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Nate come difesa dall’esterno e poi inglobate nel tessuto cittadino, le Mura Aureliane accompagnano con la loro imponenza strade, scorci e orizzonti della città. Con gli oltre 12 km lungo i quali ancora si sviluppano, sono il più grande monumento della Roma imperiale e la cinta muraria urbana più lunga, antica e meglio conservata della storia. Eppure, nonostante tutti questi primati, spesso rimangono inosservate. Come primo passo di un percorso di valorizzazione, per documentare e tradurre in suggestive immagini un monumento troppo spesso invisibile, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, a distanza di oltre un secolo dalle storiche campagne fotografiche otto-novecentesche, ha commissionato la prima campagna fotografica integrale sull’intero percorso delle mura, anche nei punti non accessibili al pubblico.

Tra settembre e dicembre del 2017, il fotografo romano Andrea Jemolo, maestro noto e apprezzato per la sua esperienza trentennale nel campo della fotografia di arte e di architettura, ha documentato la cinta muraria scegliendo di scattare con una macchina Sinar a lastre 10x12 cm. Grazie alla possibilità di decentramento, in grado di correggere le linee prospettiche che si restringono verso l'alto, e grazie a lunghi tempi di posa, Jemolo ha ottenuto immagini ad altissima definizione che raccontano e documentano le Mura Aureliane e il loro palinsesto di storie e di trasformazioni.

Al Museo dell’Ara Pacis dal 20 giugno al 9 settembre 2018 è esposta una selezione di 77 fotografie a colori in grande formato nella mostra “Walls. Le mura di Roma. Fotografie di Andrea Jemolo” promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, ideata da Claudio Parisi Presicce e curata da Federica Pirani e Orietta Rossini. L'organizzazione della mostra è di Zètema Progetto Cultura. Il catalogo è a cura dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani.

Partendo da Porta del Popolo, passando per Villa Dominici e dalle porte Metronia, Latina, San Sebastiano, il percorso per immagini arriva fino all’ultimo tratto visibile dal Ponte dell’Industria. In ogni foto Jemolo racconta l’unicità di un pezzo di storia e di vita quotidiana. Alcuni tratti di mura si stagliano ancora solenni e solitari, altri sono stati inglobati dalla vita cittadina fatta di palazzi, cimiteri, cantieri, officine e grandi direttrici viarie, di altri tratti tenta continuamente di reimpossessarsi la natura, con arbusti, piante e rampicanti. In alcune foto, scattate all’esterno dei bastioni, si colgono le diverse tecniche utilizzate nel corso dei secoli: dai mattoni in laterizio, al tufo, ai materiali di reimpiego in marmo, mentre altre raccontano il “dentro” le mura, con scorci di camminamenti, porte, torri. In una delle torri, la numero XXXIX in via Campania, è ancora possibile ammirare lo Studio Randone, uno dei tanti luoghi di lavoro e incontro di artisti ospitato all’interno delle mura tra fine ‘800 e inizi ‘900.

Volevo che le mura, nella loro dimensione, articolazioni e materia, si imponessero con la loro propria forza. Perché ciò potesse avvenire – spiega Andrea Jemolo - avevo però

bisogno di un contesto cromaticamente neutro, di qui la scelta di fotografare nelle giornate nuvolose. Raccontare un monumento lungo 13 chilometri è stato un processo arduo giocato sul controllo assoluto del rapporto tra manufatto e luce.

In un ideale confronto con le immagini realizzate da Jemolo, in mostra si possono ammirare anche circa 50 fotografie storiche selezionate dal fondo Parker, custodito presso il Museo di Roma, e 17 fotografie storiche anch’esse provenienti dall’Archivio Fotografico del Museo di Roma. Le prime sono stampe all’albumina realizzate da Carlo Baldassarre Simelli (1811 - post 1877), uno degli abili fotografi selezionati dall'archeologo inglese John Henry Parker per realizzare la sua raccolta di immagini sulla città.  Durante i suoi soggiorni a Roma, tra il 1864 e il 1877, Parker arrivò a raccogliere un preziosissimo patrimonio di oltre 3.300 immagini, di cui gran parte dei negativi sono andati distrutti in un incendio, tranne alcuni oggi conservati presso l'Accademia Americana e il Gabinetto Fotografico Nazionale-ICCD. I positivi originali, invece, si conservano, oltre che nell’Archivio Fotografico del Museo di Roma, alla Scuola Britannica di Roma e all'Istituto Archeologico Germanico. Gli scatti raffigurano importanti costruzioni del mondo romano: si passa dalla Porta Ostiense all’Arco di Dolabella, da Porta Metronia alle Mura del Castro Pretorio, da Porta Maggiore alla Porta Asinara, dall’Anfiteatro Castrense all’acquedotto Claudio.

