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Uscendo dal Consiglio europeo straordinario sulle nomine, Conte ha raccontato di aver avuto con la Merkel "un paio di bilaterali" durante i quali hanno avuto modo di confrontarsi su dossier più scottanti che i due hanno sul proprio tavolo. Uno di questi è appunto l'arresto della Rackete. "Ci sono stati momenti anche molto intensi di dialogo e di confronto", ha ammesso il presidente del Consiglio rivelando le pressioni della cancelliera sulla comandante dell'ong tedesca. Un'indebita pressione iniziata già nelle ore scorse con il ministro degli Esteri, Heiko Maas, che ne ha chiesto l'immediata liberazione. "Dal nostro punto di vista, secondo un procedimento basata sullo Stato di diritto, può esservi solo la liberazione di Carola Rackete", ha scadito Maas sottolineando, inoltre, che "il mercanteggiamento a livello europeo sulla distribuzione dei rifugiati è indegno e deve finire". Un attacco netto che si interseca con le sferzate dei francesi.

Durante il bilaterale, tuttavia, Conte ha cercato di arginare il pressing della Merkel. "Come immagino anche in Germania, in Italia il potere esecutivo è distinto dal potere giudiziario", le ha detto. Poi ha continuato: "Il presidente del Consiglio, pur essendo la massima autorità di governo, non può intervenire a raccomandare il comportamento che devono tenere i giudici. 

È nelle mani della magistratura...". Quindi, sempre durante il faccia a faccia, ha colto l'occasione per chiederle di farci avere notizie sull'esecuzione della pena dei due manager della Thyssen condannati. "Non è la prima volta che il governo italiano preme per avere notizie...", le ha fatto presente ricordando che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è "da diverso tempo" che "sollecita notizie perché ci sia una esecuzione della pena.

La prova che l'Italia non è un Paese incivile l'abbiamo anche in queste ore. Mentre Germania, Francia, Olanda e Lussemburgo pontificano contro di noi, noi abbiamo accolto qualche centinaio di disgraziati che, con mezzi propri, hanno attraversato con successo il Mediterraneo. Non li abbiamo affondati, non respinti, non arrestati, anche se pure loro hanno aggirato, in un certo senso, i nostri divieti. Perché un conto sono la solidarietà e la comprensione con l'indigente che ruba un tozzo di pane al supermercato, altro è permettere che un miliardario (le Ong) organizzi una spesa collettiva e pretenda di non pagare il conto una volta arrivato alla cassa.  

In questa vicenda non siamo allo scontro tra civiltà e inciviltà, bensì tra legalità e illegalità. Carola non è stata arrestata per aver salvato vite umane, né il governo vieta alle ong di raggiungere i barconi, previo appuntamento con gli scafisti.  

Stare nel mezzo di una carreggiata, come stanno facendo in queste ore la parte più ipocrita della sinistra e molti illustri opinionisti senza nerbo, può sembrare la soluzione più comoda, ma, in realtà, è una scelta stupida in quanto espone al rischio di essere investiti da entrambi i sensi di marcia.

Lo facciano, ma non pretendano il diritto di portare a prescindere i loro carichi in Italia, contravvenendo alle leggi del mare in base alle quali l'approdo deve essere nel porto più vicino Tunisi o Malta in questo caso o, in subordine, nel Paese di provenienza della nave o dell'armatore.

Queste Ong dovrebbero cambiare sigla in Oag, cioè da «Organizzazioni non governative» a «Organizzazioni anti governative». O, meglio ancora, in Oai, «Organizzazioni anti italiane». Quindi per nessun motivo giustificabili. Almeno non da noi

Due mezze verità non faranno mai una verità intera, per questo non ha senso stare dalla parte di Carola - la capitana della Sea Watch 3 arrestata per una sfilza di reati legati all'immigrazione e alla sicurezza nazionale -, ma nemmeno da quella della Guardia di Finanza, che Carola l'ha arrestata su ordine della magistratura, così come si era augurato il ministro Salvini

Ma in queste ore, Oettinger, intervistato dall'emittente pubblica Zdf, è intervenuto anche sul caso Sea Watch e ha voluto elogiare l'iniziativa di Carola Rackete, la giovane capitana della nave: "Non mi importa delle valutazioni di Matteo Salvini. Come cittadino d'Europa, ho piena comprensione per questa donna che, secondo me ha agito con coraggio. E io ho fiducia nella giustizia italiana". E ha concluso: "Non si tratta di un incidente isolato, bisogna trovare una soluzione in Europa almeno per quanto riguarda i rifugiati".  

