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Appena entrati nella sala del teatro Politeama di Napoli si viene subito attratti da un fondo scena di una gigantografia de La Plaza de Toros: in primo piano il volto tumefatto di un bambino di colore fa intuire che uno dei temi trattati nella rappresentazione teatrale è dedicato ai migranti e alle loro sofferenze. Sui lati del palcoscenico sono stati volutamente lasciati in mostra i macchinari e le corde che azionano il sipario e le scene. Suscita curiosità un tamburo cinese montato su di un supporto di vari colori. Prima dell’inizio dello spettacolo la platea appariva gremita in ogni dove: molte signore in attesa dell’inizio dello spettacolo, dopo aver smanettato sul cellulare, chiacchieravano con il vicino di poltrona; una ragazzina dodicenne appariva emozionata forse per le raccomandazioni avute o forse perché allieva di una scuola di danza. Finalmente ha inizio la prima italiana dello spettacolo firmato dal 65enne coreografo francese José Montalvo, che ritorna a Napoli dopo il successo riscosso nel 2016 con Y Olé !, andato in scena proprio al Politeama.  José Montalvo offre al pubblico dello Stabile di Napoli una nuova immersione nel suo mondo fatto di sogni che incrociano danza e ricordi personali. Carmen era il nome di sua nonna catalana ed è stato anche il ruolo preferito di sua madre, che era una danzatrice. Ma l’eroina di Bizet incarna soprattutto temi particolarmente cari al coreografo: incrocio di razze, immigrazione, infanzia, Spagna. La sensuale sigaraia andalusa è una figura universale che attraversa i confini culturali e geografici, è un emblema dell’emancipazione femminile e di una ribellione che viene fatta ballando:

«Carmen - sottolinea il coreografo - è un’esplosione festante di vita e ritmi. Una musica percorsa da un genio infantile, di grande e gioiosa profondità. Una sfida entusiasmante per una versione coreografica». Montalvo trasforma la “gitana” di Mérimée in un’eroina moderna in tempi incerti. Un inno alla libertà per tutte le donne di qui e altrove. In scena una straordinaria compagnia di sedici danzatori provenienti da varie nazioni. Il primo quadro vede i danzatori spogliarsi sensualmente lasciando le ballerine in due pezzi rosso fuoco. In seguito i ballerini maschi strisciano ai piedi delle loro compagne,  come simbolo dell’emancipazione femminile. Nel video e dal vivo Carmen lotta furiosamente con la rivale prendendola per i capelli e arrivando a sfregiarla in volto. I ballerini effettuano passi di danza acrobatica e breakdance davvero stupefacenti. Finalmente viene appagata la curiosità circa il tamburo che viene suonato alternativamente da un uomo e da una donna mentre un video proietta le interviste dei componenti del gruppo mentre parlano del significato del personaggio di Carmen per loro. Ne è venuta fuori un’immagine molto interessante circa l’universalità della bella sigaraia sospettata di contrabbando: una gitana libera con gli stessi bisogni di un uomo che non cela per un senso ipocrita di pudore. E’ poi il momento di una corrida virtuale grazie ad immagini in movimento e fisse che interagiscono con il palcoscenico: un toro scatenato fa a gara con alcuni ballerini ancora più sfrenati. L’esplosione di energia e vitalità che si osserva è amplificata grazie ai magnifici costumi di Sheida Bozorgmehrdi di colore rosso, alle luci di Vincent Paoli e al suono di Pipo Gomes. Assistente alla coreografia Joëlle Iffrig, a quella del flamenco Fran Espinosa, musica live Ji-eun Park, Kee-ryang Park, Saeid Shanbehzadeh.

Lo spettacolo è una produzione Maison Des Arts De Créteil, realizzato in coproduzione con Chaillot-Théâtre National de la Danse; Les Théâtres de la ville de Luxembourg; Théâtre de Caen; Festspielhaus St. Pölten.