La realizzazione di strutture difensive in antico aveva un ruolo identitario importante: le comunità si riconoscevano e si sentivano strettamente legate alla porzione di territorio cinto dalle mura;  così, dal solco tracciato da Romolo alle Mura Serviane, fu certamente anche per Roma, che in più di una circostanza sentì il bisogno di dotarsi di un perimetro di cinta. Le Mura Aureliane rappresentano l’ultimo di questi progetti, che, proprio in quanto più recente, conserva la sua originale imponenza. A progettarle ed avviarne il cantiere fu l’imperatore Aureliano nel III secolo d.C., per rispondere all’esigenza di difendere Roma dagli attacchi dei barbari. Coprivano un tracciato di circa 19 km, raggiungevano un'altezza di circa 6,50 metri e uno spessore di 3,50 e ogni 30 metri massicce torri quadrate scandivano il tracciato. La tecnica edilizia utilizzata fu l’opera laterizia con materiali recuperati e tegole spezzate così come furono riutilizzati alcuni edifici presenti lungo il percorso, ad esempio i Castra Praetoria e le arcate dell'Acquedotto Claudio.

 

Da allora le Mura Aureliane sono state trasformate continuamente: nel V secolo con l’imperatore Onorio, che rinforzò e innalzò l’intera struttura; nel VI secolo per la guerra greco gotica e nel corso dei secoli successivi a opera di diversi papi con interventi di restauro testimoniati dai numerosi stemmi apposti lungo la cinta muraria,  finché, nel 1847, papa Pio IX decise di consegnarle all’amministrazione capitolina. Le mura continuarono a funzionare come cinta daziaria fino agli inizi del XX secolo e subirono ulteriori trasformazioni dovute al riassetto urbano e alla costruzione di nuove strade. Pur trasformandosi continuamente, hanno mantenuto un loro ruolo all’interno della vita della città, ospitando, ad esempio, studi d’artista e giardini, ma la loro funzione si è andata via via perdendo nel corso degli ultimi 50 anni.

 

E oggi, come ha scritto Marco Lodoli nel suo testo per il catalogo della mostra: le mura stanno ancora lì, meravigliose, sconfitte, poetiche nella loro possente resa, e il romano quasi non ci fa più caso, come se quel serpentone fosse parte di un paesaggio eterno e indifferente, una ruga del tempo, una malinconia abituale (…). Poche opere al mondo sono altrettanto grandiose e malinconiche, altrettanto tragiche e belle, capaci di insegnare tante cose o forse una cosa sola, ma decisiva: che dalla vita non ci si difende.

In mostra sono presenti anche circa cinquanta antiche fotografie selezionate dal fondo Parker: si tratta di stampe all’albumina realizzate da Carlo Baldassarre Simelli (1811- post 1877), uno tra gli abili fotografi selezionati da Parker per realizzare la sua raccolta.

L'archeologo inglese John Henry Parker fece eseguire a più riprese tra il 1864 e il 1877, da fotografi professionisti, durante i suoi soggiorni a Roma, una raccolta fotografica di oltre 3.300 immagini sulla città e sui suoi dintorni che porta il suo nome. Gran parte degli antichi negativi è andata distrutta in un incendio, tranne alcuni, oggi presso l'Accademia Americana e al Gabinetto Fotografico Nazionale-ICCD, mentre i positivi originali si conservano, oltre che nell’Archivio Fotografico del Museo di Roma, alla Scuola Britannica di Roma e all'Istituto Archeologico Germanico.

Le immagini raffigurano importanti costruzioni del mondo romano: dalla Porta Ostiense, all’Arco di Dolabella, da Porta Metronia alle Mura del Castro Pretorio, da Porta Maggiore a Porta Asinaria, dall’Anfiteatro Castrense all’acquedotto Claudio, per stabilire un ideale confronto con le immagini di oggi realizzate da Andrea Jemolo.

