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Solo 158 milioni di metri cubi di acqua disponibili - a fronte dei 317 necessari per concludere l’anno senza dover razionare le risorse idriche in alcune aree - e appena 7 dighe collaudate su 25 negli ultimi 50 anni su tutto il territorio siciliano. Questi i numeri illustrati dal ministro della Protezione Civile e delle Politiche del Mare Nello Musumeci, durante il convegno “Acqua: troppa, troppo poca, troppo sporca”, promosso dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania e dal DICAr e tenutosi ieri - 22 marzo - nell’aula magna del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università etnea. Un focus volto a individuare soluzioni per la gestione integrata di una risorsa definita dai relatori “preziosa e non infinita”, operando, come sottolineato da Musumeci, con «responsabilità». Un comune denominatore per istituzioni, professionisti, ricercatori e società civile, per far fronte agli effetti dovuti al cambiamento climatico e al ritardo infrastrutturale e gestionale. «In Sicilia è stato possibile mappare il quadro dell’isola, dei bacini e dei corsi d’acqua solo dopo il 2018, anno in cui è stata istituita l’autorità di bacino - aggiunge Musumeci - Un’analisi da cui è emerso un forte deficit strutturale per affrontare le emergenze idriche, sia alluvionali, che siccitose. Credo che una buona manutenzione delle attuali dighe, la realizzazione di laghetti aziendali nelle campagne e la riqualificazione delle reti di distribuzione urbana potrebbero far vedere risultati positivi nel giro di qualche anno». Criticità che accomunano il resto del Paese e che «hanno messo in moto la macchina governativa per raccogliere idee e progetti - prosegue il ministro - dei 700 pervenuti ne sono stati reputati idonei 500, di cui 50 provenienti dalla Sicilia. Realizzarli tutti avrebbe un costo di oltre 1 miliardo o e mezzo di euro, motivo per cui il passo successivo sarà individuare delle priorità».

 Uno spunto di riflessione per istituzioni, professionisti, ricercatori e studenti, invitati a collaborare per «colmare il gap infrastrutturale - commenta il presidente dell’Ordine degli Ingegneri etneo Mauro Scaccianoce - Occorrono opere che migliorino i deflussi in condizione di pre-urbanizzazione, invasi per la raccolta di acqua e il suo riutilizzo, miglioramenti alle reti idriche, agli impianti di depurazione e a quelli di fognatura, di cui abbiamo carenza. Arretratezza confermata dalle quattro misure sanzionatorie ricevute dalla Comunità Europea, di cui due già esecutive, che pesano nelle casse della Regione circa 150mila euro al giorno». Altro player di questa partita è la società civile, «che va sensibilizzata sul tema, per far prendere coscienza, a partire dalle scuole, che l’acqua non è una risorsa infinita e che non va sprecata», sottolinea Scaccianoce. Stessa linea per la Consulta Ordini Ingegneri Sicilia: «Si tratta di una risorsa naturale sempre meno rinnovabile - aggiunge il presidente Fabio Corvo - complici i fenomeni della desertificazione, il cambiamento dei regimi delle precipitazioni, lo sfruttamento delle falde, l’inquinamento e i cambiamenti climatici, che incidono ad ampio spettro. Alla luce di questi fattori è necessario sostenere una nuova cultura dell’acqua: una mission dei prossimi anni, per tutelare un bene che in futuro sarà sempre più prezioso». Stringendo il campo di osservazione, «l’Amministrazione di Catania è particolarmente sensibile al tema - dichiara il vicesindaco Paolo La Greca - e ha posto l’attenzione su come affrontare il duplice problema della difesa dall’acqua e dell’acqua, tenendo conto della conformazione del territorio, del mutare delle stagioni e del clima. Un’analisi a cui si affiancano i lavori per la realizzazione e il completamento del canale di gronda».

