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In Turchia altre maxi-purghe: cacciati oltre 40 mila statali, e 8 mila poliziotti

Un nuovo decreto dello stato d'emergenza in Turchia ha rimosso 7.669 agenti dalle forze di polizia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Nella lista dei nuovi epurati figurano anche 24 governatori centrali, 323 gendarmi e 2 ufficiali della guardia costiera.

Dopo gli 8 mila membri delle forze di sicurezza già cacciati oggi, un decreto dello stato d'emergenza in Turchia ha deciso l'allontanamento di quasi 6 mila dipendenti statali per legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Si tratta di 1.519 lavoratori della Presidenza per gli affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica nel Paese, 2.018 dipendenti del ministero della Salute e 2.346 accademici del Consiglio per l'educazione superiore (Yok), che supervisiona le università.

Ci sono anche 28.163 dipendenti del ministero dell'Educazione, per lo più insegnanti di scuole elementari e medie, tra i lavoratori statali licenziati oggi in una nuova ondata di maxi-purghe in Turchia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Complessivamente, sono oltre 40 mila i dipendenti pubblici cacciati con 3 nuovi decreti dello stato d'emergenza, pubblicati oggi sulla Gazzetta Ufficiale.

Ma i problemi in Turchia possono far sfuggire dalla loro attenzione con il terrorismo del Is : «Alcuni terroristi sono scappati nel deserto. Altri sono fuggiti in barca, via mare, anche se non sappiamo dove si sono diretti» sostiene Fathi Bashaga, deputato di Misurata e coordinatore con il governo di Tripoli dell’offensiva su Sirte. Non è escluso che possano aver tentato di spacciarsi per migranti o di arrivare clandestinamente in qualche Paese del Mediterraneo compreso il nostro,come dichiara al quotidiano il Giornale Il rappresentante di Misurata e rivela la presenza di combattenti europei nei ranghi dell’Isis a Sirte.

Intanto ci sono dei nomi di terroristi tunisini, che hanno aderito al Califfato e potrebbero essere ancora annidati nei quartieri di Sirte in mano alle bandiere nere, dove si combatte casa per casa. Oppure morti durante gli scontri o scappati dall’assedio delle forze libiche del governo di unità nazionale. E una lista di jihadisti tunisini dello Stato islamico trovata a Sirte con i nomi di chi si sarebbe già infiltrato in Italia sui barconi. Una fonte dell’antiterrorismo italiano ha confermato al quotidiano il Giornale che in Libia sono state segnalate 5 vecchie conoscenze della giustizia italiana, che hanno vissuto a lungo da noi. Il capo è Moez Fezzani, nome di battaglia Abu Nassim, che abbiamo scarcerato, poi espulso nel 2012 e infine condannato in secondo grado a 6 anni, ma ormai stava già combattendo in Siria.

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