Le mura di una città costituiscono una preziosa testimonianza della sua storia. In particolare le Mura Aureliane, variamente restaurate nel corso dei secoli, sono ancora oggi uno dei più imponenti monumenti di Roma e costituiscono la più estesa e meglio conservata fortificazione del mondo classico.

La realizzazione di strutture difensive è legata alla storia di Roma fin dalle sue origini; le fonti antiche ricordano infatti in varie occasioni l’esistenza di mura intorno alla città, a cominciare dal muro di Romolo, il cui percorso intorno al Palatino era stato definito dal famoso solco, e dai successivi ampliamenti realizzati già in età regia, soprattutto con Servio Tullio. 

Tito Livio narra poi che nel 378 a.C., a seguito dell'occupazione gallica del 390 a.C., un nuovo muro venne costruito a protezione della città, realizzato saxo quadrato (cioè in blocchi squadrati)Queste mura di IV secolo (di cui si conservano vari tratti nella città moderna, comunemente definiti “Mura Serviane”) erano lunghe in totale 11 km e comprendevano una superficie di 426 ettari, la più ampia fra quelle della stessa epoca conservate in Italia.
Nel III sec. d.C., di fronte alla minaccia di invasioni delle popolazioni barbare provenienti dal nord Europa, anche se ancora lontane da Roma, l’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) decise di promuovere la costruzione di una nuova più ampia cinta di fortificazioni, che sostituisse le vecchie mura repubblicane ormai fuori uso, sommerse e sorpassate dalla grande espansione della città imperiale.

Lungo il tracciato della fortificazione, che si sviluppava per circa 19 km, vennero realizzate porte in corrispondenza degli assi stradali preesistenti. Nella scelta del percorso da seguire si tenne conto di fattori topografici e strategici, in considerazione della morfologia dei luoghi e della presenza di edifici più antichi.

Le mura di Aureliano raggiungevano un'altezza di circa 6,50 metri e uno spessore di 3,50 metri con un cammino di ronda scoperto alla sommità riparato da un muro con merli alti 0,60 metri, posti ogni 3 metri. Massicce torri quadrate, fornite di una camera coperta utilizzata per la postazione delle macchine belliche e di una terrazza scoperta raggiungibile per mezzo di scale, scandivano il tracciato ogni 30 metri. La tecnica edilizia utilizzata fu l’opera laterizia con materiali recuperati e tegole spezzate.

Questa nuova cinta difensiva riutilizzò molti edifici che si trovavano lungo il percorso, alcuni dei quali di grandi dimensioni quali i Castra Praetoria, le arcate dell'Acquedotto Claudio, l'Anfiteatro Castrense, il muro di sostruzione degli Horti degli Acilii sul Pincio e la Piramide di Caio Cestio.

Tra il 401 e il 403 d.C. l’imperatore Onorio avviò un generale rifacimento delle mura. L’intera struttura difensiva fu rinforzata, innalzando di un piano sia i camminamenti sia le torri. Il precedente cammino di ronda fu trasformato in una galleria a volta, sopra la quale fu creato un altro camminamento scoperto e protetto da un muro merlato. Nelle torri fu realizzata, al posto della terrazza della fase precedente, una seconda camera di manovra per le macchine belliche, coperta da un tetto a quattro falde.  

Ulteriori interventi vennero realizzati nel corso del VI secolo, al tempo della guerra greco gotica.
Numerosi stemmi apposti sul circuito, che continuava a segnare fortemente il paesaggio di Roma, costituendone il limite difensivo e amministrativo, ricordano i vari e successivi restauri effettuati dai papi, che costruirono anche nuovi tratti di mura a difesa del Vaticano. Nel 1847 il Papa Pio IX con motu proprio le consegnò all’amministrazione del Comune di Roma; dopo l’unità d’Italia e la proclamazione di Roma capitale nel 1870 le Mura continuarono a funzionare come cinta daziaria fino agli inizi del XX secolo.

