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La strage alla stazione di Bologna 38 anni fa

"Sono trascorsi trentotto anni dalla tremenda Strage di Bologna - scrive il presidente - che straziò 85 vite innocenti, con indicibili sofferenze in tante famiglie, ferendo in profondità la coscienza del nostro popolo. Il tempo non offusca la memoria di quell'attentato, disumano ed eversivo, che rappresentò il culmine di una strategia terroristica volta a destabilizzare la convivenza civile e, con essa, l'ordinamento democratico fondato sulla Costituzione. L'orologio della stazione, fissato sulle 10 e 25, è divenuto simbolo di questa memoria viva, di un dovere morale di vigilanza che è parte del nostro essere cittadini, di una incessante ricerca della verità che non si fermerà davanti alle opacità rimaste. Fu un'esplosione devastante, per la città di Bologna e per l'intera Repubblica

Questa la mattinata a Bologna. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte scrive su Twitter: "Il pensiero va alle 85 vittime della strage di 38 anni fa e ai familiari che attendono ancora risposte. Saremo sempre al loro fianco nella ricerca della verità. Lo dobbiamo a loro e a noi tutti". 

"Lo Stato ora c'è. La promessa è di esserci fino in fondo": così il presidente della Camera Roberto Fico, dal piazzale Medaglie d'oro davanti alla stazione di Bologna, cerca di rincuorare i famigliari delle vittime e la città intera nel XXXVIII anniversario della strage del 2 agosto 1980: 85 le vittime, oltre 200 i feriti nell'esplosione di una bomba alle 10.25.

Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede  : “Per me è incredibile che dopo che lo Stato si è dimostrato negligente per 38 anni i famigliari dimostrino ancora di voler credere nello Stato, dando una lezione di civiltà che la politica non ha mai dato. Non saranno le mie parole di adesso a rassicurarvi, saranno i fatti a dirvi che vi siamo vicini nella ricerca della verità”.

"Questa non è la vostra battaglia personale - prosegue il Guardasigilli -  ma una sfida cruciale per lo Stato. Vi ringrazio per la vostra attività, nonostante le delusioni e i colpevoli ritardi. Vogliamo che possiate tornare a credere nello Stato. Il tempo per le parole è finito: abbiamo siglato protocollo per la digitalizzazione dei fascicoli, tutti gli atti sulle stragi saranno accessibili. Per farlo coinvolgeremo anche i detenuti”.

A proposito dei risarcimenti: “Porremo rimedio alle questioni applicative della legge rimaste in sospeso. Vi garantisco che l’impegno del governo è serio e concreto, tornerò a Bologna nei prossimi mesi a incontrarvi”
 

La verità non si "è  ancora affermata. I veri colpevoli non sono stati ancora condannati. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che i giudici a Bologna sono sempre stati prigionieri di logiche idelogiche-giudiziarie con lo scopo non di ricercare la verità  ma di riuscire, a tutti i costi, ad arrivare alla conclusione che la matrice fosse nera per ragione di Stato". Sono le parole delle deputata di Fdi Paola Frassinetti, che hanno provocato la protesta forte di una parte dell'aula della Camera. "Bisognerebbe avere lo stesso coraggio del presidente Cossiga  quando nel 1991 ebbe l'onestà di ammettere che si era sbagliato e che la strage non era addebitabile ad ambienti di estrema destra chiedendo anche scusa. Anche il nuovo processo iniziato a Bologna in corte di Assise a marzo è un'altra occasione perduta. Invece di approfondire la pista che porta a verificare l'ipotesi dell'esistenza di una ritorsione del terrorismo palestinese...".

Il 2 agosto 1980, alle 10.25, nella sala d'aspetto della seconda classe della Stazione di Bologna Centrale, esplode un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata. Le vittime sono ottantacinque, i feriti oltre duecento. Quello di Bologna e' uno degli atti terroristici piu' gravi del secondo dopoguerra per il quale si giunge a una sentenza definitiva solo il 23 novembre 1995: sono condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vengono condannati per il depistaggio delle indagini. Il 9 giugno 2000 la Corte d'Assise di Bologna emette nuove condanne per depistaggio. I mandanti della strage non sono mai stati identificati.

Il 9 giugno 2000 la Corte d’Assise di Bologna ha emesso una nuova condanna per la stessa motivazione e nel 2007 e arrivata anche la condanna definitiva in Cassazione  per Luigi Ciavardini (diventeranno poi 26, prima di ottenere nel 2009 la semilibertà), esponente dei Nar, minorenne all’epoca dei fatti. Il suo coinvolgimento avvenne tramite le testimonianze di Angelo Izzo, arrestato nel 1975 per il Massacro del Circeo e della militante neofascista Raffaella Furiozzi, catturata il 24 marzo 1985 dopo un conflitto a fuoco, durante il quale perse la vita il suo ragazzo Diego Macciò. Eppure la verità su ciò che accadde quel 2 agosto del 1980 sembra essere ancora lontana. I mandanti dell’attentato non sono mai stati chiariti e nuove piste continuano a spuntare continuamente.

