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Una nuova collana del Centro Jazz Calabria, Ut Pictura Poesis, dedicata al dialogo fra le arti poetico/letterarie e visivo/figurative. Il CJC infatti e' da tempo che ha allargato i propri orizzonti editoriali anche ad arti non strettamente musicali che peraltro si caratterizzino per creatività, immaginazione e fantasia.

Ecco allora una nuova raccolta di poesie, dal titolo Le peonie vivono ancora, a firma Silvana Palazzo, poetessa che va mantenendo negli ultimi tempi una media di un volume all'anno.

L'intensa prolificità nel comporre, e la sintetica facilita' di scrittura sono alcune sue caratteristiche. In questo caso ad esse si aggiunge l'inclinazione all'espressione pittorica.

Particolarita' della raccolta e' infatti che i testi sono inframmezzati da tavole da lei realizzate, con lo scopo di dar corpo e luce, essa stessa, ai propri pensieri.

Restano comunque i versi il centro del volume, che segue a ruota le sue due recenti pubblicazioni Poesie di un'estate (S. Cesario Lecce, Manni, 2015) e La giusta strada del ritorno (Roma, ed. Progetto Cultura, 2016).

Versi che ancora una volta affondano la lama nelle pieghe dell'esistenza, non senza soffermarsi a guardare il mondo, quello esterno e quello degli affetti, ed interiore, ed a commentarlo con amara ironia, Con la voce della poesia che si interroga senza dare risposte, raccontando "la sua personale esperienza (...) del fallimento della parola dinanzi alla disumanizzazione del mondo e dell'arte" (Giorgio Linguaglossa).

"Straniante e straniata" risulta essere, per Maurizio Soldini, la scrittura poetica della Palazzo che, dal canto suo, il poeta Francesco Leonetti ha definito redattrice di "una compilazione nuova, insieme letteraria e spesso riflessiva o intellettualistica".

 

Gli incontri letterari costituiscono una valida opportunità per conoscere persone interessanti ed anche stavolta, proprio in una simile circostanza, ho incontrato lo scrittore Giuseppe Stea (per gli amici e conoscenti Pinuccio), un uomo colto e gentile, con il quale si è immediatamente instaurata una piacevole conversazione. Egli si trovava a Matera per ricevere il Premio La Luna e il Drago con la novella Tra le nuvole, presentata in concorso alla V Edizione del Premio Internazionale di Arti Letterarie Thesaurus, per il quale è stata affidata alla sottoscritta la conduzione della Serata di premiazione, come anche la lettura della motivazione del Premio riconosciuto al nostro intervistato. Pertanto, ho iniziato subito ad apprezzarlo per le sue indiscusse qualità umane.

In questi frangenti è praticamente impossibile approfondire un discorso; tuttavia, ci siamo accomiatati con la reciproca promessa  di farlo in un altro momento e così è stato!

Pinuccio Stea è nato ad Acquaviva delle Fonti (Bari), ma da molti anni vive con la famiglia a Taranto. Ha frequentato l’Università di Bari, dove si è laureato in Storia e Filosofia e in giovane età ha praticato l’atletica leggera e il calcio a livello agonistico; a quest’ultima disciplina sportiva ha dedicato anche due singolari opere editoriali.

Appassionato ricercatore storico, fa parte delle Sezioni tarantine della Società di Storia Patria per la Puglia,  dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e del Comitato direttivo dell’Associazione culturale Aldo Moro di Taranto. Egli è stato attivamente impegnato nella vita politica, ricoprendo cariche dirigenziali a livello provinciale, regionale e nazionale ed anche ruoli istituzionali ed oggi ama ricordare in particolar modo la sua esperienza di Presidente dell’Associazione culturale Taranto Progetto, in quanto nata in un momento particolarmente  problematico per la città di Taranto, sia da un punto di vista sociopolitico che economico,  con tutte le implicazioni del caso.

La sua attività di divulgazione storica e culturale è da sempre molto intensa; è stato relatore di numerose iniziative volte in tale direzione e nel corso degli anni ha pubblicato diversi libri. Scrive anche novelle e il suo ultimo  libro di racconti Estate, È stato (?) – tra sogno e realtà (Print me Editrice, 2016) è foriero di grandi soddisfazioni ; infatti, con questa opera di profonda riflessione sta partecipando a concorsi letterari nazionali ed internazionali, ottenendo premi e riconoscimenti, così come è stato in tante altre occasioni.