Il 12 giugno 2018, alle ore 18:00, in Roma, presso Palazzo Farnese, alla presenza del Comandante della Divisione Unità Specializzate Carabinieri, Generale di Divisione Claudio Vincelli, in rappresentanza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri, il Generale di Brigata Fabrizio Parrulli, Comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (TPC), ha restituito all’Ambasciatore di Francia in Italia, S.E. dottor Christian Masset, una scultura lignea policroma del XVIII sec., raffigurante “Madonna con Bambino”, trafugata, nel giugno del 1979, dal Museo Statale “Maison Jean Jacques Rousseau” di Chambery (FR), nonché due importantissimi documenti archivistici del XIX sec., asportati, in data imprecisata, dall’Archivio Storico del Ministero della Difesa e dei Vecchi Combattenti di Parigi.

Le restituzioni sono il frutto di due diverse indagini condotte, rispettivamente dai Nuclei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Udine e di Monza.

La scultura è stata individuata, nell’ottobre del 2016, nel corso di un controllo effettuato dai militari del Nucleo TPC di Udine presso un negozio antiquario del capoluogo friulano. La successiva comparazione dell’immagine dell’opera, con quelle contenute nella Banca Dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti, gestita dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, ha permesso di indentificarla con quella rubata, nel giugno del 1979, dalla facciata principale del Museo Statale “Maison Jean Jacques Rousseau” di Chambery, oggi denominato “Musée Savoisienne”. Alla luce del riscontro, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine ne ha disposto il sequestro.

Gli ulteriori sviluppi investigativi hanno consentito di accertare la buona fede dell’antiquario, il quale, appresa la provenienza illecita dell’opera, acquistata da una nota casa d’aste straniera, ha rinunciato alla proprietà permettendone la restituzione in favore dello Stato francese.

La seconda attività di recupero, è stata originata da una segnalazione, nel 2011, dell’allora Soprintendenza Archivistica per la Lombardia al Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Monza, riguardante la commercializzazione, attraverso una nota casa d’aste di Milano, di due documenti risalenti all’epoca napoleonica e relativi a comunicazioni del Ministro della Guerra Francese all’Imperatore.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, hanno permesso il sequestro dei rari documenti:

-        Rapporto del 12 aprile 1809, inviato dal Ministro della Guerra Henry-Jacques-Guillaume-Clarke (firma autografa del “Conte d’Hunebourg”) “A sa Majesté l’Empereur et Roi”, per informarlo dei costi da sostenere per un’operazione militare in Portogallo;

-        Rapporto del 3 giugno 1812, inviato dal Ministro della Guerra Henry-Jacques-Guillaume-Clarke (firma autografa “Duc de Feltre”) “A sa Majesté l’Empereur et Roi”, in cui si chiede l’autorizzazione a concedere un foglio di via per tornare in “sa patrie” a favore di un soldato del “Battallion Etranger”.

Gli ulteriori accertamenti hanno permesso di verificare che il mandatario a vendere aveva ereditato i beni, nel frattempo riconosciuti delle competenti Autorità d’oltralpe, ignaro del fatto che fossero di provenienza illecita.

La cerimonia odierna, non solo dimostra come la restituzione alle collettività dei preziosi materiali sottratti alla pubblica fruizione, garantisca la ricomposizione dei percorsi storici, culturali e sociali, altrimenti leggibili solo parzialmente, ma costituisce ulteriore prova della straordinaria collaborazione consolidatasi, nel corso degli anni, tra il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e l’omologo Servizio francese, Office Central de lutte contre le trafic des Biens Culturels, nonché della funzionalità del canale internazionale di cooperazione di polizia INTERPOL.

 

 

In un contesto internazionale caratterizzato da conflitti e guerre e dalle sfide di una rivoluzione digitale ancora in corso, la cultura possiede enormi potenzialità per superare le divisioni, rafforzare le società più fragili e migliorare le relazioni internazionali. Consapevoli di ciò, le istituzioni dell’Unione europea considerano la cultura un potenziale volano dello sviluppo sociale ed economico sostenibile dei Paesi membri e, allo stesso tempo, un efficace strumento per rafforzare il ruolo dell’Unione Europea a livello globale. 