Strage di Stato. È la definizione-shock che fu coniata, in origine, per piazza Fontana: la prima bomba nera, quella del 12 dicembre 1969 a Milano (17 morti). Significa che pezzi dello Stato sono stati complici degli stragisti. È la più tragica anomalia italiana. Il terrorismo colpisce in tutto il mondo, ma nei Paesi civili è contro lo Stato, che unisce le sue forze per combatterlo. In alcune nazioni, invece, è dentro lo Stato. Per anni la tesi della strage di Stato fu liquidata come “un’invenzione della sinistra”. Oggi è il marchio ufficiale del terrorismo di destra italiano, confermato già da quattro sentenze definitive. Ignorate o dimenticate. Anche se raccontano gli anni più neri della nostra democrazia. E offrono una chiave che potrebbe aprire l’armadio dei misteri anche delle stragi mafiose. Strategia della tensione. Dal passato al presente. Da Milano a Bologna. Da Palermo a Roma

Un afoso sabato di esodo, con le foto e le immagini delle code in autostrada pronte, come da 'copione' del periodo, per diventare l'argomento del giorno di quotidiani e tg. Alle 10.25 del 2 agosto 1980, invece, un'esplosione alla stazione centrale di Bologna spezza nel sangue la tranquilla routine del rito delle vacanze: 85 morti e 200 feriti il bilancio finale della strage più sanguinaria nella storia italiana.
Il boato squarcia l'ala sinistra dell'edificio su piazza Medaglie d'Oro: la sala d'aspetto di seconda classe, il ristorante, gli uffici del primo piano vengono disintegrati.

Anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario e in ritardo di un'ora sulla tabella di marcia, è colpito dalla valanga di macerie e detriti che in pochi istanti schiacciano e soffocano inermi viaggiatori di ogni età e provenienza. Nel ristorante-bar-self service perdono la vita sei lavoratrici, tra le vittime anche due tassisti in attesa di clienti. Ovunque lacrime, urla straziate, polvere che entra in gola e soffoca il piano disperato di passeggeri sotto choc che cercano di individuare amici e parenti. La vittima più piccola è Angela Fresu, appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino a Maria Idria Avati, ottantenne, e ad Antonio Montanari, 86 anni.

In pochi minuti arrivano decine di mezzi dei vigili del fuoco, polizia, carabinieri, vigili urbani, ambulanze, l'Esercito. Saltano le linee telefoniche e i primi cronisti giunti sul posto, per poter raccontare l'inferno di quei momenti, 'espropriano' la cabina dei controllori degli autobus sul piazzale, dove il telefono invece funziona. Cellulari e internet non esistono ancora. Anche il contributo degli autisti si fa determinante, quando di lì a poco un bus giallo e rosso della linea 37, la vettura 4030, nell'emergenza si trasforma in un improvvisato carro funebre per trasportare le salme alla Medicina legale, nella vicina via Irnerio. Alla guida si mette l'imolese Agide Melloni, autista trentunenne: "Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. In ogni viaggio c'era con me qualche soccorritore, per sostenermi". Le ambulanze servono invece per i vivi, distribuiti in tutti gli ospedali, dove rientrano in servizio medici e infermieri.

Le prime ipotesi investigative prendono in considerazione lo scoppio di una caldaia, ma nel punto dell'esplosione non ce ne sono. Lo si capisce presto, mentre i lavori di scavo procedono a rilento perché si continuano a cercare persone vive tra le macerie. In poco tempo, accantonata l'improbabile fuga di gas, la causa della strage si fa drammaticamente chiara: una bomba ad alto potenziale. In stazione arriva, commosso e angosciato, il presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre tutt'intorno una catena umana continua a spostare detriti e il silenzio irreale del centro città è squarciato dalle sirene.

La sera piazza Maggiore si riempie: Bologna, attonita e sgomenta, non chiede vendetta ma giustizia, mentre il ricordo torna a un'altra strage, quella dell'Italicus, la notte del 4 agosto di sei anni prima a San Benedetto Val di Sambro, sull'Appennino, con 12 morti e 44 feriti. "La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, forse lo stesso proposito - commenterà il giorno dei funerali il sindaco Renato Zangheri - di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia". Intanto in quelle stesse ore, all'obitorio, un maresciallo continua a tentare di dare un nome alle vittime: un'identità più volte affidata a brandelli di indumenti, un anello, i resti di una catenina o un documento. Trentotto anni dopo i familiari delle vittime e Bologna chiedono ancora di conoscere tutta la verità sulla strage e sui suoi mandanti.

 

 

 

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