“ Questa settimana si apre con un’altra brutta notizia per gli amanti delle antiche tradizioni napoletane e vomeresi, in particolare – afferma amareggiato Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari -. In questi giorni, nei locali “storici” di via Bernini 17, è scomparsa l’insegna dell’antica trattoria “da Sica”, inaugurata nel 1936, sul solco della celebre osteria del Confalone, famosa nel settecento. Ai tavoli di Sica, nei suoi ottant’anni di vita, si sono seduti migliaia di intellettuali ma anche di persone semplici, amanti della tradizionale cucina napoletana “.
“ Quando una quindicina d’anni fa la trattoria fu chiusa, in concomitanza peraltro con le tormentate vicende di un altro locale storico del quartiere collinare, il bar Daniele, purtroppo poi anch’esso scomparso, si pensò che si trattasse di un addio definitivo alla buona cucina, determinato dall’invadenza del fast food, che attirava masse di giovani e di meno giovani – ricorda Capodanno -. Invece dopo qualche mese i locali, rammodernati, dove si era anche recuperato l’aspetto antico, con i lampioni in ferro battuto e vetro, e le volte a vela, per richiamare il tempo che fu , ripresero in pieno la loro attività per la gioia dei tanti affezionati clienti dell’antica sala di ristorazione. Ora invece sono invece definitivamente scomparse anche le insegne, sostituite da quelle di una nuova catena di ristorazione che, presumibilmente, aprirà a breve “.
“ Dunque un altro pezzo di storia del quartiere collinare scompare, tra l’oramai consueta assenza delle istituzioni e di quanto avrebbero potuto e dovuto attivarsi per tempo, per evitare che questo accadesse – commenta rassegnato Capodanno - . Tra i personaggi che hanno frequentato la trattoria Sica, la quale all’inizio della sua attività, fu una semplice fiaschetteria, si ricordano Martinetti, Alfonso Gatto e Italo de Feo che, si racconta, scrivevano parole sui tovaglioli di carta, Paolo Ricci, Amendola e Alicata che, seduti ai tavoli, affrontavano i temi politici locali e nazionali, il grande Eduardo, Prisco, Compagnone e Incoronato, che tra una pietanza e l’altra imbastivano quelle opere che avrebbero per sempre reso celebre Napoli nel mondo “.