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L’arte diventa “social”. Condivisione di opere da comprare al metro, al chilo, addirittura a centimetro. Accadrà alle Quam di Scicli (Rg) per la mostra “Arte al metro – generazione anticonseguenziale” che si inaugura il prossimo 8 agosto. Tredici artisti siciliano hanno raccolto la sfida lanciata da Antonio Sarnari, curatore della mostra. Hanno prodotto opere vendibili a pezzi, tagliando tele o sottraendo parti dell’opera, offrendo la possibilità di acquistare anche solo un tassello e perfino qualche grammo di scultura. Una provocazione? Non solo, c’è un motivo valido: la sfida dei dodici artisti è stata quella di creare opere d’arte che potessero rimanere tali anche dopo “l’aggressione” dell’acquirente, anche dopo la sottrazione imprevedibile di una propria parte, anche dopo l’azione attiva del collezionista. Si potrebbe dire che, nell’epoca della condivisione, l’artista ha contaminato le relazioni, creando un’interazione con il collezionista, in cui nessuno dei due ha l’ultima parola.

Una riflessione sull’era del consumismo, anche nell’arte. E la risposta è l’arte stessa, con la sua ricerca e la capacità di relazione, con la decontestualizzazione.

Ilde Barone, Mario Cantarella, Elda Carbonaro, Ezio Cicciarella, Guglielmo Emmolo, Alessandro Grimaldi, Corrado Iozzia, Ettore Pinelli, Federico Severino, STM Tamara Marino e Simon Troger, Rossana Taormina, Valerio Valino, Giovanni Viola gli artisti invitati. Una selezione di artisti, quasi tutti siciliani, che lavorano con linguaggi diversi, dalla pittura alla videoarte, dall’installazione alla scultura. Il progetto organizzato da Tecnica Mista è a cura di Antonio Sarnari, che di recente ha co-diretto “Nuvole – viaggio nell’arte indipendente”, sempre a Scicli, e organizzato la mostra “Piero Zuccaro – antologia breve” alle FAM di Agrigento. La mostra partirà l’8agosto e si svolgerà fino al 7 settembre alle Quam (Quadrerie del Monastero 1660) di Scicli, suggestivo luogo che ha ospitato il fortunato progetto “Lo Spettacolo del Jazz” in aprile e “Manlio Sacco – Pitture” in maggio.

Dal 18 settembre 2014 al 18 ottobre 2014, le Gallerie Maspes (via Manzoni 45) ospitano una mostra dedicata a Emilio Longoni(Barlassina 1859 – Milano 1932), uno tra i grandi esponenti del Divisionismo, la cui esperienza artistica è stata fortemente caratterizzata dall’amicizia e collaborazione con Giovanni Segantini.

Due autori che a settembre si ritroveranno “idealmente” a Milano grazie alla concomitante monografica del pittore di Arco a Palazzo Reale.

Curata da Francesco Luigi Maspes, l’esposizione ripercorrerà la carriera artistica di Longoni attraverso una  selezione di venti opere, tutte provenienti da collezioni private, che toccheranno il primo periodo delle nature morte, la sfera degli affetti infantili, dedicata ai ritratti di fanciulli dell’ultima decade del XIX Secolo, passando poi per i luoghi incontaminati della montagna, e approdando negli anni venti alle vedute del lago di Garda .

Nato a Barlassina nel 1859, Emilio Longoni frequenta l’Accademia di Brera dove conosce il celebre pittore Giovanni Segantini e con il quale instaura un forte legame artistico ma soprattutto personale, tanto da essere presentato nel 1882 ai fratelli Grubicy e da soggiornare insieme per due anni (1882-1884) in Brianza per un periodo di intenso lavoro comune: entrambi futuri esponenti del Divisionismo, seppur divisi dalla varietà dei loro soggetti, fondono la loro arte su una nuova percezione del colore, sperimentando la tecnica divisionista e l’espressione della luce.

