Ciao papà, ora sei di nuovo libero di volare": con un post su facebook, poche parole ed un cuoricino, Elisabetta Villaggio saluta il papà. Il messaggio è accompagnato da una foto in bianco e nero che ritrae Paolo Villaggio da giovane insieme ai figli.
E' stato il re della risata, un grande". A ricordare Paolo Villaggio, scomparso alcune ore fa in una clinica a Roma, è stato Ricky Tognazzi. Lasciando la clinica di Collina Fleming, l'attore ha aggiunto: "Per il cinema italiano ha rappresentato un modello di rottura della canonica commedia all'italiana. Riusciva a raccontare le cose vere - ha continuato - in modo molto sardonico e sincero". Ricky Tognazzi ha poi ricordato il forte legame che Paolo Villaggio aveva con il padre. "E' stato il migliore amico di papà si volevano molto bene''
La camera ardente sarà allestita probabilmente mercoledì mattina in Campidoglio - hanno detto i figli - e in queste ore si stanno stabilendo i dettagli. A seguire dovrebbe esserci una cerimonia laica, nel pomeriggio o la sera, alla Casa del Cinema di Roma. "Se devo avere un funerale in chiesa - confidava scherzando Villaggio ai figli - lo voglio a San Pietro". Genovese purosangue, Villaggio è stato scrittore e autore, protagonista di una stagione storica dell'intrattenimento, tra grande schermo, radio e tv. Ha dato il volto a mille personaggi entrati nell'immaginario collettivo, primo fra tutti il ragionier Ugo Fantozzi
L'attore si è spento questa mattina alle 6 all'età di 84 anni. Era ricoverato dai primi di giugno nella clinica privata Paideia di Roma dopo essere stato seguito anche dal policlinico Gemelli. L'attore è morto per complicanze del diabete "che ha curato poco e male", hanno spiegato i figli.
Villaggio, nato a Genova nel 1932, trascorre un’infanzia difficile e povera a causa delle difficoltà che la famiglia ha affrontato durante il secondo conflitto mondiale. In un’intervista rilasciata a Repubblica ha raccontato un episodio del 1941 che lo ha toccato personalmente quando si trovava a scuola insieme a suo fratello gemello: “A un certo punto avvertimmo sopra la testa come il rumore clamoroso di un treno. Era una salva da 381 mm che la marina britannica aveva sparato dal largo di Portofino. Solo che sbagliò bersaglio. La bomba centrò il quartiere dove eravamo tutti noi, devastando case e persone. Uscimmo, io e mio fratello, tenendoci per mano. Lo spettacolo era terribile. Vedemmo i cadaveri di due donne e un mulo morto. La notte non riuscimmo a prendere sonno. Fu la prima volta che sentimmo nostro padre imprecare contro la guerra”.
Negli anni ’60 trova lavoro come impiegato in un’azienda pubblica, la Cosider, collegata all’Iri. È qui che prende spunto per inventare il ragionier Ugo Fantozzi che, nella vita reale, era un uomo con i baffi che si chiamava Bianchi e che aveva un ufficio in un sottoscala. “Il mio primo incontro con lui – racconterà poi Villaggio - si è svolto in una stanzetta, in questo sottoscala che gli avevano assegnato come ufficio. Quel giorno gli ho dato la mano dicendogli: ‘Permette?’. Lui si è alzato. Gli ho chiesto: ‘Ma perché si alza?’. E Bianchi-Fantozzi: ‘Credevo che volesse ballare’”.
Giandomenico Fracchia, l’altro famoso personaggio, lavorava insieme a lui all’Italsider e, in realtà si chiamava Verdina. Era“un uomo fisicamente mostruoso. Non brutto. Un tipo amaro. Calosce, ombrello. Uno che si incavolava da matti. Che non sopportava le ingiustizie. Urlava, imprecava”, rivelerà, in seguito, il comico genovese descrivendolo come un uomo pronto a battagliare, a parole, col capo ma, nei fatti, mai pronto ad esporsi fino in fondo. “Fracchia e Fantozzi sono due impiegati limite. Fracchia è uno che si incavola, mentre Fantozzi è uno che prende la vita come viene. Insomma sono i due aspetti della mia persona”, ammetterà Villaggio.
