Carissimi,
se Dio ha misericordia – sempre, ogni volta sempre- è perché la misericordia è la sua realtà e non tanto un suo atteggiamento, parola di Gesù. E per l’essere umano, non dovrebbe essere lo stesso, se “come Dio” è la sua vocazione? Così, “l’anima mia ha sete del Dio vivente”, dovrebbe significare che l’uomo “è” questa sete. In verità a ben guardare le cose, la sete di Dio “costituisce e determina” l’uomo nel suo essere. Non è un bisogno, ma è l’originario di ogni bisogno. Qualunque soddisfazione di ogni bisogno non potrà mai bastare: l’infinito regge l’impianto umano. L’animale uomo è divino e per questo è umano. Il divino è il “come Dio” che è già dentro la vita di ogni uomo e costituisce la logica originaria della ragione, il suo logos profondo, la legge (nomos) interiore di ogni bellezza umana, l’orizzonte di ogni aspirazione, l’universo di ogni mondo, la mappatura completa delle misteriose equazioni dell’amore, l’occhio potente di ogni visione, l’anima smisurata di ogni utopia, lo spirito semplice di ogni gesto di solidarietà, la forza feconda di ogni generatività e bontà. L’uomo è umano non perché “razionale”, piuttosto perché è divino, “come Dio”. E perché dirle queste cose? Perché scriverle? “Amor mi mosse che mi fa parlare” (Dante Alighieri). Forse, pensandoci, potrebbe cambiare lo sguardo su di noi” e – nella nostra “graziosa” conversione quaresimale-, potremmo decidere di “agire in grande nell’amore”. Insomma, un uomo che è così divino non si potrebbe accontentare certo di un “fioretto” (come… non mangiare dolci in quaresima), ma oserebbe tutte le strade della misericordia corporale e spirituale, attraversando le porte strette di quelle opere difficili certo, ma alla sua portata, mete inevitabili della sua santità, del suo agire “come Dio”. Il coraggio di osare non mancherà per chi pensa in grande, per chi è così grande.
Con affetto mons. Tonino Staglianò
Vescovo di Noto