva fatto Lubiana al momento della separazione da Belgrado: aveva dichiarato l'indipendenza, ma l'aveva sospesa per sei mesi, per arrivare a un divorzio negoziato con Belgrado.

Due articoli della costituzione spagnola, il 155 che consentirebbe di sospendere l'autonomia catalana, e il 116, che permette di istituire lo 'stato di eccezione' in una parte del territorio dello stato, possono essere usati dal premier Mariano Rajoy se opta per la mano dura con la regione ribelle. Per l'applicazione del 155 ci vuole il via libera del senato, dove il Pp di Rajoy ha la maggioranza assoluta, per il 116 è necessario quello del Congresso, dove Rajoy è minoritario.

La Commissione Ue "sostiene gli sforzi per superare le divisioni e la frammentazione e assicurare l'unità e il rispetto della Costituzione spagnola". Lo ha affermato il vicepresidente dell'esecutivo comunitario Valdis Dombrovkis dopo gli ultimi sviluppi in Catalogna. "Abbiamo fiducia nelle istituzioni spagnole, nel premier Rajoy con cui il presidente Juncker è in contatto costante e in tutte le forze politiche che stanno lavorando verso una soluzione nel quadro della costituzione spagnola".

Il segretario socialista Pedro Sanchez ha detto di avere raggiunto un accordo con il premier Mariano Rajoy per avviare una riforma della costituzione che ridefinisca fra l'altro lo statuto della Catalogna. Sanchez ha detto che una commissione sarà formata a breve e lavorerà per sei mesi. Le conclusioni saranno sottoposte al parlamento. Il leader Psoe ha rilevato che anche per la tenuta di un referendum di auto-determinazione, cui si è detto contrario, è necessaria una riforma della costituzione.

All'indomani del discorso al parlamento di Barcellona del presidente catalano Puigdemont, che ha dichiarato l'indipendenza ma l'ha sospesa per favorire il dialogo con Madrid, è il momento delle contromosse del governo centrale. 

Mariano Rajoy ha tenuto una conferenza stampa alla fine dei lavori del consiglio dei ministri straordinario: 'Puigdemont confermi se ha dichiarato la secessione'. Il premier spagnolo ha aperto così la strada verso l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione, che consente fra l'altro di sospendere l'autonomia della Catalogna. La richiesta di chiarimento rivolta al presidente catalano Carles Puigdemont è il primo passo previsto dalla legge prima che il governo possa chiedere al Senato l'attivazione del 155. Nel pomeriggio riferira al Congresso dei deputati. 'Andremo avanti lo stesso', dice il portavoce del governo catalano. Dall'Ue arriva il sostegno per superare le divisioni: 'Fiducia in Rajoy'. Appoggio al premier spagnolo anche dal segretario socialista Pedro Sanchez (Psoe). Tra i due è stato raggiunto anche un accordo per la riforma della Costituzione.

Martedì, ore 18, parlamento di Barcellona: parla Carles Puigdemont. Per Catalogna e Spagna è l'ora della verità nell'infinita crisi catalana. Puigdemont deve riferire sui risultati del referendum del 1/o ottobre. E probabilmente dichiarare l'indipendenza. Ma non è chiaro quale sarà la portata: formale, immediata o 'differita'?

Sul 'president' le pressioni sono state fortissime. Puigdemont ha tenuto le carte coperte nelle ultime ore nonostante appelli e moniti di alleati e avversari. Il premier spagnolo Mariano Rajoy lo ha diffidato dal proclamare l'indipendenza, una mossa che farebbe scattare la dura reazione dello stato. Rajoy può usare l'art.155 della Costituzione per sospendere l'autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento e convocare elezioni anticipate, dichiarare lo stato d'emergenza.