E dopo arriva l'ammonimento da Guenter Oettinger, commissario europeo al Bilancio ed esponente della Cdu tedesca che, intervistato dal quotidiano tedesco Rheinishe Post, ha avvertito il Paese: "Bisogna vedere se, in questi giorni, gli italiani soddisferanno le richieste della Commissione per quanto riguarda sia le entrate sia le uscite del progetto di bilancio per il 2020. Se non lo faranno, non avremo margini di manovra per evitare la procedura di infrazione". La decisione, prevista per domani, non arriverà in queste ore. Secondo quanto riportato da Repubblica, il collegio dei commissari europei, inizialmente previsto per martedì a Strasburgo e che avrebbe dovuto discutere del possibile avvio della procedura d'infrazione contro l'Italia, è saltato. Il rinvio si è reso necessario dopo la convocazione di un nuovo vertice europe sulle nomine domani alle 11.  

Oettinger, in materia di conti pubblici, ha poi voluto aggiungereo: "Il governo italiano deve pensarci tre volte prima di deludere le aspettative dell'Unione europea". "Nel lungo periodo", ha continuato il commissario, "un conflitto sempre più teso con l'Ue potrebbe scuotere la fiducia degli investitori" nei confronti dell'Italia. Le parole del commissario europeo sono arrivate a poche ore dal Consiglio dei ministri, in programma per il tardo pomeriggio. In questa sede il Tesoro discuterà, come ogni anno, dell'assestamento di Bilancio.  

Intanto i Paesi di Visegrád sono stati chiari: Zoltan Kovacs, portavoce del governo ungherese, ha dichiarato che “i V4 non possono sostenere né Manfred Weber né Frans Timmermans”, definendo l’olandese l’ uomo messo in una posizione chiave dal finanziere George Soros per “dirigere le politiche pro-immigrazione e le politiche finanziarie ed economiche secondo i suoi interessi”. I quattro Paesi da soli, tuttavia, non hanno il peso specifico necessario per bloccare la nomina di Timmermans.

In buona sostanza, Il requisito per ottenere l’ investitura di presidente della Commissione prevede l’appoggio di almeno 21 stati su 28, in rappresentanza del 65% della popolazione. Una maggioranza qualificata che, al momento, non c’è, perché oltre al Gruppo di Visegrád si sono espressi contro lo “schema Osaka” anche Bulgaria, Croazia e Irlanda, mentre il Regno Unito ha fatto sapere che, nel caso di voto, starà dalla parte della maggioranza. Un voto contrario dell’Italia potrebbe essere decisivo.  

Come recita l’articolo 17 del Trattato di Maastricht, “tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura”.

Un voto che però – secondo quanto fatto sapere dal presidente del Consiglio Ue Donald Tusk – è stato rinviato a domani. Non si terrà inoltre la riunione del collegio dei Commissari previsto per domani a Strasburgo.

Al quattordicesimo giorno in mezzo al mare, la terra è ormai ad un passo per i 42 migranti della Sea Watch 3. Ma non possono ancora toccarla. Carola Rackete, la giovane capitana, alle 14 rompe gli indugi, dirige il timone verso Lampedusa ed entra in acque italiane ignorando l'alt delle motovedette della Guardia di finanza. "So cosa rischio - dice la donna - ma non ho scelta. I naufraghi sono allo stremo. Li porto in salvo". "Non sbarcheranno, schiero la forza pubblica. Ora mi aspetto che qualcuno emetta un ordine di arresto", la risposta del ministro Matteo Salvini.

