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La satira di Cassiodoro nel nuovo libro (@gattopardo) edito da The Writer.
E sette. Tante sono le raccolte satiriche di Cassiodoro ad oggi grazie a questo nuovo lavoro (@gattopardo) edito da The Writer.
Il corsivista stavolta si ė "allargato" parecchio sul discorso grafica riducendo la satira scritta, seguendo cioè un orientamento che era giá presente negli ultimi volumi, in particolare OGM (2.000) e Novellame (2015). 
Libri che, si ricorderá, erano stati preceduti da Corsivi e Cassionovele (1987), Corriere della Satira (1990), Juliassik Park (1993) e La Bosseide (1996), una saga nata sul periodico "La Sila" in cui si racconta della prima e della seconda repubblica di questa nostra Italietta, attraverso un umorismo di sinistra/destra sempre autonomo dal potere, indipendente fino al midollo.
Gattopardo è sinonimo letterario/politico del "tutto cambia perchè nulla cambi" ma, graficamente, offre un'idea di felinitá pacificamente aggressiva. Cosí da umorista affronta le contraddizioni delle caste e le storture della politica offrendo, come soluzione, le zampe di unghie affilate (che anche nella realtá lascia crescere per suonare la chitarra) fiducioso che i mali atavici del Belpaese possano finalmente essere così rimossi: graffiando!
Un colpo basso, quello di questo scrittore fortebraccialleniano, per certi versi petroliniano, ai teatrini della politica, dei media e dello spettacolo, sferrato però con pastiches linguistici e scanzonata ironia in questo continuo viaggio satirico alla ricerca di spunti che lui trova nella realtá di tutti i giorni, negli scenari nevrotici e paradossali del nostro tempo.
Una scrittura ed un'inventiva, la sua, che è collocabile nella tradizione umoristica italiana, compresa quella di Segre, Calcagno, Guareschi passata poi attraverso l'esperienza di Il Male, Tango, Cuore nell'originale girandola che, ancora una volta, ci propone. Un cocktail di briosi corsivi, favole, vignette e foto, come in un ballo in maschera tutto da gustare.

