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Sembra un’intervista benevola ed edulcorata se non proprio di propaganda nei confronti di Zingaretti e, quindi, del Partito Democratico.

Intanto le foto (quella grande che lo ritrae pacioso e sorridente in testa al corteo di Milano del 2 marzo contro il razzismo, e quelle piccole con Papa Francesco, con Salvini, con Di Maio e con due extracomunitari di colore, anch’essi sorridenti) fanno sorgere il sospetto che siano state scelte per convincerci che Zingaretti è persona di cui possiamo fidarci. Poi le domande e le risposte dove il sospetto diventa quasi certezza.

Nel preambolo si dice che Zingaretti è “cresciuto a pane e Pci”. È ancora comunista? Forse oggi “comunista” può significare meno di niente se non, magari, la nostalgia di chi ha conosciuto il comunismo solo attraverso le vicende esilaranti di don Camillo e Peppone immaginate e descritte dal grande Guareschi. Ovvio che quello di Zingaretti non può essere il comunismo di Stalin, sterminatore in Russia e in Ucraina di esseri umani (60 milioni secondo Solženicyn!); né quello di Togliatti, caudatario di Stalin, che non salvò dalla fucilazione e dalla morte nel gulag i compagni italiani sfuggiti al fascismo e rifugiatisi in URSS; neanche il comunismo della “mano tesa” ai cattolici (1963); né il “cinese” che molti abbiamo  subito all’università negli anni “1968”; né del “compromesso culturale” e poi “storico” con le famose lettere di mons. Bettazzi a Berlinguer (1976) e di questi al “signor Vescovo” di Ivrea (1977). Zingaretti è nato a metà degli anni Sessanta e il “suo” coincide con la caduta del Muro di Berlino (1989); quindi l’adesione del “nostro” giovine, per quanto “eroica”, essendo egli rimasto coraggioso sulla nave che affondava, non poteva che essere data a un comunismo ormai “diverso”.

Fallita, infatti, la “rivoluzione proletaria” a cui molti avevano ciecamente creduto, ora che i “poveri” e i “proletari” delle “periferie” si affidano alla Lega, il “post-comunismo moderno” è divenuto il partito dei ceti borghesi dei centri urbani proni ai voleri degli intellettuali “primi della classe” che li manovrano e li spingono nelle piazze a manifestare con “bandiere e trombette” contro i fantasmi del razzismo che non c’è, del fascismo che è finito nel 1945 e la Famiglia, questa, sì, che per fortuna c’è ancora (vedi il baccanale indegno organizzato da femministe, ex comunisti e “5 Stelle”, ignoranti di Medio Evo non studiato, giornali e tv in occasione del “Convegno di Verona” di fine marzo 2019). Tale post-comunismo, irriconoscibile ai vecchi compagni e oggi interpretato dal Partito Democratico, corre alla perenne ricerca di “diritti civili” avendo sposato in nome della “libertà” tutte le “battaglie” che in passato furono del ceto radical-borghese. Gli è tuttavia rimasta immutata l’avversione a Dio e alla Dottrina della Chiesa nel tentativo antico e prometeico di ri-creare un “homo novus” ed una società futura “libera” dai lacci di Religione, Famiglia, Patria, Identità, Tradizione; ma questa sarà una “non-società” atomizzata, sradicata e – quindi – manipolabile dal potere onnipotente. Autori cattolici parlano, a tal proposito, di disegno diabolico, ordito dal “Padrone del mondo” che, sfruttando le pulsioni e i vizi del cuore umano, manovra l’attuale rivoluzione epocale.

La FAMIGLIA NATURALE (uomo-padre, donna-madre che generano figli), per il solo fatto di esistere, rappresenta l’unica Resistenza rocciosa, massiccia a tale rivoluzione; tutto ciò, nonostante i delitti che talvolta nella Famiglia sono stati perpetrati: lor signori vogliono eroderla a poco a poco creandogliene “altre” attorno e, infine,  distruggerla completamente!

Ecco perché l’aggressione maggiore coloro la rivolgono a Lei con divorzio potenziato in divorzio “breve” e divorzio “lampo”; aborto ora  pensato anche a nove mesi o “post-natale” (leggi infanticidio), come già avviene in paesi “civili” ex protestanti ed ex cattolici del Nord Europa e del Nord America; “matrimoni” tra due uomini o due donne e conseguenti adozioni (genitore “uno” e genitore “due”) o utero in affitto con compravendita di corpi di donne e bambini ai quali sarà negato per tutta la vita il sacrosanto diritto che ognuno ha di conoscere il padre e la madre; il capovolgimento della natura umana col “gender” che vuole fermare gli individui in una sorta di limbo asessuato per far loro scegliere, poi, se essere maschi o femmine…

Attenzione, l’elenco di tali “diritti” potrebbe continuare perché è nell’essenza stessa della “rivoluzione” non porre limite alla sua corsa come un carretto senza freni su un piano inclinato: così all’orizzonte più o meno lontano già si profilano futuri “mostri” e aberrazioni come l’incesto (già domandato al Bundestag di Berlino); la pedofilia legalizzata (qualcuno negli “anni formidabili” 1968 – io c’ero! – parlava di “diritto” dei bambini di avere rapporti sessuali con adulti); follie tipo il “matrimonio” fra tre persone, già avvenuto in America (“La Verità” del 18-I-2019 riporta una foto di tre donne “sposate” fra loro con tanto di abito bianco!)... Il tutto nel clima di relativismo e  in nome della “libertà” e – ovviamente – dell’“amore”.

In margine a questo discorso, giova ricordare che tale “futuro” non cala di colpo come un fulmine ma procede per gradi col seguente classico percorso: prima viene pensato nell’alto della “piramide” da pochi cattivi maestri, poi è diffuso nella società a dosi sempre maggiori da giornali, tv, film, e un numero imponente di “agenti” servitori/propagatori e giullari applauditi; quindi viene provato magari coi “tre passi avanti e due indietro” a seconda delle circostanze; infine, quando la società ne è imbevuta e corrotta, indifferente al bene e al male, subentra il “lavoro” finale e “necessario” di minuscoli politicanti nostrani a cui il “Padrone” ha assegnato il compito di confezionare la “legge”. Questa, però, una volta approvata, potrà durare secoli e sarà devastante!

Il presente elaborato preambolo, di cui chiedo scusa ai “5” pazienti lettori, è per concludere che il Partito Democratico di cui Nicola Zingaretti è Segretario, nella presente temperie storica è il principale esecutore politico  dell’attuale Rivoluzione antropologica che io con mezzi artigianali ho cercato di riassumere. I suoi Maestri e suggeritori conoscono, molto meglio di me e di tanti inconsapevoli iscritti e simpatizzanti di quel Partito, la “meccanica” per introdurre e farle accettare dalla società le trasformazioni che chiamano “diritti civili”.

Tali “diritti” cozzano – “per diametrum” si diceva una volta – col Diritto Naturale e la Dottrina sociale della Chiesa e talvolta con la nostra Costituzione. Stupisce che “Famiglia Cristiana” sembra non essersene accorta! Mi domando: dobbiamo essere noi, piccoli “quidam de populo”, a mettere in guardia le buone e ignare persone che frequentano chiese e sagrestie e dir loro di  tenere gli occhi bene aperti e di leggere con precauzione perfino  riviste e giornali che un tempo ritenevamo sicuri perché cattolici? Qualcuno vuole, finalmente, proteggere queste buone persone dalla confusione invadente? Oppure la “gloriosa” Rivista dei Padri Paolini ha timore di essere detta “integralista” o spera di ammorbidire Zingaretti e il suo Partito quando questi, malauguratamente ritornati al governo,  sciorineranno le richieste di altri “diritti”?

Ben diverse potevano/dovevano essere, a mio debol parere, le domande da farsi al Segretario; domande chiare, precise e stringenti sugli argomenti fondamentali che oggi ci dividono e non, ad es., quella inodore e incolore “Lei è d’accordo col servizio civile obbligatorio?” Quella, poi, – “Come contrastare  il deserto demografico?” –  sbaglia completamente la mira essendo rivolta al Segretario del Partito che ha favorito  forse più di ogni altro tale “deserto” con l’approvazione della “legge” 194 che dal 1978 ad oggi è stata responsabile di oltre sei milioni di bambini eliminati prima di nascere, alla faccia della “tutela della maternità”! Con domande più precise avremmo avuto una visione chiara e distinta della “bravura” del Segretario e del suo Partito per magari  decidere se votarli o no, visto che “Famiglia Cristiana” gli chiede: “Perché oggi i cattolici dovrebbero votare PD?” Una chiarezza che manca anche quando il “nostro” parla di “nuova speranza” con la scelta “ecologistica per la difesa del pianeta, come propone papa Francesco”, dove il riferimento è – ovviamente – alla nota enciclica “Laudato si’”; ma al paragrafo 120 di questa Francesco dice pure:

“Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure comprensibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano [...] quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono”.

È facile citare Francesco quando conviene, ma il Papa condanna l’aborto mentre Zingaretti ha tentato di proibire l’accesso al San Camillo di Roma ai medici antiabortisti obiettori di coscienza (v. “Avvenire” 23-2-2017). Ma ciò dalla domanda e dalla risposta, a p. 38, non si evince e il lettore, ignaro dei fatti, difficilmente capisce di cosa si stia parlando. Ora, contro la soppressione di una vita innocente, l’ “obiezione di coscienza” è l’unica ancora per un povero medico che non vuol fare la parte del “sicario” (il vocabolo è di Papa Francesco!); ma Zingaretti la voleva impedire e “Famiglia Cristiana” non lo dice chiaro. Perché?

 

 

 

Il pianista e compositore Greg Burk licenzia un album, As A River, per la Tonos Records che è un condensato di colori densamente armonici e di lirismi melodicamente intensi i quali conducono ad un contemporary jazz molto personale. Si faticherà a trovare addentellati con altri interpreti dello strumento anche se è evidente che la sua tecnica affonda e si fonda sui principali e più innovativi capisaldi della musica americana e afroamericana. Quello che colpisce in positivo ė l'effluvio narrativo e ambient che l'interprete istilla sulle linee dei temi, a volte straboccando in atmosfere modali altre volte trascinandosi in cornici pop, per sfociare talora verso climax espressivi di fattura blues. Un bel prodotto questo disco della nota label inglese, registrato peraltro a Milano nello studio IndieHub, che arriva dopo il precedente cd Cleane Spring (SteepleChase) del 2016 a riconferma della vena creativa di questo artista che infonde nella propria musica i lontani ricordi dei corsi d'acqua del suo Michigan . Da segnalare con l'occasione l'altro suo recente disco in trio con John Arnold alla batteria e Matteo Bortone al contrabbasso, dal titolo The Detroit Songbook. Anche in questo caso i brani son suoi e l'etichetta è la ricordata SteepleChase. Insomma un musicista che se consolida radici in Italia non fará altro che arricchire l'arco del nostro panorama con una freccia stilisticamente forbita.

Viaggiando si conoscono nuovi popoli con le loro tradizioni, venendo in tal modo a contatto con culture a volte così diverse dalla nostra, ricevendone un arricchimento interiore perché la persona colta è quella che ha viaggiato, partire è vincere una lite contro l’abitudine o, per dirla con Miguel de Cervantes Saavedra:“Visitare terre lontane e conversare con genti diverse rende saggi gli uomini.” E’ questa la stagione migliore dell’anno per viaggiare, quando la calura estiva non si fa ancora sentire e gli alberghi non sono al completo, quindi è il momento di scegliere una destinazione che ci ritempri da freddo inverno.Valencia è una città che merita un viaggio senza spendere un patrimonio e facilmente  raggiungibile con voli  low cost. A Valencia l’impronta lasciata dagli arabi si avverte ancora oggi nell’arte e nei metodi di irrigazione. Infatti di quell’epoca rimane ancora oggi il Tribunale delle Acque, la più antica istituzione giuridica in Europa e forse nel mondo, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, che controlla il corretto utilizzo delle acque per l’irrigazione. A mezzogiorno di ogni giovedì, davanti alla Porta degli Apostoli della Cattedrale, si svolge una riunione all’aperto presenziata da un cancelliere e da otto giudici, che rappresentano gli otto canali di Valencia. Le sentenze nei confronti degli agricoltori sono senza possibilità di appello.

La favorevole posizione geografica ha sempre favorito la vita dei valenciani che sono lieti di condividerla con chi viene a scoprire le bellezze di una città molto affascinante sia per le sue ombrose pizze che per le sue lunghe spiagge. Molte spiagge di Valencia, basse e sabbiose, sono state quest’anno insignite della Bandiera Blu: el Cabanyal, el Saler, Árbre del Gos, la Garrofera, la Devesa y Recatí e la Malvarosa, la più frequentata di Valencia, con numerosi ristoranti sulla spiaggia.

Nel 2018 i turisti italiani a Valencia sono stati 208.104, raggiungendo il primato in quanto a numerosità rispetto alle altre nazioni che visitano la città; i pernottamenti in media sono stati di 3,08 notti. «I primi tre mesi del 2019 hanno registrato una crescita dell'11,05% dei turisti italiani, questo grazie ai 14 voli diretti dall'Italia» ha commentato Leticia Colomer, Market Manager dell'Ufficio del Turismo di Valencia.

Oltre alle spiagge e al limpido mare ad attrarre i visitatori di tutte le età provenienti da tutto il mondo vi sono le bellissime opere architettoniche che testimoniano le varie epoche storiche e ricordano le popolazioni che vissero in questa città. Valencia vive il presente in perfetta sintonia con la sua storia millenaria.

Il centro storico, il quartiere Barrio del Carmen, racchiude i misteri, i segreti e le storie della città i cui monumenti principali sono: la Plaza de la Virgen, Palacio de la Generalitat, Basilica della Vergine degli Abbandonati, Cattedrale, Plaza de la Reina, Santa Catalina, Plaza Redonda, Mercado Central, Lonja de la Seda, Iglesia de San Nicolás, il campanile del Micalet e la Plaza de la Almoina. Il quartiere Barrio del Carmen, il più antico di Valencia, sorse inizialmente tra due mura: quelle della città islamica e quelle della città cristiana. Ciò che lo caratterizza sono le stradine acciottolate fiancheggiate da imponenti edifici medievali.

Il monumento più importante del periodo di maggior splendore della città è certamente la Borsa della Seta, in stile gotico, in cui si tenevano le contrattazioni mercantili. Fu costruita tra il XIV ed il XVI secolo, durante il cosiddetto “secolo d’oro”, all'epoca in cui la città fu uno dei principali centri commerciali d'Europa. Dal 1996 l’edificio, in spagnolo “Lonja de la Seda”, è inserito dall'Unesco nella lista dei Patrimoni dell'Umanità. Si compone di tre ambienti interni, che coprono circa 1990 metri quadrati, e di uno esterno: il giardino degli aranci.

La visita continua alla Basilica ed alla Cattedrale dove è custodito il Santo Graal, una delle reliquie più importanti della cristianità. I Vescovi hanno smesso di usarlo durante la messa perché un vescovo nel ‘700 lo fece cadere a terra scheggiandolo e costui se ne dispiacque a tal punto che morì di crepacuore. Oggi viene utilizzato solo in caso di visita pontificia, Giovanni Paolo II nel 1982 e successivamente Benedetto XVI nel 2006 in occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie. Dalla Cappella del Santo Graal si accede al Museo della Cattedrale dove sono conservate croci, ostensori, calici e due opere di Goya.

Dopo aver goduto della visione dei monumenti, gli amanti dell’arte contemporanea non si faranno sfuggire l’occasione di visitare la mostra dedicata a Fernand Léger, l’artista contemporaneo di Picasso considerato un avanguardista e innovatore del cubismo. Fino al 15 settembre presso l’Istituto Valenciano d’Arte Moderna sono esposte centinaia di opere realizzate dall’artista tra il 1918 e il 1955, tra cui dipinti, disegni, tessuti e fotografie. La mostra è un viaggio nel tempo, che ripercorre il Novecento e la storia di Léger tra la tragicità delle guerre e l’esilio in America.

Valencia va vissuta secondo lo stile mediterraneo, quindi all’aperto, nelle tranquille piazze senza auto del centro storico, nei tanti ristoranti e bar affollati di giovani. La sera i viali si riempiono di persone: c’è chi desidera la movida notturna e chi luoghi dove potersi rilassare magari davanti ad un buon piatto di Paella. Alla Paella Valenciana è dedicata la “Semana de la Paella”, un evento che accende i riflettori su questo piatto storico simbolo della tradizione valenciana. La ricetta prevede tra i suoi ingredienti: riso, pollo, coniglio, a volte anatra, zafferano, fagioli, verdure e rosmarino. Secondo una leggenda sono gli uomini a cucinare di domenica la Paella per far riposare la propria donna, che cucina durante tutta la settimana. Tale mito spiegherebbe l’etimologia del nome di questo piatto: “pa-ella” cioè “per-lei”.

Il giardino della Turia attraversa il nucleo urbano da ovest a est e permette di godersi le più belle viste della città in bici o a piedi  in modo rilassante e divertente. Grazie al clima mediterraneo, alla posizione pianeggiante e ai tantissimi percorsi e itinerari che si snodano lungo tutta la città, Valencia è una destinazione perfetta per chi ama praticare sport all’aria aperta o vuole andare alla scoperta della sua storia millenaria.

 

 

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