A Bruxelles, la Commissione europea è in contatto con gli Stati per distribuire le persone salvate. Palazzo Chigi, intanto, ha avviato "iniziative formali" per verificare omissioni dell'Olanda, Stato di bandiera della nave. Il braccio di ferro tra l'Italia e la nave della ong tedesca, si trasferisce così dalle acque internazionali ad appena fuori dal porto di Lampedusa. "In 14 giorni - lamenta Sea Watch - nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l'Europa ci ha abbandonati. La nostra comandante non ha scelta".

"Questa mattina - aveva scritto in precenza la Sea Watch - abbiamo comunicato ai naufraghi la decisone della Corte di rigettare il ricorso. Sono disperati. Si sentono abbandonati. Ci hanno detto che la vivono come una negazione, da parte dell'Europa, dei loro diritti umani".

"Se il nostro capitano Carola porta i migranti salvati dalla Sea Watch 3 in un porto sicuro, come previsto dalla legge del mare, affronta pene severe in Italia", scrive in un tweet e su Fb la ong tedesca invitando a donare al fondo per l'assistenza legale di Sea Watch per "aiutare Carola a difendere i diritti umani ".

La comandante della nave, Carola Rackete, ieri aveva deciso di forzare il divieto di ingresso nelle acque territoriali con l'intenzione di sbarcare a terra i 42 migranti soccorsi al largo della Libia.

"Buongiorno Ue. Ieri, a causa di un'emergenza, siamo entrati nelle acque italiane. La guardia costiera e la Guardia di finanza sono stati a bordo. Abbiamo aspettato una notte, non possiamo più aspettare. La disperazione delle persone non è qualcosa con cui giocare". Lo scrive la ong tedesca Sea Watch in un tweet, mentre la nave è ferma da ieri appena fuori dal porto di Lampedusa col divieto di sbarcare.

"La legge prevede che bisogna essere autorizzati per poter attraccare, non possiamo far arrivare in Italia chiunque, le regole di un Paese sono una cosa seria. Le persone sulla Sea Watch non sono naufraghi, ma uomini e donne che pagano 3.000 dollari per andar via dal proprio Paese. In Italia stanno arrivando, in aereo, migliaia di migranti certificate che scappano dalla guerra. Spero che nelle ultime ore ci sia un giudice che affermi che all'interno di quella nave ci sono dei fuorilegge, prima fra tutti la Capitana. Se la nave viene sequestrata e l'equipaggio arrestato io sono contento". Così il ministro dell'Interno Matteo Salvini su Radio CRC.

"Sea Watch ha fatto la sua battaglia politica sulla pelle di 42 persone. In 15 giorni sarebbero arrivati in Olanda due volte. Hanno rifiutato i porti sicuri più vicini. Ong aiutano trafficanti di esseri umani". Lo scrive Matteo Salvini in un tweet. E in altri due sottolinea. "Non assecondo chi aiuta gli scafisti che con i soldi degli immigrati poi si comprano armi e droga". E "non permetto che siano Ong straniere a dettare le leggi sui confini nazionali di un Paese come l'Italia".

E così la capitana tedesca della Sea Watch 3 Sea Watch a Lampedusa Carola Rackete ha mostrato i muscoli e indicato la rotta ha puntato la prua della nave verso il porto di Lampedusa, forzando il blocco della Capitaneria navale nostrana. E scatenando l'ennesima guerra tra Italia, Ong ed Europa, quest'ultima sempre più inerme di fronte a tali querelle.

Bene, se la nave della Ong tedesca battente bandiera olandese vuole arrivare al porto sicuro di Lampedusa, il 61% degli italiani non vuole che attracchi. Già, perché un sondaggio realizzato da Emg Acqua e presentato durante la trasmissione Agorà, su Rai Tre, racconta che la maggioranza dei cittadini interpellati è contraria alla presa di posizione della Ong.

La pensa in questo modo il 93% degli elettori della Lega di Matteo Salvini e il 49% degli elettori del Movimento 5 Stelle. "Solo" per il 33% degli intervistati invece la nave dovrebbe entrare in un porto italiano.

In queste ore, la Guardia di Finanza è salita a bordo dell’imbarcazione per controllare i documenti della nave e i passaporti di tutto l'equipaggio.

È quanto rischia la Sea Watch 3 ai sensi delle nuove norme previste dal decreto sicurezza-bis approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 11 giugno e già operativo, in attesa di essere convertito in legge dalle Camere. Un rischio che la "capitana" della nave ong, Carola Rackete, ha deciso di accollarsi sfidando le autorità italiane e le resistenze dell'altro "capitano" Matteo Salvini. Ma a dover preoccupare la 31enne tedesca non solo soltanto le quasi certe conseguenze economiche del suo gesto, quanto quelle penali, dato che Rackete potrebbe avere commesso alcuni reati.

Tre, per la precisione. Come scrive Repubblica, la comandante della Sea Watch 3 rischia di essere incriminata per rifiuto di obbedienza a nave da guerra, resistenza o violenza contro nave da guerra e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Andiamo con ordine. Partiamo dalla prima ipotesi di reato, "rifiuto di obbedienza a nave da guerra", disciplinata dall'articolo 1099 del Codice di Navigazione. Che recita: "Il comandante della nave, che nei casi previsti nell'articolo 200 non obbedisce all'ordine di una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione fino a due anni".

Insomma, Rackete se la caverebbe con poco. Se non fosse che la sua decisione di forzare il blocco navale costituisce violazione anche dell'art. 1100 del Codice di Navigazione, "resistenza o violenza contro nave da guerra". Ecco cosa prevede questa disposizione: "Il comandante o l'ufficiale della nave, che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per coloro che sono concorsi nel reato è ridotta da un terzo alla metà". Infine, non si può proprio scartare una terza ipotesi di reato, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, punito nei casi più gravi con la reclusione tra i cinque e i quindici anni.

Insomma, nella peggiore delle ipotesi la "capitana" potrebbe essere condannata a 27 anni di carcere. Ma si tratta solo di un'ipotesi...

Il Viminale dà notizia della presenza di due imbarcazioni con complessivamente una quarantina di migranti a bordi attualmente in acque Sar maltesi, con dunque la competenza in mano al governo di La Valletta per quanto concerne la sicurezza.

Intervenuto su Porta a Porta su Raiuno nelle scorse ore, il ministro dell’interno Matteo Salvini afferma di aver dato l’ordine di fermare questi mezzi prima dell’ingresso in acque italiane: “È una questione di principio – tuona il titolare del dicastero – Malta certamente come è solita fare non le fermerà e le lascerà passare in direzione Italia ma questa volta ho dato disposizione di fermarli".

Sul posto secondo il quotidiano il Giornale dovrebbero giungere a breve delle motovedette, a cui Salvini ha dato ordine di bloccare i barconi in procinto di navigare verso l’Italia e molto probabilmente verso il porto di Lampedusa, lo stesso ad oggi sotto i riflettori per via del braccio di ferro tra Viminale ed ong Sea Watch.

La questione dei due mezzi a cui fa riferimento Salvini, è diversa da quella che riguarda l’ong tedesca. Si tratta infatti di migranti non scortato o raccolti a bordo da navi delle organizzazioni non governative.

Al contrario, si parla di imbarcazioni con a bordo probabilmente degli scafisti al timone partite forse dalle coste libiche. In poche parole, si ha a che fare con le stesse modalità riguardanti il fenomeno dei cosiddetti “sbarchi fantasma”, approdo autonomi di migranti lungo le spiagge siciliane che fanno poi perdere le proprie tracce.

Solo che questa volta le due imbarcazioni risultano avvistate e, per l’appunto, Salvini ne vorrebbe proibire l’ingresso presso le acque territoriali italiane.

Resta da capire il modo visto che, come sottolinea Repubblica, non è consentito alcun intervento di polizia giudiziaria delle motovedette italiane in acque internazionali.

Ma l’invio in quel tratto di mare dei mezzi promesso da Salvini, ha in realtà in primo luogo un chiaro scopo politico: far capire cioè sia ai mezzi delle ong che ai barconi “autonomi” in navigazione verso l’Italia che dal Viminale non vi è alcuna intenzione di accettare supinamente impennate del numero di approdi.

In effetti, dopo il crollo degli sbarchi arrivato a raggiungere anche il 90% rispetto al 2018, da fine maggio complice il bel tempo i viaggi della speranza verso le nostre coste appaiono in aumento. I numeri rimangono ben lontani rispetto ai periodi delle emergenze degli anni passati e soprattutto del 2017, al tempo stesso però Salvini appare preoccupato da nuove possibili impennate delle partenze soprattutto dalla Libia.

Da qui il “braccio di ferro” con la Sea Watch e l’annuncio di invio di due motovedette lì dove appaiono avvistati i barconi prima citati.

Su Repubblica, questa mattina, Lerner va oltre e di fatto chiama in causa la madre di Salvini: "Vien da chiedersi: ma cosa penserà di Salvini la madre di Salvini? Quando, di fronte a quello che, comunque la si pensi, rimane un dramma umano, il suo Matteo scrive: 'Non sbarca nessuno, mi sono rotto le palle. Lo sappia quella sbruffoncella'". A questo punto, dopo avre preso le difese della "capitana" di Sea Watch, Lerner non risparmia il colpo e attacca ancora: "Una giovane donna che lo ridimensiona a Capitano piccolo piccolo. Sbruffoncella? Non abbiamo piuttosto a che fare con un ministro sbruffone da osteria? - continua Lerner - Come nei videogiochi con cui egli si diletta nel cuore della notte, il responsabile dell'ordine pubblico scimmiotta la parodia della difesa dei confini nazionali bloccando un'imbarcazione di 50 metri con 42 naufraghi a bordo. E poi minaccia di erigere barriere fisiche (galleggianti?) a imitazione dei suoi modelli Orbán e Trump, o al contrario (sarebbe già meglio) di smettere l'identificazione e la registrazione degli sbarcati, di modo che possano proseguire il loro viaggio in direzione Nord Europa, da dove, così facendo, non potrebbero più essere rispediti a forza in Italia".

Il durissimo attacco al leader di Fratelli d'Italia è di Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana. sottolinea il quotidiano il Giornale Il pasdaran pro immigrazione, in un video, risponde per le rime al video della collega-avversaria politica, nel quale l'esponente di Fdi aveva invocato l'arresto dell'intero equipaggio della Sea Watch 3, il sequestro della nave della Ong tedesca battente bandiera olandese e, dulcis in fundo, anche il suo affondamento.

"Ho visto il video della Meloni, girato da qualche tetto del Parlamento, comoda e sistemata. Le dico con molta onestà che il delirio va curato. Forse sarà colpa del caldo", scrive Fratoinanni nell'anteprima nel filmato, in cui dice: "Sono a Palermo, in attesa di imbarcarmi sul volo che mi porterà a Lampedusa. Sto andando lì ad accogliere la Sea Watch 3 e la sua comandante, Carola Rackete, persona coraggiosa che ha sfidato l'ipocrisia e la violenza del nostro governo e dell'Europa intera, per portare in salvo 42 persone che hanno una sola colpa: quella di essere sfuggite alla morte, salvate dal naufragio del mezzo di fortuna sul quale si trovavano…".

Dunque, ecco l'affondo al capo politico di Fratelli d'Italia: "Mi è capitato sotto gli occhi un video di Giorgia Meloni: è forse il caldo a spiegare il contenuto di questo video, in cui la Meloni si scaglia con una violenza inaudita contro persone inermi, contro chi organizza e pratica solidarietà, e nel quale, con la bava alla bocca, in modo cattivo e violento, annuncia addirittura la richiesta e la necessità che la Sea Watch venga affondata". Infine, c'è tempo per un'ultima stilettata: "Questa rincorsa folle sempre più a destra, in competizione con la Lega di Salvini, la Meloni sfiora il ridicolo. Ecco, forse è il caldo la causa di questo delirio, ma di delirio si tratta e va curato: trovi qualcuno bravo, che provi a mettere un freno a questa violenza che fluisce senza freni…".