La cultura, infatti, sta gradualmente acquisendo un ruolo fondamentale nelle relazioni internazionali, assumendo la dimensione di un vero e proprio strumento di diplomazia. Il riferimento è in particolare alla diplomazia culturale, generalmente definita come lo scambio di pratiche culturali tra diversi Paesi e popolazioni con il fine ultimo di rafforzare la reciproca comprensione e promuovere quindi la stabilità internazionale. In tale contesto, il 13 aprile 2018 nasce l’Istituto Ellenico di Cultura, associazione senza scopo di lucro che, attraverso gli schemi della c.d. diplomazia culturale, promuove la diffusione delle idee, dei valori, delle tradizioni, delle arti, della storia e degli altri elementi tipici della cultura e dell’identità del popolo greco. 

Nelle intenzioni dei soci fondatori, l’Istituto rappresenta un luogo di incontro e di dialogo culturale non solo per intellettuali ed artisti, ma anche e soprattutto per tutti gli emigranti greci e gli ellenofili accomunati dalla convinzione che la Grecia non ha esaurito la propria missione culturale, ma è in grado di ricoprire anche oggi un ruolo fondamentale per la formazione del pensiero e dell’identità di generazioni presenti e future di cittadini europei. 

L’Istituto ha lo scopo di promuovere all’estero l’immagine della Grecia e la sua cultura, classica ma anche e soprattutto contemporanea, mediante l’organizzazione, la gestione e la promozione di attività culturali, artistiche o ricreative di particolare interesse sociale. Presente per il momento a Milano ed a Torino, l’Istituto Ellenico di Cultura aspira a diventare il punto di riferimento per la promozione della cultura ellenica su tutto il territorio italiano ed all’estero, facendo rete con le istituzioni pubbliche e private che condividono i medesimi valori. 

Il direttore dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale Haris Koudounas, ospite del giornalista della stampa estera Giorgio Lambrinopulos, intervistato in esclusiva per il Corriere del Sud. L’intervista è dedicata alla prima presentazione dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale in Italia avvenuta sabato 10 maggio ore 10,00 presso il Museo Omero di Ancona.

Cosa è l’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale?

E’ una fondazione scientifica costituita ad Atene nel mese di Marzo 2017. Non governativa e senza fini di lucro, dove i suoi membri sono persone di grande levatura scientifica ed accademica, ispirati da una visione comune, che vogliono valorizzare il carattere culturale della Grecia con il sostegno e la collaborazione di personalità riconosciute nel campo delle scienze, lettere arti diplomazia. Con tante sedi nel territorio ellenico e altre tante all’estero ambisce di costruire il ponte del glorioso passato della Grecia culla della Civiltà, della filosofia e della democrazia con il presente, creando ogni giorno nuove possibilità di dialogo con le nuove generazioni. Non escludendo la prima e concentrandosi sulla seconda cerca di trovare attraverso i tantissimi settori della diplomazia culturale l’armonia e la sintesi di entrambe due epoche, l’antica e questa nostra attuale.

Come sarà svolta Cosa la giornata del 27 maggio presso il Museo Omero?

Nella prima parte dell’evento io come direttore dell’istituto per l’Italia ed il fondatore e presidente dell’istituto dr. Petros Kapsaskis che verrà da Londra – il 20 maggio è stata inaugurata la sede in Gran Bretagna dell’Istituto- presenteremo il nostro istituto.

Nella seconda parte avremo modo di captare i messaggi della diplomazia culturale. Avremo tre interventi con il titolo generale “Un viaggio nella diplomazia culturale”, e si affronterà il tema della Diplomazia dei Musei, della Diplomazia Economica e della Diplomazia del Mare.

Interverranno: Il Prof. Aldo Grassini, Presidente Museo Tattile Statale Omero; Il Dott. Gianfranco Iacobone, Vicepresidente dell’Accademia Marchigiana; Il Dott. Carlo Giacomini, Vicedirettore Archivio di Stato di Ancona. In questa occasione verrà presentata per la prima volta al pubblico, la riproduzione del più antico documento conservato presso l’Archivio di Stato di Ancona, vale a dire la Crisobolla, un privilegio rogato a Costantinopoli per la Communitas di Ancona che Andronico II Paleologo, Imperatore Bizantino, concesse alla città nel 1308. Al termine l’Orchestra giovanile Marche Sotto la direzione del Maestro Stefano Campolucci, l'orchestra si è esibita, oltre che nei maggiori centri della Regione, anche a Gerusalemme, Betlemme, Sarajevo, Mostar, Assisi, Varese, Lugano, Venezia, Rijeka, Zagabria, accompagnerà i partecipanti su musiche del ‘700. Giovani musicisti iscritti nelle migliori scuole marchigiane ed in Conservatorio, nonché di musicisti diplomati e concertisti

L'Orchestra Giovanile delle Marche nasce nel 2012. In programma musiche di Leclair, Rameau, Mozart, Hendel, Vivaldi.

