The Island, film americano del 2005 parla di clonazione. Facoltosi americani si fanno clonare per avere a disposizione pezzi di ricambio in caso di bisogno: reni, fegato, cuore, e quant’altro. Ma ad un certo punto qualche cosa va storto, i clonati iniziano ad avere una loro identità e due di loro si ribellano e scelgono la libertà. Il sistema crolla su sé stesso e il delirio di onnipotenza evapora. Fantascienza lontana, ma non sappiamo quanto. Huxley nel suo Mondo nuovo aveva anticipato tutto questo anche se la clonazione aveva scopi diversi, ancora, infatti, non si conosceva la possibilità di fare trapianti di organi.
La custode di mia sorella è un romanzo del 2004 (Corbaccio ed.) della scrittrice americana Jodi Picoult dal quale è stato tratto, nel 2009, l’omonimo film che ricalca la storia del romanzo, ma con un finale a sorpresa. Nel romanzo, e nel film, una bambina sviluppa una rara forma di leucemia e i genitori decidono di far nascere una sorella compatibile con quella malata per “usarla” come donatrice. La sorella nasce grazie alla fecondazione artificiale e viene selezionata con le caratteristiche genetiche giuste. Ma anche nel romanzo, come nel film The Island, qualche cosa va storto. Anna, la sorella donatrice, si ribella, è stanca di essere usata e quando si prospetta la necessità di un trapianto di rene fa causa ai suoi genitori.
In The Island l’amore trionfa, i cloni acquistano la libertà, per Anna il finale è diverso, ma la riflessione è la stessa: è lecito usare altri esseri umani per salvare la nostra vita o anche quella degli altri? Il fine giustifica sempre il mezzo? Tutto ciò che è possibile è anche lecito?