In primis, noi diciamo, che nel Mezzogiorno c’è “un ritorno alla campagna”, ovvero, un atto di riconoscenza e riconoscimento da parte delle giovani generazioni verso la memoria, la fatica ed i saperi del nostro mondo contadino, ma, anche, un atto d’amore e di speranza, verso la propria terra agricola. A nostro modesto avviso, a favorire queste attrazioni dei giovani verso la campagna hanno contribuito gli incentivi e le corsie preferenziali: dal tasso agevolato per l’acquisto dei terreni, al tasso zero per l’acquisto dei macchinari; dall’esenzione delle imposte per i primi 3 anni; all’aumentata disponibilità degli aiuti europei(+25%) per l’impreditoria giovanile. Ancora, dobbiamo guardare, con interesse e simpatia, a questa “silenziosa rivoluzione sociale” meridionale: questo cambiamento culturale che caratterizza il profilo dei nostri “giovani contadini” rappresenta, anche, una garanzia di continuità (e di successo), per la vendita dei nostri prodotti agricoli. In particolare, va detto che le nuove agristart-up rinnovano il nostro comparto agroalimentare ripartendo dai valori e dalle attività tradizionali, dai prodotti, dalle cosiddette agrobiodiversità tipiche, dalle filiere locali. Poi, nascono nuove alleanze tra produttori agricoli e consumatori. E, dulcis in fundo, pensiamo che il talento impreditoriale dei giovani meridionali, il collegato loro tornaconto economico e l’etica della responsabilità si danno la mano.