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Comunicazioni del Premier al Senato in vista del Consiglio Europeo

Nelle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio Europeo, il premier italiano traccia un bilancio della crisi in Medio Oriente e dei suoi contatti con il mondo arabo e non solo, per lavorare a una de-escalation del conflitto. E ribadisce la prospettiva: due popoli, due Stati, qui ho messo un po di punti dal  suo discorso al senato :

Siamo molto preoccupati per la sorte degli ostaggi nelle mani di Hamas, anche se il giovane cittadino italiano Nir Forti, e i due coniugi italo-israeliani Eviatar Moshe Kipnis e Liliach Lea Havron non ce l'hanno fatta. Penso di rappresentare il sentimento dell'intera aula e dell'intera Nazione nel ribadire la nostra vicinanza e il nostro affetto ai loro figli, ma anche nel richiedere con forza l'immediato rilascio di tutti gli altri ostaggi, a partire da donne, bambini e anziani". Lo afferma la premier Giorgia Meloni nelle sue comunicazioni al Senato in vista del Consiglio Ue.

"Allo stesso modo, continuiamo a lavorare assieme ai nostri partner e ai nostri alleati per l'uscita dei civili stranieri ed europei, in particolare da Gaza. Noi abbiamo 19 connazionali che attendono di uscire e un rapido ripristino del valico di Rafah, attualmente inagibile e pericoloso, è un passaggio essenziale sul quale lavoriamo con costanza", dice parlando della situazione in Medio Oriente.

La crisi in Medio Oriente ci riguarda direttamente anche per un'altra ragione, che sarà anche essa oggetto della discussione in Consiglio Europeo, ed è la questione della migrazione illegale, e dei rischi per la nostra sicurezza che questo fenomeno può portare con sé, ancora di più nell'attuale scenario". Così la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Senato in vista del Consiglio europeo Ue.

"I civili di Gaza, i diritti del popolo palestinese e le istituzioni che lo rappresentano legittimamente - a partire dall'Autorità Nazionale Palestinese - sono essi stessi vittime della politica di Hamas, e le due cose non devono essere sovrapposte. Nessuna causa potrà mai giustificare il terrorismo. Nessuna causa potrà mai giustificare un'aggressione terroristica scientemente preordinata e organizzata per colpire civili innocenti del tutto estranei alle dinamiche militari. Nessuna causa potrà mai giustificare il rapimento o l'uccisione, casa per casa, di donne e bambini", ha sottolineato la premier.

"E dobbiamo essere consapevoli degli schieramenti in campo. Da una parte c'è di chi lavora a un processo di normalizzazione dei rapporti nel Medio Oriente e per una prospettiva di collaborazione sempre più stretta tra tutti i soggetti in campo; dall'altra c'è chi ha interesse ad alimentare lo scontro e a sottolineare i punti di divisione. Nel mondo arabo e, con forme e intensità diverse, al di fuori del mondo arabo. E tutti coloro che sono dalla parte giusta di questo scontro devono lavorare insieme per impedire una escalation del conflitto. Un'estensione che porterebbe con se' il rischio di coinvolgimento di nuovi attori regionali a partire da Libano e Siria, potenze come l'Iran, fino ai grandi player geopolitici come Russia e Cina che di certo non disdegnerebbero vedere distolte le attenzioni dell'Occidente da altri scenari critici", conclude.

Intanto Israele prosegue i raid su Gaza e colpisce obiettivi in Siria nel diciannovesimo giorno di guerra tra Hamas e lo Stato ebraico, che ha negato il visto ai funzionari Onu dopo le critiche del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Prosegue la missione diplomatica di Macron che, dopo aver incontrato Netanyahu e Abu Mazen, vede il re giordano Abdallah e il presidente egiziano Al-Sisi. Ecco gli ultimi sviluppi del conflitto

Ha vissuto un inferno dal quale non pensava che sarebbe mai tornata: sequestrata a 85 anni da uomini armati che hanno fatto irruzione nel suo kibbutz, picchiata e trasferita nella Striscia di Gaza dove è rimasta in prigionia per due settimane nell'immensa rete di cunicoli che si sviluppa nelle viscere dell'enclave palestinese.

Secondo il suo racconto, i sequestrati erano trattati bene e i rapitori erano amichevoli: "Eravamo sdraiati su materassi, si assicuravano che tutto fosse igienico, che non ci ammalassimo. Hanno pulito i nostri bagni, con il disinfettante, così non avremmo preso malattie, erano preoccupati per un'epidemia. Si assicuravano che mangiassimo, lo stesso cibo che mangiavano loro: pita con formaggio bianco e cetrioli".

"Ci hanno trattato con gentilezza e si sono presi cura di noi. Erano pronti per questo, si stavano preparando da un po', avevano tutto ciò di cui donne e uomini avrebbero avuto bisogno. Anche shampoo e balsamo".

L'85enne, liberata ieri insieme alla 79enne Nurit Cooper, ha attaccato il governo, che ha "abbandonato" le comunità intorno a Gaza settimane prima dell'attacco di Hamas del 7 ottobre, e le forze di sicurezza, che erano completamente all'oscuro di quanto stava per accadere: "Tre settimane fa, masse di gente sono arrivate alla recinzione" al confine ma "le forze armate non hanno preso la cosa sul serio. Siamo stati lasciati a noi stessi. Eravamo il capro espiatorio".

"Ho attraversato un inferno al quale non pensavo che sarei sopravvissuta. Non pensavo che saremmo arrivati fin qui", ha riferito, ricordando quei momenti terribili quando i terroristi di Hamas hanno "fatto saltare in aria la recinzione elettronica, quella recinzione speciale la cui costruzione è costata 2,5 miliardi di dollari ma non è servita a nulla".

Yocheved Lifshitz è stata liberata ieri sera e dall'ospedale Ichilov di Tel Aviv ha raccontato il suo "incubo" che ancora vivono gli oltre 200 ostaggi nella mani del Movimento islamico. Lì, nella Striscia, c'è ancora il marito Oded, 83 anni: entrambi attivisti per la pace, per anni hanno aiutato i palestinesi malati di Gaza a ricevere cure in Israele, trasportandoli dal valico di Erez agli ospedali.

"Hanno assalito le nostre case, picchiato la gente, preso ostaggi, non facevano distinzione tra giovani e anziani", ha proseguito, dicendo di essere stata caricata su una motocicletta e colpita con dei bastoni durante il trasferimento verso la Striscia, facendole male alle costole tanto da avere problemi a respirare.

"Ci hanno portato fino all'ingresso dei tunnel e abbiamo camminato per chilometri, c'è un gigantesco sistema di tunnel, come ragnatele. Quando siamo arrivati lì ci hanno detto che credono nel Corano, che non ci avrebbero fatto del male e che avremmo vissuto come loro nei tunnel. Dopo alcune ore di cammino abbiamo raggiunto uno spazio con 25 persone dentro e ci hanno diviso in base al nostro kibbut di residenza. Da Nir Oz eravamo in cinque. Ci sorvegliavano da vicino", ha continuato a raccontare l'85enne, sottolineando che sono state fornite cure mediche, a lei come ad altri ostaggi che ne avevano bisogno, con "un dottore ogni due o tre giorni".

Fonti agi e varie agenzie

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