 Egli, da convinto comunicatore, sostiene che gli incontri letterari costituiscono un importante momento di aggregazione. Un modo di concepire la cultura, quello dello scrittore Pinuccio Stea, assolutamente condivisibile ed apprezzabile, in quanto scevro da qualsiasi forma di autoreferenzialità. Del resto, tale dovrebbe essere l’approccio per coloro i quali si avvicinano in modo sano e costruttivo alle arti letterarie.

Nel corso della nostra intervista abbiamo affrontato temi delicati ed appassionanti, come  la ben nota Questione meridionale, sulla quale certamente torneremo a parlare in un prossimo incontro, poichè l’argomento è meritevole di un’approfondita disamina.

Di seguito l’intervista, per conoscere meglio Pinuccio Stea.

Ho letto che lei ha dedicato due libri al calcio, attività che in giovane età ha praticato a livello agonistico, accanto all’atletica leggera. Vorrebbe parlarmi dell’importante ruolo della pratica sportiva nel processo di formazione dei giovani?

La pratica sportiva mi ha insegnato tante cose: l’autovalutazione delle mie forze e capacità, il saper stare insieme ad altri con caratteri, interessi diversi dai miei, il rispetto delle regole e dell’avversario. Insomma, una vera e propria palestra di vita che ritengo fondamentale nella formazione di un giovane.  Forse è per questo che vedo con una certa preoccupazione la tendenza ad  esasperare, sin da bambini, gli aspetti “professionali” della pratica sportiva; una tendenza che, a mio parere, priva i bambini e i più giovani di una componente fondamentale: la gioia di praticare uno sport, a prescindere dai risultati e da ipotetiche future “carriere”. Con un riflesso non proprio positivo, quindi, anche in merito agli  insegnamenti di cui parlavo prima.

Da appassionato di storia e cultura, ha ricoperto diversi ruoli nell’ambito di associazioni. Ci sono esperienze  maturate in tali contesti  sociali che ricorda in modo più significativo?

 Considero molto ricca la mia vita, anche da questo punto di vista; quindi, non è facile rispondere perché sono state tante le esperienze significative. Mi piace però ricordare quella dell’Associazione “TarantoProgetto”, di cui fui Presidente. Un’Associazione, fortemente innovativa nel modo di porsi nel processo aggregativo della realtà politica dell’epoca, nata nel pieno di una crisi profonda che investì la città di Taranto all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso; una crisi di prospettiva e di proposte, che portò Taranto all’attenzione nazionale in una maniera che non ritenevo allora, come ancora oggi, positiva. Sviluppammo un intenso lavoro, affrontando, in pratica, tutte le problematiche principali della città, entrando nel merito delle questioni, mettendo a confronto, sulle stesse, personalità di grande spessore di diverso orientamento e avanzando proposte concrete. Con l’obiettivo di dare un contributo all’esigenza di imprimere una svolta politica, economica e culturale alla città di Taranto, inserita nel quadro più complessivo del Mezzogiorno.

Con il Risorgimento il nostro Paese ha realizzato l’unità nazionale, avvenuta nel 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia. Qual è il suo pensiero in merito al tanto sospirato raggiungimento di un’identità politica unitaria, che tuttavia troppo spesso non trova riscontro con l’identità culturale e, forse, anche per questa ragione negli ultimi anni sembrerebbe di nuovo  messa in discussione?

Trovo molto interessante il dibattito apertosi sulla necessità di guardare, in profondità e senza remore, ai processi che portarono all’Unità d’Italia e, soprattutto, agli anni che ad essi seguirono. Fu un dibattito  storico complesso con un’evoluzione difficile da realizzare e da gestire; a 150 anni di distanza penso che sia utile, proprio per rafforzare l’Unità reale del Paese, affrontare quel periodo senza agiografie e senza impensabili aspirazioni ad una restaurazione “neoborbonica”. Insomma, un’analisi ed una discussione serie, in un Paese cresciuto e maturo. Penso che, probabilmente, anche il permanere di divisioni rispetto alla definizione di un’identità profondamente unitaria trovi la sua ragion d’essere in un non compiuto “fare i conti” con il proprio passato. Ed allora facciamoli “questi conti”, con l’obiettivo di rendere più unita l’Italia.

Il  premio Nobel Salvatore Quasimodo nella sua intensa lirica Lamento per il sud, costretto ad emigrare nel Nord Italia, esattamente a Milano,  canta con afflato nostalgico la Sicilia, nei suoi singolari caratteri, ponendola a confronto con una situazione ambientale estremamente lontana a quella dove è nato ed ha trascorso  la sua fanciullezza.  Il poeta denuncia, fra dolcezza e rabbia, le condizioni socio-ambientali della Sicilia, nella piena consapevolezza che mai più tornerà nella sua Terra d’origine. Secondo lei, oggi è cambiato qualcosa in riferimento alla disuguaglianza sociale fra nord e sud Italia?

