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Giovedì, 01 Maggio 2025

Dal 10 maggio al 23 novembre 2025, alle Tese delle Vergini dell’Arsenale a Venezia, le riflessioni architettoniche, scientifiche e culturali sul mare saranno le protagoniste di Terrae Aquae. L’Italia e l’intelligenza del Mare, titolo del progetto espositivo del Padiglione Italia alla 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e curato da Guendalina Salimei.
 
La partecipazione italiana è dedicata a un Mediterraneo allargato ai vicini oceani: la centralità del rapporto strutturale tra l’acqua e la terra, tra naturale e artificiale, tra infrastruttura e paesaggio, tra città e costa, incide sull’identità del Paese e sui delicati equilibri tra ambiente, uomo, cultura ed economia che devono essere sia tutelati nella loro integrità, sia ri-progettati per quell’imprescindibile adattamento a un futuro pervaso da nuove pressanti esigenze. Guardare l’Italia dal mare implica un cambiamento di prospettiva, impone la necessità di ripensare il progetto del confine tra terra e acqua come sistema integrato di architetture, infrastrutture e paesaggio.
 
Così il Ministro della Cultura Alessandro Giuli: Il mare: è questa da sempre la proiezione naturale dell’Italia, sin dai primordi della civiltà prima che i coloni greci approdassero sulle nostre coste per costruire le loro città. Un carattere geografico che ci ha sempre contraddistinto, e che a Venezia, massima espressione di sapienza e bellezza, ha trovato la propria sintesi. Giusto quindi che il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025 rifletta sul nostro rapporto con il mare: ripensare e progettare in modo sostenibile le nostre coste, tenendo conto di sfide globali e urgenti, è la chiave del futuro della Nazione. Il Padiglione Italia si conferma capace di creare sinergie tra ricerca, innovazione e rapporti comunitari, integrando il sapere storico e scientifico con le pratiche artistiche e architettoniche, per promuovere soluzioni condivise. È un dovere sostenere in un’istituzione di portata globale come la Biennale progetti che possano ispirare e trasformare profondamente l’agire umano, dando voce alle istanze di creatività e bellezza che si intrecciano nelle aree costiere e portuali, protagoniste di questo straordinario viaggio universale verso il futuro.
 
Così il Presidente della Fondazione La Biennale di Venezia Pietrangelo Buttafuoco: L’Italia è al centro del Mediterraneo, bagnata e benedetta da tre diverse acque, sino a poco più di un secolo e mezzo fa nel suo destino c’era ancora il mare. Abbiamo dimenticato di avere il Mediterraneo intorno, immaginandoci e assimilando, come collettività, a esperienze forse virtuose, efficienti, produttive, ma senza mare. In cui è difficile identificarsi nel senso più profondo, perché non sono le nostre radici e i nostri paesaggi. Ribaltare la prospettiva, guardando l’Italia dall’acqua, e non l’acqua dall’Italia, è un esercizio che Guendalina Salimei ci invita a fare, immersi in onde virtuali a osservare le proposte che vengono dal mare, per il mare. Un luogo, Il Mediterraneo. Una Soluzione, Il Mediterraneo.
 
Per il Direttore Generale Creatività Contemporanea e Commissario del Padiglione Italia Angelo Piero Cappello: La partecipazione dell’Italia alla Biennale Architettura 2025, con il Padiglione curato da Guendalina Salimei, si configura come un importante contributo al dibattito internazionale sulla progettazione contemporanea, assumendo come tema centrale il rapporto tra terra e acqua. Questo dialogo, che affonda le sue radici nella storia e nella cultura del nostro Paese, si propone oggi come un’urgenza imprescindibile, capace di interrogare non solo l’architettura, ma anche i paradigmi sociali, economici e ambientali su cui poggia il nostro vivere collettivo. L’acqua, elemento fondante del paesaggio italiano, rappresenta non solo una risorsa naturale, ma anche una soglia simbolica e fisica tra mondi. I mari che bagnano le nostre coste, i fiumi che attraversano le nostre città, i laghi che punteggiano il territorio sono parte integrante di un patrimonio che ci identifica e ci connette a un contesto mediterraneo e mondiale, di cui non possiamo non sentire la responsabilità di protagonisti e coglierne le opportunità. In un’epoca di profonde trasformazioni climatiche, economiche e culturali, il Padiglione Italia si fa portavoce della necessità di ripensare il rapporto con l’universo acquatico, esplorando nuove forme di convivenza e di equilibrio sostenibile.
 
Per Guendalina Salimei, la curatrice del Padiglione Italia: In linea con il tema della 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, condividiamo l’idea che sia possibile mettere in gioco molteplici forme di intelligenza coordinate tra loro nell’elaborazione di nuove strategie che possano salvare le coste italiane e dei paesi che si siano messi all’ascolto dei messaggi del Padiglione Italia. L’Architettura, come disciplina sistemica, è chiamata in causa per elaborare visioni del mondo e, proprio per la sua indiscutibile capacità di comprendere le relazioni tra le parti, e tra le parti e il tutto, deve scendere in prima linea per poter mettere in campo energie cariche di creatività ed empatia. Per far questo è necessario riferirsi ai deep data, ovvero a quell’insieme di conoscenze approfondite e specifiche – spesso nascoste o poco note - generate da individui diversi, che possono fornire punti di vista e soluzioni inedite capaci di aprire a un dibattito proiettato verso azioni future.
 
La mostra accoglierà gli elaborati di singoli e gruppi, sia affermati sia emergenti, innescando un confronto intergenerazionale, interculturale e senza distinzioni di genere in cui passato e presente verranno accomunati, coinvolgendo progettisti, studiosi e operatori della cultura - ma anche giovani, poeti, artisti, enti di ricerca e del terzo settore - nel ripensamento del rapporto tra terra e mare, con l’esposizione sia di progetti di riqualificazione realizzati, sia di contributi prodotti ad hoc tramite l’uso di metodi multidisciplinari e multimodali, sia degli esiti di ricerche istituzionali e accademiche.
 
L’ascolto di voci differenti, accolte secondo uno spirito inclusivo di persone, idee e mezzi espressivi, mira a stimolare il risveglio di una intelligenza collettiva capace di innescare un rinnovamento che parte dalle coste italiane per espandersi a livello globale. Spesso negate, abbrutite e abusate, le nostre coste sono in realtà luogo di incontro tra ecosistemi, culture, attività e religioni diverse, in cui l’azione umana sa e deve esprimersi anche con poesia e rispetto. Un rapporto così viscerale che proprio a Venezia aveva trovato il suo simbolismo più alto con il rito dello sposalizio del mare, celebrato ogni anno dal Doge a bordo del Bucintoro all’imboccatura del porto di San Niccolò al Lido, dove, dopo aver versato un vaso d’acqua santa, gettava tra i flutti l’anello benedetto dal Patriarca pronunciando le parole «Desponsamus te, mare nostrum, in signum veri perpetuique dominii» (Ti sposiamo, mare nostro, come segno di vero e perpetuo dominio).
 
Le tematiche su cui siamo chiamati a riflettere derivano dalla necessità di garantire una gestione sostenibile e una valorizzazione ambientale e culturale delle aree costiere e portuali, fondamentale per la resilienza dei territori, la conservazione del patrimonio naturale e, in generale, un dialogo più equilibrato tra terra e mare. Tra le tematiche, alcune emergono con più urgenza: ripensare le cesure, determinate da aree portuali, strade litoranee, insediamenti turistici e strutture abusive che interrompono la continuità sia tra città e mare sia tra ecosistemi naturali; reinterpretare i dispositivi di soglia, elementi di transizione tra terra e mare come dighe, moli, frangiflutti e barriere costiere, fari, piattaforme artificiali; riscrivere i waterfront come processo di rigenerazione urbana che può trasformare le aree costiere, urbane e non, in luoghi vivibili, accessibili e sostenibili; ripensare le infrastrutture ricettive e portuali per adattarsi ai cambiamenti climatici riducendo il rischio di dissesti idrogeologici e l’impatto sull’ecosistema naturale; riconvertire l’archeologia industriale, portuale e produttiva, abbandonata lungo le coste; riscoprire il patrimonio sommerso, naturale e archeologico; ridefinire le strategie di tutela attiva del patrimonio ambientale.
 
Il Padiglione Italia, per tutta la durata della mostra, sarà accompagnato da un Programma Pubblico intitolato Il mare dell’intelligenza. Dialoghi, articolato in numerosi appuntamenti – seminari, conferenze, laboratori, workshop – organizzati in luoghi cari alla cultura veneziana e internazionale, che saranno comunicati nel dettaglio prossimamente.
 
Il progetto Terrae Aquae. L’Italia e l’intelligenza del Mare è illustrato da un catalogo edito da Electa che contiene le riflessioni di cultori della materia, i contributi selezionati a seguito della Call for visions and projects, i saggi fotografici, le incursioni artistiche, gli esiti della ricerca e altre suggestioni culturali e progettuali. Diviso in tre volumi e corredato da inserti speciali, il catalogo è concepito come un portolano di navigazione capace di orientare il lettore nella scoperta delle esperienze progettuali collettive, delle tematiche e degli esiti di confronti e dibattiti.
 
La Direzione Generale Creatività Contemporanea, afferente al Dipartimento per le Attività Culturali del Ministero della Cultura, contribuisce alla realizzazione del Padiglione Italia con un importo pari a 800.000 euro formalizzato, come di consueto, con una convenzione con la Fondazione La Biennale di Venezia.
 
Il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025 è realizzato anche grazie al sostegno di Banca Ifis. Per il secondo anno consecutivo, il Parco Internazionale di Scultura di Banca Ifis a Mestre (VE) ospiterà l’appuntamento di apertura del Programma Pubblico. A inaugurare Il mare dell’intelligenza. Dialoghi, domenica 1° giugno 2025, sarà la performance dell’artista Thomas De Falco, seguita dalla presentazione di Draco Piscis, opera scultorea di Agnes Questionmark.

 

È in corso a Palazzo Bonaparte, dopo la tappa milanese di palazzo Reale, un’importantissima monografica dedicata a Edvard Munch, con 100 opere provenienti dal Museo Munch  di Oslo. All’inaugurazione hanno presenziato la regina Sonja di Norvegia ed il Presidente Sergio Mattarella con interventi di Johan Vibe, ambasciatore di Norvegia in Italia, Tone Hansen, direttrice del museo Munch, Iole Siena, Presidente di Arthemisia e della curatrice. Patricia G. Berman,  A distanza di oltre 20 anni dall’ultima mostra dedicata a Munch a Roma,approda a Palazzo Bonaparte la più grande mostra mai realizzata prima.Edvard Munch (1863 -1944) viene celebrato con una grande retrospettiva, con il patrocinio della reale ambasciata di Norvegia a Roma, in collaborazione con il Museo Munch Di Oslo.

Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, nonché l’interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano. La mostra, curata da Patricia Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, narra tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo fa attraverso numerose opere, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de ‘L’Urlo’ (1895), ma anche ‘La morte di Marat’/ (1907), ‘Notte stellata’ (1922–19249), ‘Le ragazze sul ponte’(1927), ‘Malinconia’ (1900–1901) e ‘Danza sulla spiaggia (1904).

Munch e l’Italia

Un aspetto meno conosciuto del lavoro di Munch è il suo debito verso l'Italia. Il suo primo viaggio nella Penisola risale al 1899, assieme a Tulla Larsen, e comincia subito con il piede sbagliato: "Sarebbe dovuto andare a Parigi", scrive l'artista utilizzando la terza persona, "Ma la sua salute non glielo permise, e forse l'Italia gli avrebbe giovato, quindi si diressero insieme a Firenze. Malattia, alcol, disastri: questo fu il viaggio a Firenze". Dopo la partenza della Larsen, però, Munch si dirige a Roma, dove si confronta profondamente con le tradizioni italiane. In merito a ciò le scrive: "Al momento mi trovo tra Firenze e Milano. Ed è con emozioni contrastanti che... lascio una fase in Italia e una nuova grande fase a Nord".Questa nuova fase, in parte ispirata dall'arte di Raffaello, include l'elaborazione del suo ‘Il Fregio della vita’ in un allestimento architettonico narrativo. Anche i dipinti monumentali successivi devono un tributo al Rinascimento italiano: "Penso alla Cappella Sistina... Trovo che sia la stanza più bella al mondo". Munch torna in Italia nel 1922 ("più gloriosa che mai") e trascorre un giorno a esplorare la Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Nel 1927 passa un mese a Roma e, in occasione di tale viaggio, si reca in pellegrinaggio al Cimitero Acattolico per visitare la tomba dello zio Peter Andreas Munch, lo storico più famoso di tutta la Norvegia. P. A. Munch, morto a Roma lo stesso anno della nascita di Edvard, è un accademico di tale rilievo da rientrare nel gruppo dei primissimi studiosi non cattolici a cui è consentito l'accesso agli Archivi Vaticani. Munch cerca inoltre ispirazione tra i tesori di Roma: "Dato che sto lavorando con i grandi formati, per me è fondamentale poter ammirare gli affreschi di Michelangelo e Raffaello", annota. 

 

"Munch. Il grido interiore", 11 febbraio - 2 giugno 2025

A Palazzo Bonaparte, Piazza Venezia, 5, a cura di Arthemisia

Dal 31 gennaio al 1 marzo 2025, Roma si prepara ad accogliere l’arte visionaria di Jan Fabre, uno dei più grandi innovatori della scena contemporanea, con una mostra che, per la prima volta in Italia, raccoglie i due più recenti capitoli della sua produzione artistica: Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) e Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre).

Artista visivo, creatore teatrale e autore, capace di fondere tradizione artistica, filosofia, scienza e spiritualità in un unico personale universo creativo, Fabre porta alla Galleria Mucciaccia di Roma un corpus di opere che attraversano l’essenza del pensiero umano, la fragilità della vita e il potere trasformativo dell’arte, “giocando” con la performatività dei materiali, per esplorare temi esistenziali, spirituali e scientifici attraverso un dialogo costante tra corpo, mente e materia.

Occasione per immergersi in un viaggio tra simbolismo, innovazione e intimità personale, in un percorso espositivo attraverso il quale Fabre continua a spingere i confini dell’arte reinventando antiche metafore per affrontare questioni contemporanee, la mostra è un’esplorazione del rapporto tra materia e spirito, forte di un uso innovativo di materiali come il marmo di Carrara, il Vantablack (la più nera versione esistente del nero) e i colori a matita e tempera.

Il primo capitolo Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) è un tributo poetico alla fragilità della vita, all'inseguimento dei sogni e alla continua ricerca dell'umanità di comprendere il cielo. Fabre esplora queste tematiche attraverso un’installazione composta da opere meticolosamente scolpite in marmo di Carrara e intimi, sorprendenti disegni a matite colorate su Vantablack. Una serie di sculture raffigura canarini appollaiati in cima a cervelli umani, apparentemente in contemplazione dei meccanismi interni della mente. Dettagli come le piume di un canarino - metafora della libertà e della fragilità - o le vene di un cervello si trasformano in una poesia scultorea che armonizza i suoni del cielo con l’eco dei pensieri umani, attraverso titoli evocativi come Thinking Outside the Cage (2024), Sharing Secrets About the Neurons (2024) e Measuring the Neurons (2024).

È al centro di questa prima sezione espositiva che si trova la scultura monumentale The Man Who Measures His Own Planet (2024): una figura si erge su una scala, con le braccia tese come a voler misurare l’immensità del cielo. Il cranio aperto rivela una “terra incognita”, quel territorio in gran parte inesplorato che è il cervello, simbolo dell’incessante ricerca dell’artista e dell’uomo per capire l’incomprensibile; il corpo è modellato su quello di Fabre stesso, mentre il volto rimanda al fratello scomparso prematuramente, Emiel, a cui è dedicata la mostra.

Questo primo capitolo Songs of the Canaries è anche un omaggio a Robert Stroud, detto “Birdman of Alcatraz”, un prigioniero che divenne un rinomato ornitologo, specializzato in canarini. Per poterli studiare, Stroud riuscì a farsi portare in cella centinaia di questi uccelli, creature che anche in cattività trovavano la forza di cantare e ispirare la mente. Quando fu rilasciato, alla domanda dei giornalisti su cosa avesse intenzione di fare per il resto della sua vita, Stroud rispose: “Misurerò le nuvole”.

Il secondo capitolo, Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), mescola il jazz e l’arte con la vita personale dell’artista, per esplorare la relazione tra fragilità e creazione in opere sorprendenti che uniscono tradizione iconografica e innovazione contemporanea. Il cuore dell’installazione è costituito da tre grandi sculture di marmo di Carrara in cui Fabre raffigura un neonato fuori scala, suo figlio all'età di 5 mesi e mezzo, ma alto come il padre.

Questa seconda sezione della mostra inizia infatti con una nota personale: Fabre ha chiamato il suo primogenito Django Gennaro, dove Django si riferisce a Django Reinhardt, virtuoso chitarrista gypsy jazz belga, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale e innovativo. Reinhardt era riuscito a eccellere e a inventare un genere musicale personale partendo da un grande svantaggio: una grave menomazione alla mano sinistra dovuta a un incidente da ragazzo.

Jan Fabre ha scelto di omaggiare queste due importanti figure nella sua vita, fonti di ispirazione per la sua arte.

Le delicate forme infantili scolpite incarnano il mistero della nascita e della creazione e sono anche messaggere di partiture musicali jazz, che appaiono sia incise nel marmo sia nei disegni dai colori vivaci, evocando una dimensione giocosa e improvvisata, ispirata alle pitture infantili del giovane Django e ai brani di Reinhardt. Come una partitura musicale multidimensionale che trasporta lo spettatore sulle note dei grandi successi del chitarrista gitano “Minor Swing”, “Nuages” o “Manoir de Mes Rêves”, le opere conducono in un mondo di sogni concreti, di vite fatte d’arte; un lento swing tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, un invito artistico a contemplare la fragilità e lo splendore della condizione umana. La mostra tutta è un inno alla musica, filo conduttore che attraversa entrambe le serie: Fabre intreccia note e immagini, trasformando il gypsy jazz di Django Reinhardt in una colonna sonora visiva, mentre i canarini, simbolo di canto e libertà, diventano messaggeri tra il terreno e il celeste.

Nato ad Anversa nel 1958, Jan Fabre è un innovatore di spicco e una delle figure più influenti del panorama artistico contemporaneo internazionale. Contribuendo all’arte visiva, al teatro e alla letteratura, è stato il primo artista vivente a tenere grandi mostre personali in istituzioni prestigiose come il Museo del Louvre di Parigi nel 2008 e il Museo Hermitage di San Pietroburgo nel 2017. Inoltre, è l’unico artista ad aver ricevuto l’onore della Cour d’Honneur del Festival di Avignone per tre edizioni consecutive (2001, 2005 e 2006) e ad essere stato incaricato di creare un’opera per la Felsenreitschule al Festival di Salisburgo nel 2007.

La mostra, a cura di Dimitri Ozerkov, con contributi di Giacinto Di Pietrantonio, Melania Rossi e Floriana Conte, è accompagnata da un catalogo ricco di analisi critiche e immagini, curato da Melania Rossi e Giovanna Caterina de Feo; un approfondito omaggio alla complessità dell’arte del maestro belga, che intreccia temi personali, simbolici e universali.

 

Fonte Marta Volterra, Head Press Office HF4

 

 

E’ sempre un momento di grande interesse e un’opportunità da non perdere quando le ricerche accademiche escono dall’ambito precipuo degli studiosi e delle Università per essere anche divulgate al pubblico, offrendo spunti e nuove conoscenze non solo agli specialisti.

E’ il caso del prossimo incontro al Teatrino di Palazzo Maffei a Verona che, se pure attrarrà gli storici dell’arte e gli esperti per la qualità e l’importanza delle indagini, saprà nel contempo illuminare aspetti importanti della cultura veronese del Settecento, di grande interesse.

Se è vero, come dichiarava Giovanni Battista Carlo Giuliari, che il Settecento rappresenta «il secolo d’oro della letteratura veronese», ciò è merito non solo di un’evidente – e quantificabile – urgenza letteraria, sospinta in larga parte da Scipione Maffei, ma anche di una vera e propria rinascita tipografica accompagnata dal profilarsi di nuove botteghe e dal naturale avvicendamento dei loro proprietari.

E’ questo clima di fervore che viene finalmente messo in luce dal volume di studi di Elena Bao Invenit, delineavit et sculpsit. L’editoria illustrata a Verona nel XVIII secolo (Zel Edizioni), che sarà presentato giovedì 23 gennaio alle ore 17.00 nel Teatrino di Palazzo Maffei a Verona (ingresso libero fino ad esaurimento posti) in un incontro d’arte al quale parteciperanno oltre all’autrice anche gli studiosi Mario Allegri, Enrico Maria Dal Pozzolo, Giovanni Maria Fara e Federica Formiga.

Frutto delle indagini svolte dalla Bao  durante il dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Verona sotto la supervisione del professore Enrico Maria Dal Pozzolo, l’opera ricostruisce il panorama editoriale veronese nel Settecento, focalizzando però l’attenzione sui volumi corredati di immagini calcografiche, interessanti punti di innesto di professionalità anche molto diverse tra loro, nonché autentiche ‘fotografie’ dell’identità culturale e artistica della città e del territorio nel periodo in esame.

Molti dei testi congedati in riva all’Adige sono infatti corredati da antiporte, frontespizi, iniziali, testate, finalini, tavole fuori testo, talvolta firmate da artisti di prim’ordine, talvolta affidate a personalità poco note, ma non per questo meno interessanti.

Un intricato fenomeno, in un’area – quella veronese – generalmente poco considerata perché ingiustamente “schiacciata” dalla fama e tradizione veneziana, e in un periodo – il XVIII secolo – segnato dall’utilizzo pressoché esclusivo di matrici in incavo a opera di incisori o peintre-graveur.

La ricerca poggia sul vaglio di circa 3000 testi di cui quasi 600 illustati, fungendo per questi da discorsivo catalogo finale, articolato diacronicamente per macro-sezioni tematiche.

Vengono di volta in volta messi in luce i protagonisti della stampa – tipografi, autori, editori, dedicatari … – con l’obiettivo di ripercorrere, ed esplicitare in molti casi, le dinamiche di finanziamento, e  un posto d’onore spetta a Scipione Maffei, instancabile studioso che tenne le fila delle principali iniziative scaligere di metà secolo, non solo librarie.

Prioritaria appare l’analisi del rapporto tra i pittori e gli intagliatori incaricati all’illustrazione dei testi e, oltre al prezioso confronto con i rari disegni preparatori (alcuni dei quali inediti), non mancano richiami all’arte maggiore, collegamenti con analoghe testimonianze calcografiche, nonché letture iconografiche.

Oggetto infine di particolare attenzione sono soprattutto gli incisori, spesso ingiustamente adombrati dai colleghi pittori di cui sono chiamati a trasporre su rame le invenzioni; a loro è dedicata infatti un’accurata appendice biografica, utile strumento per eventuali futuri approfondimenti.


Fonte Villaggio Globale International Antonella Lacchin

 

 

 

 

Il 1° gennaio Giancane e Rancore saranno tra gli artisti protagonisti di ROMA CAPODARTE 2025 Città nel mondo. Due concerti speciali, completamente gratuiti, che trasformeranno altrettanti luoghi della periferia romana – rispettivamente Largo Arquata del Tronto a San Basilio e il Parcheggio dell’I.C. Pablo Neruda di Casal del Marmo – in palcoscenici d’eccezione in cui confluiranno le energie musicali della città.

Giancane, musicista e cantautore romano, ex chitarrista del gruppo Il Muro del Canto, dopo le collaborazioni con Zerocalcare con cui ha condiviso l’ultimo tour, sarà sul palco della piazza del Mercato Rionale di Largo Arquata del Tronto, a San Basilio, per dare il via al nuovo anno con il suo indie-folk ironico e tagliente.

Rancore, tra i nomi più apprezzati del rap italiano, vincitore del premio come miglior testo al Festival di Sanremo 2020, è atteso nel parcheggio di via di Casal del Marmo 216 per un concerto-evento in cui eseguirà brani da tutto il suo repertorio.

“Diamo il benvenuto al nuovo anno inaugurando una stagione di eventi diffusi in tutti i 15 Municipi della città”, dichiara l’Assessore alla Cultura di Roma Capitale, Massimiliano Smeriglio. “Una quarta edizione che, nell’anno giubilare, intende celebrare Roma come palcoscenico internazionale e crocevia di culture ma anche mettere in dialogo il centro con tutto il resto della città, con tante iniziative dedicate alle cittadine e ai cittadini della Capitale.

Un programma straordinario, interamente gratuito, che vedrà protagoniste, in particolare, le periferie per una grande Festa della città e di chi la abita. Siamo felici di annunciare, infatti, che San Basilio e Casal del Marmo saranno palcoscenici d’eccezione di due dei più importanti appuntamenti musicali che animeranno il primo giorno del nuovo anno: i concerti di Rancore e Giancane, tra gli artisti romani più amati dal pubblico e acclamati dalla critica musicale.

Una grande occasione per tutte e tutti di entrare in relazione con la bellezza e, per le romane e i romani, di riappropriarsi delle vie, delle piazze, dei cortili che li hanno visti crescere o che li hanno accolti nel corso della propria vita. Di innamorarsi ancora della nostra città”.

Il programma completo di ROMA CAPODARTE 2025 Città nel mondo, con tanti altri importanti ospiti, e gli appuntamenti gratuiti in tutti i Municipi e nei musei, nelle biblioteche e negli spazi culturali cittadini, sarà annunciato nei prossimi giorni.

ROMA CAPODARTE 2025 Città nel mondo è un’iniziativa promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale con il coordinamento del Dipartimento Attività Culturali e il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con l’Istituzione Biblioteche di Roma, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, le Istituzioni e gli spazi culturali capitolini, i Municipi e poi ancora con enti, associazioni, operatrici e operatori culturali, artiste e artisti.

 
Fonte Zetema
 

 

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