La sua carriera artistica inizia nel teatro con la compagnia goliardica Mario Baistrocchi e prosegue al Derby di Milano dove conosce il duo comico Cochi e Renato. Alla fine degli ‘60 finalmente viene notato da Maurizio Costanzo e debutta in radio col programma ‘Il sabato del Villaggio’. Nel febbraio del 1968, esordisce sulla Rai conducendo il programma ‘Quelli della domenica’ dove acquisisce notorietà con i personaggi comici del prestigiatore tedesco, il professor Kranz, e del già citato Giandomenico Fracchia
pugni e baci, botte e abbracci: Paolo Villaggio se li prese tutti, dal mondo della messa in scena ha avuto principalmente i pugni e le botte, ma come artista, nella vita vera, ha preso i baci e gli abbracci. Noi tutti nutriamo un naturale affetto per questo attore e scrittore genovese basso e tarchiato che, grazie al suo carattere riservato e allo stesso tempo a una vena umoristica satirico-grottesca, è riuscito a farci identificare nei personaggi da lui creati raggiungendo un enorme successo.
Ma come è accaduto? Quando, nonostante sentissimo un incomprimibile rabbia (sì, anche noi li abbiamo chiamati "merdacce" di fronte alle loro non-reazioni) per omuncoli come Giandomenico Fracchia e Ugo Fantozzi, abbiamo cominciato a sentirci fratelli di questi impiegati d'azienda che non avevano imparato niente dal proletariato degli Anni Sessanta? Separati dall'ideologia, attaccati morbosamente al proprio lavoro e solo a tratti animati da uno spirito ribelle che li rende incredibilmente solari ai nostri occhi (quante volte abbiamo sospirato dopo le loro angherie un clamoroso "finalmente!"), questi inetti stipendiati non sono precipitati nel buco nero degli Anni di Piombo e hanno cominciato a farci ridere con le loro disavventure dalla metà degli Anni Settanta fino alla fine degli Anni Novanta. Tutto merito di Villaggio che, da buon osservatore, svelto di parola e di penna e forte di fascino, ha fatto scandire loro sentenze come «Per me... la corazzata Kotiomkin... è una cagata pazzesca!!!», arrivando a occupare la fabbrica con uno spirito d'assalto mai visto o scrivendo nel cielo insulti contro i suoi superiori...
Villaggio, dopo la fine della guerra, frequenta il liceo classico, poi si diede a giurisprudenza, mentre suo fratello gemello, Piero, morto nel 2014, era professore di analisi algebrica alla Normale di Pisa. Finiti gli studi, nel 1954, conosce Maura Albites che diventerà sua moglie e che darà alla luce due figli, Elisabetta e Pierfrancesco. Dal punto di vista lavorativo inizia la sua carriera artistica sulle navi da crociera. “Non ero disposto a far divertire gli altri. Volevo divertirmi io, ma non mi riusciva e comunicavo la mia insoddisfazione ai passeggeri. Fortunatamente ogni tanto ne individuavo qualcuno che aveva lo spirito dell’animatore, lo raccattavo e mi salvavo”, ha raccontato così i suoi cinque anni da animatore, durante i quali ha conosciuto uno dei suoi più grandi amici: Fabrizio De Andrè. Di lui Villaggio dirà: “Era una persona molto sensibile e ovviamente quando si è molto amici, soprattutto d'infanzia, si parla della morte come di un fatto lontano, del tutto improbabile. Adesso che invece la cosa è accaduta e quando stava per succedere, non abbiamo mai avuto più il coraggio, negli ultimi due mesi, né di incontrarci, né di parlare della cosa, perché – spiegherà - questa volta non era un gioco, non era letteratura, era la terribile realtà
La carriera cinematografica di Villaggio, però, era iniziata negli anni ’70 con registi come Mario Monicelli e Vittorio Gassman e raggiunge il suo apice negli anni ’90 quando arrivano i primi riconoscimenti. Per il film ‘La voce della luna’ di Federico Fellini vince il David di Donatello come miglior attore protagonista, nel ’92 arriva il Leone d’Oro alla carriera e, nel 1994, il nastro d’argento come miglior attore protagonista per Il segreto del bosco di Ermanno Olmi. Nel 2009 arriva anche il David alla carriera. Negli anni 2000 abbandona il personaggio di Ugo Fantozzi e, a poco a poco, lascia il mondo dello spettacolo per dedicarsi alla scrittura e nel 2016 esce la sua ultima opera Fantozzi l'audiolibro inedito. Muore il 3 luglio 2017 dopo alcuni giorni di ricovero trascorsi al Gemelli di Roma. Ad annunciarlo la figlia Elisabetta su Facebook dove, su una foto del padre giovanissimo, scrive:"Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare".