“La domanda che mi sono posto e che mi continuo a porre è: perché abbiamo dovuto aspettare i morti per scuoterci?”. E’ l’interrogativo che mons. Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, presidente della commissione episcopale per le migrazioni della Cei e vescovo delegato per la Pastorale della salute e la Caritas della regione Sicilia, ha lanciato, ieri pomeriggio, ai partecipanti all’incontro promosso dall’Avo e dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute, in collaborazione con Avis e Asp, a conclusione del corso per i volontari ospedalieri. Mons. Montenegro ha saputo scuotere le coscienze. Il suo appello non è rimasto inascoltato neppure da Papa Francesco che, lo scorso luglio, ha raccolto l’invito dell’alto prelato e ha voluto visitare l’isola, per testimoniare, con questa presenza, la propria vicinanza. “Più volte il Papa, durante la visita – rivela l’arcivescovo – mi sussurrava all’orecchio queste parole: “Quanta sofferenza”. Eppure io che, nei giorni scorsi, sono stato a Bruxelles per chiarire qual è il reale stato delle cose, mi sono potuto rendere conto che di risposte efficaci non ne esistono ancora. La situazione è quella che è. Noi continuiamo a chiamarla emergenza. Forse, però, dovremmo smettere di farlo anche se ci fa comodo. L’emergenza, infatti, è una condizione a cui è possibile mettere le toppe, una la si trova sempre. Se invece una situazione è ordinaria, la toppa la si deve portare addosso per sempre. E questo forse crea delle difficoltà. Noi speriamo che queste persone non approdino più così lungo le nostre cose. Ma sappiamo che si tratta di una speranza vana. Sono viaggi che si pagano a caro prezzo. Molta gente cammina per mesi, qualcuno per anni, subisce violenza fisica e morale. E noi siamo ancora qui a guardare”. L’arcivescovo ha aggiunto: “A Bruxelles mi hanno detto che ci vogliono tempi lunghi per intervenire, prima che tutti si mettano d’accordo. I tempi brevi spettano a noi, all’Italia. Ci hanno detto che ci possono foraggiare con del denaro ma siamo noi a doverci organizzare. E la nostra nazione come si sta organizzando? Purtroppo, è un problema che rischia di rimanere sempre in alto mare. Di fatto, però, c’è che dobbiamo pensare a interventi più duraturi nel tempo. Dobbiamo confrontarci con questa dura e triste realtà. Con una legge italiana che, in fondo, ritiene criminali queste persone perché commettono il reato di clandestinità. Ma è chiaro che queste persone non vengono qui da noi per un viaggio di piacere”. Poi un segnale di speranza. “Ora arriva il Natale – ha aggiunto l’arcivescovo – facciamo il presepe e ci commuoviamo ancora davanti al Bambino Gesù. La speranza è ricordare che ancora oggi ci sono Giuseppe e Maria che cercano una casa. E se quel Bambino a Betlemme ha trovato una mangiatoia, ci sono bambini che oggi vengono gettati nelle acque del mare. La speranza, allora, è di cambiare il Natale, facciamolo diventare più vero”. All’incontro di ieri pomeriggio, con la presenza del presidente Avo, Rina Tardino, e del direttore dell’Ufficio diocesano, don Giorgio Occhipinti, hanno partecipato, tra gli altri, il vescovo della diocesi di Ragusa, mons. Paolo Urso, il prefetto Annunziato Vardè, il commissario della Provincia regionale, Giovanni Scarso, il capo di gabinetto della Questura, Giovanna Cassarino, il primario di Oncologia dell’ospedale Maria Paternò Arezzo, Carmelo Iacono. A relazionare anche il direttore Simt dell’Asp, Piero Bonomo, che si è occupato della diversità, della multietnicità che si è trasformata in un problema per la realtà nazionale e anche per quella ragusana. Bonomo ha cercato di illustrare quali le ripercussioni sul versante trasfusionale, ricordando che comunque la trasfusione è un trapianto e quindi esposta al rigetto. Una questione accentuata dalla multirazzialità. Tra le misure correttive, la necessità di reclutare donatori anche nelle popolazioni immigratorie “perché solo così – ha aggiunto – possiamo garantire la salute, la trasfusione a questi fratelli che rappresentano il 7 per cento della popolazione italiana e che quindi non sono un numero sparuto”. Il deputato regionale Giorgio Assenza, nella qualità di presidente dell’Ordine degli avvocati di Ragusa, si è invece occupato di trattare il problema relativo al diritto d’asilo e al respingimento in mare. “Sembrano due concetti opposti – ha sostenuto – ma in effetti, poi, all’esame della legislazione vigente, sono estremamente connessi. Tra l’altro, tutto ciò capita in un momento particolare anche per l’Ars perché proprio oggi scadono gli emendamenti ai vari disegni di legge, tra cui uno sottoscritto anche da me che contempla pure l’intervento regionale in materia di politica a favore dell’immigrazione, quindi per alleviare le sofferenze dei migranti. E’ un problema che in un periodo di grave crisi può avere risvolti pericolosi visto che anche le nostre genti soffrono. E rischiamo di innescare una guerra tra poveri che sarebbe deleteria. Solo dal contemperamento delle esigenze e dal rispetto della persona umana che non ha colore né nazionalità si può guardare con maggiore tranquillità al futuro”.