Sono stato ospite di Gio Di Sarno, alla sua bellissima trasmissione "L'Emigrante", devo dire che e stata una interessantissima intervista, Gio mi ha messo a mio agio, e dove ho raccontato un po'di me, da quando sono arrivato in Italia per studiare, e poi per mia scelta sono rimasto per lavorare,e di piu abbiamo della mia carriera giornalistica, del mio giornale, Corriere del Sud e del mio libro "L'Italia dei Giganti"..
Circa dodici anni fa la cantautrice vesuviana Giò Di Sarno ebbe un intuito: raccontare la vita di chi lascia la propria terra, con tutte le difficoltà e gli arricchimenti che ne comportano. Nacque così L’Emigrante (Storie di varia umanità) prima a Radio Ies, poi a Radio Italia Anni 60 e da dicembre approdato su Cusano Italia Tv (Canale 264), visibile in tutta Italia, dal lunedì al venerdì alle 14 in punto. Il salotto de L’Emigrante oggi festeggia le cento puntate. Ogni giorno una storia, sia italiana che straniera. Di Sarno, con la sua empatia, riesce a mettere tutti a proprio agio e tra foto, canzoni, lacrime d’emozione, gli ospiti si abbandonano in confessioni mai dichiarate prima. Complici gli occhi profondi e il sorriso disarmante della bellissima Giò, nello studio televisivo della tivù dell’Unicusano dai colori caldi e accoglienti, il giallo e il blu.
Oggi il fenomeno dell’emigrazione, a differenza degli anni pre e dopo guerra, riguarda molti ragazzi alla ricerca di un lavoro. Dopo gli studi fatti in Italia non riescono a realizzare i propri sogni ed a realizzarsi in ambito lavorativo e di conseguenza familiare. Raccontare le storie, queste storie, richiede grande sensibilità e capacità di comprendere dinamiche, sentimenti, passioni ed anche illusioni e Giò di Sarno – cantante, giornalista, attrice – ebbe un intuito: raccontare la vita di chi lascia la propria terra, con tutte le difficoltà e gli arricchimenti che ne comportano.
Il salotto de L’Emigrante ha festeggiato già le 100 puntate, che per festeggiare la centesima puntata, un personaggio davvero fantastico: Paolo Celli, nato a Montecarlo in una piccola cittadina toscana, emigrato a 13 anni nella città di Torino e poi giunto nella Capitale per aprire un proprio ristorante cucinando per grandi e noti volti come la Callas e Onassis, Brigitte Bardot, Al Pacino, Frank Sinatra e Francis Ford Coppola, con i quali vanta una grande amicizia.
Ogni giorno una storia, sia italiana che straniera. La Di Sarno con la sua empatia riesce a mettere tutti a proprio agio e tra foto, canzoni, lacrime d’emozione, gli ospiti si abbandonano in confessioni mai dichiarate prima. Complici gli occhi profondi e il sorriso disarmante della bellissima Giò, nello studio televisivo della tv dell’Unicusano dai colori caldi e accoglienti, il giallo e il blu. Storie di speranze, storie di resilienza, storie di successi e di consapevolezze, queste sono le tante storie raccontate da chi aveva una speranza e l’ha coltivata, di chi ha lasciato affetti, paese, amici, amori, per non sentirsi vuoto ed inutile, in una società che tenta di massificare e di omologare tutti. Giò di Sarno riesce a trasmettere, attraverso le sue interviste le sue emozioni ed il suo passato di “emigrante”, ovvero di una che, partita dal proprio paese vesuviano alla ricerca della felicità, ci è riuscita, a costo di grandi dolori, di grandi sacrifici ,di grandi privazioni, ma con la consapevolezza di poter essere sempre quello che si vuole ed riuscire a realizzarsi a costo di mille sacrifici.
Giò Di Sarno ne L’Emigrante non canta, ha però messo lo zampino anche per quanto riguarda la sigla, Il grande anfitrione (E. Di Napoli-G. Di Sarno-P. Balido), tratta dal lavoro discografico La libertà di amare, uscito nel 2014. Nel programma quotidiano si sono raccontati
Nella sua trasmissione sono state intervistate le scrittrici Olga Lumia, Anna Li Vecchi e Giusy D’Arrigo, emigrate dalla Sicilia; sempre dalla stessa regione l’attore Antonello Costa. Un personaggio singolare è l’imprenditore edile ed ex poliziotto rumeno, Giovanni Dobre, che ha fatto la sua fortuna in Italia, diventato popolarissimo sui social; l’onorevole Pino Bicchielli; il conduttore televisivo Anthony Peth, emigrato dalla Sardegna; l’editore Giò Di Giorgio, emigrato porticese; i giornalisti George Labrinopoulos, emigrato da Atene; Lisa Bernardini emigrata dalla Toscana; dalla Calabria l’avvocato Antonella Sotira; l’attore Claudio Germanò; il pittore Mauro Russo; dalla Spagna il direttore d’orchestra Marco Werba; immigrato a Madrid lo scrittore e sceneggiatore Marco Tullio Barboni; la poetessa Antonella Pagano dalla Lucania, sempre dalla stessa terra il fotografo Mario Giannini e tantissimi altri provenienti da tutto il mondo, impossibile citarli tutti. Tante le storie, scandite da foto, canzoni e oggetti che gli ospiti portano in studio. E oggi, per la centesima puntata, un personaggio davvero fantastico: lo chef Paolo Celli, nato a Montecarlo una piccola cittadina toscana ed emigrato prima a Torino a soli 13 anni e poi a Roma, dove ha aperto un ristorante tutto suo. Ha cucinato per la Callas e Onassis, Brigitte Bardot e Al Pacino. Una grande amicizia con Frank Sinatra e Francis Ford Coppola. Guardare L’Emigrante vuol dire viaggiare e sognare dalla poltrona di casa.