Ritengo che la “Questione meridionale” mantenga tutta la sua attualità. Le disuguaglianze tra il Nord ed il Sud non solo non sono state superate, ma tendono ad accrescersi. Drammatica è ormai la ripresa dell’emigrazione, soprattutto giovanile: al contrario degli anni ’50 del secolo scorso, però, ad emigrare non sono più braccianti e contadini poveri economicamente e culturalmente; sono giovani ferrati culturalmente e professionalmente. Ciò non fa che ridurre ancor più le potenzialità del Mezzogiorno. Ma anche su altri terreni, purtroppo, il divario è andato crescendo: si pensi al sistema dei trasporti, a quello della sanità, al lavoro. In un’Italia inserita stabilmente nell’Unione Europea, la “Questione meridionale” si rivela essere, forse ancor più che nel passato, “Questione nazionale”.

Da uomo di grande spessore culturale, come sta vivendo l’emergenza cultura del nostro Bel Paese, colpito, fra l’altro, anche da altre altrettanto gravi  emergenze?

Con grande preoccupazione e anche con un vero e proprio senso d’angoscia. Spesso si legge della chiusura di grandi esperienze culturali, di biblioteche storiche, che hanno segnato la vita complessiva del nostro Paese, senza che ci sia un’adeguata reazione a questo impoverimento, che viene drammaticamente segnalato, da più parti, mettendo in evidenza una regressione culturale che oserei definire di massa. Clamoroso, a questo proposito, l’appello, lanciato qualche settimana fa da oltre 600 docenti italiani, al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Istruzione di rimettere al centro della didattica le competenze linguistiche di base.

Nel suo piacevolissimo  libro di racconti  Estate, È stato (?) – tra sogno e realtà (Print me, 2016)  riesce a rendere una lettura coinvolgente e sospesa fra sogno e realtà, regalando al lettore  immagini che restano impresse. Il  filosofo A. Shopenhauer nella sua opera maggiormente rappresentativa  Il mondo come volontà e rappresentazione scrive che la vita e i sogni sono pagine dello stesso libro.  Condivide questa affermazione?

Si, la condivido appieno. Una delle canzoni che più amo è “Sogna, ragazzo sogna” di Roberto Vecchioni, che esprime lo stesso concetto. Sono fermamente convinto che la vita di un uomo o di una donna si spenga veramente quando non si ha più alcun sogno da inseguire, da cercare di realizzare. Pensi, qualche anno fa ho piantato cento alberi d’ulivo…

Vorrebbe anticiparmi qualcosa circa i suoi progetti futuri?

Continuerò sul doppio binario su cui mi sono incanalato da qualche anno: libri di storia e narrativa.  Sto scrivendo il sesto volume della Storia di Taranto, dal secondo dopoguerra ai giorni nostri e contemporaneamente un libro sulla Città vecchia di Taranto. Mi piace poi l’ambiente che ho trovato in occasione di mie partecipazioni a Concorsi letterari e quindi sto iscrivendo il mio libro “Estate, E’ stato(?)” a vari Concorsi, insieme a nuove novelle che ogni tanto la mia fantasia partorisce.

Questo sul terreno letterario; su altri terreni, continuerò quest’esperienza molto interessante di Presidente dell’ANPI provinciale di Taranto e le ricerche storiche ad essa legate.

Quale scrittore  italiano o straniero segue con maggior interesse?

Sono in quella fase della vita in cui si ama rileggere libri ed autori che si son amati nell’adolescenza e nella giovinezza. “Alla ricerca del tempo perduto?”: probabile e, per certi versi, anche naturale. Ho amato, sin dall’adolescenza, Cesare Pavese e son tornato a rileggere i suoi libri, insieme a quelli di Italo Calvino ed altri, trovando in essi sempre nuove sensazioni e motivi di riflessione. Tra gli scrittori stranieri, Luis Sepulveda è l’autore che leggo e rileggo con grande piacere. Mi piace anche leggere autori locali, che si esprimono sia nella poesia che nella narrativa.

Ma è un periodo in cui prevalente è la lettura di testi storici legati alle ricerche che vado sviluppando.

«Ho raccontato le difficoltà dei giovani a diventare giornalisti o magistrati, oggi siamo qui a parlare di legalità, specialmente ai giovani che hanno bisogno di una sponda culturale», cosi il consigliere di Cassazione Vincenzo Pezzella intervenendo alla presentazione del suo libro “Toghe, banchieri e rotative” nel locale “Amico Bio” a Santa Maria Capua Vetere al convegno sulla legalità.