Intanto e' diventato l'emblema della legalità. Il Movimento 5 Stelle lo ha difeso a spada tratta. La Raggi è scesa in campo personalmente spiegando che quella casa gli spettava di diritto

Scrive il giornale lo ha ricevuto persino papa Francesco nella sagrestia della Basilica di San Giovanni in Laterano esprimendogli solidarietà cristiana dopo gli attacchi ricevuti. Lui, Imer Omerovic, il 40enne rom bosniaco con una moglie e 12 figli sulle spalle, è andato in tv a dire «che ha sempre lavorato, che ha una regolare partita Iva e che vende macchine su internet». Ecco, le macchine. Allo stato attuale Imer ne ha intestate 27. Sì, avete capito bene: ventisette. Due sono arrivate dopo la turbolenta assegnazione dell'alloggio popolare a Casal Bruciato. Si tratta di una Fiat Stilo 1.9 JTD, intestata il 22 maggio, e di una fiammante Bmw Serie 5 530D, intestata il 7 giugno.

La partita Iva della sua ditta individuale è regolare, ancora attiva e collegata al «commercio all'ingrosso e al dettaglio di autovetture e di autoveicoli leggeri». Peccato però che la sede sociale (e in realtà anche l'indirizzo di residenza) siano a Roma in via Pontina 601. E cosa c'è in quella via? Il nulla. O meglio, fino a qualche anno fa c'era l'ex campo nomadi di Tor de Cenci. Adesso l'area di proprietà del Comune è abbandonata. Ma dove sono le autovetture di Omerovic? Se svolge l'attività che dice di svolgere, il commerciante dovrebbe quantomeno avere un deposito, una lista di veicoli in esenzione fiscale, un registro di carico e scarico, delle fatture di vendita e quindi degli introiti. Tutte cose che non risultano. Anzi, effettuando una visura risulta che non ci sono bilanci depositati in camera di commercio dall'apertura dell'attività.

Ma è normale che a una persona che possiede 27 auto venga assegnata una casa popolare? Roberta Della Casa, presidente M5s del Municipio IV nonché una delle più attive nel garantire il diritto all'alloggio alla famiglia Omerovic, non si sbilancia ma ammette: «Mentre per ottenere il reddito di cittadinanza vengono fatte verifiche patrimoniali approfondite, per la domanda di assegnazione di una casa popolare i controlli sono più stringati ed è necessario solo l'Isee e la documentazione relativa allo stato di famiglia, stiamo cercando di rivedere il meccanismo per dare maggiori risposte».

Le storie dei appartenenti alla sinistra Italiana non finiscono con i Rom o con sea watch ma questa storia ha del incredibile : li inquirenti hanno ricostruito un giro d'affari da centinaia di migliaia di euro, secondo quanto riporta il Corriere della Sera. Coinvolta anche una onlus di Moncalieri, nel torinese, perquisita questa mattina dai carabinieri.

Politici, medici, assistenti sociali e psicologi. Sono tutti coinvolti, insieme al sindaco Pd di Bibbiano, che si trova agli arresti domicilari, nell'inchiesta "Angeli e Demoni", accusati di aver redatto false attestazioni, per fare in modo che i bambini venissero allontanati dalle proprie famiglie, per collocarli da amici e conoscenti, dietro compenso. 

Per riuscire a dimostrare l'inadeguatezza delle famiglie dei piccoli, venivano usati metodi barbari. Dall'inchiesta della pm Valentina Salvi, infatti, emergono ore e ore di "lavaggi del cervello" durante i colloqui tra i bambini e gli psicologi e persino l'uso di piccole scosse elettriche, che erano in grado di alterare "lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari". Tutti metodi con i quali la memoria dei piccoli e i loro racconti sulla situazione familiare venivano manipolati: falsi abusi, disegni non autentici nei quali venivano riprodotte scene di violenza. Non solo. Sembra che spesso i terapeuti si vestissero da mostri o personaggi inquietanti, per incutere paura ai bambini, così da minare le loro convinzioni.