 A confermare i crescenti episodi estremi è stato il presidente dell’Associazione Idrotecnica Sicilia Orientale Salvatore Alecci. Fenomeni non controllabili, ma da poter contrastare con i giusti rimedi - come afferma il presidente del TAR Sicilia Pancrazio Savasta - al fine di creare sviluppo e ricchezza. Osservazioni che trovano conferma e risposta dal commissario straordinario unico per la Depurazione Fabio Fatuzzo: «L’acqua è poca perché i cambiamenti climatici e la siccità hanno colpito la zona del Mediterraneo. La scommessa è mantenerla dove è presente e non sprecarla, per riutilizzarla nel settore industriale, agricolo e sanitario - ovvero per la pulizia di strade, edifici pubblici e privati - e in tutto ciò che non rientra nell’uso potabile». Prospettive che vedono coinvolto anche il DICAr e il suo corso di laurea magistrale “Ingegneria Acque e Trasporti”, «con l’auspicio di formare nuove figure professionali che non dovranno contrastare le emergenze, ma garantire la stabilità», afferma il direttore Matteo Ignaccolo.

 Nel corso dell’incontro spazio agli approfondimenti sugli aspetti gestionali, normativi e sui rischi. Gli interventi - moderati da Enrico Foti (professore del DICAr) - sono stati curati da Rosario Mazzola (presidente nazionale Utilitatis), Salvatore Cocina (dirigente della Protezione Civile Sicilia), Girolamo Andrea Cicero (Enel Green Power), Vincenzo Belgiorno (consulente Commissario Unico per la Depurazione), Paolo Roccaro (DICAr UniCT), Antonio Cancelliere (DICAr UniCT), Aurora Gullotta e David J. Peres (DICAr UniCT).

 I possibili scenari futuri della città di Catania, le problematiche, gli investimenti e le ipotetiche soluzioni per le situazioni di emergenza e per il sistema fognario hanno rappresentato l’atto conclusivo del dibattito. A coordinare la tavola rotonda il giornalista Mario Barresi, che ha dato spazio a Fabio Fatuzzo (commissario straordinario Unico per la Depurazione), Davide Giugno (presidente Consiglio di gestione SIE), Francesco Fatone (Università politecnica delle Marche), Marisa Meli (Dipartimento di Giurisprudenza UniCT), Michela Le Pira (DICAr UniCT), Carlo Pezzini (Assemblea Territoriale Idrica Catania), Elita Caudullo (responsabile Servizio Fognatura SIDRA Spa), Giovanni Saitta (consulente del commissario straordinario per le Depurazione) e Giacomo Antronaco (RUP degli interventi Struttura commissario straordinario unico per la Depurazione).

 

Il percorso di Biologia con Curvatura Biomedica, nato per orientare i liceali a fare scelte universitarie e professionali consapevoli; per aiutare a sviluppare l’interesse per le materie scientifiche potenziando le competenze, verificando e favorendo attitudini, propensioni e capacità degli studenti interessati alle facoltà mediche, negli ultimi sei anni ha coinvolto 255 licei, 105 Ordini provinciali, 24mila studenti, 800 docenti e 5mila medici. Questi sono i numeri della sperimentazione nazionale che ha prodotto risultati interessanti.  

L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Catania da anni ha avviato anche nel capoluogo etneo il percorso di Curvatura Biomedica, e ieri pomeriggio (5 marzo) presso l’Aula Magna del Policlinico-Rodolico sono stati presentati i risultati maturati dal 2018 ad oggi in cinque licei della nostra provincia (Cutelli, Principe Umberto e Galileo Galilei di Catania; Archimede di Acireale e Leonardo di Giarre). 

Il convegno organizzato dall’Ordine etneo e dal Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania ha coinvolto oltre 200 giovani: «Abbiamo presentato i risultati di un’esperienza quinquennale vissuta presso i licei di Catania, dove abbiamo attuato il percorso di Curvatura Biomedica, ideato e realizzato dalla Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici) insieme al ministero dell’Istruzione e del Merito - ha dichiarato Alfio Saggio, presidente dell’Ordine - in questi anni i ragazzi hanno potuto seguire le lezioni: 150 ore nei tre anni (terzo, quarto e quinto anno di Liceo, ndc) in cui spieghiamo loro cosa significa fare il medico e diamo le indicazioni in merito agli sbocchi professionali. Tutto questo serve a orientare gli studenti e potenziare le loro conoscenze in ambito biomedico, così da arrivare agli esami pre-iscrizione universitaria con una conoscenza sicura». 

