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Per non dimenticare la pandemia

Per non diventare prigionieri dell'ideologia occorre non perdere il contatto con la realtà. Per Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica era fondamentale  identificare con precisione lo scenario all'interno del quale la Provvidenza ci ha chiamati a vivere e ad esercitare il nostro impegno associativo, un punto di partenza imprescindibile per qualsiasi azione realmente incisiva era chiedersi: “che ora è?”.

Ignorare la domanda o non tenere conto del momento storico che stiamo vivendo, significa vanificare gli sforzi per capire e quindi per agire.

Pertanto fondamentale in questo momento straordinario di pandemia, è sapere , per esempio quale tipo umano,“chi” è entrato e uscito dal cosiddetto lockdown. Sapere che cosa gli è accaduto e soprattutto a noi interessa se sarà migliorato rispetto a prima della pandemia. Visto che in tanti hanno detto e scritto che nulla sarà più come prima. Inoltre è opportuno soffermarsi su due parole molto di moda in epoca di pandemia: “catastrofe” e “apocalisse”. Sono considerazioni che si è posto Domenico Airoma sull'ultimo numero della rivista Cristianità.

Dunque fondamentale analizzare il “giro mentale” di “chi” ha subito il Covid 19, chi è entrato in cattività. Sappiamo ormai che più o meno, tutto il mondo ha subito e continua a subire questa pandemia. Sono «uomini 'rivoluzionati', che di fronte alla pandemia si sono persuasi che l'unico bene da difendere a tutti i costi fosse la salute, per esempio rassegnandosi facilmente alla privazione dei sacramenti: la salute come bene superstite [...]». (Domenico Airoma, “Fermo immagine”. Per non dimenticare, dopo la pandemia, n. 403, maggio-giugno 2020, Cristianità)

Airoma invita a soffermarsi su che cosa questi uomini hanno rinunciato. Certamente a molte libertà, di movimento, di riunione, e poi la libertà religiosa. Ma soprattutto siamo stati privati della nostra socialità, per questa ragione possiamo sostenere che per certi versi abbiamo assistito a un esperimento sociale straordinario. «Ci siamo, cioé, ritrovati a vivere una condizione in qualche modo innaturale, con una socialità ridotta alla sua dimensione elementare, ovvero alla famiglia (e talora neppure quella)».

Naturalmente questo esperimento per noi militanti contro-rivoluzionari di Alleanza Cattolica è un'occasione straordinaria imperdibile. Abbiamo l'opportunità secondo Airoma di poter intervenire sul nostro prossimo consigliandolo e aiutandolo a fargli ritrovare la strada verso un'autentica vita sociale e perchè no, per riavvicinarlo alla Gerusalemme celeste. Naturalmente Airoma sa che la maggior parte degli uomini che hanno patito la pandemia e che si sono ritrovati «a vivere come sotto un enorme bicchiere, come un insetto da laboratorio», continuano ad essere afflitti da quel morbo rivoluzionario plurisecolare che ha egregiamente spiegato il professore Plinio Correa de Oliveira in “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”.

A questo punto Airoma si sofferma sulle due parole, “catastrofe” e “apocalisse”, precisando di non voler scadere in tentazioni gnostiche, tipo: “Finalmente è arrivato il castigo per il mondo moderno!”, anche perchè come ha ben chiarito il pensatore colombiano, Nicolas Gomez Davila (1913- 1994), il castigo del mondo moderno è lo stesso mondo moderno.

In particolare sul concetto di apocalisse, che significa rivelazione, disvelamento. L'uomo che è rimasto chiuso sotto il bicchiere, ha potuto vedere il suo mondo così come realmente è, è vissuto nella condizione di vederlo per come è. In questi tre mesi di lockdown, inevitabilmente, sono emerse tante altre cose nascoste, sotterrate, rimosse. Sostanzialmente, «la morte si è presentata in tutta la sua violenza imprevista, inaspettata, non dominabile; la vita ha assunto una connotazione drammatica, tragica [...]».