Carmen è dunque la libertà di ciascuno di noi, è la vita che vogliamo amare e vivere, si dice che la donna è il sesso debole invece questo spettacolo dimostra tutta la loro “potenza”.

La rassegna di danza contemporanea promossa dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale per “Stabile Danza 2019” non poteva avere che inizio migliore.

 

 

 

 

Il buddismo, che come è noto non è una religione ma un percorso spirituale, contribuisce per alleviare le sofferenze umane con dettami a cui uniformarsi per raggiungere la cessazione delle sofferenze poiché  la vita è colma  di dolore ma la sofferenza ha una causa e una fine, per raggiungere così il Nirvana durante la vita, una volta terminato di soffrire, poiché esso è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore. Il buddismo indica i passaggi da seguire per raggiungere tale situazione spirituale agevolati dall’ascolto della musica.

Le parole non sono importanti come l'energia che viene dalla musica, soprattutto se dal vivo, la musica è energia, una sensazione, un'atmosfera, un  sentimento.

La musica è il cibo dell’anima che consente di togliere ogni giorno la polvere che si deposita ogni giorno sulla nostra anima. Le nostre emozioni traggono origine all’interno del nostro corpo e, per farle esternare, occorre che ci liberiamo di quanto ci soffoca e dai vari pregiudizi.

Il progetto “OPERA Wine - LAB” ideato dal Teatro di San Carlo in collaborazione con Wine&Thecity, è un percorso sensoriale che vuole coniugare il mondo dell’Opera con quello del vino. L’Associazione culturale Wine&Thecity nasce nel 2008 da un’idea di Donatella Bernabò Silorata e lavora sul binomio vino-cultura. “Coltiviamo ebrezza creativa, mettiamo in moto la città, andiamo alla scoperta di luoghi mai visti o semplicemente dimenticati”, questo lo scopo principale del progetto indipendente della rassegna che si reinventa da dodici anni, mettendo in rete soggetti pubblici e privati, associazioni culturali e piccole imprese del territorio. L’edizione del 2019 di Wine&Thecity si svolgerà a Napoli dal 9 al 19 maggio con il Patrocinio del Comune di Napoli e avrà come tema la Luna in tutte le sue sfaccettature.

Scopo di OPERA Wine - LAB è quello di accompagnare i partecipanti in un percorso multisensoriale attraverso i linguaggi della Musica, del Teatro e della degustazione di vino. Il concept del laboratorio è basato sul sincretismo tra questi tre “livelli” con l’idea di creare un vero e proprio “distillato” esperienziale. Il progetto vuole, infatti, essere un’esplorazione trasversale attraverso tutti e cinque i sensi: Vista, Udito e Tatto saranno protagonisti dell’esplorazione guidata da un Formatore del Teatro di San Carlo; Gusto e Olfatto verranno stimolati attraverso la degustazione da parte di un Sommelier dell’AIS Napoli. Ogni incontro, dal 14 Marzo al 15 Giugno, sarà dedicato, di volta in volta, ad un diverso linguaggio nonché a un’Azienda Vinicola e a un Partner food selezionati da Wine&Thecity.

«Fare vivere il San Carlo quale luogo della memoria per poi guardare al futuro e colloquiare con un linguaggio moderno con il suo popolo -  ha commentato Rosanna Purchia, Sovrintendente del Teatro di San Carlo la quale ha preannunciato che a questo primo esperimento seguiranno altre iniziative.

Il progetto racconterà  - attraverso il laboratorio e la musica - il Teatro di San Carlo mediante un’esperienza emozionale. Il laboratorio Ascolto sarà curato da Christian Iorio, quello Musica insieme da Filomena Piccolo, mentre il laboratorio Corpo Poetico da Francesca Pecoraro.