 

I dati sviscerati da Maurizio Vancheri, coordinatore scientifico “Progetto con Curvatura Biomedica” dell’OMCeO di Catania, hanno definito un quadro molto interessante: gli studenti si approcciano al Percorso e alcuni abbandonano per avere acquisito la consapevolezza di non avere attitudine alla professione medico-sanitaria. Inoltre, da uno studio eseguito sui licei classici etnei, dal 2018 al 2024 sono stati 220 gli studenti che si sono iscritti al Percorso: 71 hanno completato il percorso, 30 hanno superato il test di accesso a numero programmato. «È stato un incontro di fondamentale importanza perché in tutte queste attività di orientamento in ingresso, ma anche nelle attività di accompagnamento al lavoro che noi facciamo nel post-laurea in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Catania, gli studenti avranno modo di comprendere com’è organizzato il nostro Corso di Laurea, quali sono gli sbocchi professionali - ha affermato Daniela Puzzo, presidente Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università di Catania - Il nostro obiettivo è far approcciare gli studenti con consapevolezza affinché la loro sia una scelta sicura e consapevole». 

Al convegno hanno preso parte Pietro Castellino (presidente Scuola di Medicina Università di Catania), Emilio Grasso (dirigente USR Sicilia - A.T. Catania), Elisa Colella (dirigente scolastica liceo Cutelli di Catania e promotrice nazionale del Percorso nei licei classici), Violetta Brundo (delegata Rettore “Orientamento in ingresso” Università di Catania), Adriana Di Gregorio (consigliere OMCeO Catania, Componente Osservatorio Giovani FNOMCeO) e due giovani, Sofia Brida (studentessa al primo anno di Medicina) e Giorgio Pulvirenti (il più giovane medico di famiglia d’Italia). 

 

Ad accompagnare gli studenti, i dirigenti scolastici Maria Carla Di Domenico (liceo “Principe Umberto di Savoia” Catania), Riccardo Biasco (liceo “Archimede” Acireale), Tiziana D’Anna (liceo “Leonardo” Giarre), Emanuele Rapisarda (liceo “Galileo Galilei” Catania) che hanno esposto i risultati maturati in questi anni. 

