Come ogni anno una nutrita delegazione di italiani provenienti da ogni luogo, sia geografico che storico, arriva a Hammamet per ricordare la scomparsa di Bettino Craxi. Quest'anno, poi, sono 19 anni da quel tragico giorno dove uno dei leader più significativi del dopoguerra spirò in terra d'esilio. Perché di questo si trattò. Non fu permesso a Craxi di rientrare da uomo libero in Italia. La degenerazione di mani pulite fece piazza pulita non tanto della corruzione, che oggi infatti è ben più radicata nel sistema, quanto della politica
Craxi fu colpito proprio per questa sua capacità di essere un uomo decisisvo. Era un uomo che le cose non le mandava a dire. Come quando in Parlamento, in piena tangentopoli, rivolse a tutta la Camera dei deputati la famosa domanda su chi non avesse mai preso finanziamenti per il proprio partito. Non ci fu nessuna risposta, tutti prendevano finanziamento per conto del proprio partito. A partire, soprattutto, dall'ex partito comunista, Pds
Gli anni ottanta furono gli anni veri della modernizzazione italiana. Lavori pubblici dappertutto, salari in ascesa, accessibilità ai mutui con tassi calmierati, un export che scopriva il made in Italy proprio allora, permisero agli italiani di raggiungere finalmente standard europei. Un po' il contrario di adesso, dove il gap tra nazioni ricche e quelle povere si è allargato. Il socialismo non più antifascista di Craxi sdoganò, a partire dalle consultazioni per il governo, l'Msi-Dn di Almirante.
Il pansidacalismo fu sconfitto a partire dal referendum sulla scala mobile e l'internazionalismo comunista ebbe una risposta adeguata per l'installazione dei missili ss 20 a lunga gittata. Questo però non significò per Craxi dimenticare il concetto di sovranità, tanto è vero che grazie a lui scoprimmo che si poteva dire di no alle ingerenze degli americani a Sigonella. Lo fece con una telefonata memorabile col presidente Reagan. L'Italia aveva ritrovato un vero leader e il socialismo la nazione.
Cosi 19 anni dalla scomparsa dell'ex premier ed ex segretario del Psi Bettino Craxi, morto in Tunisia, dove è sepolto nel piccolo cimitero cristiano di Hammameth all'ombra della Medina. In occasione della ricorrenza, da domani al 21 gennaio, la Fondazione a lui intitolata ha programmato una serie di eventi commemorativi, che vedranno una nutrita partecipazione dall'Italia.
Oltre alle consuete iniziative ad Hammamet, si legge in una nota della Fondazione, sabato 20 gennaio si terrà alle ore 11, al Museo del Bardo di Tunisi, un incontro dal titolo "La cultura Mediterranea: ricetta di sviluppo e di pace" al quale prenderanno parte il ministro dei Beni culturali tunisino, Mohamed Zine El Abidine, l'ambasciatore d'Italia a Tunisi, Raimondo De Cardona, Moncef Ben Moussa, direttore dei musei tunisini e la presidente della Fondazione Craxi, Stefania Craxi.
Nel corso dell'incontro verrà anche reso omaggio alle vittime dell'attentato terroristico del 18 marzo 2015.
L'iniziativa vuol essere - si legge in un comunicato - "un messaggio a quanti in Europa guardano con timore e sospetto alla Tunisia, un paese ricco di bellezze storiche, culturali e paesaggistiche, la cui economia, a forte vocazione turistica, è stata profondamente minata dagli attacchi terroristici e vive oggi una fase di turbolenza sociale da cui originano le proteste dei recenti giorni".
Craxi rappresentò il capro espiatorio di un sistema che credeva di salvarsi sacrificando il più coraggioso dei suoi esponenti. Il meno subalterno alle logiche della vecchia sinistra postcomunista. Il giustizialismo italiano fu proprio viziato, dall'origine, da questa attività persecutoria verso chi non si era piegato alle logiche delle spedizioni punitive contro chi era e continuava a voler essere un uomo libero.
E Craxi era stato proprio il protagonista che aveva segnato una svolta epocale nei confronti del vecchio blocco ciellenista che fino alla sua elezione, nel 1976 al Midas, governava praticamente l'Italia. La sua battaglia per la Grande riforma nel campo economico, nelle relazioni sociali e soprattutto nella riforma dello Stato, spiazzò completamente i vecchi protagonisti del compromesso storico Dc e Pci.
Ciò portò il partito socialista a rimuovere il complesso d'inferiorità verso il Pci che, di fatto, lo aveva reso subalterno ai disegni egemonici di comunisti. Craxi riscopri tutto il filone 'nazionale ' del socialismo polemizzando duramente sulle pagine dell'Espresso alla fine degli anni settanta col marxismo-leninista che aveva considerato 'socialfascisti' tutti coloro che rifiutavano l'interpretazione marxiana della storia, a partire da Proudhon.