«Essere chiamati dal San Carlo è stata una dimostrazione di stima per il nostro lavoro, siamo un’impresa privata che non gode di fondi pubblici - ha sottolineato Donatella Bernabò Silorata - siamo stati incaricati del percorso guidato dai sommelier dell’AIS per sensibilizzare i sensi del Gusto e dell’Olfatto che saranno al centro della parte finale del laboratorio». Per ascoltare la musica bisogna prima ascoltare noi stessi per poter interpretare e interiorizzare il suono, occorre poi abbinare il suono all’immagine e ai colori, scegliendo il colore che si vuole abbinare al suono, in un gioco per far nascere un’emozione che è la rappresentazione di noi stessi e delle nostre conoscenze. Il laboratorio prevede anche un piccolo viaggio all’interno delle Opere facendo “canticchiare” i partecipanti per creare una sinergia con il mondo della lirica. Il dono più bello che si può fare è donare la musica.

I partecipanti saranno massimo 70 ad incontro, suddivisi in due gruppi da 35 impegnati in due turni.

Ogni incontro si dividerà in due turni della durata di circa due ore. Ogni turno sarà, a sua volta, suddiviso in due parti: un laboratorio guidato da un Formatore del Teatro di San Carlo (in Sala Giardini) e la degustazione di vino (al MeMUS - Museo e Archivio Storico).

Questo il calendario dei laboratori di Ascolto, Corpo Poetico e Musica insieme :

MARZO

giovedì 14 marzo 2019 / Turno 1, ore 17.00 - Turno 2, ore 18.00

venerdì 15 marzo 2019 / Turno 1, ore 17.00  - Turno 2, ore 18.00

sabato 30 marzo 2019 / Turno 1, ore 17.00   -  Turno 2, ore 18.00

 

APRILE

sabato 6 aprile 2019 / Turno 1, ore 17.00  - Turno 2, ore 18.00

sabato 13 aprile 2019 / Turno 1, ore 17.00 - Turno 2, ore 18.00

giovedì 18 aprile 2019 / Turno 1, ore 17.00 -Turno 2, ore 18.00

 

MAGGIO

giovedì 9 maggio 2019 / Turno 1, ore 17.00   - Turno 2, ore 18.00

venerdì 10 maggio 2019 / Turno 1, ore 17.00 - Turno 2, ore 18.00

venerdì 24 maggio 2019 / Turno 1, ore 17.00 - Turno 2, ore 18.00

 

GIUGNO

sabato 8 giugno 2019 / Turno 1, ore 17.00    - Turno 2, ore 18.00

giovedì 13 giugno 2019 / Turno 1, ore 17.00 - Turno 2, ore 18.00

sabato 15 giugno 2019 / Turno 1, ore 17.00   - Turno 2, ore 18.00

 

 

 

Pasquale, il bravo attore Aldo Rossi, in sogno riceve  i fortunati numeri che consentono alla sua famiglia, formata di sempliciotti di campagna, di cambiare vita: 8-13-65-90 i numeri della vincita di quattrocento milioni di lire  con una quartina  al lotto, utilizzando un biglietto da 5.000 lasciato dalla moglie sul comò. Quei numeri contengono un infausto presagio: sono la chiave per individuare la data della morte di Pasquale che da quel momento non penserà ad altro. La famiglia  andrà ad abitare in un lussuoso appartamento in città, con servitori e tutte le comodità. Una tranquilla famiglia campagnola, con moglie sempre pronta a rimproverare tutti, una figlia innamorata di un ragazzo americano un po’ tonto, Carolina, la ricamatrice,  che dispensa perle di saggezza e tanti personaggi che ruotano intorno al protagonista e alla moglie, la nota attrice Elena Sansone.

Da quel momento Pasquale non penserà ad altro, arrivando anche a preparare il suo funerale con grande pompa, tanto pagheranno i congiunti. La sua angoscia è presente in ogni sua battuta, fonte inesauribile di amare risate. La vicenda si sviluppa fino alla scena finale, che non era prevedibile.

La commedia è stata scritta nel 1933 da Athos Setti, livornese di nascita, uno dei più importanti autori italiani di commedie, che era  grande amico ed estimatore di Eduardo De Filippo, il quale nel 1936 su questo tema  realizzò il film ambientato a Napoli - invece che in Toscana  come nel testo originario - intitolato "Sogno di una notte di mezza sbornia”. L’Opera è conosciuta anche come "L'agonia di Schizzo" e fu tenuta in cartellone dalla compagnia di Eduardo De Filippo per circa trenta anni. Ettore Petrolini nel 1934 portò in scena la commedia in romanesco con il titolo “La fortuna di Cecè”, mentre Angelo Musco la interpretò in siciliano con il titolo: “La Profezia di Dante”.

Questi gli attori: Pasquale:  Aldo Rossi; Filomena:   Elena Sansone; Gina:   Carmen   Cappa;

Arturo:  Roberto  Merola; Carolina:  Rita  Tripoli; Rosina:  Francesca  Borriello; Jack:  Dario Todaro; Capatosta:  Maurizio  Ceraudo; Aglietiello:  Riccardo  G. Grassitelli; Dottore:  Renato De Paola; Carmela:  Anna  Garenna; Giovanni:  Geppino Noviello; Assunta:   Erika Rinaldi.

Direzione Artistica:  Elena  Sansone; Direzione Scenica:  A. Esposito; Scene:  G. Razzino; Luci:  delt; costumi:  Esa mode; Ripresa video: F. Starita.

La commedia conserva una “teatralità”, particolare, sembrando quasi che fosse stata scritta per i nostri tempi e non per il 1925, la principale caratteristica è la sua vivacità con un ritmo incalzante delle trovate comiche, pur in una società diversa ma sempre attuale, ricordando, come diceva Totò: "Signori si nasce !".

Un classico dunque della risata "La Fortuna si diverte", una commedia brillante, una delle migliori  pièce che fu considerata dai critici teatrali dell’epoca tra le più esilaranti . La compagnia  "I Nemonef" di Elena Sansone, che  ha messo in scena "La fortuna si diverte" al teatro Don Bosco di Napoli, in via Don Bosco, che come ha dichiarato il regista Renato De Paola che con cura e pazienza ha diretto il lavoro con tanta professionalità: “ una commedia esilarante che dimostra come la suggestione possa condizionare la vita di un uomo e della sua famiglia”.

Questo il commento a caldo di Elena Sansone:”Io e Renato De Paola abbiamo scelto questa commedia perché è molto divertente, eravamo convinti che il pubblico si sarebbe divertito, inoltre ci vuole un pizzico di fortuna nella vita per cambiare almeno di poco la nostra condizione”.

Per Aldo Rossi, che ha interpretato il protagonista, Pasquale:”Ho vissuto la trama con molta intensità poiché è una storia  che potrebbe anche essere reale in quanto ai tempi di oggi c’è ancora chi crede alla realizzazione dei  sogni, alle occasioni e alle opportunità. Ho messo nell’interpretazione molta passione, trasporto e attenzione, spero di essere riuscito a trasmettere il messaggio al pubblico che ha applaudito anche a scena aperta e ha riso di gusto”.

Ma ci chiediamo quale il messaggio trasmesso al folto pubblico in platea ?  probabilmente è racchiuso nella battuta di Carolina, alias Rita Tripoli:”  Anche mio marito, buon'anima, quando non aveva voglia di lavorare faceva lo stravagante. Parlava coi quadri attaccati al muro, diceva che si sentiva andar via di cervello... Io che allora non conoscevo gli uomini, ero molto impensierita. Tanto è vero che avevo deciso di portarlo  a  Firenze  da uno  specialista.  E  invece...fingeva di essere malato per non far nulla !”

Quanta dell’antica filosofia napoletana in queste parole.

 

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