Qual’ è stata la necessità di fondare ad Atene l’istituto Ellenico della Diplomazia Culturale?

Tutto parte dall’esigenza di valorizzare e diffondere la Cultura Ellenico nel mondo e nello stesso tempo di conoscere la Diplomazia Culturale come un mezzo potente per l’unione fra i popoli.

Ma prima ancora esiste una questione d’identità. Definire oggi la nuova identità Ellenica è priorità del nostro Istituto.

Rappresento l’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale in Italia perché credo con vivacità che una nuova identità Ellenica può diventare un canale di comunicazione universale! Non dimentichiamo che la cultura greca è stata da sempre un prodotto che è stato esportato in tutto il mondo.

Ma come questa nuova identità greca può diventare un canale di comunicazione universale?

La risposta penso che si trova in un’altra domanda! Come oggi il cittadino greco può creare e produrre cultura nella sua vita quotidiana!

Siamo certamente convinti che questo modello che proponiamo è valido per tutti e potrà essere realizzato con tre parole chiavi:

Educazione ed Etica (dove all’interno della nostra etica ci sono i nostri Valori, i nostri Principi). Due parole che non valgono solo per i cittadini greci ma anche per i cittadini di mondo intorno a noi, per gli Italiani, e visto che Italia e Grecia sono portatori di messaggi linguistici, culturali ed umanistici da migliaia di anni è sottinteso che devono collaborare utilizzando le chiavi dell’educazione e della cultura per risolvere le grandi problematiche che caratterizzano oggi l’Uomo. Queste poi due parole chiavi ci inducono ad una terza parola: Il dovere.

Assumere la responsabilità del presente nella nostra società guardando però il nostro futuro, le nuove generazioni.

Ed ecco che siamo difronte a dover intrepretare la nostra vita quotidiana tramite una innovazione presente nel nostro Istituto. Introdurre quindi nuove tipologie di diplomazia nei vari settori è un passo nuovo per poter andare oltre i soliti meccanismi della quotidianità sia nella vita politica di un paese sia a quella di politica estera quando le relazioni tra diversi paesi si bloccano e rimangono per tanto tempo ferme senza passi di crescita. Le nuove tipologie sono: La Diplomazia dei Musei, del Mare, del Teatro, della Musica, della Salute, la Diplomazia Economica, della Gastronomia etc.

Come vuole affrontare l’istituto della Diplomazia Culturale il tema delle nuove generazioni?

Per noi il tema dei giovani è molto importante. Negli ultimi cinque anni in Grecia più di 220.000 giovani ben istruiti sono fuggiti all’estero non potendo trovare una occupazione in Grecia, ma questo è anche un fenomeno che incontriamo ultimamente anche in Italia.

Negli ultimi tempi appunto sia i greci che gli italiani si sono spinti facilmente all’estero per conoscere nuove strade o per trovare altre vie personali di carriera o spirituali. Purtroppo, negli ultimi anni specialmente in Grecia, le necessità di sopravvivenza e le condizioni economiche svantaggiose non danno ora la possibilità, come prima, di poter andare in un altro paese e rimangono quindi in Grecia, in un paese che mancano purtroppo le basi e le infrastrutture per poter trovare un lavoro equivalente dello studio eseguito.

