Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 19 Aprile 2024

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:494 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:524 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:710 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1319 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1439 Crotone

Prosegue la formazione BL…

Feb 20, 2024 Hits:1274 Crotone

Si firmerà a Crotone il M…

Feb 14, 2024 Hits:1444 Crotone

Le opere del maestro Affi…

Feb 07, 2024 Hits:1492 Crotone

“A compromesso alcuno. Fede e politica dei princìpi non negoziabili”

Copertina del saggio

La storia del pontificato di Benedetto XVI deve essere ancora scritta ma quanti nel prossimo futuro vorranno mettervi mano non potranno non confrontarsi con uno dei punti più rilevanti e parimenti discussi del suo intero magistero: i princìpi non negoziabili. Criticata da alcuni, disattesa, ignorata o emarginata da altri, la dottrina dei princìpi non negoziabili resta invece a ben vedere una bussola fondamentale – rectius, l'unica bussola, come si vedrà più avanti – per leggere in modo cattolicamente corretto tutti gli snodi principali del rapporto Chiesa-mondo nell'epoca della post-modernità liquida. Con questo saggio teoretico e pratico insieme l’arcivescovo di Trieste monsignor Giampaolo Crepaldi, mette finalmente a tema, in modo relativamente esteso (con dodici capitoli fitti di domande critiche, rilievi ed obiezioni) quelli che la Nota dottrinale del 2002 della Congregazione per la Dottrina della Fede inerente “alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” definisce appunto i cardini dell'impegno sociopolitico dei credenti nel loro insieme: punti essenziali, non ideologici, ma letteralmente, etimologicamente, cattolici (cioè “universali”) che rimandano in ultima analisi a un ordine sociale saldamente ancorato al primato pubblico della legge morale naturale richiamata sì dal Decalogo mosaico ma ri-conoscibile pre-giudizialmente da ogni uomo di buona volontà in sincera ricerca della verità. Come noto, già prima dell'avvento del pontificato ratzingeriano, il fatto che esistesse una dottrina dei princìpi non negoziabili è stato seriamente e a più riprese messo in discussione da studiosi e filosofi di vario e diverso orientamento, ancorché cristiani, cominciando dall'osservazione secondo cui più che di princìpi bisognerebbe parlare di valori, genericamente, ed in ogni caso con nessuna (o quasi) pretesa di esaustività: gli imperativi sociali, già di per sé plurali, cambierebbero di volta in volta a seconda dei luoghi e delle circostanze, secondo un obiezione particolarmente ricorrente ad esempio in alcuni. A questo proposito, Crepaldi osserva che la tutela della vita, la promozione della famiglia e la difesa della libertà di educazione sono certamente anche dei valori sociali degni di apprezzamento ma prima di questo, e più ancora, essi sono dei princìpi ordinativi, cioè “dei punti di riferimento per l'ordinamento sociale nel suo insieme” (pag. 10). Il motivo è che “se viene meno la percezione collettiva di un valore, la società si impoverisce umanamente in quell'ambito, ma se viene meno il principio la società non sa più chi è, si confonde circa le questioni essenziali della sua esistenza e questa confusione si espande ben oltre l'ambito di quel valore. Se, per fare un esempio, viene meno il valore della famiglia, certamente la vita familiare della società si impoverisce e con essa la vita umana. Ma non solo nella famiglia, bensì anche nella scuola, nell'educazione, nel lavoro, nell'economia. Aumentano gli insuccessi scolastici, il degrado dei beni pubblici, la delinquenza giovanile. Calano la propensione al risparmio, l'attenzione ai più deboli, gli ammortizzatori della conflittualità sociale. Questo ci dice che la famiglia non è solo un valore, ma è anche un principio politico e sociale, ossia è in grado di illuminare l'attività politica e di ordinarla al bene” (pagg. 10-11).

