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Catalogna e Spagna, l'ora della verità

Martedì, ore 18, parlamento di Barcellona: parla Carles Puigdemont. Per Catalogna e Spagna è l'ora della verità nell'infinita crisi catalana. Puigdemont deve riferire sui risultati del referendum del 1/o ottobre. E probabilmente dichiarare l'indipendenza. Ma non è chiaro quale sarà la portata: formale, immediata o 'differita'?

Sul 'president' le pressioni sono state fortissime. Puigdemont ha tenuto le carte coperte nelle ultime ore nonostante appelli e moniti di alleati e avversari. Il premier spagnolo Mariano Rajoy lo ha diffidato dal proclamare l'indipendenza, una mossa che farebbe scattare la dura reazione dello stato. Rajoy può usare l'art.155 della Costituzione per sospendere l'autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento e convocare elezioni anticipate, dichiarare lo stato d'emergenza.

Secondo il quotidiano Il Giornale durante le perquisizioni in casa di Josep Maria Jové, braccio destro del leader indipendentista Junqueras, la Guardia Civil ha trovato, fra i vari documenti, il vero e proprio “piano segreto” dei partiti secessionisti per proclamare l’indipendenza della Catalogna. La strategia è denominata #EnfoCATs, o Reenfocant el procés d´independencia per un resultat exitós, e definisce le varie tappe del processo indipendentista. Secondo il documento, la dichiarazione unilaterale d’indipendenza (la Dui, come viene chiamata nel gergo politico spagnolo) che ha pianificato per oggi Carles Puigdemont, “genererà un conflitto che, se ben amministrato, può portare alla proclamazione di uno Stato, perché la Spagna non riconoscerà il diritto a indire un referendum, ma, in caso veda che tutto è perduto, lo lascerà fare e farà in modo che sia perso dai partiti secessionisti”. L’obiettivo della piattaforma indipendentista è perciò quella di giungere a un conflitto, non di evitarlo, ottenendo la capacità mediatica e politica di arrivare alla secessione. 

Secondo sempre il Giornale lentamente, con la fine del sostegno mediatico agli indipendentisti catalani, escono anche i primi “scheletri nell’armadio” delle autorità della Generalitat de Catalunya e della strategia per ottenere l’indipendenza da Madrid. L’ultima, in ordine di tempo, è la notizia del contratto siglato il 15 agosto da Carles Puigdemont con una nota società di lobbying americana, la SGR Government Relations & Lobbyng di Jim Courtovich.

Potrebbe dichiarare l'indipendenza lui stesso, o chiedere che la proclami il parlamento. La dichiarazione potrà essere di effetto immediato o - come successe per la Slovenia - 'differita'. Sarebbe cioè dichiarata formalmente e subito sospesa per alcuni mesi per consentire un negoziato con Madrid su un referendum concordato, ha spiegato il parlamentare Ramon Tremosa, vicino a Puigdemont.

La Cup, l'ala sinistra del separatismo, preme però perchè non ci siano rinvii. Il dibattito è aperto invece nel PdeCat e Erc, i partiti di Puigdemont e del vicepresidente Oriol Junqueras, sensibili alle difficoltà di tentare subito il cammino della vera indipendenza sotto il 'bombardamento' delle contro-misure di Madrid, e alle pressioni internazionali per il dialogo e la mediazione. Tutto è nelle mani di Puigdemont, indipendentista da sempre, che ha dimostrato però di essere un abile stratega. E' lui quello che rischia di più, il carcere per ribellione, come gli è stato ricordato.

"Prenderemo le misure necessarie. La separazione della Catalogna non ci sarà", ha avvertito il premier. Il vicesegretario del suo partito, il popolare Pablo Casado, ha avvertito Puigdemont che se dichiara l'indipendenza "rischia di finire" come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera "repubblica catalana". Durò 11 ore. Poi intervenne l'esercito spagnolo, venne arrestato, processato e condannato a 30 anni. I franchisti lo fucilarono nel 1940. P

Parole che hanno suscitato una tempesta di polemiche. Podemos ha parlato di "guerracivilismo" e chiesto a Casado di dimettersi. L'esponente del Pp ha dovuto precisare di avere inteso l'arresto e non certo la fucilazione di Companys. Pensando probabilmente alle decine di migliaia di unionisti che ieri hanno manifestato a Barcellona gridando "Puigdemont in prigione". 

Intanto con la sola eccezione della biofarmaceutica Grifols, che ha comunque annunciato il suo spostamento in caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza, tutte le sette grandi aziende catalane che fanno parte dell'indice principale della Borsa di Madrid Ibex-35 hanno spostato o si accingono a farlo, la loro sede fuori dalla Catalogna.

A queste si aggiungono una decina di altre imprese non quotate o di minore dimensione mentre altre stanno valutando lo stesso passo. Un elenco che si sta allungando, specie dopo il passo compiuto da CaixaBank, principale attore finanziario della regione e che possiede quote in molte altre società. Di seguito una lista delle decisioni delle principali aziende: - Banc Sabadell. Fondato nel 1881 ha trasferito la sua sede ad Alicante, nella Comunidad Valenciana, malgrado porti il nome della località di Sabadell (provincia di Barcellon) e conti nella regione la maggior parte delle sue filiali.

 

 

 

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