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la mia idea di arte 1

Sarà un caso ma in questi giorni a sostegno del tema della bellezza e la ricchezza del patrimonio artistico presente nel nostro Paese, che ho affrontato recensendo il volumetto del giornalista di Report Emilio Casalini, viene in “aiuto” la rivista La Roccia, il nuovo bimestrale di attualità religiosa e culturale diretto da Marco Invernizzi, ma soprattutto nientedimeno che Papa Francesco che ha scritto un agile libretto insieme alla giornalista Tiziana Lupi, “La mia idea di arte”, edito da Mondadori. Cosa scrive il Papa, nella presentazione:“L'arte, oltre a essere un testimone credibile della bellezza del creato, è anche uno strumento di evangelizzazione. Guardiamo la Cappella Sistina: cosa ha fatto Michelangelo? Un lavoro di evangelizzazione." Inoltre il Papa interviene sui musei, che, "devono accogliere le nuove forme d'arte. Devono spalancare le porte alle persone di tutto il mondo. Essere uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni, uno strumento di pace. Essere vivi! Non polverose raccolte del passato solo per gli 'eletti' e i 'sapienti', ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi, a cominciare dai più umili." Sul libro del Papa sicuramente dovrò ritornare. Per ora voglio soffermarmi sull'articolo de La Roccia, presente nel numero di gennaio-febbraio. Si tratta dell'interessante intervento di Silvia de Ascanis, “Ricorda, non siamo altro che viaggiatori qui”, la collaboratrice de La Roccia intende ricordare che il nostro patrimonio artistico e culturale oltre ad essere una fonte notevole di ricchezza economica per l'Italia, è soprattutto una straordinaria occasione di evangelizzazione, visto il“costante richiamo alla bellezza del cristianesimo e alla capacità, tipicamente italiana, di costruire cose belle”.

La De Ascanis, parte dalla metafora della vita come viaggio che dovrebbe essere sempre presente nel cristiano, ciascuno di noi del resto è un pellegrino che percorre una via per giungere a una meta, la patria celeste. Non dobbiamo dimenticarlo, tutto quello che sta intorno a noi, che facciamo, o che incontriamo, lungo il percorso della nostra vita, è solo uno strumento per raggiungere la meta ultima.

La parola turismo, deriva dal francese,“tour”, viaggio, giro sportivo. De Ascanis ricorda a questo proposito i viaggi a tappe che facevano i giovani benestanti delle classi agiate europee, soprattutto dal Seicento all'Ottocento, con lo scopo di istruirsi e formarsi sia culturalmente che dal punto di vista esistenziale. Ogni tour, implica una partenza e un ritorno a casa: si va a scoprire e conoscere, per poi portare a casa, come faceva il grande poeta tedesco Wolfgang Von Goethe, che ha attraversato tutta l'Italia.

Fare turismo è una delle principali attività di tempo libero, è il tempo della libertà, amava ricordare monsignor Luigi Giussani. Una libertà, sia “da”, che “per”.

Peraltro nella Gaudium et Spes, si può leggere che il tempo libero dev'essere impiegato per “distendere lo spirito, per fortificare la salute dell'anima e del corpo; mediante attività e studi di libera scelta; mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell'uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza”. Quindi fare turismo, non è solo disimpegno, riduce le distanze,“sia in termini geografici che in termini culturali e sociali, e quindi promuove l'unità e la fraternità”. Qualcosa di simile lo rilevava anche Casalini, quando scriveva che il turismo, ha un'etica sociale, per sua natura, crea pace e scambio tra i popoli, valorizza e rispetta le persone.

la mia idea di arte

Addirittura De Ascanis, vede nel turista, che esplora e vive esperienze nuove, un ideale quasi olimpico, perchè attraverso i viaggi il turista, mira allo sviluppo integrale della persona e al suo benessere,“in armonia con l'ideale di conseguire una fraternità tra paesi e culture, superando gli ostacoli che vi si oppongono”.Infine il “Turismo, promuove la comprensione e l'affermazione dell'identità, potenziando in questo modo l'appartenenza a un certo ambito culturale”. Infatti è proprio attraverso il “confronto con il diverso che emergono le proprie caratteristiche e peculiarità, e che si prende coscienza del patrimonio intangibile di valori e credenze che guidano l'agire quotidiano”. Pertanto, non si arricchisce solo il visitatore, ma anche chi accoglie, che così potrà “misurare”, la propria cultura e di conoscerne nuove. Ma soprattutto, attraverso il turismo, si può favorire l'esperienza della fede, attraverso la contemplazione della bellezza dei paesi, delle culture e della natura, perchè “dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore” (Sap 13,5). Sicuramente è un'occasione preziosa per la missione di evangelizzazione della Chiesa dove il luogo visitato troviamo tracce di cristianesimo. E le tracce di cristianesimo in Italia sono innumerevoli, se si pensa all'Italia dei mille campanili, ogni luogo piccolo o grande è impregnato, fatto di cristianesimo.

Pertanto, “basterebbe, 'far parlare' il patrimonio di arte e cultura di cui il nostro territorio è ricolmo, per dare ad altri la possibilità di fare un'esperienza di fede. Basterebbe - conclude la De Ascanis - imparare ad accorgersi del bello che ci circonda, per essere missionari a casa nostra”. Anche perchè l'umanità d'oggi smarrita, priva di senso, sazia e disperata ha profondamente bisogno di rialzarsi e riprendere il suo cammino, e quale migliore medicina come la bellezza dell'arte e le sue meraviglie.

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Il prossimo 1 febbraio 2016 alle ore 11.00 presso la sede de “La Permanente” di Milano – Via Turati 35, sarà presentata alla stampa e agli operatore la “1° BIENNALE ARTE & INDUSTRIA 2016 UTOPIA=REALTA’”, un grande evento internazionale che sarà inaugurato il 2 marzo a Labin, una ridente città dell’Istria, e si concluderà il 30 settembre.

Un appuntamento dalle prestigiose premesse culturali, al quale parteciperanno artisti provenienti da tutto il mondo, che coinvolgerà l’intera città di Labin, luogo d’Arte nelle differenti istanze culturali, con opere che occuperanno tutti gli spazi pubblici e privati: Municipio, negozi, libreria/biblioteca, galleria nazionale, ospedali, scuole, sale cinematografiche, discoteche, bar, alberghi, ristoranti, spazi chiusi e le strade della città.

Alla chiusura della Biennale, il 29 e 30 settembre si svolgeranno importanti intrattenimenti culturali, performance, happening, musica d’avanguardia e tradizionale, interventi site specific di pittori, scultori, fotografi, poeti, documentaristi, cineasti, musicisti ed intellettuali delle più disparate discipline, allestimenti di artigianato ed agricoltura.

All’evento partecipano 65 artisti, fra i quali Antonio Ciarallo, raffinato artista con una trentennale carriera alle spalle, le cui opere evocano bellezza e seduzione, ma anche profonda spiritualità, attraverso ampi riferimenti simbolici ed evocativi.

L’arte culinaria beuysiana chiuderà la Biennale.

Durante la Conferenza Stampa sarà presentato anche l’importante progetto “La Città Sotterranea della Cultura” volto alla valorizzazione e alla riconversione delle miniere di carbone ormai in disuso, elemento fondamentale della storia dell’economia della città di Labin, un luogo dove la natura incontaminata ben si amalgama con la cultura, in ogni sua accezione.

Il presidente Dean Zahtila , ideatore del progetto, ha promosso la “BIENNALE ARTE & INDUSTRIA” nel 2014 come progetto-pilota e quest’anno come prima biennale ufficiale, si avvale dell’artista e pedagogo Damir Stojnic in qualità di direttore artistico e coordinatore, del critico d’arte croato Branko Franceschi curatore d’Arte Contemporanea Croata e della baronessa Lucrezia De Domizio Durini, operatrice culturale di fama internazionale che ha chiamato intorno a sé operatore del mondo dell’arte e della cultura cosmopolita e in questa occasione è l’ideatrice e la curatrice del progetto che si riferisce all’Arte Contemporanea Creative Life.

Focus dell’intera Biennale è il Maestro tedesco Joseph Beuys. Infatti, l’intera manifestazione rispecchia i suoi concetti, in cui il confronto delle diversità di ricerche artistiche e il sistema pedagogico e democratico creano una nuova ed interessante visione, ampliata dalla Biennale di Labin, proiettata ad un miglioramento sociale e culturale dei diversi fruitori.

Quindi, un nuovo modo di concepire le biennali, dove arte, vita, natura e cultura vivono in simbiosi e in totale sinergia.

L’iniziativa ha il patrocinio del Ministero della Cultura Croato e della Regione Istriana.

La Fondazione Ellenica di Cultura Italia, in collaborazione con la Comunità Greco Orientale di Trieste e l’Università degli Studi di Trieste - Lingua Neogreca, organizza a Trieste la mostra fotografica di Stratos Kalafatis dal titolo “Athos, i colori della fede” dall’8 al 31 Gennaio 2016, presso la Sala Giubileo – Filoxenia. La mostra è una produzione della Fondazione Culturale della Banca Nazionale Greca (M.I.E.T.), con il patrocinio del Ministero della Cultura e dello sport della Repubblica Greca, dell’Ambasciata di Grecia a Roma, del Consolato Generale Onorario di Grecia a Trieste, del Comune di Trieste, della Provincia di Trieste e del Comune di Salonicco e la sponsorizzazione di Minoan Lines – Grimaldi Group e dell’Aegean Airlines. La mostra è a cura di Afrodite Oikonomidou ed Enrico Debandi. L’inaugurazione della mostra si terrà l’8 Gennaio 2016 alle ore 18.00 con la presenza dell’artista. La mostra è già stata presentata con grande successo a Torino presso il Palazzo Saluzzo Paesana dal 20 settembre al 25 ottobre 2015 ed è in programma un’esposizione anche a Roma nel corso del 2016.