La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado di città e periferia, guidata dall'onorevole Alessandro Battilocchio, è stata ieri a Catania ed ha voluto ascoltare anche le esperienze sociali presenti nell'Area di San Cristoforo, fra cui la Città dei Ragazzi di via Gramignani. Una scelta opportuna ed anzi doverosa, per affermare come la grande Area che si estende fa le vie Plebiscito, Acquicella, Concordia e Colombo, si è scoperta Periferia più che altre, a causa dell'incapacità di riproporre un modello culturale moderno, dopo aver perso l'identità operosa del passato, quale dei pescatori, degli artigiani, del piccolo commercio.
Tanti abitanti sono "fuggiti" verso zone più tranquille e al loro posto si sono insediate tante comunità straniere, ibridando ancor di più la cultura del territorio. Negli ultimi tempi, c'è stato anche un boom turistico, ma assolutamente slegato da un progetto sociale, culturale, economico; mentre si sono ridotti enormemente i presìdi pubblici a sostegno delle persone e delle famiglie. “Quando circa un anno fa abbiamo riaperto la Città dei Ragazzi di via Gramignani, ci siamo trovati come un mendicante nel deserto, e intorno a noi altre realtà "chiuse" come fortini in un territorio ostile. Ci siamo sbracciati le maniche per affermare che quel territorio, quella città nella città poteva e può ancora essere accogliente e il risultato delle centinaia di famiglie che si sono avvicinate alla nostra Opera dimostra che non ci eravamo sbagliati: serve proporre un nuovo modello culturale che sia aperto a tutte le originalità e che metta in rete le esperienze che lo vogliono: le Scuole, le Parrocchie, le Associazioni devono dialogare e far sentire insieme la loro presenza, recuperando anche gli spazi pubblici inutilizzati e con un forte sostegno istituzionale.” dice Marco Barbarossa, rappresentante e ri-fondatore della Città dei Ragazzi, durante il suo intervento.
Dobbiamo segnalare come le scelte dell'Amministrazione comunale siano incoerenti: ad una presenza del Sindaco nelle occasioni importanti (dall'inaugurazione della Scuola calcio "Catania Sud" all'inaugurazione del Centro per l'Autismo Mario & Bruno De Luca), fa da contraltare l'ostracismo dell'Assessorato alle Politiche sociali, che non ha mai risposto ai nostri inviti ed, anzi, ha ostacolato le nostre proposte, in particolare proprio quella che sosteneva la candidatura di San Cristoforo come "periferia inclusiva". Oppure l'idea di non valorizzare la "Biblioteca Alberto Sordi”, l'unico polmone culturale pubblico che c'è a San Cristoforo, riutilizzandolo per l'accoglienza delle persone senza dimora" Risuonano allora le parole del Sindaco Trantino, riprese dal suo comunicato ufficiale, in cui "ha esplicitato un ampio spettro di questioni cardine della città, dando conto di ogni singola attività finalizzata proprio alla "ricucitura" tra il centro e le periferie, più in generale le zone dove si registrano maggiori disagi sociali, non necessariamente solo nelle parti estreme del territorio urbano".
Occorre scegliere come priorità il recupero e la valorizzazione dell'Area di San Cristoforo, farlo con forza e determinazione, partendo dal dialogo con tutte le Realtà che vi operano ogni giorno e proponiamo all'Amministrazione di convocare con urgenza un'Assemblea pubblica e di costituire un Comitato civico.

“Mi vedrete spesso a Bronte. So cosa vuol dire vivere in un Comune distante e mal collegato dai grandi ospedali”.

Sono le parole del neodirettore generale dell’Asp 3 di Catania, Giuseppe Laganga Senzio.

Il direttore è venuto a Bronte, insieme con il direttore sanitario dell’Asp, dott. Antonino Rapisarda ed il dott. Angelo Tarascio, direttore del Dipartimento Materno Infantile, per incontrare il direttore dell’ospedale, dott. Salvatore Pillera ed i medici.

Appena si è sparsa la voce della sua presenza però, il sindaco, Pino Firrarello, ha deciso di recarsi in ospedale per riceverlo da primo cittadino ed affrontare con il neodirettore i tanti problemi che attanagliano il Castiglione Prestianni.

Per questo all’incontro hanno partecipato, il presidente del Consiglio comunale, dott. Aldo Catania, il vicesindaco, dott. Salvatore Pizzuto ed il presidente della Commissione consiliare alla Salute, dott. Ernesto Di Francesco.

Ne è venuto fuori un dialogo schietto, con il neodirettore pronto a creare con il Comune le sinergie possibili per affrontare i problemi e dotare al territorio la necessaria offerta ospedaliera.

“Un tempo – ha affermato Firrarello – questo ospedale era un fiore all’occhiello. I cittadini potevano contare su tutti i servizi essenziali, ed unità operative come Ortopedia e Urologia attiravano pazienti da paesi lontani.

Oggi non è più così. – ha continuato – Mancano i medici, Urologia non c’è più, in servizio c’è un solo ortopedico ed i medici che vi operano lo fanno con impegno, sacrificio e responsabilità.

Questo perché i piccoli ospedali non ricevono le giuste attenzioni, dimenticando che quelli grandi posso svolgere bene la propria funzione solo se quelli piccoli funzionano a dovere.

La Regione ed il Governo devono affrontare il problema”. 

“Ci ragioneremo sopra. – ha risposto il dott. Laganga Senzio – Ovviamente tutto va visto nell’ottica della rete ospedaliera. La carenza di medici è un problema perché la domanda maggiore dell’offerta permette ai professionisti di scegliere dove lavorare. Gli incentivi economici previsti in finanziaria per i medici che operano nelle zone disagiate, forse ci aiuteranno. Nel frattempo – ha continuato - vi dico che conosco le criticità di questo ospedale che affronterò con la collaborazione e il supporto di tutti gli stakeholder”.

Sindaco e direttore generale si incontreranno nuovamente fra una decina di giorni.

E’ dal lontano 15 novembre del 2021 (ma anche tra il 2019 e il 2020 rimase interdetto ai vistatori) che l’Anfiteatro Romano di piazza Stesicoro rimane inaccessibile ai visitatori siano essi catanesi che provenienti dalle altre città della Sicilia da altre Regioni italiane da varie nazioni europee e non che giornalmente si osservano verso l’Anfiteatro per poterlo visitare per poi restarne deluse. E’ stato lo stesso Presidente della Regione di allora, Musumeci, accompagnato dall’assessore ai Beni culturali e all'Identità siciliana a consegnare i lavori di riqualificazione dell’area monumentale realizzati con risorse comunitarie per un importo complessivo di poco più di 500 mila euro.

Ecco una parte delle dichiarazioni di Musumeci così come riportate nel sito web della Regione: «La riqualificazione dell'Anfiteatro romano - rilevava il presidente Musumeci – non era più rinviabile. Quello che avviamo oggi è un progetto impegnativo, condiviso dal direttore del Parco archeologico, su cui il Governo regionale si era impegnato e che sostiene con entusiasmo. Si tratta di lavori importanti che restituiranno splendore e sicurezza a un sito che connota fortemente il centro storico di Catania, ne miglioreranno la fruizione e daranno anche una nuova immagine, grazie alla realizzazione di un impianto d’illuminazione che certamente valorizzerà le peculiarità di un bene monumentale già molto attrattivo».

 Forse ha dimenticato o non immaginava quanti anni sarebbero durati tali lavori o meglio quanti anni sarebbe durata la chiusura al pubblico di uno dei monumenti più importanti della città e del periodo romano che peraltro non aveva nulla da invidiare (15 mila posti a sedere) al Colosseo di Roma e da sempre uno dei più visitati in Sicilia. 

La durata prevista dei lavori era di dodici mesi e avrebbe dovuto comprendere la sistemazione dell’area d’accesso sia da piazza Stesicoro sia dal vico Anfiteatro ( questo da utilizzare come accesso al monumento per le persone con disabilità) oltre al consolidamento del paramento murario esterno e al restauro dei reperti marmorei e lapidei presenti.

Dall’inizio dei lavori di riqualificazione  sono trascorsi oltre due anni quando dovevano essere conclusi il 15 novembre del 2022, giorno più giorno meno, e la struttura contemporaneamente riaperta ai visitatori,  ma tuttora rimane sprangata e non accessibile anche se i lavori di restauro sarebbero conclusi da qualche tempo.

Eppure Catania, grazie al suo illustre passato e alle bellezze storiche e architettoniche, ma anche ambientali come la costa e l’Etna,  è considerata una delle città siciliane con la maggiore attrazione turistica di visitatori provenienti da ogni parte del pianeta, per non parlare delle continue visite didattiche di scuole di ogni ordine e grado a partire da quelle catanesi e siciliane  che annualmente si svolgevano all’interno di  tale bene storico-culturale. Ogni giorno da oltre due anni centinaia di turisti restano delusi e contrariati dal non poter visitare  tale monumento,  come lo dovrebbe essere ogni cittadino di questa città: nessuna insegna all’esterno dell’Anfiteatro chiarisce il motivo di tale chiusura quando fino a poco tempo fa vi era esposta un’insegna che chiariva i motivi del divieto e la data in cui tali lavori avrebbero dovuto avere fine. Scomparsa, guarda caso!

Alfio Lisi

In Verde Veritas

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