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Bibbiano, una vergogna, Nek e Pausini: "Vogliamo la verità"

Il mondo della musica si mobilità per far luce sui fatti di Bibbiano. Diversi volti noti della musica italiana chiedono la verità su quei bambini tolti ai gentiori per essere poi affidati (nel silenzio più assoluto) ad altre coppie.

La prima voce ad alzarsi in questo senso è stata quella di Laura Pausini. Proprio la cantante romagnola ha voluto lanciare un appello molto chiaro: "Ho appena letto un articolo e sono senza parole, senza fiato, piena di rabbia nei miei pugni. Mi sento incazzata, fragile, impotente".

E ancora: "Ho deciso di cercare questa storia, perché una mia fan mi ha scritto pregandomi di informarmi. Non ne sapevo nulla. Non posso credere che abbia dovuto cercare questa vicenda, perché sì, quando sono in tour sono spesso distratta dall’attualità e dalla cronaca ma questa notizia è uno scandalo. Cosa si può fare? Come possiamo aiutare?". 

Adesso su questa vicenda come sottolinea il Giornale  è intervenuto anche Nek che con un post sui social ha chiesto la verità su quanto accaduto a Bibbiano. Il cantante non usa giri di parole e anche lui dai social lancia un appello che ha fatto in poche ore il giro del web: "Sono un uomo e sono un papà. È inconcepibile che non si parli dell’agghiacciante vicenda di #bibbiano Penso a mia figlia e alla possibilità che mi venga sottratta senza reali motivazioni solo per abuso di potere e interesse economico. È proprio così. Ci sono intere famiglie distrutte, vite di bambini di padri e di madri rovinate per sempre...e non se ne parla. Ci vuole giustizia!!".

Insomma la storia dei bimbi di Bibbiano grazie anche ai messaggi dei volti noti dello spettacolo tenta di rompere il muro del silenzio che diversi organi di stampo hanno creato attorno a questa vicenda. E c'è da giurare che l'appello di Nek non resterà isolato e non sarà certo l'ultimo. Altri cantanti sono pronti a chiedere la verità e a dar voce ad una vicenda su cui è importante tenere alta l'attenzione. Perché non parlate dell’inchiesta di Bibbiano sui bambini strappati alle famiglie? È questa la richiesta che da qualche settimana ci state facendo ovunque, praticamente sotto ogni post che viene pubblicato sui nostri canali social. A volte in modo garbato, altre meno, spesso come vera e propria accusa. Il “perché non parlate di Bibbiano”, in effetti, nelle ultime settimane è diventato il principale oggetto di polemica nei confronti dei mezzi di informazione, accusati di aver nascosto la rilevanza e la portata dell’inchiesta che riguarda l’affidamento dei minori in alcuni comuni della Val D’Enza. 

Ecco, noi del Post un giornale on line, intendiamo il lavoro come servizio al lettore, una scelta che ci porta a considerare del tutto legittima la richiesta di approfondimento e discussione intorno alla vicenda di Bibbiano. Una vicenda che tocca nel profondo la sensibilità delle persone, perché porta alla ribalta mediatica un vero e proprio incubo per ogni genitore: un sistema criminale che attenterebbe alla sicurezza dei nostri figli, un gruppo di persone che, con la complicità o il silenzio delle istituzioni, rappresenterebbe una minaccia potenziale per ogni famiglia, un sistema in grado di fabbricare calunnie e condanne infamanti per ogni persona perbene. Anche per questo, oltre al “normale” lavoro di cronaca, abbiamo deciso di trattare in modo più approfondito la vicenda, cercando di restituire nel modo più chiaro e veritiero quelli che sono i riscontri delle indagini e quello che è il contesto che si è venuto a determinare in queste settimane. Così, dalla cronaca all’analisi dell’ordinanza, fino agli approfondimenti video, abbiamo cercato scrive il post e stiamo cercando di fare quello che riteniamo essere la parte più importante del nostro lavoro: fornire ai lettori le informazioni necessarie per capire, conoscere e interpretare i fatti

Secondo gli investigatori, come sottolinea il Post alcuni bambini sarebbero stati sottratti alle famiglie sulla base di dichiarazioni e relazioni manipolate, per poi essere affidati ad amici e conoscenti dei soggetti coinvolti, che ricevevano la somma mensile prevista in questi casi dalla legge. Ma la vicenda è più complessa e non tutti gli aspetti sono ancora stati chiariti. Per questo abbiamo provato a fare il punto riepilogando la storia dall’inizio.

Lo scandalo degli affidamenti illeciti come sottolinea TPI un giornale on line è scoppiato lo scorso 27 giugno, quando il gip Luca Ramponi ha emanato un’ordinanza che disponeva una serie di misure cautelari eseguite dai carabinieri di Reggio Emilia.

Ma le indagini sono iniziate circa un anno prima, dopo che la procura ha notato un “aumento esponenziale anomalo delle segnalazioni di abusi sessuali su minori provenienti dal Servizio Sociale dell’Unione dei Comuni della Val D’Enza ( un consorzio di comuni che condividono la gestione di molti servizi, ndr)” e dei conseguenti provvedimenti di allontanamento dalle famiglie.

L’obiettivo di tali manipolazioni era di “dipingere il nucleo famigliare originario come connivente (almeno se non complice o peggio) con il presunto adulto abusante, e a supportare in modo subdolo e artificioso indizi o aggravare quelli esistenti, nascondendo elementi indicatori di possibili spiegazioni alternative ai segnali o comportamenti dei minori”.

I bambini secondo tpi venivano quindi condotti presso “La Cura”, una struttura pubblica di Bibbiano nata come un centro di sostegno per i minori vittime di violenza e abuso sessuale

 

L’inchiesta si basa soprattutto sulle intercettazioni raccolte dagli investigatori negli scorsi mesi, che dimostrerebbero come gli psicologi e gli assistenti sociali avrebbero manipolato i bambini in modo da convincerli di aver subito abusi che non avevano subito. Negli atti riportati dai giornali si legge che si sarebbero verificate anche manipolazioni indirette con atti contraffatti, frasi riportate in modo errato e attribuite ai bambini e almeno un disegno “corretto” da uno degli psicologi per avvalorare la tesi degli abusi subiti. 

 

Bisogna ricordare, scrive il post però, che tutti questi argomenti sono stati presentati dall’accusa, che non possono essere valutati in modo indipendente, che sono stati almeno in parte già smentiti e non possono essere considerati “prove” (perché siano tali dovranno essere sottoposti a contraddittorio, durante il processo). Inoltre riguardano contesti molto delicati, che possono essere complicati da capire per chi non si occupi di psicoterapia e di abusi su minori.

Secondo l’accusa sarebbe stata Anghinolfi a gestire il presunto sistema illecito di affidamento, obbligando gli operatori sociali dell’Unione a redigere verbali falsi che attestassero violenze nei confronti dei minori, maltrattamenti e scarsa igiene nelle abitazioni, il tutto per screditare i genitori naturali e ottenere il decreto di allontanamento dei minori. In seguito, secondo gli investigatori, Anghinolfi avrebbe fatto in modo che i bambini venissero affidati a coppie da lei conosciute personalmente.

Tra i bambini come sottolineano i quotidiani ce ne sarebbe uno dato in affidamento a Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, una coppia omosessuale unitasi civilmente nel 2018. Il Resto del Carlino scrive che Anghinolfi avrebbe conosciuto personalmente le due donne, e che con Bassmaji avrebbe anche avuto una relazione sentimentale. Dalle carte dell’ordinanza, riportate da Fanpage, la bambina data in affido alla coppia sarebbe stata, tra tutti i bimbi monitorati dalle indagini, quella «con meno problematiche e totalmente estranea a situazioni di abuso sessuale».

L’indagine è iniziata nell’estate del 2018, quando gli investigatori hanno detto di essersi insospettiti a fronte delle molte denunce dai servizi sociali contro genitori accusati di aver compiuto violenze nei confronti dei propri figli. Al centro dell’indagine ci sono i servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, un consorzio di sette comuni che condividono la gestione di molti servizi. Secondo i pubblici ministeri di Reggio Emilia, gli psicologi e gli assistenti sociali coinvolti nell’indagine volevano guadagnare sfruttando l’affidamento dei bambini: a questo scopo avrebbero falsificato documenti e manipolato le dichiarazioni dei bambini in modo che emergessero situazioni di abusi e violenze in famiglia – che in realtà non sarebbero mai avvenute –  tali da giustificare il loro affido ad altri nuclei familiari.  

I minori venivano poi mandati in una struttura pubblica di Bibbiano, “La Cura”, nata come un centro di sostegno per i minori vittime di violenza e abuso sessuale, che era stata data in gestione a una onlus di Moncalieri, “Hansel e Gretel”, un centro privato specializzato in abusi su minori gestito da Claudio Foti e da sua moglie, entrambi indagati. Foti è considerato uno dei principali esperti in Italia di lavoro con bambini vittime di abusi, è autore di diversi testi e ha formato decine di altri psicoterapeuti. Secondo le accuse, una volta al centro i bambini sarebbero stati sottoposti a sedute di psicoterapia e gli psicologi avrebbero ricevuto dal comune compensi di circa 135 euro a seduta, «a fronte della media di 60-70 euro e nonostante il fatto che l’Asl potesse farsi carico gratuitamente del servizio». Il danno economico per l’Asl di Reggio Emilia e per l’Unione, secondo le indagini, sarebbe quantificabile in 200mila euro.  

Lo scorso 27 giugno i carabinieri di Reggio Emilia hanno messo agli arresti domiciliari 6 persone e hanno notificato misure cautelari ad altre 10 persone nell’ambito di un’inchiesta su un presunto traffico di minori nel comune di Bibbiano. L’indagine, chiamata “Angeli e Demoni”, riguarda un presunto sistema illecito di gestione dei minori in affido nel comune, che si sarebbe sorretto sulla manipolazione delle testimonianze dei bambini da parte di assistenti sociali e psicologi. Nell’ordinanza del giudice delle indagini preliminari Luca Ramponi si legge che gli indagati sono accusati a vario titolo di frode processuale, depistaggio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, abuso d’ufficio, peculato d’uso e lesioni gravissime. Secondo l’accusa, alcuni funzionari pubblici, assistenti sociali e psicologi avrebbero fatto parte di un’organizzazione criminale volta a togliere bambini a famiglie in difficoltà e affidarli, dietro pagamento, a famiglie di amici o conoscenti. Ma ci sono ancora moltissime cose poco chiare e che non sappiamo, e alcuni aspetti di questa vicenda sono stati già ampiamente ridimensionati: insomma, è ancora molto presto per farsi un’idea su quello che è successo a Bibbiano.

Come ricostruisce il sito "Valigia Blu", dalle intercettazioni telefoniche sarebbe emerso come apparentemente tutto iniziasse con una segnalazione di elementi che potevano far pensare che ci fossero stati abusi sessuali o maltrattamenti (come una frase riportata da un bambino ai maestri di scuola o una denuncia di un parente): potevano essere anche «comportamenti interpretabili, e di fatto interpretati puntualmente dagli assistenti sociali e psicologi indagati in termini di erotizzazione precoce», si legge nell’ordinanza. In seguito venivano inviate segnalazioni e relazioni all’Autorità Giudiziaria Minorile e alla Procura della Repubblica del tribunale di Reggio Emilia, che spesso erano stilate in modo da manipolare le reali dichiarazioni dei bambini. Questo però bastava per ottenere l’allontanamento dei bambini.

Tra i principali indagati ci sono la dirigente dei servizi sociali dell’Unione Val D’Enza, Federica Anghinolfi, e l’assistente sociale Francesco Monopoli, entrambi agli arresti domiciliari, che avrebbero gestito tutto il sistema di affido illecito dei bambini. Tra gli altri arrestati ci sono inoltre Foti e la moglie, Nadia Bologni, anche lei psicoterapeuta, e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, che però è accusato solo di abuso d’ufficio e falso, e non è coinvolto in crimini contro i minori. Nell’inchiesta sono indagati anche gli ex sindaci di Montecchio Emilia e Cavriago, Paolo Colli e Paolo Burani, in carica all’epoca dei fatti. Domenica il Corriere della Sera ha scritto che i casi di affido su cui sono in corso verifiche sono diventati complessivamente settanta.

Foti è accusato di aver manipolato la testimonianza di una ragazza durante le sedute di psicoterapia, e di abuso d’ufficio in concorso perché sarebbe stato consapevole che le sedute dovevano essere bandite con un concorso e non affidate direttamente: per lui gli arresti domiciliari sono stati successivamente revocati, ed è stato disposto l’obbligo di dimora a Pinerolo.

Diversi giornali riportano inoltre che – secondo il gip, ed è una delle cose da leggere con la maggior cautela vista la facilità con cui arriva a delle conclusioni – le due donne avrebbero «imposto un orientamento sessuale» alla bambina, vietandole di portare i capelli sciolti che sarebbero stati un «richiamo appetibile per i maschietti»; il gip parla di un «comportamento ideologicamente e ossessivamente orientato» da parte delle due donne. Dalle intercettazioni emergerebbe anche che le due donne avrebbero cercato di instillare nella bambina l’idea che il padre naturale avesse abusato di lei.

Fanpage riporta anche le testimonianze di alcune operatrici sociali che sarebbero state costrette da Anghinolfi a manipolare i propri accertamenti per far risultare che ci fossero stati abusi sessuali anche quando questi non si erano realmente verificati: «Loro tenevano in mente prevalentemente l’obiettivo “abuso sessuale” e tutto ruotava attorno a tale obiettivo e su di esso ci veniva richiesto di orientare i nostri accertamenti, anche quando vi erano versioni alternative su cui lavorare e da approfondire», dice una delle assistenti di Anghinolfi nelle carte dell’inchiesta. Secondo quanto scrive Fanpage, inoltre, chi provava a ribellarsi veniva anche accusato di essere un “collaborazionista dei pedofili”.

Uno dei dettagli più ripresi dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza – e poi rivelatosi infondato – è quello dell’elettroshock, una terapia basata sull’uso di scariche elettriche molto rara e che si può eseguire solo in pochi casi, che sembrava essere stata usata sui bambini per manipolare i loro ricordi. Nelle prime ore dopo la notizia degli arresti, i giornali avevano scritto con molta enfasi che gli psicologi durante le loro sedute con i bambini avrebbero utilizzato un apparecchio per trasmettere impulsi elettrici scoperto dagli investigatori , salvo poi correggersi nei giorni seguenti. L’apparecchio trovato dai carabinieri, infatti, non era un apparecchio per l’elettroshock e non serviva a trasmettere scariche elettriche ai pazienti: era invece un apparecchio usato nell’ambito della psicoterapia EMDR, una tecnica utilizzata e rispettata dalla comunità scientifica, che permette di mandare ai pazienti stimoli acustici e tattili. I “due fili” di cui hanno parlato i giornali non danno scosse elettriche ma sono collegati a due manopole che vibrano.

Oltre che sulla manipolazione delle testimonianze dei minori, l’inchiesta si occupa anche dell’affidamento dei servizi di psicoterapia da parte del comune di Bibbiano. Come riporta Valigia Blu, dalle carte emerge come il sindaco del comune, Andrea Carletti, del PD, sia indagato per concorso in abuso di ufficio per aver «omesso di effettuare una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40mila euro», procurando intenzionalmente «un ingiusto vantaggio patrimoniale al centro studi Hansel e Gretel».

Il coinvolgimento del sindaco di Bibbiano in quest’inchiesta è diventato nei giorni scorsi anche un pretesto per alcuni partiti politici per accusare il PD – che il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha definito «il partito di Bibbiano» – ma, come evidenziato dagli investigatori, in realtà la sua posizione non ha nulla a che fare con l’affido dei minori.

Il procuratore di Reggio Emilia Marco Mescolini ha infatti specificato che che il sindaco non ha nessun ruolo in quella parte dell’inchiesta, e che gli «viene contestato di aver violato le norme sull’affidamento dei locali dove si svolgevano le sedute terapeutiche, ma non è coinvolto nei crimini contro i minori». Carletti, infatti, in concorso con Anghinolfi, nel 2016 avrebbe affidato la gestione del centro “La Cura” a Foti nonostante, come risulterebbe dalle carte dell’inchiesta, la referente del servizio di neuropsichiatria infantile della Asl di Montecchio Emilia avesse detto che non c’era bisogno di rivolgersi agli psicologi del centro Hansel e Gretel, specificando che nella Asl di Reggio Emilia c’erano figure professionali in grado di gestire i bambini segnalati dai servizi sociali.

Carletti, secondo i pm, avrebbe agito «pienamente consapevole della totale illiceità del sistema sopra descritto e dell’assenza di qualunque forma di procedura ad evidenza pubblica» e avrebbe anche sostenuto le attività del centro studi Hansel e Gretel invitando Foti e Bolognini, retribuiti, a convegni in cui era lui stesso relatore. Il procuratore Mescolini ha specificato però di non credere che ci sia stata una «copertura politica» da parte di Carletti nel caso degli affidi, e ha aggiunto che «sotto inchiesta non c’è il sistema dei servizi: sotto inchiesta ci sono delle persone».

Il M5S è stato il partito più attivo nel contestare al PD un presunto legame con la onlus Hansel e Gretel: nei giorni scorsi, però, è emerso come proprio i consiglieri regionali del M5S in Piemonte avessero fatto in passato una donazione di quasi 200mila euro che andò in parte anche alla onlus, che ha sede poco lontano da Torino.


A gestire la struttura era onlus di Moncalieri chiamata “Hansel e Gretel”: un centro privato gestito dallo psicoterapeuta Claudio Foti e da sua moglie Nadia Bolognini, che risultano entrambi indagati (Foti è stato scarcerato il 18 luglio e non è più agli arresti domiciliari, ma per lui è stato disposto l’obbligo di dimora a Pinerolo).

Qui i bambini venivano sottoposti a sedute da parte di psicoterapeuti privati, che venivano pagati circa 135 euro a seduta, “a fronte della media di 60-70 euro e nonostante il fatto che l’Asl potesse farsi carico gratuitamente del servizio”, con un conseguente danno economico per l’Asl e per l’Unione Val D’Enza di 200 mila euro.

 

 

 

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