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Affinché la memoria ispiri una vita buona

Qui, dal Binario 21, il 30 gennaio del 1944 partì il treno merci che condusse la tredicenne Liliana Segre al campo di sterminio di Auschwitz, insieme ad altre 604 persone, tra cui suo padre Alberto: ne fecero ritorno solo in 22. E' un viaggio nel tempo con i ricordi della senatrice che si avvale anche di materiali fotografici, stampa e video dell'epoca, per ricordare una delle vicende più nere delle pagine della storia dell'uomo e che non deve mai essere dimenticata. Il viaggio nella memoria di "Binario 21" vedrà anche la partecipazione di Paola Cortellesi e Pierfrancesco Favino e un'esclusiva esibizione del Coro del Teatro alla Scala ai binari della Stazione Centrale di Milano.

Al Quirinale si è svolta la commemorazione con Mattarella. "I principi che informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell'Uomo sono la radicale negazione dell'universo che ha portato ad Auschwitz. Principi che oggi, purtroppo, vediamo minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse ed esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante - alimentato dall'uso distorto dei social - dell'antisemitismo, dell'intolleranza, del razzismo e del negazionismo, che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del giorno della Memoria.

"La comunicazione è la vera sfida per tutelare la cultura della memoria". Lo spiega Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma, in una intervista al Agi in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria. La ricorrenza del 27 gennaio, quest'anno è segnata dal pensiero espresso dalla senatrice a vita Liliana Segre sulla possibilità che in futuro il racconto dell'Olocausto sia confinato a poche righe sui libri di storia.

"Rifletto molto in questo tempo sull'estrema velocità delle forme di comunicazione, sui cambiamenti che ci sono stati. Sul modo in cui dovremo cimentarci per assicurare la trasmissione della memoria. Perché gli strumenti di comunicazione e interpretazione di alcuni messaggi, soprattutto per le giovani generazioni, corrono su strisce che per quelli come noi sono distanti. Credo sia doveroso - spiega Dureghello - come abbiamo fatto in questi anni affidandoci all'arte, al cinema e al fumetto, trovare strumenti nuovi che siano di stimolo".

Il cacciatore di nazisti per antonomasia, il superstite dell'olocausto Simon Wiesenthal, scrisse: "Per quanto durante la guerra potessimo aver desiderato la morte dei nostri aguzzini, dopo la guerra avevamo, nella stessa misura, il bisogno di trovarli vivi: prima che potessero morire, essi dovevano incontrare la giusta punizione."

Queste parole, tratte dal libro di Wiesenthal "Giustizia, non vendetta" sono perfettamente consonanti con lo spirito - la tensione morale - che ha animato un altro cacciatore di nazisti, il procuratore generale militare Marco De Paolis, il magistrato che ha perseguito penalmente i responsabili di molte delle stragi consumate dalle truppe di Hitler in Italia.

Di questa infaticabile, certosina ricerca della verità su massacri orribili e sui loro autori, si legge un avvincente racconto nel libro che Marco De Paolis ha scritto con Annalisa Strada, e il cui titolo, "L'uomo che dava la caccia ai nazisti", implicitamente autorizza il richiamo a Wiesenthal. Ma, diversamente dall'ebreo austriaco che nell'immediato dopoguerra si impegnò a stanare e a portare davanti ai giudici molti criminali di guerra, tra i quali Adolf Eichmann, il procuratore De Paolis ha agito non sospinto da una dolorosissima esperienza personale, ma per una "scelta etica", come spiega egli stesso nell'introduzione del libro, edito da Piemme, per "senso del dovere di dare risposta a chi aveva subito la più grande delle ingiustizie", per "onorare le vittime delle atrocità della Seconda Guerra Mondiale".

Il racconto, che si dipana efficacemente in prima persona e si rivolge al lettore con un 'tu' quasi a prenderlo per mano, parte da un antefatto decisivo: la scoperta, nel 1994 in un corridoio della Procura militare di Roma, a Palazzo Cesi, di quello che è passato alla storia come "l'armadio della vergogna". Conteneva centinaia di fascicoli sulle stragi, che l'allora procuratore generale militare Enrico Santacroce, "aveva destinato alla cancellazione dalla memoria", disponendo una giuridicamente inesistente "archiviazione provvisoria", che "di provvisorio non intendeva avere nulla".

La maggioranza di questi fascicoli, 214, arrivarono sulla scrivania di De Paolis, fresco di nomina a pubblico ministero militare di La Spezia, con competenza su un territorio vastissimo, dalla Liguria alla Toscana, dall'Emilia Romagna alle Marche, teatro di molte delle stragi naziste (anzi, "nazifasciste" come sottolinea De Paolis, benchè l'amnistia decisa alla fine della guerra abbia impedito di procedere contro gli italiani che si macchiarono di quel sangue collaborando con i tedeschi). Davanti a questa smisurata richiesta di giustizia, il procuratore confessa di essersi sentito "come uno che si trova da solo in mezzo a un campo di calcio su cui, in teoria, ci sarebbe da disputare una finale".