Il fotografo greco Stratos Kalafatis ha dedicato cinque anni del suo lavoro all'esplorazione e alla conoscenza del Monte Athos, dei paesaggi, dei monasteri, ma soprattutto degli uomini che lo abitano. Ci sono volute 25 visite, un totale di 200 giorni di pellegrinaggi fotografici tra il 2008 e il 2013, per arrivare ad una profonda comprensione di questo mondo di clausura e spiritualità, che viene svelato attraverso le 120 immagini che compongono la mostra “Athos, i colori della fede”
Attraverso uno sguardo più spirituale che estetico, le immagini di Kalafatis riescono a trasmettere l’essenza di questo posto unico, descrivono la storia e la tradizione millenaria, documentano la natura rimasta quasi incontaminata e la bellezza selvaggia del paesaggio. Ma la sensibilità del fotografo si rivolge al profondo, si ferma sui volti, sui dettagli della vita quotidiana, sulla lentezza del tempo, sul contrasto tra la ricchezza interiore e la povertà ascetica. Elementi che si combinano a forme e linguaggi del tutto contemporanei, per costruire un racconto insolito del Monte Athos secondo uno stile personalissimo, fedele ai principi fotografici dell’autore. “Sul Monte Athos non nascono vite umane”. Questa costatazione di Stratos Kalafatis richiama una delle particolarità più significative del Monte Athos, il famoso “Avaton”, il divieto assoluto di accesso alle donne.
La stessa frase segna i mondi interiori che il fotografo sceglie di raccontarci e i ritratti dei loro protagonisti che rivelano fede profonda, bisogno o disperazione. In questo mondo dominato dai maschi, le storie di Kalafatis si dispiegano su una gamma cromatica ben più ricca rispetto al nero rigoroso del saio monastico. Il risultato è un Monte Athos dipinto con colori brillanti, a volte abbaglianti e ipersaturi, in modo da ottenere un forte contrasto, un chiaroscuro denso, che ci rimanda alla pittura del Caravaggio o di Rembrandt.
Descritto così, il centro del Monachesimo Cristiano Ortodosso, alla fine del primo decennio del XXI secolo diventa un anello della lunga catena di documentazioni fotografiche dello stato monastico. Il primo fotografo ad arrivarci è stato Sebastianof che, nel 1860, ha prodotto circa 40.000 scatti su lastra di vetro. Sono seguiti, nel XX secolo, dei nomi illustri come Stephane Passet e Fred Boissonnas, oltre ad una serie di famosi fotografi Greci negli anni '50 e '60, come Takis Tloupas, Kostas Balafas, Spyros Metletzis. Kalafatis ha subìto, come molti altri fotografi prima di lui, il fascino singolare e irresistibile del Monte Santo dell’Ortodossia e ha tentato di catturare la vita monastica da una nuova prospettiva proponendo una versione inedita del più spettacolare complesso monastico d’Europa.
Non è stato un turista, né tantomeno un fotografo invadente. Ha visitato il Monte Athos con estremo rispetto, si è avvicinato ai monaci gradualmente, ha parlato con loro, è stato ospite nelle loro celle, ha accettato la loro benedizione e i loro doni. E alla fine si è guadagnato la loro fiducia e ha avuto il permesso di immortalarli con la macchina fotografica. Ma “non mi è stato consentito di fotografare all’interno delle chiese, durante le funzioni, né i cimeli che sono considerati proprietà spirituale dei monasteri. Questo in fondo è il vero Avaton del Monte Athos”.
Stratos Kalafatis nato nel 1966 nella città di Kavala nel Nord-Est della Grecia, ha studiato fotografia all’Art Institute di Philadelphia, USA. Dal 1993 ha realizzato numerosi progetti fotografici come: Immagini archetipe, Diario 1998-2002, Saga, Arcipelago, Athos-I colori della fede. Ha ricevuto numerosi premi internazionali e ha partecipato ad importanti mostre manifestazioni culturali come la Biennale di Architettura di Venezia (2006). Vive a Salonicco, lavora come fotografo e insegna fotografia creativa.
“Il Monte Athos dichiara al Corriere del Sud è difficile da fotografare: non tanto perché resiste al carattere laico della fotografia, ma piuttosto perché ha bisogno di tempo per essere svelato. Da più di mille anni rimane nascosto dietro una pittoresca semiologia, un folklore sentimentale, dietro interpretazioni mistiche e rivelazioni miracolose. È un mondo fatto di silenzio e di mistero, un luogo sospeso, in bilico tra passato e presente, tradizione e libertà, forza e debolezza, tra il buio e la luce. E non è semplice superare la sua storia poderosa, la sua religiosità esasperata e creare immagini che rispettano il luogo senza ledere l’autonomia creativa del fotografo.”
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