In molti hanno accostato la pandemia alla condizione bellica. Per Airoma a differenza della guerra, dove si difende un mondo, qui «in questa catastrofe è proprio quel mondo che implode, trascinando con sé tutto e tutti». Tuttavia secondo Airoma è un mondo che implode velocemente senza lasciare spazio a sofismi: finalmente costringe l'uomo del Covid 19 alla serietà.

Attenzione, non è detto che l'uomo d'oggi, percepisca la qualità epocale che stiamo vivendo e che sia disposto a fare i conti con quel che questa condizione porta con sé. Tuttavia Airoma per comprendere il momento storico che stiamo vivendo lo paragona a quello del 1989, quando è caduto il Muro di Berlino. Un evento spartiacque come questo del Covid 19.

Infatti, «All'occhio di un osservatore senza pregiudizi ideologici, appariva evidente che quel che stava finendo il 9 novembre 1989 non era solo un regime, un impero, ma un'ideocrazia, l'idea di realizzare l'”uomo nuovo”, il paradiso in terra. Eppure c'è stato chi non ha voluto vedere quel che stava accadendo, attribuendo quella caduta, quella catastrofe, al fallimento di “un” tentativo, non “del” tentativo in sé».

Per Airoma, anche oggi sembra stia accadendo in qualche modo, mutatis mutandis, la stessa cosa.

Chi non ha capito la lezione sono quelli che attribuiscono la causa della pandemia alla natura violentata dai sette miliardi di uomini e non al Partito comunista cinese. Sono i seguaci della profetessa del “dio verde”, Greta Thumberg, innamorati delle città vuote e delle acque tornate limpide, e che sono convinti che il vero nemico è l'uomo. Per questi uomini fortemente ideologizzati, «l'esperimento (quello del lockdown) non dovrebbe finire o 'meglio' dovrebbe concludersi con la definitiva asfissia dell'uomo-insetto chiuso nel bicchiere. Anche costoro – scrive Airoma – non rimpiangono il mondo di ieri, soltanto che lo vogliono semplicemente senza uomini; insomma, la pandemia è, per loro, l'occasione per rilanciare, per alzare la posta della scommessa, non per abbandonare quel tavolo da gioco cui hanno ridotto il consorzio umano».

Continuando l'osservazione da laboratorio, Airoma suggerisce altre riflessioni.

La pandemia mostra qualcosa di diverso rispetto all'evento del 1989, essa interessa tutto il mondo, quello nato dalla modernità «e ne mette a nudo la tracotanza, senza che la cosa possa essere liquidata, per dimensioni e profondità, come frutto dell'errore di qualche cattivo interprete del copione», come è accaduto per la caduta del comunismo.

A questo punto occorre spiegare cos'è la modernità, seguendo il sociologo francese Alain Touraine, la modernità è l'uomo che abbandona la legge di Dio, della natura per auto-crearsi, auto-trasformarsi, e magari auto-distruggersi. L'uomo moderno è convinto di essere determinato da se stesso, di vivere in un mondo creato da lui. Se questa è la modernità, la pandemia ci mette davanti proprio il suo fallimento, «è la sconfitta dell'auto-determinazione, della pretesa di governare il corso delle vicende storiche».

Airoma è più preciso: «E' la bancarotta della scienza, con la 'S' maiuscola». Quando il ministro Boccia chiedeva alla comunità scientifica di dare più certezze, dava «voce ad un sentimento di frustrazione popolare intorno ad una scienza che non riesce nemmeno a mettersi d'accordo sull'efficacia delle mascherine».

Inoltre è evidente che la pandemia ha reso evidente «il naufragio delle illusioni narcisistiche alimentate dalla modernità». Secondo Airoma, «La pandemia ha sancito drammaticamente la fallacia dei nuovi orizzonti paradisiaci di cui la modernità ha nutrito ciascuno di noi; il diritto alla salute, in primis, inteso come diritto assoluto al ben-essere cioè allo star bene, e il diritto alla felicità concepito come una sorta di diritto all'immortalità». Inoltre siamo passati dalla «società narcisistica di massa, dal volto sempre più simile a una 'società dispotica di massa', popolata da individualisti sempre più aggressivi e rancorosi». Siamo passati da una società dove si è sperimentato il fallimento planetario del “paradiso in terra”, alla disillusione di una “società del benessere” fondata su una montagna di debiti che ha ipotecato il futuro dei figli.

Dunque la Rivoluzione con la pandemia non è finita, probabilmente ha fatto un salto di qualità, «grazie a un sottile ma pervasivo dirigismo motivato dall'emergenza sanitaria e, per questo, accettato di buon grado dal narcisista moderno che non è disposto ad alcun sacrificio, men che meno a mettere a repentaglio l'unico bene rimastogli, ovverosia la propria salute». Abbiamo visto come nel confinamento forzato, i cittadini ”moderni” hanno accettato, senza opporre resistenza, sistemi di controllo invasivi.

In definitiva, Airoma può affermare che la pandemia ci consegna, «una società totalitaria di massa, dove la spinta verso il controllo capillare e totalizzante non viene più dall'alto ma dal basso, da un corpo sociale composto da monadi a cui non interessa altro che il breve respiro di felicità da godere su questa terra, per il quale sono disposte a sacrificare porzioni sempre più estese di libertà; quel che è iniziato dopo l'11 settembre 2001, dinanzi alla minaccia terroristica, viene a compimento oggi, dinanzi alla minaccia del Covid 19».

La società totalitaria di massa di oggi rappresenta la coerente evoluzione di quella «“dittatura del relativismo”, che vede come soggetto propulsore l'io' fattosi legge a se stesso e che pretende che dallo Stato la persecuzione di tutti coloro che costituiscono minaccia alla realizzazione delle 'proprie voglie'». Naturalmente tra “le voglie”, non sono da non intendere quelle della salute del corpo, che ogni uomo ha il dovere di proteggere.

Airoma insiste sul rapporto tra la pandemia e la socialità, ed è convinto che bisogna saper sfruttare le riflessioni che pone l'esperimento sociale subito dagli italiani (il laboratorio). E' una opportunità storica, davvero epocale, è proprio in questo momento in cui possiamo gettare buoni semi, su un terreno nuovo, su un atteggiamento nuovo dell'uomo dopo lockdown, che sembra aver riacquistato familiarità con la virtù dell'umiltà, capendo di essere finito e dipendente. Dobbiamo essere capaci di sollecitare significative domande sulla nostra esistenza ed evitare l'assuefazione sanitaria. Airoma lamenta che «in nome della 'salute', infatti, si sta cercando di anestetizzare l'insetto uscito dal bicchiere, abituandolo, come si è detto, a un regime di controllo invasivo e alla etero-direzione; tacitando, come domande fuori contesto, quelle che attengono alla 'salvezza'». Certo gli aspetti del corpo, della salute, della libertà sono importanti ma questi aspetti vanno tenuti insieme a quelli dell'anima, della salvezza, dell'autorità.

L'interessante studio si conclude prendendo in esame, sempre col “fermo-immagine”, in che modo la catastrofe e l'apocalisse hanno interessato le principali autorità sociali, a cominciare dalla Chiesa. Perchè è chiaro, la pandemia non ha messo a nudo solo la condizione dell'uomo “rivoluzionato”.

Airoma prova a fare qualche riflessione, fermo restando che «la Chiesa resta il nostro Medioevo, la nostra unica arca da amare». Senza mai dimenticare il mirabile sacrificio di tanti sacerdoti e religiose.

La Chiesa-istituzione in Italia «non sembra aver cercato di cogliere il tempo della pandemia come occasione di evangelizzazione, salvo alcune lodevoli eccezioni fra cui i gesti liturgici di Papa Francesco e di alcuni vescovi […] nonché lo sforzo di quei sacerdoti che non hanno abbandonato i fedeli [...]».

Sostanzialmente, si è notato, «un frettoloso adeguamento alle disposizioni dell'autorità civile, che sono state, anzi, interpretate anche in senso ulteriormente restrittivo dai vertici ecclesiali». Inoltre si è constata «una Chiesa sempre più smembrata, frammentata, nella quale la dottrina viene separata dalla pastorale, il Papa dai vescovi, i vescovi fra loro e dai sacerdoti, questi ultimi spesso anche dal popolo». Insomma, per Airoma, una Chiesa fatta a pezzi. Anche perchè l'autodemolizione, più volte denunciata da Papa san Paolo VI, «è continuata ed è, purtroppo, in una fase avanzata».

Chiaramente quello che è accaduto nella vicenda relativa alle cerimonie religiose, in particolare, l'esercizio pubblico del culto, «segna una svolta che crea un precedente allarmante: lo Stato ha messo piede all'interno delle Chiese [...]». Facendo venire meno l'autonomia del sacro rispetto al potere secolare.

Tuttavia per Airoma si constata anche drammaticamente, «proprio l'irrilevanza della Chiesa come frammento della più generale estromissione del sacro dall'orizzonte secolare». Pertanto, la questione, «non è riducibile a quella “Messe si/Messe no”: è molto più profonda e radicale e attiene al ruolo della religione per l'uomo post-moderno».

Con la pandemia non solo la Chiesa, ma anche l'Unione Europea ha registrato una crisi irreversibile, lo ha evidenziato Ernesto Galli della Loggia, «una crisi che non è solo economica-politica, ma relativa alla sua stessa idea fondante, che non può essere che religiosa». A fronte di ciò, «sarebbe stato lecito attendersi da parte della Chiesa una voce forte, un richiamo alla salvezza e al senso ultimo della vita e non unicamente la preoccupazione sanitaria, pure legittima, ma percepita come esclusiva».

Airoma si affretta subito a precisare che non ha nessuna intenzione di fare polemiche, né di assecondare pulsioni “sedevacantiste”, ma solo per carità di Chiesa.

Per quanto riguarda le autorità politiche, la pandemia ha certificato la loro agonia.

I tecnici si sono completamente sostituiti alla politica. Peraltro il premier Giuseppe Conte, non essendo espressione né di un partito né eletto dai cittadini, è un tecnico «”speciale” che fonda la propria autorevolezza su un partito altrettanto particolare, che non è fatto di parlamentari, ma da una categoria particolare di tecnici: gli esperti». Con la pandemia si profila il connubio sempre più forte fra tecnocrazia e un sempre più penetrante dirigismo statale.

Per quanto riguarda l'ultimo aspetto, quello delle famiglie. Si sottolinea che la famiglia non godeva già buona salute prima della pandemia, ora dopo, non è detto che sia migliorata. Intanto sul futuro delle famiglie italiane pesa la grande incognita del grave scenario economico che ci attende. La pandemia senz'altro avrà effetti catastrofici sulla cosiddetta “società signorile di massa”, descritta dal sociologo Luca Ricolfi, caratterizzata da un significativo squilibrio fra chi non lavora e vive di rendite accumulate, e chi è costretto a lavorare.

Lo studio di Airoma si conclude con il solito Che fare? Intanto una domanda rivolta a noi stessi, militanti di Alleanza Cattolica e poi al nostro prossimo. All'uomo d'oggi uscito dalla cattività bisogna continuare a parlare, suscitare in lui domande, soprattutto quelle fondamentali, che sollecitano risposte altrettanto fondamentali e non banali.

Airoma propone alcuni punti da tenere in considerazione: a) spiegare quanto è accaduto, la verità dei fatti, per impedire che si facciano narrazioni che rilancino subdolamente ideologie fallimentari: ambientalismo, globalismo, scientismo. b) diffondere iniziative vessillari sui valori, sui principi, seguendo il “Dizionario del pensiero forte, proposto a suo tempo da Giovanni Cantoni. c) consolidare i numerosi contatti presi online con diversi “amici”, isolati o abbandonati. d) interessarsi delle autorità politiche. e) tenere vivo il ricordo di quanto è accaduto, in particolare non dimenticare mai i tanti morti, il modo disumano in cui hanno dovuto morire. L'impegno ci aspetta, non possiamo delegare ad altri, dobbiamo impegnarci in prima persona.

Dobbiamo liberarci dall'avvelenamento psicologico e culturale dei mass media, non tollerando l'errore, facendo circolare la buona stampa, spegnendo la televisione e parlando, ravvivando il dialogo fra le persone e le famiglie. Costruiamo micro-comunità dottrinalmente e praticamente solidali.

 

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