Secondo il quotidiano Il Giornale durante le perquisizioni in casa di Josep Maria Jové, braccio destro del leader indipendentista Junqueras, la Guardia Civil ha trovato, fra i vari documenti, il vero e proprio “piano segreto” dei partiti secessionisti per proclamare l’indipendenza della Catalogna. La strategia è denominata #EnfoCATs, o Reenfocant el procés d´independencia per un resultat exitós, e definisce le varie tappe del processo indipendentista. Secondo il documento, la dichiarazione unilaterale d’indipendenza (la Dui, come viene chiamata nel gergo politico spagnolo) che ha pianificato per oggi Carles Puigdemont, “genererà un conflitto che, se ben amministrato, può portare alla proclamazione di uno Stato, perché la Spagna non riconoscerà il diritto a indire un referendum, ma, in caso veda che tutto è perduto, lo lascerà fare e farà in modo che sia perso dai partiti secessionisti”. L’obiettivo della piattaforma indipendentista è perciò quella di giungere a un conflitto, non di evitarlo, ottenendo la capacità mediatica e politica di arrivare alla secessione. 

Secondo sempre il Giornale lentamente, con la fine del sostegno mediatico agli indipendentisti catalani, escono anche i primi “scheletri nell’armadio” delle autorità della Generalitat de Catalunya e della strategia per ottenere l’indipendenza da Madrid. L’ultima, in ordine di tempo, è la notizia del contratto siglato il 15 agosto da Carles Puigdemont con una nota società di lobbying americana, la SGR Government Relations & Lobbyng di Jim Courtovich.

Potrebbe dichiarare l'indipendenza lui stesso, o chiedere che la proclami il parlamento. La dichiarazione potrà essere di effetto immediato o - come successe per la Slovenia - 'differita'. Sarebbe cioè dichiarata formalmente e subito sospesa per alcuni mesi per consentire un negoziato con Madrid su un referendum concordato, ha spiegato il parlamentare Ramon Tremosa, vicino a Puigdemont.

La Cup, l'ala sinistra del separatismo, preme però perchè non ci siano rinvii. Il dibattito è aperto invece nel PdeCat e Erc, i partiti di Puigdemont e del vicepresidente Oriol Junqueras, sensibili alle difficoltà di tentare subito il cammino della vera indipendenza sotto il 'bombardamento' delle contro-misure di Madrid, e alle pressioni internazionali per il dialogo e la mediazione. Tutto è nelle mani di Puigdemont, indipendentista da sempre, che ha dimostrato però di essere un abile stratega. E' lui quello che rischia di più, il carcere per ribellione, come gli è stato ricordato.

"Prenderemo le misure necessarie. La separazione della Catalogna non ci sarà", ha avvertito il premier. Il vicesegretario del suo partito, il popolare Pablo Casado, ha avvertito Puigdemont che se dichiara l'indipendenza "rischia di finire" come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera "repubblica catalana". Durò 11 ore. Poi intervenne l'esercito spagnolo, venne arrestato, processato e condannato a 30 anni. I franchisti lo fucilarono nel 1940. P

Parole che hanno suscitato una tempesta di polemiche. Podemos ha parlato di "guerracivilismo" e chiesto a Casado di dimettersi. L'esponente del Pp ha dovuto precisare di avere inteso l'arresto e non certo la fucilazione di Companys. Pensando probabilmente alle decine di migliaia di unionisti che ieri hanno manifestato a Barcellona gridando "Puigdemont in prigione". 

Intanto con la sola eccezione della biofarmaceutica Grifols, che ha comunque annunciato il suo spostamento in caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza, tutte le sette grandi aziende catalane che fanno parte dell'indice principale della Borsa di Madrid Ibex-35 hanno spostato o si accingono a farlo, la loro sede fuori dalla Catalogna.

A queste si aggiungono una decina di altre imprese non quotate o di minore dimensione mentre altre stanno valutando lo stesso passo. Un elenco che si sta allungando, specie dopo il passo compiuto da CaixaBank, principale attore finanziario della regione e che possiede quote in molte altre società. Di seguito una lista delle decisioni delle principali aziende: - Banc Sabadell. Fondato nel 1881 ha trasferito la sua sede ad Alicante, nella Comunidad Valenciana, malgrado porti il nome della località di Sabadell (provincia di Barcellon) e conti nella regione la maggior parte delle sue filiali.

 

 

 

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