O musicisti come Mats Hedberg, immigrato svedese; Nour Eddine Fatty, immigrato marocchino; Antonio Maiello, emigrato da Portici (Na); Elena Somarè, emigrata da Milano; Jonathan Cilia Faro, emigrato siciliano; Giovanni Imparato, emigrato napoletano; Don Backy, emigrato prima dalla Toscana per la Campania e ora nella Capitale; Rashmi Bhatt, immigrato indiano; Gisela Josefina López, immigrata venezuelana; Crina Cuibus, immigrata rumena, Zé Galía immigrato brasiliano; Cloris Brosca, nota ai più come “La Zingara” di Rai Uno, emigrata napoletana. Ma il salotto non è aperto solo agli artisti, anzi, si sono seduti imprenditori, fotografi, professori, medici, scrittori, ambasciatori, politici e sacerdoti. Uno su tutti, Don Luigi Trapelli, emigrato da Verona, molto vicino agli artisti.
Ecco forse il segreto del successo della trasmissione “L’Emigrante” è proprio in questo, l’ospite sa di avere di fronte una donna che conosce l’emigrazione, conosce le sensazioni dell’intervistato, conosce le sfumature tra il buio e la luce e quindi l’intervista si declina in una chiacchierata tra persone che anche se non si conoscono, conoscono la forza del coraggio
Dalla sua Biografia Originale, Giovanna (Giò) Di Sarno nasce a Ottaviano (NA) e cresce a Poggiomarino, paese di sole vesuviano. Vive a Roma da oltre vent’anni. Giovanissima, abbandona la provincia spinta da una insopprimibile vocazione per il canto. Roma è il primo approdo dove spera di realizzare il suo sogno d’arte e entrare a far parte del più vasto orizzonte dell’universo musicale.
Da allora, ragazza tenace e instancabile, ha percorso milioni di chilometri intorno al mondo per diventare quella che oggi è: un’artista di successo. Da Roma, dopo una fugace ma interessante esperienza nel cinema guidata da un influente regista come Sergio Pastore, inizia una fruttuosa carriera canora esibendosi prima in alcune TV regionali (qua e là e segnatamente a Napoli) e poi in numerosi concerti in giro per l’Italia.
Concerti che le consentono di maturare uno stile personale in cui il suo originale timbro musicale si accompagna e complementa con una forte carica di impronta teatrale. E saranno proprio i consensi riscossi in queste esibizioni, per bravura e presenza scenica, a costituire gli elementi basilari che più tardi la indirizzeranno a calcare i palcoscenici teatrali.
Il primo recital in cui si esibisce da protagonista è Cocktail, una miscellanea di canzoni che porta in due tournée per riproporre successivamente negli spazi artistici delle crociere sull’Achille Lauro. In questo iniziale periodo artistico, a conferma di una natura tanto ironica quanto divertita, Giò si esibisce con il nome d’arte Crazy Jo.
L’incontro con il maestro e compositore Enrico Di Napoli, che la sollecita e l’avvia a misurarsi anche come cantautrice, segna una svolta per un sino ad allora inesplorato e più completo itinerario professionale. Il primo risultato è la sua scanzonata Mattinata blues, composizione di qualche anno fa che sembra anticipare, con insinuante leggerezza, la precarietà del momento vissuto dai giovani di oggi. Questo è anche il periodo in cui Giò è chiamata a esibirsi a teatro con gli spettacoli Sono la rossa (ironica divagazione sul tema della bellezza delle donne) e Ricomincio da me (antologia di celebri brani di prosa e di letture poetiche). Grazie a questi crescenti successi, insieme al suo manifesto amore per la Spagna, nasce Spagnapoli, mix di classici della grande tradizione partenopea in versione spagnola.
Tra le tante canzoni tradotte per l’occasione si segnalano, tra le altre, Indifferentemente, Maruzzella e specialmente Quisiera saber (testo che con idea originale è scritto inizialmente in spagnolo e successivamente riproposto in napoletano con il titolo Vulesse sape’). E questo è l’oggetto (e il periodo) con cui Giò supera brillantemente il confine esclusivo delle precedenti esperienze. Qualche anno dopo, un indice di popolarità all’altezza delle grandi star della canzone nazionale Giò lo attinge con una propria rivisitazione di Maracaibo, la cui interpretazione spopola in tutte le latitudini (televisive e radiofoniche, fino a discoteche e … spiagge) ratificando in maniera irrevocabile notorietà e indiscusso talento.
A questo punto, quando la carriera di Giò sembra consolidata da tanti e unanimi attestati di successo, il suo destino d’artista le riserva un’altra inusitata e intrigante rotta: il musical Cantanapoli. Vero e proprio carosello napoletano dove Giò, raggiante protagonista, moltiplica il suo eclettismo artistico esibendosi, oltre che nel repertorio di cantattrice di caratura partenopea (vedi le esecuzioni del drammatico monologo ’E figlie so’ ffiglie, dalla Filomena Marturano di Eduardo, e della bellissima Viento’e mare, pezzo che, manco a dirlo, porta lasua firma) anche la trascinante Le Mantellate, il noto testo di intonazione romana di Giorgio Strehler.
Questa consacrazione dell’artista Giò Di Sarno, comprovata dal suo personale successo in Cantanapoli, rappresentato in prestigiosi cartelloni romani come quelli del Sistina, della Quercia del Tasso, dell’Auditorium della Musica e del Salone Margherita Bagaglino nonché, in giro per l’Italia, in piazze come Fiuggi, Pompei, Cassino e tante altre, non smorza ma illumina retrospettivamente anche alcune tappe significative della sua carriera costellata nel corso di tutti questi anni di altri e significativi appuntamenti. In breve sintesi: le tournée in Germania, Canada e Spagna con esibizioni in teatri di Francoforte, Toronto, Montreal, Madrid, Siviglia, Granada; lo spettacolo teatrale Risate di gioia: omaggio a Gabriella Ferri (Roma, Teatro 10), in cui precisamente nell’interpretazione di La toppa (testo di Pasolini) Giò si misura con successo con la grande cantante romana; Napoli … ma non solo, recital di canzoni, poesie e monologhi; conduzione di trasmissioni televisive: Millevoci, programma musicale trasmesso da 320 emittenti, Storie d’Amore (Teleuniverso, stagioni 2011 e 2012), L’Emigrante (programma con ospiti diplomatici, politici e intellettuali, ideato, scritto e condotto dalla stessa Giò su Radio Ies). Uno dei momenti in cui più chiaramente emerge il suo sincretismo artistico, in canto e recitazione, è la sua partecipazione al lavoro teatrale Missione impossibile: destinazione inferno (prodotto dalla Compagnia Italiana del Teatro Artistico d’Inchiesta) nel ruolo drammatico di una madre alla quale hanno rapito e ucciso il figlio minorenne. Tra un impegno e l’altro non mancano importanti sue presenze come ospite in trasmissioni televisive di RAI e Mediaset tra cui: Applausi, Maurizio Costanzo Show, Unomattina, Serata in onore di Giovanni Paolo II (Rai 2), Sottovoce (programma di Gigi Marzullo che le dedica due puntate in esclusiva). Di più recente produzione il CD La libertà di amare che, a coronamento di tante diversificate esperienze, Giò non esita a definire il suo “disco dell’anima”. E ciò, si intuisce, per la qualità e quantità di canzoni contenute, per la passione e il tempo impiegato a realizzarlo, per la grande professionalità dei Maestri coinvolti nel progetto (da Enrico Di Napoli a Mario Simeoli a Maurizio Dei Lazzaretti), e perché in questo lavoro Giò recupera un tono più introspettivo e confidenziale, infine perché le parole di tutte le composizioni sono sue, sorte dalla sua vena poetica. Tutte meno l’ultima che, trattandosi di un classico, la famosissima Bammenella, si connota come coinvolgimento, segno d’appartenenza e, insieme, fulgido omaggio alla grande tradizione della canzone napoletana.
Ultimi impegni teatrali: Ognuno mette quello che ha, commedia che la vede protagonista (insieme a Gabriella Di Luzio e a Sara Pastore) in un ruolo in cui Giò ha modo di sfoggiare, con ironica combinazione, l’allegra aggressività dell’attrice di origine napoletana e il timbro della cantante di ispirazione autoriale; Napoli … e non solo, recital strutturato su una selezione dei suoi più noti successi a cui vengono accostati alcuni cult ispirati dai suoi cantautori preferiti e, a intervalli irregolari, esecuzioni di poesie e brani di prosa. Attualmente, tra uno spettacolo e l’altro, Giò sta portando a termine la propria autobiografia articolata sul percorso artistico e esistenziale che l’ha portata dalle campagne vesuviane all’ambito palcoscenico del Sistina.