La premessa di fondo, dunque, è che il bene comune presuppone una gerarchia di priorità ben distinte e che i valori pubblici non hanno tutti lo stessi peso, né sono tutti sullo stesso piano.         Più chiaramente, “questo significa che alcuni di essi hanno un valore architettonico, ossia indicano i fondamenti del bene comune e, così facendo, illuminano di senso anche tutti gli altri” (pag. 11): il criterio ordinativo dell'azione politica generale è dato allora dai tre princìpi non negoziabili sopra richiamati che non a caso sono anche gli unici che nei documenti dottrinali – della Congregazione della Fede, come del Papa – compaiono sempre, in evidenza, all'inizio, e in questa successione logica, diversamente da altri che pure vengono citati magari in qualche altro passaggio ma non con regolare continuità. Se qualcuno chiedesse perchè mai proprio questi e non altri, la risposta da dare sarebbe allora proprio che questi “sono non negoziabili perchè radicati nella natura umana” (pag. 13), costituiscono cioè l'identità profonda dell'essere umano in quanto tale, i suoi princìpi-primi per restare nella terminologia fin qui adottata: in questo senso rappresentano il fondamento e insieme l'argine ultimo dell'agenda politica democratica giacchè – contrariamente a quanto alcuni credono – anche l'ordine democratico deve necessariamente prevedere dei limiti invalicabili nel suo orizzonte, altrimenti più che democratico potrebbe facilmente diventare totalitario. Se infatti tutto diventa negoziabile, contrattabile, modificabile, anche la democrazia stessa all'improvviso, con decisione a maggioranza, potrebbe esserlo: e chi mai potrebbe impedirlo? Le pagine della storia, recenti e meno, interrogate al proposito raccontano proprio episodi del genere: dal fatto che Adolf Hitler andò al potere democraticamente, aggiudicandosi in modo assolutamente corretto la tornata elettorale dove si presentò, al fatto che alcune maggioranze adulte hanno votato e votano tuttora democraticamente la soppressione deliberata di altre vite umane non ancora adulte (come non pochi giuristi americani rappresentano la vittoria negli anni Sessanta dell'aborto legalizzato negli USA e, quindi, a breve distanza, in Europa). L'arcivescovo sostiene allora, in continuità con il magistero pontificio, che la vera emergenza oggi sia quella della salvaguardia dell''ecologia umana', con riferimento alla natura della persona umana, e – per esteso – della salvaguardia dell''ecologia sociale' con riferimento alla salvaguardia della natura della intera società, perchè ad essere in drammatico pericolo oramai non è più questo o quell'aspetto singolo della struttura sociale ma l'immagine tutta del creato come pensato e voluto da Dio, a cominciare dall'essere umano, per cui in ogni persona vi è inscritto, ab origine, un progetto, una vocazione e – quindi – una missione. Il grembo materno come il focolare domestico rappresentano allora in quest'ottica la custodia più intima del messaggio salvifico della Redenzione nel suo complesso: quasi il sacrario – se il linguaggio non è troppo ardito – della verità ultima e definitiva sull'uomo. Se è così, però, dovrebbe apparire pacifico che ogni tentativo per mettere le mani su questo sacrario rappresenta un'oggettiva minaccia all'identità dell'umano che dalla filiazione naturale, e dalle rispettive figure genitoriali, riceve non solo i cromosomi, quali che siano, ma la cura, l'educazione, l'affetto, l'amore, il senso dell'essere, in una parola: tutto. Il campo da presidiare sistematicamente sarebbe allora quello della moralità pubblica dove i poteri e le autorità civili degli Stati appaiono in drammatica ritirata, purtroppo da decenni, almeno in Occidente, con il risultato che “astenendosi dal promuovere una visione legata alla legge morale naturale in questi campi fondativi, limitandosi a registrare i desideri dei cittadini confermandoli in diritti, accettando un completo pluralismo di comportamenti etici” (pag. 87) diventa poi piuttosto arduo - per utilizzare un eufemismo - “poter recuperare tale dimensione in altri campi della vita sociale” (ibidem). Si tratta di una sfida essenziale di portata realmente epocale perchè quello che si sta cercando di affermare con i paradigmi culturali oggi sempre più avanzanti dell'ingegneria bio-genetica, da una parte, e della fluidità poli-sessuale liquida, dall'altra, anche con l'appoggio interessato e trasversale di lobby tecnocratiche e potentati sovranazionali, è una serie di ruoli funzionali – non più una società organica – regolati da procedure contrattate: “se essere uomo ed essere donna è solo una funzione assunta volontariamente, tutte le altre dimensioni della società diventeranno delle funzioni da assumere volontariamente. Ma una società senza doveri non può sopravvivere” (pag. 87). La prova 'provata', al contrario, è che tutte le altre crisi, pur importanti, di cui si discute vivacemente nel dibattito pubblico odierno – da quella economica a quella demografica – dipendono ultimamente “dalla negazione dei princìpi non negoziabili” (pag. 94). Dopotutto, “se la vita non ha un senso, perchè mai l'imprenditore o il finanziere dovrebbero agire bene? La crisi finanziaria americana non è nata sui mutui-casa, ossia nella strumentalizzazione della famiglia? La crisi demografica, che secondo qualcuno è alla base del declino apparentemente inarrestabile dei Paesi occidentali, non nasce dalla perdita del senso della vita?” (ibidem).

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI