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Mercoledì, 16 Ottobre 2024

Marc Chagall, una retrospettiva 1908-1985

La mostra che si aprirà il 17 settembre a Palazzo Reale di Milano è la più grande retrospettiva mai dedicata in Italia a Marc Chagall, con oltre 220 opere – prevalentemente dipinti, a partire dal 1908, data in cui Chagall realizzò il suo primo quadro, Le petit salon, fino alle ultime, monumentali opere degli anni ‘80 – che guideranno i visitatori lungo tutto il percorso artistico di Marc Chagall, accostando, spesso per la prima volta, opere ancora nelle collezioni degli eredi, e talvolta inedite, a capolavori provenienti dai maggiori musei del mondo, quali il MoMa, il Metropolitan Museum di New York, la National Gallery di Washington, il Museo Nazionale Russo di S. Pietroburgo, il Centre Pompidou, oltre a 50 collezioni pubbliche e private che hanno generosamente collaborato

 

Il tema dell’esposizione è dunque centrato su una nuova interpretazione del linguaggio di Chagall, la cui vena poetica si è andata costruendo nel corso del ‘900 attraverso la commistione delle maggiori tradizioni occidentali europee: dall’originaria cultura ebraica, a quella russa, all’incontro con la pittura francese delle avanguardie.

“Gli uomini frettolosi di oggi sapranno penetrare nella sua opera, nel suo universo?” è la domanda che si pone Marc Chagall nel 1947 scrivendo la postfazione dell’autobiografia della moglie Bella, che l’ha lasciato “nelle tenebre” morendo all’improvviso tre anni prima.


Ma è una domanda che è lecito porsi anche per la sua opera, quella di un artista che parla un linguaggio così universale da essere amato da tutti, giovani e vecchi, uomini e donne, intellettuali e uomini della strada, e da tutti conosciuto e riconosciuto e che, tra tutti gli artisti del '900, è rimasto fedele a se stesso pur attraversando un secolo di guerre, catastrofi, rivoluzioni politiche e tecnologiche.
La mostra Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985 è promossa dal Comune di Milano-Cultura, è organizzata e prodotta da Palazzo Reale, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, Arthemisia Group e GAmm Giunti, è ideata da Claudia Zevi & Partners e curata da Claudia Zevi con la collaborazione di Meret Meyer.


Il percorso scientifico nasce da un interrogativo e da un’esigenza: da una parte il tentativo di capire quale fu la forza che permise a un pittore che pure sperimentò i linguaggi di tutte le avanguardie, di rimanere sempre così coerente con se stesso, sempre curioso di tutto ciò che lo circondava, sviluppando un linguaggio immediatamente riconoscibile alle persone di qualunque età e di qualunque stato sociale; dall’altra, l’esigenza di individuare nell'opera di Chagall, il segreto della poesia di quest'uomo fragile che pure seppe mantenersi sempre fedele alla propria tradizione e, insieme, alla propria umanità in un mondo scosso da catastrofi indicibili e fino ad allora inimmaginabili.

All’interno di un rigoroso e completo percorso cronologico, la mostra si articolerà in sezioni, partendo dalle opere degli esordi realizzate in Russia; durante il primo soggiorno francese, e il successivo rientro in Russia fino al 1921; con l’autobiografia scritta da Chagall al momento del suo definitivo abbandono della Russia, si aprirà il secondo periodo del suo esilio, prima in Francia e poi, negli anni ’40, in America dove vivrà anche la tragedia della morte dell’amatissima moglie Bella; con il rientro in Francia e la scelta definitiva di stabilirsi in Costa Azzurra Chagall ritroverà il suo linguaggio poetico più disteso, rasserenato dai colori e dall’atmosfera del Midi. Lungo il percorso espositivo i visitatori avranno modo di capire come fu possibile che Chagall, pur vivendo in un perenne esilio, non abbia mai perso quel filo rosso che gli tenne sempre nel cuore il bimbo che era stato; come seppe mantenere intatta, attraverso il tempo e le vicissitudini terribili che attraversarono la sua esistenza, la forma dello stupore, la gioia della meraviglia di fronte alla natura e all’umanità e, insieme ad esse, la fiducia di credere e di provare in tutti i modi a costruire un mondo migliore. E ancora scopriranno la sua originalissima lingua poetica, nata dall’assimilazione delle tre culture cui appartiene: la cultura ebraica (dalla cui tradizione visiva dei manoscritti ornati egli trae gli elementi espressivi, non prospettici a volte mistici della sua opera); la cultura russa (cui attinge sia attraverso le immagini popolari dei luboki che attraverso quelle religiose delle icone); la cultura occidentale (in cui assimila grandi pittori della tradizione, da Rembrandt come gli artisti delle avanguardie che frequenta con assiduità). Insieme a tutto questo vedranno anche il suo senso della meraviglia di fronte alla natura, di stupore di fronte alle creature viventi che lo colloca più vicino alle fonti medievali che a quelle novecentesche. I fiori e gli animali, presenza costante nei suoi dipinti, gli consentono da una parte di superare l’interdizione ebraica della raffigurazione umana, mentre dall’altra, come nell’antica cultura medievale russa, essi divengono le metafore di un universo possibile in cui tutti gli esseri viventi possono vivere pacificati. Come ebbe a scrivere Giovanni Arpino: “L’anima di Chagall è un’anima belante, tanto mite quanto invincibile perché sfugge agli orrori, alle insidie, agli oltraggi (…) Il suo paradiso è un Aldiquà che raccoglie i simulacri della vita, è un luogo fisico che diventa metafisico proprio perché noi tutti l’abbiamo ucciso durante la vita quotidiana”.
La sua arte viene a costituire una sorta di metissage fra le culture e le tradizioni e nella volontà di fare della contaminazione un valore, dell’opera d’arte un linguaggio in grado di esprimere alcuni interrogativi a tutt’oggi irrisolti dall’umanità, sta la radice fondamentale della sua modernità.

 

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