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La crisi sta minando la Germania e terrorizza l'Europa

"Mi sarei aspettato che nelle convocazioni a Villa Pamphili il governo presentasse un piano ben dettagliato, un cronoprogramma con gli effetti attesi, una tempistica, gli effetti sul Pil. Io tutto questo non l’ho visto, sarei curioso di leggerlo, vorrei ascoltare tutto ciò". Lo ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in occasione del primo incontro con la stampa dedicato ai corrispondenti esteri, in video conferenza, in merito agli Stati generali del governo.

"Noi veniamo da errori di lunga data. Abbiamo problemi di demografia, è un paese che viene fuori da 25 anni di bassa produttività' su questo non siamo mai intervenuti e soprattutto ormai c'è una propensione del pubblico ad entrare come gestore dell'economia cosa che basta vedere Alitalia e Ilva per capire i danni che ha prodotto".

Per poi precisare: "Come Confindustria noi siamo sempre positivi e propositivi e quindi andremo a Villa Pamphili dicendo quello che pensiamo e soprattutto presentando il nostro piano ben preciso".

"Noi ci crediamo, noi non molliamo e ci impegneremo affinché questo paese possa esprimere quelle potenzialità che gli hanno permesso di essere un grande paese trasformatore, di essere il secondo esportatore dopo la Germania e di poter mettere in campo quel modello, come la Germania, di rapporto tra istituzioni e parti sociali che ha consentito di mettere in campo 15 pagine (di piano di rilancio, ndr) e un bazooka di 120 miliardi per rilanciare l'economia", ha aggiunto

Intanto altro che sovranisti italiani. A far crollare il mito dell’euro potrebbe essere la Germania, lo stesso Paese che, nell’ultimo ventennio e grazie proprio alla moneta unica, ha visto crescere il proprio export netto fino a un valore di 3.300 miliardi di euro (a fronte dei nostri miseri 420 miliardi).

Come ha ricordato il quotidiano La Verità, è passato oltre un mese da quando la Corte costituzionale tedesca ha emesso la sentenza che potrebbe cambiare le sorti dell’Eurozona. Il tempo scorre inesorabile e la data spartiacque del 5 agosto si avvicina.

Entro quel giorno, hanno decretato i giudici di Karsruhe, la Bundesbank (la Banca centrale tedesca) “non può più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della Bce”, a meno che quest’ultima non dimostri “in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti …

Nel caso in cui la Bundesbank dovesse smettere di acquistare i titoli dalla Bce, sia nel programma Pspp che nel Pepp, e vendere i Bund in portafoglio, in quel caso ci sarebbero due effetti. Primo: aumenterebbero i rendimenti dei Bund. Secondo: scatterebbe la corsa per vendere i nostri Btp. Un terremoto del genere, in una simile eventualità, potrebbe essere l'antipasto capace di far tramontare l'euro.

Secondo il giornale questa era la presa di posizione dei giudici. E la politica tedesca? Governo e Parlamento dovrebbero, sempre secondo la sentenza, adottare “misure volte a garantire che la Bce effettui una valutazione della proporzionalità”. La Bce non sembrerebbe avere alcuna intenzione di rispettare il giudizio della corte tedesca, dando informazioni o spiegazioni di sorta.

Nel frattempo gli esperti dei servizi di ricerca del Bundestag hanno fornito la loro valutazione al presidente del Parlamento tedesco, Wolfgang Schaeuble. “La Bundesbank deve essere il principale responsabile di questa revisione”, ha riportato il quotidiano Augsburger Allgemeine, in uno stralcio della valutazione. Certo, le analisi del Bundestag sono pareri non vincolanti ma hanno comunque un certo peso specifico.

Angela Merkel è sinora stata molto cauta nel cogliere le conseguenze politiche della sentenza di Karlsruhe e, con ogni probabilità, dietro le quinte spingerà per una mediazione tra Bce e Bundesbank. Per Berlino non avrebbe semplicemente senso sganciarsi da Francoforte ora e in queste circostanze, specie considerato il fatto che nella ripresa europea la Germania detta i tempi con forza e convinzione, il Recovery Fund sta venendo sviluppato al passo del fante tedesco e le istituzioni mobiltate finora (Commissione, Mes, Bei) sono guidate da cittadini della Bundesrepublik.

La pressione congiunta della Cancelleria e della decisa e risoluta risposta della Bce potrebbe dissuadere la Corte di Karlsruhe dall’andare fino in fondo e costringere la Bundesbank a un salto nel buio. In una fase di crisi, lo scontro tra la Corte e la Bce rischia solo di esacerbare la tensione e disperdere energie nella definizione di risposte politiche ed economiche necessarie ad affrontare una crisi senza precedenti.

La prima a tuonare è stata proprio la “diretta interessata”, la Presidente della Banca Centrale Europea,  Christine Lagarde che ha lanciato un messaggio tutt’altro che sibillino ridisegnando il perimetro delle competenze: “Siamo un’istituzione europea con competenze sull’Eurozona. Rendiamo conto al Parlamento europeo e ricadiamo sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea. Continueremo a fare tutto ciò che è necessario per soddisfare il nostro mandato”.

Cm anche la Germania è destinata a uscire a pezzi da questo primo semestre del 2020, nonostante l’inferiore numero di vittime e un lockdown attuato in modo meno invasivo rispetto a molti altri Paesi europei. Dopo la flessione del 2.2% del primo trimestre anche il secondo giro di boa dell’anno sembra tutt’altro che positivo, confermando e anzi peggiorando quello che era stato il rendimento dei primi tre mesi dell’anno.

Tuttavia, mentre il Ministero dell’Economia tedesco continua a sostenere che il peggio sia passato, anche le stime fatte sino a questo momento sul mese di maggio appena trascorso sono state considerate eccessivamente sovrastimate da molti osservatori internazionali

Il crollo della più grande economia europea sotto i colpi della pandemia di coronavirus che ha colpito l’umanità non è però un brutto segnale soltanto per quanto riguarda i confini della Germania. Una drastica riduzione delle sue esportazioni e delle sue importazioni è infatti devastante anche per l’economia agglomerata dell’Europa, che fonda la sua forza in buona parte sulla triangolazione Berlino-Parigi-Roma.

E con l’Italia ai vertici mondiali dei Paesi più colpiti e la Francia con ben più di una semplice criticità politica da affrontare, la crisi della Germania rischia di essere il colpo del knock out per l’Eurozona. In fondo, storicamente, quando Bruxelles ha iniziato a perdere il traino della Germania a risentirne è stato tutto il mercato comune, anche a causa della fitta presenza mondiale del mercato produttivo tedesco (e del suo import interno all’Unione europea

 

 

 

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