Così, una volta davanti al giudice, la versione dei minori non corrispondeva alla realtà e i magistrati decidevano spesso a favore del loro affido ad altre famiglie, inserite nel losco giro di affari. Sembra che alcuni bambini siano stati stuprati, una volta entrati a far parte dei nuovi nuclei famigliari o delle comunità.

 

 

 

 

Circa 7.500 rifugiati congolesi sono arrivati in Uganda dall’inizio di giugno, incrementando la pressione sulle strutture di accoglienza già sovraccariche.

La recrudescenza degli scontri tra i gruppi rivali Hema e Lendu nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) costringe gli abitanti del paese a fuggire e ad attraversare il confine con l’Uganda a un ritmo di 311 persone al giorno, più del doppio rispetto a quanto avvenuto nel mese di maggio (145 persone al giorno).

Gli arrivi più recenti testimoniano una brutalità estrema. Gruppi armati starebbero attaccando villaggi, saccheggiando e incendiando case, e uccidendo uomini, donne e bambini. La maggior parte delle persone fugge in Uganda attraverso il lago Albert dalla provincia di Ituri, dove si stima che dall’inizio di giugno il numero di sfollati abbia raggiunto quota 300.000.

Alcuni rifugiati arrivano portando con sé numerosi beni ed effetti personali, temendo di non poter fare ritorno a casa per molto tempo. Altri, fuggiti da pericoli imminenti, hanno con sé poco più dei loro vestiti. Quasi due terzi delle persone in fuga sono minori.

I rifugiati giunti in Uganda affermano che molte altre persone potrebbero arrivare; tuttavia, i gruppi armati starebbero impedendo ad alcune persone di lasciare la RDC, mentre altri cercano, con fatica, di ottenere il denaro necessario a pagarsi il viaggio in barca – una somma equivalente a meno di 6 dollari USA.

In Uganda, intanto, le strutture di transito e accoglienza sono al limite. I nuovi arrivati vengono innanzitutto portati in un centro di transito a Sebagoro, un piccolo villaggio di pescatori sulla riva del lago, dove vengono sottoposti a controlli sanitari. I rifugiati vengono in seguito trasferiti al centro di accoglienza di Kagoma, a pochi chilometri di distanza. Attualmente il centro ospita circa 4.600 persone, 1.600 in più della capienza massima prevista.

Centinaia di rifugiati hanno ricevuto lotti di terra vicino all’insediamento di Kyangwali. Tuttavia, a causa del ritmo con cui nuovi rifugiati arrivano in Uganda, i bisogni delle persone superano di gran lunga l’assistenza che gli operatori umanitari sono in grado di fornire.

Alloggi e generi di primo soccorso costituiscono la priorità più urgente. Inoltre, autobus e camion sono necessari per trasferire i rifugiati dai centri di accoglienza sul confine agli insediamenti. Molti rifugiati hanno poi urgente bisogno di supporto psico-sociale e post-trauma.

Mentre i punti di raccolta e i centri di transito e accoglienza sono dotati di apparecchiature per i controlli diagnostici, le strutture sanitarie hanno bisogno di essere ristrutturate, e nelle cliniche mancano personale medico e farmaci.

Le scuole, già sovraffollate e a corto di personale, hanno bisogno di notevole sostegno al fine di soddisfare le esigenze relative all’istruzione dei nuovi arrivati.

L’UNHCR fa appello alla comunità internazionale affinché renda disponibili ulteriori finanziamenti. All’avvicinarsi della fine di giugno, l’UNHCR e i partner con cui lavora per rispondere alla situazione dei rifugiati in Uganda hanno ricevuto 150 milioni di dollari USA, equivalenti al 17% dei 927 milioni necessari per finanziare le loro operazioni.

 

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