A Roma, presso il Circolo degli Ministero degli Esteri ha avuto luogo la presentazione di "Al Tayar. La Corrente", il nuovo libro di Mario Vattani da pochi giorni in tutte le librerie. 
Vittorio Sgarbi nel suo intervento ha sottolineato: "Al Tayar non è semplicemente un noir a sfondo egiziano: è un romanzo di formazione, profondamente sensuale e determinista, dove nessuno si libera dal proprio destino. Invece il Vattani diplomatico diventa Vattani scrittore, sfugge alla forma diplomatica e si riprende la vita";  Pialuisa Bianco ha descritto il romanzo come “letteratura allo stato puro. L’intreccio è un labirinto dal quale si esce con la consapevolezza perturbante che non si è mai veramente l’autore del proprio io”.
Inoltre, sono intervenuti alla conferenza l’Ambasciatore Raffaele de Lutio, la giornalista Stefania Viti.
Mario Vattani, diplomatico e scrittore, dopo il successo del suo noir giapponese 'Doromizu. Acqua torbida' (Mondadori, 2016), ambienta il suo nuovo libro, il cui titolo si ispira alla corrente del Nilo, una forza irresistibile e onnipresente che guida il nostro destino, nella capitale di un Egitto caotico e affascinante che conosce bene perché vi ha vissuto a lungo da console.
Protagonista del romanzo è Alessandro Merisi, venticinque anni e un lavoro da fotografo ormai abbandonato. È appena atterrato al Cairo, nella sua valigia ha pochi vestiti, quanti bastano per nascondere i farmaci che ha il compito di trafugare in Egitto. Non ha scelta, questo è il tributo che gli è stato imposto per un debito dal quale teme di non liberarsi più. "Attraverso l’incantesimo della scrittura sono voluto tornare in Egitto - spiega l’autore, - è un paese di cui mi sono subito innamorato. I suoi colori e i suoi sapori, gli uomini e le donne egiziani mi hanno trasformato, la loro intensità ha profondamente influenzato il mio modo di vedere e sentire il mondo".
Il giovane Alex è sedotto dal fascino di una metropoli in preda agli spasmi di un regime morente. Vi intravede l’occasione per conquistarsi una seconda vita, anche se ciò significa lasciarsi trascinare nel mondo terrificante del traffico di organi. Al Tayar è un percorso iniziatico attraverso eros e tanathos, vi traspare sempre la ricerca di una conoscenza, un’ispirazione, di una scelta. “Il luogo migliore dove trovare la purezza - continua Vattani -  è la decadenza, il disordine, il caos. La luce è più facilmente individuabile nell’oscurità. In Egitto, dove i contrasti sono così forti, si ottiene un’immagine ancora più nitida di questo paradosso.”
Dinamica e ricca di colpi di scena, la trama di Al Tayar si appoggia su uno stile scorrevole e immediato, cinematografico, che porta il lettore a identificarsi col protagonista e lo inchioda alla lettura sin dalle prime pagine.
Tuttavia, il fascino del romanzo è anche dovuto allo sguardo limpido e coinvolgente di Alex sul Cairo, sulla cultura araba e sul mondo che lo circonda.
Attraverso pennellate vivide, emozionanti e mai convenzionali, Mario Vattani dipinge un noir sensuale, scuro e commovente. “Nel mondo di Al Tayar - racconta Vattani - il destino degli uomini non viene deciso dalla malvagità delle loro azioni, ma dallo scorrere inesorabile del Nilo. E’ una corrente in cui non si può far altro che lasciarsi andare, anche a costo di perdere l’anima.”
Composito il parterre delle personalità diplomatiche che hanno partecipato all’incontro: gli Ambasciatori Mammad Ahmadzada, Repubblica dell’Azerbaigian, Umberto Vattani, già Segretario Generale della Farnesina, Presidente della Fondazione Italia Giappone e della Venice International University, Francesco Paolo Fulci, Presidente della Ferrero, Alessandro Minuto Rizzo, già segretario generale della NATO, Marisela Federici, il sen. Maurizio Gasparri, l’ex vicepresidente del CSM, Michele Vietti, Mattia Carlin, vicepresidente Unione dei Consoli Onorari in Italia, Peppino Borga, già Ambasciatore a Buenos Aires, Luca Sabbatucci, già capo del personale della Farnesina, Carlo Maria Oliva, già Ambasciatore italiano all’OCSE, Claudio Moreno. Ospiti dell'evento letterario gli attori Paola Gassman, Jun Ichikawa, Vincenzo Bocciarelli ed il prof. Anton Giulio de Robertis, Vicepresidente del Comitato Atlantico.

La scrittrice Carla Magnani è nata in Toscana, a Piombino, ma da diversi anni vive in Lombardia con la famiglia. Ha svolto l'attività di docente di materie letterarie presso istituti della provincia di Milano e Brescia.
In passato ha ricevuto premi di poesia ed ha collaborato con una testata giornalistica milanese.
Nel 2015 ha dato alle stampe il suo primo romanzo dal titolo "Acuto" e suoi racconti sono presenti in antologie.
La sua ultima pubblicazione è il romanzo "L'ombra del vero".

Dopo il successo della sua opera prima "Acuto" (Gilgamesh Edizioni) del 2015, recentemente ha pubblicato il suo nuovo romanzo "L'ombra del vero" (Le Mezzelane Casa Editrice). Una storia dai risvolti psicologici dei quali vorrei mi parlasse...

Nel gennaio scorso è uscito il mio secondo romanzo che dell’altro riprende il tema della paura, qui esasperato fino al parossismo. Infatti, se in “Acuto” la paura era indirizzata verso le scelte da compiere, in questo è la vita stessa a terrorizzare Anastasia, la protagonista. Ho voluto insistere su tale aspetto perché nessuno ne è immune; chi infatti, dal bambino all’adulto, non l’ha provata, sebbene vissuta con diversa intensità e rivolta a varie componenti dell’esistenza? Ciò dovrebbe permettere a ogni lettore di misurarsi con qualcosa di conosciuto e di approfondirne gli aspetti.

