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Parata di stelle, sull’Isola Tiberina, per la II edizione del "Premio Luciano Martino - La Camera d'oro" che si è svolta a Roma lo scorso 25 luglio 2019.
Nella piazzetta gremita di gente, erano presenti anche Carlotta Bolognini, figlia e nipote d’Arte e Gabriella Giorgelli, ovvero gli occhi più verdi e trasparenti del cinema italiano, musa di Fellini che ha premiato un elegante Lando Buzzanca, tra i mostri sacri del grande schermo che hanno impreziosito il parterre del Premio Luciano Martino, organizzato da Olga Bisera sua ultima compagna, ideato insieme a Luca Pallanch  e Steve Della Casa e coordinato da Anita Madaluni e Francesca Piggianelli.
Una carrellata di nomi che, visti uno di fianco all’altro, hanno calamitato il folto pubblico accorso sull’Isola Tiberina nella più nostalgica delle  atmosfere di Cinecittà.
Una serata aperta da Daniela Cecchini e condotta in tandem con Ottavia Fusco Squitieri, coppia artistica oramai collaudata sin dalla passata edizione, affiancata dall’intramontabile charme della madrina Barbara Bouchet.
Un evento nato  per omaggiare la geniale figura del regista-produttore Luciano Martino, padre della commedia sexy italiana, rappresentato da una originale scultura ideata e realizzata da Mauro D’Amico e Mario Fiaschetti. 
Il Premio Luciano Martino nel corso della serata ha assegnato diverse Targhe d’Oro: dalle mani di Isabel Russinova ad Andrea Paris e Matteo Rovere come Migliori Produttori; da Martine Brochard a Fulvio Lucisano come Produttore Emerito ed infine da Elisabetta Pellini a Simone Isola come Produttore Emergente.
Ed ancora,  riconoscimenti particolari a due colonne del grande schermo come George Hilton, spentosi purtroppo tre giorni dopo l'evento, al quale è stata assegnata la Targa d’Oro alla Carriera, consegnata da  Antonella Salvucci e ritirata dalla sua amica Carlotta Bolognini e Targa d’Oro per il Contributo al Cinema italiano consegnata da una abbronzatissima ed  affascinante Gabriella Giorgelli a un Lando Buzzanca emozionatissimo e sempre charmant, presente all’evento con il figlio Massimiliano.
Esordio ed originale novità di questa seconda edizione, che ogni anno sarà assegnato ad un artista amante della nostra Settima Arte: il Premio Fan Internazionale del Cinema Italiano, dedicato a Drena De Niro e ritirato da Barbara Bouchet.
Presenti, oltre a una parte del Comitato artistico del Premio, come Antonella Lualdi con la figlia Antonella Interlenghi, Pippo Franco e consorte, Saverio Vallone, Vassili Karis, tanti volti noti scorti fra i presenti: Enrique Del Pozo, Graziano Marraffa, Adriano Aragozzini, Lino Patruno, Alex Partexano, Igor Maltagliati, Antonio Giuliani, Marcos Vinicius, Maria Cristina Moglia,Vassili Karis, Franco Micalizzi, Elisabetta Pellini, Daniel Camargo, Nicola Trambusti, Conny Caracciolo. E tanti, tanti altri.
Soddisfazione per  Giorgio e Joanna Ginori ed anche per Sabina Massetti dell’ANICA e per il CSC - Centro Sperimentale di Cinematografia: i due enti hanno concesso il loro patrocinio all'evento.
Quindi, passione per il cinema, amarcord e tanto pubblico hanno caratterizzato questa II edizione del Premio dedicato allo straordinario cineasta Luciano Martino.

«Gli indiziati sono stati individuati e interrogati dai magistrati nel rispetto della legge». Così il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino, durante la conferenza stampa sul caso dell'omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. «Gli interrogatori sono stati effettuati con tutte le garanzie difensive - spiega -, alla presenza dei difensori, dell'interprete e previa lettura di tutti gli avvisi di garanzia previsti dalla legge. Gli interrogatori sono stati anche registrati».

Accerteremo i fatti «senza alcun pregiudizio e con il rigore già dimostrato da questa procura in altre analoghe vicende». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino nella conferenza stampa sull'omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega in merito alla foto di Natale Hjorth bendato e ammanettato. «La procura - ha aggiunto - ha già avviato le indagini per accertare quanto accaduto, per consentire la più adeguata qualificazione giuridica e per individuare tutte le responsabilità».

«Stop presunte ombre e misteri». «Vorrei esprimere disappunto e dispiacere per le ombre e i presunti misteri che sono stati sollevati e diffusi in merito a questa vicenda». Lo ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, Francesco Gargaro, nella conferenza stampa sull'omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega. «La ricostruzione attenta e scrupolosa ha dimostrato la correttezza e regolarità di questo intervento - ha sottolineato -, analogo e ricorrente nella città di Roma».

L'arma che ha colpito per 11 volte Mario Rega Corciello è a "lama fissa lunga 18 centimetri tipo 'Trench knife' Ka-Bar Camillus con lama brunita modello marines con impugnatura di anelli di cuoio ingrassato e pomolo in metallo brunito".

A riportarlo è il Gip nell'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare in carcere per Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth, accusato dell'omicidio del carabiniere a Roma. Le carte  hanno chiarito alcuni punti su quanto successo quella notte e aperto nuovi interrogativi .

Di certo c'è l'arma del delitto, ritrovata dai militari nel contro soffitto dell'hotel di lusso dove i due presunti assassini si sono rifugiati dopo i fatti. A utilizzarlo, si legge nell'ordinanza, è stato lo statunitense Finnegan Lee Elder. Mentre a nasconderlo sarebbe stato Natale, perché "preoccupato per il mio amico".

Si tratta di un coltello per combattimenti corpo a corpo, in dotazione ai marines statunitensi sin dal 1942, quando prese il posto dei vecchi pugnali da trincea in bronzo o in lega della Prima guerra mondiale, ritenuti ormai inadeguati. Per trovarne alcune foto basta andare su internet e viene venduto anche su Amazon. A produrlo per prima fu la Camillus Cultery di New York, che ne sfornò più di un milione.

Durante la guerra, i militari Usa preferivano portarsi da casa un coltello piuttosto che uitilizzare quelli in dotazione. E così la Difesa americana decise di cambiare fornitura. Così si arrivò al pugnale Ka-bar, considerato più maneggevole, multiuso (sia in combattimento che per altri utilizzi) e con una lama robusta.

Il nome del coltello deriva da una lettera inviata da un cacciatore alla Camillus per per tessere le lodi dell'arma con cui era riuscito a uccidere un orso che lo aveva aggredito. Tra le poche parole ancora leggibili nella lettera, per l'appunto, 'k a b ar' da 'kill a bear': uccidere un orso. Ora il termine Ka-Bar viene utilizzato per indicare genericamente il tipo di coltello, indipendentemente dall'azienda che lo produce.

Intanto Eliana Frontini che ha scritto un post indecente su facebook sulla morte del Carabieniere si è scusata, ma rischia comunque il posto di lavoro al liceo Pascal di Romentino, in provincia di Novara.

E ora la docente si difende e sostiene di non avere scritto lei quella frase brutale e senza rispetto nei confronti della vittima e della sua famiglia. "Io ho 50 anni, non sono mai stata una 'testa calda', ho alle mie spalle trent'anni di lavoro. Guardate per favore il mio curriculum e decidete se è la stesa persona che poteva scrivere quel post", la tesi, snocciolata all'Adnkronos, dall'insegnante piemontese.

Dunque, la prof continua così: "Io ho sempre sostenuto di non aver scritto quel post e per fortuna chi lo ha scritto ha telefonato a un giornalista assumendosi tutte le responsabilità. Purtroppo i media sono molto veloci, se le cose fossero andate più lentamente questa gogna mediatica si sarebbe potuta risparmiare".

"Ho alle mie spalle trent'anni di lavoro, prima in municipio e poi a scuola, senza la minima macchia. Da quasi trent'anni sono presidente di seggio nominata dalla corte d'Appello di Torino. Mai assenze sul posto di lavoro, mai parlato di politica o di argomenti sconvenienti in classe.

Intanto nomi sbagliati, topografie impazzite: ad aumentare il caos nell'inchiesta sulla morte del carabiniere Mario Cerciello Rega arriva ieri l'ordinanza di custodia in carcere spiccata dal giudice Chiara Gallo nei confronti di Gabriel Natale Hjorth e di Finnegan Elder, i due giovani americani accusati di omicidio volontario

In una sua ricostruzione il quotidiano il Giornale costruisce cosa potra essere successo la notte che e morto il vice Brigadiere : una ordinanza piena di incongruenze, in cui è impossibile distinguere i lapsus figli della fretta dalle reali incertezze su come siano andati i fatti. Basti pensare che a pagina 3 si dice che gli americani danno appuntamento al derubato, Sergio Brugiatelli «in via Belli», cioè a Trastevere, mentre l'incontro avviene a Prati. Anche a pagina 4, quando si racconta l'aggressione, si dice che Cerciello e il suo collega di pattuglia Andrea Varriale «lasciano Brugiatelli nei pressi dell'auto di servizio in sosta presso via Belli»; invece due pagine dopo Brugiatelli dice di essere stato lasciato dietro piazza Cavour, e infatti sente chiaramente le urla seguite all'uccisione di Cerciello.

Insomma, secondo il quotidiano un pasticcio sintomatico del caos in cui si muove l'inchiesta. La sciatteria degli atti amplifica le incongruenze vere, i tanti dettagli che non collimano, i buchi neri. Ieri ne salta fuori un altro. Si scopre che Varriale già alle 01,19 si era trovato faccia a faccia con Brugiatelli, in piazza Mastai, convocato per dare la caccia a uno spacciatore che era scappato. Verosimilmente si tratta di Italo Pompei, lo stesso che tira agli americani il «bidone» a base di tachipirina che innesca tutto il dramma. Domanda inevitabile: dov'è in quel momento Cerciello? Perchè viene precettato solo Varriale, inferiore in grado, e lui no? Per quello che se ne sa finora, i due carabinieri erano di pattuglia insieme, in un servizio anticrimine a Trastevere. Ma qual era la catena di comando? A convocare Varriale in piazza Mastai è il maresciallo Sansone, suo superiore gerarchico della stazione di piazza Farnese. Invece a precettare Varriale e Cerciello un'ora dopo per tendere la trappola agli americani - che risulterà fatale al vicebrigadiere - è la centrale operativa del Nucleo radiomobile. Perché? La risposta ufficiale è: serviva ovviamente personale in abiti civili. Ma dal verbale di Pompei si scopre che altri carabinieri in abiti civili erano già entrati in scena due ore prima: in piazza Mastai «giungeva un motociclo di colore nero con due persone che si qualificavano come appartenenti all'arma dei Carabinieri», quindi evidentemente non erano in divisa. Che fine fanno i due in moto nella fase successiva? Perché al loro posto devono subentrare Cerciello e Varriale?

Il racconto di Varriale come scrive il giornale della fase finale solleva anche domande sulle modalità operative. Alle 2,30 Brugiatelli ha parlato in presenza sua e di Cerciello, col telefono in vivavoce, con i due americani, dandosi appuntamento in via Cesi, sotto il loro hotel, per lo scambio borsello-soldi. I due carabinieri fanno salire l'uomo sull'auto civetta con loro, ma posteggiano a duecento metri di distanza dal luogo dell'incontro: lasciano Brugiatelli accanto all'auto e proseguono a piedi. Perché non lo portano con loro, perché non mandano lui coprendogli le spalle? Così facendo rinunciano alla chance, apparentemente ovvia, di lasciare che Brugiatelli consegni i soldi e di intervenire dopo arrestando i ricattatori in flagranza; rischiano addirittura di non riconoscere gli americani (Varriale dirà di averli individuati solo per «l'atteggiamento guardingo e sospettoso»), o che loro si allontanino.

Tutto,come scrive il Giornale, riporta alla domanda: perché proprio la coppia Cerciello-Varriale fu incaricata, o si incaricò, di sbrigare la parte finale della pratica, la più delicata e come si è visto la più pericolosa ? Se c'è un non detto, in questa vicenda, ci sono almeno due persone in grado di portarlo alla luce. Uno è Brugiatelli, questa improbabile figura di mezzano di spacciatori che di Trastevere, delle sue dinamiche di sbirri e di soffiate, sa molto. L'altro è Varriale, il compagno di pattuglia di Cerciello, quello che ne ha tamponato le ferite mentre agonizzava sull'asfalto. Chi sarà, dei due, a fare un po' più di luce  ?

 

Da diverso tempo i carabinieri come gli agenti di polizia devono fare i conti con i malviventi che girano indisturbati per Roma.
Mario Cerciello, 35 anni, vicebrigadiere dei carabinieri ha trovato la morte dopo aver subito otto coltellate sferrate dalla mano assassina di due rapinatori nordafricani.  
Non è la prima volta che un uomo in divisa viene aggredito con così tanta violenza. Adesso nella Capitale è caccia ai due nordafricani che senza scrupoli hanno ucciso a coltellate un militare che ha cercato di restituire a una signora quello che i due ladri le avevano tolto. Durissima infine la reazione di Salvini: "Caccia all’uomo a Roma, per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un Carabiniere a coltellate. Sono sicuro che lo prenderanno, e che pagherà fino in fondo la sua violenza: lavori forzati in carcere finché campa".  

Cosi la notte di Roma si è sporcata di sangue e ha lasciato a terra un militare morto mentre svolgeva il suo lavoro. Tutto comincia con uno scippo. La vittima dopo aver subito il furto ha chiamato il suo numero di cellulare. Al telefono hanno risposto i due balordi che avevano commesso la rapina. I due, secondo le ricostruzioni, hanno tentato di estorcere una somma di denaro alla vittima. E così i due balordi danno appuntamento per lo scambio: soldi in cambio del borsello scippato. Ma all'incontro si presentano due carabinieri. I due militari infatti sono immediatamente intervenuti dopo aver visto lo scambio tra la vittima dello scippo e i due malviventi. Da qui è nata una violentissima colluttazione. Uno dei due rapinatori ha estratto un coltello per darsi alla fuga.Ma prima di fuggire ha accoltellato i due carabinieri con estrema violenza. Il primo, la vittima, si è accasciato a terra. Il secondo, seppur ferito, ha tentato invano di fermare i malviventi. Dopo qualche istante è arrivata una ambulanza e un'altra pattuglia

I due sono stati trasportati di corsa al Santo Spirito di Roma. Ma per Mario Cerciello non c'è stato nulla da fare. È stato colpito per otto volte e uno dei fendenti ha colpito il torace, vicino al cuore. Dopo aver appreso la notizia è arrivata la reazione del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta: "Mi stringo in un forte abbraccio alla moglie e alla mamma del vice brigadiere Mario Cerciello e all’Arma dei carabinieri. Chiedo tolleranza zero per i delinquenti autori del vile atto".

Intanto bacchetta la Francia, Carlo Nordio, l’ex procuratore aggiunto di Venezia alla serata di presentazione del suo libro organizzata a Marcon (Venezia), nell’auditoriom Oriana Fallaci, dal sindaco Matteo Romanello.

Nordio: "La Francia ci dà lezioni di moralità: da che pulpito" La Francia che ci dà lezioni di moralità, ha fatto strazio di tutte le norme minime di umanità...

E infatti durante la presentazione del suo libro Nordio non si è risparmiato. Con un richiamo anche alla vicenda della Sea Watch di cui ancora in questi giorni ne seguiamo le tristi evoluzioni. “La vicenda della Sea Watch – ha detto l’ex magistrato – è quasi surreale. Ma si sarebbe risolta in modo molto semplice, perché quando una nave di bandiera soccorre i naufraghi sarebbe stato sufficiente dire al comandante di raccogliere lui le domande di protezione internazionale. Se le avesse raccolte la capitana Carola Rackete, sarebbe stata competente l’Olanda. E non ho capito perché non l’abbiano preso in considerazione. Forse le cose ovvie sono troppo difficili da mettere in pratica. La troppa luce abbaglia diceva Pascal”.  

Il libro “La stagione dell’indulgenza e i suoi frutti avvelenati. Il cittadino tra sfiducia e paura” racconta con chiarezza ed efficacia maestrali la stagione che stiamo vivendo. Quella dell’indulgenza che è, spiega Nordio, “quella del pressapochismo, dell’incompetenza, dell’indifferenza”. E i suoi frutti avvelenati sono: ”sfiducia, insicurezza, corruzione, illegalità diffusa”.

Come riferisce il quotidiano il Giornale : “Essendo uscito – per limiti di età – dalla magistratura – dice Nordio – sono più libero di esprimere giudizi che un tempo sarebbero stati improrpi. Non ho nessun vincolo se non i miei pregiudizi”.
“In questi anni poi – continua Nordio – è accaduto che il regolamento di Dublino è stato applicato alla lettera e qualche volta è stato disapplicato. Se i naufraghi sono stati raccolti in territorio francese dovevano portarli a Marsiglia. Ma pare che il governo Renzi abbia ceduto sul fatto che tutti i migranti possano essere portati in Italia. Una cosa gravissima”.

“Da quando è stato siglato l’ accordo di Dublino, nel 2003,continua il quotidiano Italiano, le cose sono cambiate e allora è necessario allora rivederlo. Ognuno lo interpreta come gli pare. La Francia ci dà lezioni di moralità, ma ha fatto strazio di tutte le norme minime di umanità. In un qualsiasi Paese normale il fatto che arrivino poliziotti armati di un altro Stato sarebbe atto di guerra. 

 

Invece qui in questo pasticcio totale ognuno interpreta Dublino come gli pare e secondo il proprio tornaconto. Noi abbiamo il dovere di assistenza ma non quello di accogliere tutti i migranti. Ma queste cose andrebbero gestite in modo istituzionale e serio prima in Parlamento e poi in Europa. Non è accaduto con Renzi e rischia di non accadere nemmeno con questo Governo. Con il caso della Sea Watch poteva scapparci il morto. E ora una vicenda del genere non si può liquidare così, con una esimente che non esiste al mondo. Se si diffonde l’idea che chi salva i migranti andando contro le nostre motovedette fa bene, allora lo stato di diritto può andare a farsi benedire. Ecco l’indulgenza”.

Già e allora eccola l’indulgenza di cui parla Nordio nel proprio libro edito Guerini e Associati. “Nel cittadino cresce una sorta di indefinita inquietudine – si legge dalle prime pagine – un atteggiamento comprensibile vista l’inerzia indulgente dello Stato, ma pericoloso perché in democrazia la rassegnazione costituisce anticamera del fallimento e, Dio non voglia, di un regime autoritario”.

 

 

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