Nel 1885 Longoni si trasferisce sul Lago Maggiore ma l’anno successivo rientra a Milano adibendo il suo appartamento a studio e cominciando a dedicarsi alla realizzazione di ritratti e dettagliate rappresentazioni di nature morte, come “Angurie” che torna eccezionalmente esposta a Milano dopo la sua prima volta alla mostra annuale della Permanente nel 1890, o come “Ortensie” del 1890, in cui esprime un intenso attaccamento alla realtà e una grande capacità di incontrare il gusto della borghesia milanese; la sua attività procede con opere a carattere sociale, tra le più celebri e conosciute dell’artista, in particolare “L’oratore dello sciopero” presentato nel 1891 alla Prima Triennale di Brera insieme allo straordinario quadro “Le due madri” di Segantini. L’ultimo decennio dell’Ottocento è caratterizzato da un interessante e sentito tema, dedicato alla sfera infantile, come “Ritratto alla bambola” o “Bambino con trombetta e cavallino” in cui viene indagata la miseria dei bambini tramutata in grande dignità dalle dolci pennellate dei loro piccoli sorrisi.

Con l’inizio del Novecento il suo avvicinamento alla spiritualità buddhista lo porta a ricercare la pace nella natura incontaminata d’alta montagna, soggiornando per alcuni mesi soprattutto nella zona del Bernina, che, già alla fine dell’Ottocento, aveva ispirato l’arte di Giovanni Segantini; indimenticabile e di grande rilevanza la serie di raffigurazioni di laghetti alpini: un’intera sezione permetterà di ammirare queste stupende opere, alcune esposte per la prima volta e altre ripresentate al pubblico dopo la grande esposizione commemorativa tenutasi a Milano nel 1935.

Il maestoso e incontaminato paesaggio alpino costituisce dunque uno dei soggetti prediletti delle  tele del Longoni, che raffigurerà con fedeltà e piena adesione in altri dipinti come “Eriofori” e “Primavera alpina”. Sempre nei primi anni del Novecento Longoni si lascia trasportare da una vena simbolista che sfocia in alcune bellissime opere, come “Vallata alpina”, in cui le atmosfere evanescenti e i colori tenui e sfumati regnano incontrastati e dove il lento procedere della figura ritratta non può che accompagnarci verso un sentimento d’infinito.

Costretto infine a rinunciare ai soggiorni d’alta quota per l’avanzare dell’età, Longoni trascorrerà gli ultimi anni della sua carriera tra le Prealpi Bergamasche, l’Alta Brianza e i laghi di Como e di Garda  dando vita a opere quali “Serina”, “Paese”, “Sul Garda” e “Lago di Garda, Monte Baldo”.

Certamente influenzato dal grande pittore divisionista per eccellenza Giovanni Segantini, negli anni sviluppa tuttavia, da grande artista, un divisionismo personale e una interpretazione unica che gli permettono di partecipare tra il 1900 ed il 1932 alle maggiori esposizioni nazionali e internazionali.

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Il merito di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo in “Vandali. L’assalto alle bellezze d’Italia”, Rizzoli (2011) è quello di aver descritto capitolo dopo capitolo il degrado e il perenne saccheggio del nostro immenso patrimonio artistico e culturale presente nel nostro territorio. I due giornalisti d’inchiesta così come nella “Casta” anche in questo pamphlet riescono nell’intento di suscitare almeno un po’ di scandalo tra i lettori.

Le uniche ricchezze che possiede il nostro Paese, il paesaggio, i siti archeologici, i musei, i borghi medievali, la bellezza, sono sotto attacco. Non abbiamo il petrolio, il gas, i diamanti o le distese terre per pascolare o per seminare, “abbiamo una sola, grande persino immeritata ricchezza - scrivono i due giornalisti - la bellezza dei nostri paesaggi, la bellezza dei nostri siti archeologici, la bellezza dei nostri borghi medievali, la bellezza delle nostre residenze patrizie, la bellezza dei nostri musei, la bellezza delle nostre città d’arte”