Come è riuscita ad entrare nei pensieri della protagonista, in coma per un tentativo di suicidio non riuscito?

Il romanzo è scritto in prima persona, infatti, è la protagonista che parla di sé e di coloro che fanno parte della sua vita. È un parlare muto il suo, attraverso flussi di coscienza e dialoghi interiori,  essendo lei impossibilitata, poiché lo stato in cui si trova non glielo consente. L’ho immaginata come se fosse di fronte a una moviola, dove tutto scorre lentamente, dove il tempo, fino ad allora avaro, le concede il beneficio di guardarsi nel profondo, di scoprire in sé e negli altri aspetti ignorati. Anche qui non esiste una sola realtà perché dobbiamo misurarci con l’apparenza, se vogliamo scomodare Pirandello. La stesura del romanzo la posso considerare un tentativo di mettermi alla prova con un tema non certo facile da affrontare e che richiede una scrittura dove i dialoghi tra i personaggi sono ridotti al minimo, ma amo le sfide con me stessa e quindi…

La donna ha una famiglia, un tenore di vita agiato. Ma, nonostante tutto, sente di aver perduto la sua battaglia con una vita solo apparentemente normale. Una latente sofferenza interiore, ma forse anche la paura di affrontare le caducità dell'esistenza spinge Anastasia al gesto estremo?

Il male di vivere, quello che non ti consente di prendere confidenza con la vita, tema già ampiamente trattato in letteratura, è lo stesso con cui deve fare i conti la protagonista. Non è appannaggio esclusivo degli individui ai margini della società, la cui condizione e miseria umana sono ben riconoscibili, ma è facilmente riscontrabile in chi dalla vita ha tutto da perdere. Non si teme quello che ci manca, ma il venir meno di ciò che ci appartiene. In quanto al suicidio, la psicoanalisi lo riconduce “non a un atto di rifiuto della vita, ma a una forma di vita che non ci rappresenta e, quindi, paradossalmente un atto d’amore per quella cui aspiriamo”.

Circa la sopracitata riflessione psicoanalitica potremmo aprire un ampio dibattito e lo faremo quando avrò il piacere di incontrarla di nuovo. Ma torno ad Anastasia ed alla convinzione comune, peraltro errata, della sua incapacitá di sentire. Ciò crea nella stanza d'ospedale una sorta di messa in scena di un certo spessore drammaturgico. Esiste un fil rouge che lega i vari personaggi?

Tutti coloro che si alternano al suo capezzale: parenti, amici, personale sanitario, sono legati dal desiderio-necessità di confessarsi. Credere di non essere sentiti facilita il raccontarsi ogni oltre pudore, lo spogliarsi sino a mettere a nudo la parte più oscura di ciascuno, il fare emergere il non detto neppure a loro stessi. La stanza del reparto di rianimazione diviene, quindi, un teatro della verità.

Questa situazione evoca la teatralità pirandelliana, che lei ha poco fa opportunamente chiamato in causa; molto interessante! A questo punto preferirei omettere la conclusione del romanzo, per non privare i nostri lettori della curiosità di leggerlo. Quindi, se crede, vorrebbe far cenno sui suoi progetti futuri?

Continuerò a scrivere, almeno fino a quando mi sarà possibile. Per me la scrittura, come del resto la lettura, sono terapeutiche. È’ attraverso loro che viviamo altre vite, riconoscendoci in quelle degli altri e trovo ciò meraviglioso. Nel prossimo futuro mi dedicherò alla revisione del mio terzo romanzo e continuerò a presentare “L’ombra del vero” perché è un vero piacere confrontarmi con il pubblico e dare ascolto ai lettori.

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