Comitati qualificati del nostro istituto sia in Grecia che all’estero stanno studiando il fenomeno eseguendo approfondite analisi sociologiche, geopolitiche ed antropologiche per poter offrire alle problematiche della nostra società nuove opportunità ai giovani e contribuire consegnando una importante chiave di lettura attraverso la diffusione di ogni aspetto della diplomazia culturale. Devo dire che la diplomazia culturale non è conosciuta né in Grecia né in Italia. Ultimamente in Italia ma soprattutto in Grecia grazie al nostro Istituto sta facendo i primi passi ma è davvero poco. In Grecia non si insegna alle università e non esistono istituzioni o enti che si occupano della divulgazione dell’arte di trattare le questioni di politica internazionale per conto dello stato.  L’ obiettivo della nostra sede di Atene è di diffondere tutti gli aspetti della Diplomazia culturale e di sviluppare delle attività riguardanti la produzione della cultura ellenica, per poi promuoverla e divulgarla all’estero tramite le sedi dell’Istituto nel mondo.

Quali sono i prossimi programmi dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale?

La priorità della sede italiana dell’Istituto che si trova ad Ancona, è di contribuire a restringere le relazioni e i rapporti con l’Italia con le istituzioni e le associazioni di categoria, con le università, vari istituti ed accademie attraverso la cultura, l'arte, la lingua, i progetti scientifici, auspicando in possibili nuove strade di comunicazione, quando le strade tradizionali sono chiuse. Le nostre

prossime iniziative dello IEDC sono: Organizzare Conferenze, seminari e incontri di approfondimento su diversi temi di carattere storico, religioso, spirituale, sociale e sulla cultura imprenditoriale; organizzare incontri musicali con artisti greci contemporanei, mettendo quindi le culture musicali a confronto; Promozione della cultura e della letteratura nella Grecia contemporanea: incontri quindi con poeti, scrittori ellenici di oggi; Creare una nuova frontiera delle arti visive con una rassegna internazionale di cortometraggi; Inoltre individuare nuovi percorsi turistici alternativi per il turismo industriale, turismo religioso, percorsi ed itinerari che possono essere sia culturali che scientifici.

Infine, instaurare dei comitati scientifici con studiosi e accademici italiani che si interessano della cultura ellenica, proteggere e conservare tracce, documenti, stampe, scritti di cultura greca, premiare chi per tati anni ha protette, conservato e diffuso la cultura greca in tantissime strutture di carattere culturale nel territorio italiano.

La Grecia, e l'Italia sono Paesi portatori di messaggi culturali umanistici ed universali.

Noi cercheremo di contribuire al meglio puntando sulla collaborazione per costruire ponti culturali i quali non dipendono da una limitata diplomazia dei governi - stati ma dall’etica e dai valori forti di una Diplomazia Culturale.

Grazie

Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale

L’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale è una Fondazione scientifica civile e non governativa costituita ad Atene il 25 marzo 2017.  La Fondazione dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale si è resa necessaria per una nuova valorizzazione della cultura greca, ovvero per la creazione di una nuova identità culturale. L’interesse predominante dell’Istituto consiste nella valorizzazione della cultura, nella promozione della cooperazione e nella creazione della fiducia reciproca al fine di instaurare delle relazioni di vicinanza emotiva con i cittadini di altre nazioni che potranno continuare ad esistere a prescindere dagli avvicendamenti dei governi. L’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale con sede centrale ad Ancona, desidera svolgere nel territorio italiano un ruolo importante nella vita culturale contribuendo all'evoluzione dell’immagine della Grecia, rafforzando e sostenendo i suoi giovani artisti e creando l’humus culturale, importante elemento d’identità di ogni cittadino Europeo contemporaneo. Per l’attività e la realizzazione degli scopi dell’istituto Ellenico della Diplomazia Culturale sono state create le seguenti Sezioni della Ricerca Scientifica (S.R.S):

1. Diplomazia del Melodramma 2. Diplomazia del Horodramma 3. Diplomazia della Salute 4. Diplomazia della Comunicazione e dei Media 5. Diplomazia dei Musei 6. Diplomazia del Teatro e del suo insegnamento 7. Diplomazia Economica 8. Diplomazia del Mare 9. Diplomazia Ecclesiastica 10. Diplomazia dello Sport 11. Diplomazia del Turismo Culturale 12. Diplomazia del Turismo Medico 13. Diplomazia Parlamentare 14. Diplomazia del “Brand Name” 15. Diplomazia Pubblica 16. Diplomazia Culturale 17. Diplomazia Congressuale 18. Sound Diplomacy

Haris Koudounas

Accademico, scrittore, poeta, ricercatore storico e docente di sistemi della decodificazione della lingua greca. È amministratore unico dello “Studio di Consulenze & Interpretariato” con sede ad Ancona e si occupa di: Consulenza legale ed infortunistica nel territorio italiano per gli automobilisti ed autotrasporti ellenici; Consulenza per le ricerche di mercato e le strategie di comunicazione tra Italia e la Grecia. Tra le cariche ricoperte annovera: Consigliere del Commissario Straordinario presso International Emergency Management Organization e Consigliere delegato presso Accademia Angelico Costantiniana nonché Direttore dell'Istituto Ellenico di Diplomazia Culturale per l’Italia.