Sono state indagini difficilissime: a cominciare dall'accertamento dell'identità dei militari tedeschi, al reperimento negli archivi militari sparsi per tutta la Germania dei documenti sulla loro attività nell'esercito ("centinaia e centinaia di uomini dei quali ricostruivamo storia e carriera passo per passo"), alle complesse pratiche delle rogatorie internazionali, alla ricerca dei testimoni e delle prove. Con metodo e costanza, De Paolis è riuscito a portare alla sbarra i boia nazisti di San Cesario sul Panaro, Sant'Anna di Stazzema, Certosa di Farneta, Civitella, Cornia e San Pancrazio, Marzabotto, San Terenzo Vinca, Padule di Fucecchio, di Cefalonia, dei molti e poco noti eccidi perpetrati sull'Appennino tosco-emiliano, tra le province di Modena, Reggio Emilia e Arezzo.

A ciascuno di questi sanguinosi massacri è dedicato un capitolo, che racconta i fatti e i processi, conclusi quasi tutti con la condanna all'ergastolo degli imputati: un esito che comprova la solidità del lavoro investigativo condotto dal procuratore e dai suoi collaboratori. Ma al di là delle singole tragedie e delle loro vicende processuali, quello che impressiona di più nel è la descrizione della "accurata pianificazione" delle stragi, della strategia studiata dagli ufficiali nazisti per infliggere alla popolazione una "punizione esemplare", una "pratica di violenza e terrore" che nel gergo dei nazisti era chiamata "desertificazione".

Nel ricco programma di eventi gratuiti organizzati a Roma, dal titolo "Memoria genera Futuro", il 27 gennaio c'è una doppia proiezione cinematografica, alle 18 e alle 20, a Palazzo delle Esposizioni: la prima è "Jona che visse nella balena" di Roberto Faenza e la seconda è "La tregua" di Francesco Rosi, lettura cinematografica del romanzo di Primo Levi con John Turturro nei panni del romanziere, che racconta il lungo viaggio di ritorno da Auschwitz all'Italia.

Sempre a Roma alle 21 l'Auditorium Parco della Musica ospita "Lechaim", concerto per il Giorno della Memoria di Raiz e Auditorium Band, che affrontano musiche attinenti al tema della Shoah e delle discriminazioni, ma anche brani composti da artisti contemporanei ebrei.

Il Teatro Comunale di Caserta ospita il concerto dell'orchestra Jazz & Shoah, in programma alle 19.15. Il progetto, voluto dall'Istituto italiano di cultura Bruxelles e dal maestro Angelo Gregorio, è nato per raccontare la storia sconosciuta di 15 musicisti jazz del campo di concentramento di Terezin. L'orchestra Jazz & Shoah è formata da 6 maestri polistrumentisti - Angelo Gregorio al sassofono e canto; Julien Gillain al violino, pianoforte e canto; Thimote Lemaire al trombone; Gabriele Pagliano al contrabbasso; Cyranò Vatel alla chitarra e Lucas Vanderputten alla batteria - che danno voce alla storia dei Ghetto Swingers. Ogni brano alla fine è accompagnato da una serie di diapositive scelte dalla Fondation de la Mémoire Contemporaine de Bruxelles.

L'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna celebra la Giornata della Memoria proiettando il docufilm "Dove vi portano gli occhi: a colloquio con Edith Bruck", la scrittrice di origine ungherese sopravvissuta alla Shoah. Nel racconto si ripercorrono l'infanzia, l'adolescenza, la cattura e la prigionia ad Auschwitz, il ritorno dal lager e la difficile vita dopo la liberazione. Inaugurata per la Giornata della Memoria, la mostra "L'inferno nazista. I campi della morte di Belzec, Sobibor e Treblinka", è in programma a Roma alla Casina dei Vallati, sede espositiva della Fondazione Museo della Shoah.

Documenti, foto, filmati, interviste e ricostruzioni raccontano per la prima volta in modo completo la storia di questi tre campi di sterminio. Palazzo Bisaccioni di Jesi, in provincia di Ancona, ospita la mostra "William Congdon" con testi e disegni dell'artista americano che come ambulanziere fu tra i primi ad arrivare con le truppe alleate nel campo di sterminio di Bergen Belsen, lo stesso dove era morta Anna Frank con la sorella.

Nel Centro Culturale Candiani di Mestre alle 17 il professore Simon Levis Sullam dell'Università Ca' Foscari di Venezia dialoga con Chiara Becattini, autrice del libro La memoria dei campi. La Risiera di San Sabba, Fossoli, Natzweiler-Struthof, Drancy.

Fonti Agi / Ansa e varie agenzie

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