Nel 1 capitolo i giornalisti presentano un assurdo episodio di devastazione: l’utilizzo dell’Appia Antica, da parte delle auto blu dei politici, passando a cento all’ora davanti alla tomba di Cecilia Metella, accelerando e rallentando di basolato in basolato. “L’aggressiva violenza padronale a quella che forse è la più bella strada del mondo, percorsa con religioso stupore dai grandi viaggiatori del passato che la risalivano a piedi o a cavallo sostando alle catacombe di San Callisto, alla Villa di Massenzio, al tumulo dei Curiazi, non è solo una delle manifestazioni di mancanza di rispetto di una politica troppo occupata in altre faccende per porsi il problema del nostro patrimonio. Quelle gomme delle auto blindate che calpestano delicati selciati costruiti ventitré secoli fa per le quadrighe sono la metafora di come la classe dirigente di questo Paese calpesta quotidianamente i grandi tesori italiani.

Probabilmente la maggior parte è consapevole che possediamo la maggior parte dei capolavori d’arte del pianeta, a volte capita sui giornali leggere le percentuali che più o meno salgono o scendono nel calcolare il nostro ingente patrimonio culturale. Comunque sia in tempi di nera crisi, “non abbiamo altre carte da giocare”, scrivono Stella e Rizzo, dobbiamo tutelare e riconoscere il nostro patrimonio per cercare di farlo fruttare e portare turisti in Italia. Ma per fare ciò occorre che scompaia lo scempio, l’aggressione al territorioraccontato nel libro Vandali. Lo scempio delle coste calabresi che non sono più quelle descritte dal veneto Giuseppe Berto, pazzo d’amore per Capo Vaticano e poi per le altre coste, dove troviamo palazzine senza intonaco, casermoni simili a grandi scatole, dove si esercitano geometri o ingegneri scadenti, ma questo accade in tutto il Sud e forse anche al Nord, dappertutto, un abusivismo da spavento. “E cosa fa la politica? Non ci prova neppure ad abbattere e risanare. Preferisce il lifting”.

A questo proposito, scrive Roberto Ippolito nel suo “Il bel paese maltrattato”: “(…)non si tratta semplicemente di un’offesa ripetuta al passato a all’aspetto: è un’offesa all’identità nazionale, al patrimonio che caratterizza il Paese, all’anima della vita quotidiana, ai tesori che rappresentano il cammino da ieri a oggi e sui quali si dovrebbe saper costruire anche il futuro. Un’offesa alla creatività e all’imprenditorialità. E quindi anche al turismo e all’economia”.Molti sono gli intellettuali, i grandi pensatori che hanno denunciato questo vandalismo diffuso, che hanno descritto la volgarità, la bestialità, l’ignoranza di questi nuovi vandali: proprietari, mercanti di terreni, speculatori di aree fabbricabili, imprese edilizie, società immobiliari, architetti e ingegneri senza dignità professionale, urbanisti sventratori, etc.

Tra i tanti nomi il libro cita Montanelli che prima di morire, maledì il nostro Paese che tanto aveva amato, scrivendo che le ruspe sono sempre in agguato per “dare sfogo all’unica vocazione di questo nostro popolo di cialtroni che non vedono di là dal proprio naso: l’autodistruzione”.

Del saccheggio sono responsabili non solo i politici, ma anche gli imprenditori, la finanza, quella mercantile, quella alberghiera, tutti. “Tutti, anche il cosiddetto uomo della strada: tutti abbacinati dall’irruzione dei cantieri, fabbriche di miliardi e di posti di lavoro(…)”. Stella e Rizzo fanno qualche esempio del “fatturato” di certe gallerie inglesi o americane, la “Tate Britain” e il “MetropolitanMuseum”, il primo 76,2 milioni di euro, poco meno degli 82 milioni entrati nelle casse con biglietti di tutti i musei e i siti archeologici statali italiani messi insieme.

Come custodiamo le nostre ricchezze? Molto male, “ti prudono le mani a sapere che il tombarolo che ha scoperto e saccheggiato la villa di Caligola a Nemi non ha fatto un minuto di galera e quasi certamente non entrerà nel carcere”. Spesso questi tombaroli vendono le sculture a pezzi e magari hanno spaccato altre sculture o reperti importanti.

Il libro al 2 capitolo descrive lo scempio di Pompei, “mosaici a pezzi, randagi”, che pisciano nelle domus. E di questi giorni un episodio che ha riportato “Il Giornale”, dove un suo giornalista, fingendosi turista, è riuscito a portare fuori dal sito pezzi di reperti senza che nessuno lo controllasse. Lo zainetto pesa. È colmo di ruderi archeologici. Sono macerie di vecchie mura risalenti all'eruzione vesuviana del 79 d.C.: «vestigia del passato», le definirebbe Piero Angela, idem il figlio Alberto(…)Però so per certo che raccoglierle da terra e nasconderle nella mia borsa nera è stata la cosa più facile del mondo. Nessuno mi ha visto. Nessuno poteva vedermi. La ragione? Semplicissima. Attorno a me, nel raggio di decine di metri, non c'era neppure un custode, né una telecamera di sorveglianza. 
In compenso, durante la furtiva passeggiata col bottino archeologico a tracolla, ho incrociato lo sguardo stupito di qualche turista che, buttando un occhio alla mia borsa, forse è stato attraversato da un dubbio: «Ma che ci fa quello lì con la sacca piena di pietre. Non le avrà mica rubate?”.
(Nino Materi, “Ho rubato reperti storici negli scavi di Pompei. Nell’indifferenza di tutti”, 3/7/14, Il Giornale)

L’episodio ha suscitato ampie polemiche, ma resta il fatto che l’immenso sito archeologico campano è a rischio di atti di vandalismo e nessuno riesce a poterli controllare. Peraltro era già successo un episodio simile descritto nel libro da Stella e Rizzo; sempre un giornalista, questa volta del “Mattino”, per dimostrare la disperazione di Pompei, un giorno nel 2010, si è impossessato per qualche ora di alcune tessere del mosaico delle “Fontane del Vigneto del Triclinio Estivo”, accanto alla “Palestra Grande”, erano ammonticchiate in una nicchia, prenderle e metterle in tasca è stato semplice. Chiaramente a Pompei c’è il problema della sorveglianza, i custodi non ce la fanno più, “è durissima tener d’occhio 66 ettari e 1500 domus, ‘camminando ore e ore su terreni accidentati”. In compenso, tra le macerie di Pompei si aggirano i cani randagi. Intanto il quadro che si presenta ai turisti è desolante o meglio allucinante. Dai bagni rotti e sempre sporchi, ai biglietti che non si trovano o che vengono venduti e poi rivenduti. E poi pare che il sito possa contare soltanto su un solo archeologo, un direttore degli scavi e di se stesso, che macina chilometri a piedi. Questo è il quadro del nostro “Museo archeologico all’aperto di oltre 60 ettari”, l’unico al mondo con queste caratteristiche.

Piero Zuccaro (ph. Mira Cantone)

 

Grandi tele, piccoli pastelli e, in prima assoluta, la videoinstallazione “Flyby”, cuore pulsante del progetto espositivo di Piero Zuccaro per le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, dove sarà protagonista con la mostra “Antologia breve”, a cura di Marco Meneguzzo, dal 26 luglio al 14 settembre 2014.

Da sempre attratto dalla superficie della pittura e dalle suggestioni dell’acqua e dei suoi riflessi – persino quelli più inquietanti, come le chiazze oleose di darsene e pontili che lo affascinavano sin da bambino - Piero Zuccaro (Catania, 1967) riunisce per questa esposizione alle FAM i lavori degli ultimi sette anni: il ciclo dei “Relitti”, studi sulla luce e i suoi riflessi attraverso il medium acqua; quello delle “Cattedrali”, studi sui “corpi-oggetto immersi nello spazio”; e piccoli pastelli su tela, realizzati come appunti nella lavorazione delle grandi tele.

Alle FAM in mostra una trentina di opere di Zuccaro. Per descriverle Meneguzzo usa il termine “fluidità” che, dice, “accomuna ogni suo dipinto sin dagli esordi, negli anni Novanta”. E non solo. “E’ fluidità del corpo nello spazio – spiega il curatore – anche l’arte della danza che Zuccaro, nella sua biografia, racconta di aver studiato con la guida della coreografa Donatella Capraro, coautrice e attrice di “Flyby”, il video ambientale presente in mostra”. Ed è proprio nella pittura di Zuccaro che la fluidità citata da Meneguzzo si fa visibile. “Nelle “paste alte” – scrive nel saggio in catalogo - stese a spatola del colore a olio, nel movimento sinuoso che resta fissato in ogni pennellata, nella stessa scelta dell’olio, che non si asciuga mai e la cui lucentezza fa scivolare la luce sulle creste e sugli avvallamenti creati dal colpo di spatola, nell’idea di mescolare i pigmenti sino ad ottenere un colore mescolato, persino “sporco”, che è però il risultato di mille colori che si sono amalgamati”.

 

A parlare di “Flyby”, l’opera-video in anteprima alle FAM di Agrigento, è il curatore indipendente Antonio Sarnari che ha organizzato e collaborato alla mostra. “Si tratta – spiega Sarnari - di una vera manipolazione pittorica del linguaggio video, con cui Zuccaro ha deformato le immagini “mobili”, a favore della tensione pittorica. La selezione delle opere propone quindi un primo momento, in cui le tele sono state dipinte osservando i “corpi-oggetto”, attraverso le immagini fotografiche e i video; poi le opere-video, influenzate e costruite secondo i linguaggi pittorici; infine le opere recenti, maturate dopo l’esperienza di Flyby.

Alla mostra di “Piero Zuccaro. Antologia Breve” - realizzata dall’associazione Amici della Pittura Siciliana dell’Ottocento in collaborazione con Tecnica Mista - è dedicato il catalogo con presentazione critica del curatore, Marco Meneguzzo, docente dell’Accademia di Brera a Milano. L’evento ha il patrocinio del Comune di Agrigento ed è sostenuto da alcuni sponsor privati: Elenka, Cora Banche e Benessere & Bellessere.

Gli spazi delle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento saranno aperti da martedì a domenica, dalle 11 alle 13 e dalle 17 alle 21. Chiusi i lunedì e a Ferragosto. L’ingresso è gratuito.

L’inaugurazione è in programma per le ore 19 di sabato 26 luglio.

Biografia

Piero Zuccaro nasce nel 1967 a Catania, dove si diploma all’Accademia di Belle Arti. I suoi studi sono stati influenzati dall’incontro con importanti personalità del panorama artistico italiano, tra i quali Consagra, Forgioli, Guccione e Sarnari, autore di una presentazione per la sua prima mostra ufficiale. Per un certo tempo, il suo tema di ricerca è stato dominato dallo studio delle immagini riflesse, mostrando aperture verso l’astrazione, come non ha mancato di rilevare Piero Guccione. Nei suoi dipinti, Zuccaro, mostra immagini immerse nella luce o nell’acqua, la luce interna delle architetture, in particolare architetture sacre. Sono immagini che, se assumono una nuova identità nella scomposizione della forma, si appropriano, al contempo, dello spazio circostante in un processo di dilatazione che supera lo spazio fisico che le contiene e le rappresenta.

Piero Zuccaro, Flyby 2014, pastello a olio su tela, cm 30x40, LGT


CASTEL SANT'ELMO, NAPOLI

 

Dal 14 luglio 2014 è on line il bando della quarta edizione del Concorso nazionale Un’Opera per il Castello, dedicato ai giovani artisti, per selezionare un progetto artistico ideato per Castel Sant’Elmo di Napoli.

Il tema di quest’anno è dedicato alla comunicazione: Lo spazio della comunicazione. Connessioni e condivisione.

Castel Sant’Elmo rivolge un invito agli artisti a presentare un’opera o un progetto in cui centrale è il tema dell’arte come comunicazione, connessione e condivisione di idee, di riflessioni, di stati d’animo. Stabilire una relazione tra i fruitori, la creazione artistica e il Castello è la sfida che viene rivolta quest’anno ai partecipanti. L’arte è da sempre veicolo di conoscenza e di emozioni e il Castello per la sua storia passata e per la sua posizione predominate rispetto al centro urbano, ma allo stesso tempo visibile da ogni parte della città, può rivelarsi il luogo quanto mai adatto per accogliere azioni, gesti, segni che invitino il pubblico a partecipare, a connettersi e a condividere il progetto artistico.

La partecipazione, libera e gratuita, si perfeziona con l’iscrizione e l’invio del materiale online al sito web del concorso: www.polonapoli-projects.beniculturali.it , entro il 14 novembre 2014.

Possono partecipare gli artisti di nazionalità italiana o straniera che operano stabilmente sul territorio italiano, di età compresa tra i 21 anni e i 36 anni -singolarmente o in gruppo- che possono aver svolto la loro formazione presso istituti italiani e stranieri ed esposto preferibilmente in una galleria, centro culturale, fondazione, istituzione museale pubblica o privata verificabile e riconosciuta come tale.

I progetti dovranno essere inediti, il vincitore riceverà un premio di 10mila euro, comprensivo della realizzazione dell’opera\progetto.

Il concorso promosso dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta è stato reso possibile grazie alla collaborazione e il sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte contemporanee- Servizio V, nell’ambito del Piano Arte Contemporanea;

Il concorso Un’Opera per il Castello si inserisce nella politica di valorizzazione e divulgazione dell’arte contemporanea che la Soprintendenza del Polo Museale svolge da anni nei musei napoletani.

In particolare, Castel Sant’Elmo ha avuto un ruolo fondamentale per la diffusione della conoscenza del linguaggio artistico contemporaneo attraverso la realizzazione di numerosi eventi espositivi e manifestazioni, divenendo luogo di ricerche e sperimentazioni e sede di numerose opere realizzate site specific .

La vocazione al contemporaneo si è consolidata con l’apertura, nel marzo del 2010, della sezione museale Novecento a Napoli (1910 -1980) per un museo in progress, dedicata agli accadimenti storico-artistici nella città e alla costante relazione di questi con lo svolgersi dei movimenti e delle poetiche di riferimento nazionale, dal Futurismo al 1980, quando la città è al centro del panorama artistico internazionale. Nel futuro del museo, che si definisce non a caso in progress, è prevista non solo l’acquisizione di nuove opere d’arte e l’ampliamento dei suoi confini cronologici e tematici, ma anche un confronto continuo sia con la storia del Novecento che con il vasto e variegato panorama delle esperienze creative attuali.

La giuria, che sarà nominata dopo la scadenza dei termini di consegna delle domande, sarà composta da storici dell’arte, professori universitari e dell’Accademia di Belle Arti, galleristi, curatori, esperti del settore e rappresentanti di realtà che interagiscono con le giovani generazioni di artisti, oltre che da un rappresentante della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte contemporanee.

E’ prevista, inoltre, l’organizzazione di un evento espositivo finale nel quale sarà presentato il lavoro artistico vincitore, con la possibilità di una mostra dei primi dieci progetti selezionati e un catalogo che documenterà le biografie degli artisti finalisti e i loro lavori. L’opera vincitrice verrà acquisita dalla Soprintendenza ed entrerà a far parte della collezione permanente di Castel Sant’Elmo.

Il concorso si avvale del sostegno di Metropolitana di Napoli, Italcoat, Seda e Istituto Banco di Napoli; Castel Sant’Elmo è uno dei musei associati all’ AMACI - Associazione Musei d'Arte Contemporanea Italiani. Supporto tecnico- organizzativo di Civita.

In occasione della terza edizione, nel 2013, la giuria ha premiato due progetti vincitori ex aequo che saranno presentati a Castel Sant’Elmo a settembre: Le Jardin del collettivo franco-italiano composto da Romain Conduzorgues, Baptiste Furic, Jule Messau (associazione Bellastock) Giulia Beretta, Francesca Borrelli, Francesco Cianciulli, Carolina Rossi ; My dreams, they'll never surrender di Gian Maria Tosatti,

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