 

 

Il 9 e 10 maggio l’Università di Firenze ricorderà con un convegno la figura di Alessandro Serpieri, uno dei più importanti anglisti italiani e insigne studioso dell'opera di Shakespeare che ha lasciato una traccia profonda e indelebile nelle molte aree di studio e di ricerca in cui ha lavorato, con l’energia creativa e l’instancabile curiosità che lo hanno portato a percorrere strade sempre nuove e coltivare interessi molteplici.

Il convegno vuole testimoniare il grande contributo di Alessandro Serpieri alla cultura italiana degli ultimi decenni attraverso le voci di studiosi, colleghi e amici che hanno seguito le sue “avventure dell’interpretazione”. Per l'occasione sarà presentato anche l'ultima sua avventura shakeasperiana il “Re Lear”, edito postumo dalla Marsilio. 

Alessandro Serpieri, anglista, considerato uno dei più insigni studiosi dell'opera di Shakespeare. Ha insegnato all'Università di Bologna e Firenze dove è diventato Prof. Emerito di Letteratura inglese. Dal 1979 al 1993 è stato presidente dell'Associazione italiana di studi semiotici e dal 1991 al 1993 ha presieduto l'Associazione italiana di anglistica. 

Ha tradotto e curato gran parte dei capolavori di Shakespeare: con la traduzione dei “Sonetti” ha vinto nel 1992 il premio Mondello, nel 1998 con “Il primo Amleto” il XVIII premio Monselice per la traduzione letteraria, nel 2009 gli è stato assegnato il premio Grinzane Cavour per le sue traduzioni letterarie. 

Ha tradotto e curato anche Conrad, Yeats, Lewis Carroll, John Done e Eliot. Alessandro Serpieri è stato anche autore del romanzo “Mostri agli Alisei” (Bompiani), “Mare scritto” (Manni) e del testo teatrale “Dracula”. Per Marsilio ha tradotto e curato Drammi romanzeschi (2001), Amleto(2003), Misura per misura (2003), Il primo Amleto (2005), La tempesta (2006) e Otello (2009) di Shakespeare, Falkdi Conrad (2002), Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Carroll (2002). Nato il 9 maggio 1935 a Molfetta. Morto il 6 febbraio 2017 a Firenze.

Per ricordare Alessandro Serpieri, nei giorni 9-10 maggio nell'Aula Magna di “Studi Umanistici e della Formazione”. ,la collega Cecilia Sandroni dichiara al Corriere del Sud :  

"che per tutti noi allievi diretti (tanti) e indiretti (innumerevoli), che lo abbiamo amato, noi a cui ha insegnato tutto, sia l'indagare, l'apprendere, il conoscere, il mettere in discussione; il confronto e anche lo scontro di idee, percezioni, sentimenti, per noi è sempre qui, presente, dolcissimo amico e rigoroso maestro. Da lui abbiamo imparato tutto quello che ci serviva. Dalla teoria alla pratica di lettura dei testi. Abbiamo appreso la semiotica, quando a molti sembrava una bizzarria. 

Abbiamo scoperto l'applicazione della psicoanalisi alla letteratura, quando ai più appariva una forzatura. Abbiamo derivato dal suo pensiero, acuto e flessibile al contempo, come e quando amare la letteratura: quella vera, quella profonda, quella qualche volta scomoda. Serpieri sapeva - ci sia consentito il paradosso, figura retorica peraltro a lui cara - come “manipolare” i testi: renderli duttili, plasmarli, adattarli al pensiero di chi li interpreta senza deviarne il senso, ma facendolo scintillare di nuova luce. Grande lezione ermeneutica di un unico, inimitabile, innovatore".

 

 

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