«Il mio libro vuole essere uno spunto per parlare di legalità, un modo di raccontare fatti e persone con cui sono venuto a contatto, un modo per raccontare Napoli e l’Italia con i fatti accaduti in tanti anni». Nel libro Pezzella racconta come a diciannove anni aveva vinto un concorso del Banco di Napoli e la sua successiva sofferta decisione di lasciare un sicuro impiego per  seguire le sue aspirazioni: studiare e fare il giornalista. L’incontro con Siani forse è stato decisivo, quando Siani andò a fare l’abusivo a “Il Mattino”, il nostro andò fare l’abusivo al quotidiano “Napoli Notte”. I ricordi di Carlo Azeglio Ciampi sono fra i più suggestivi, infatti Pezzella lo troviamo all’Ufficio Stampa della Banca d’Italia al fianco di Ciampi che aveva, ci viene svelato, un profondo amore per Napoli, anche se i napoletani non lo compresero. Roberto Conte, Project manager e direttore della comunicazione del Festival della Letteratura nel segno del mito, ha moderato il secondo incontro  della seconda edizione dal tema “Eroi valorosi valori - I am Spartacus”, “Io sono Spartacus” la frase pronunciata dai gladiatori vinti e destinati al supplizio nella celebre pellicola di Stanley Kubrick (Spartacus, Usa 1960) dedicata al leggendario schiavo tracio che proprio nell’anfiteatro dell’antica Capua (l’attuale Santa Maria Capua Vetere) diede inizio a quella che è considerata la prima rivoluzione della storia.

Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi”, fece dire Bertold Brecht - nella “Vita di Galileo” - al grande scienziato dopo l’umiliante abiura di fronte al Tribunale dell’Inquisizione. Il Festival è intitolato alla “memoria degli elefanti”  vuol dire  ritrovare la memoria con una mobilitazione culturale che risvegli la coscienza civile di un territorio martoriato da camorra e rifiuti.

Introducendo i lavori ha detto Roberto Conte:« Questo Festival è dedicato a Spartaco la cui rivoluzione è partita proprio da Santa Maria Capua Vetere - dall’Anfiteatro che era secondo solo al Colosseo - definita da Cicerone l’altra Roma». La costruzione fu iniziata  tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. in sostituzione della più piccola arena. L’edificio, in genere adibito agli spettacoli dei gladiatori, presentava in origine i quattro ordini di spalti, accessibili attraverso scale interne ed esterne. Il piano dell’arena era costituito da tavoloni di legno cosparsi di sabbia per consentire lo svolgimento dei combattimenti, al si sotto del quale vi erano i sotterranei, accessibili attraverso quattro scalette, dietro il podio vi erano i macchinari e gli apparati scenici.

«Oggi si è riusciti a valorizzare degli importanti monumenti come la Reggia di Caserta - ha continuato Conte - che ha visto lo scorso anno aumentare notevolmente il numero dei visitatori. I manager incaricati dal Ministero  generalmente non sono natii del luogo o provengono dall’estero, innamorati del nostro patrimonio culturale. Auspichiamo che anche Capua con il suo Anfiteatro possa diventare un importante attrattore culturale». Il Festival della letteratura nasce dalla consapevolezza che oggi si debba riprendere il filo di un discorso interrotto. Per provare a ritrovare la memoria, quella degli elefanti di Annibale, che proprio a Capua fece una lunga pausa di riflessione.  La memoria della narrazione del passato è alla base di ogni futuro possibile. Gli eroi costituiscono un invito ad un esame di coscienza  per esercitare il loro ruolo nel nostro sentimento.

E’ seguito un animato dibattito, nel quale si è posto in luce il binomio cultura-legalità, a cui hanno partecipato magistrati, sindaci, giornalisti, rappresentanti dell’Università e il sacerdote Peppino Palmese che - con un colorito linguaggio -  ha riportato il discorso sulla legalità ai temi concreti della dura realtà quotidiana. Dopo il convegno tutti a tavola ad assaporare le eccellenze del ristorante “Amico Bio” di  Bruno Zarzaca, amministratore di “Amico Bio Food & Beverage Srl”. Il ristorante è l’ unico in Italia aperto dal 2013  all’interno di scavi archeologici, si vanta di utilizzare prodotti biologici a chilometro zero, provenienti dall’omonima azienda di famiglia. Alla fine ci si attendeva che il cameriere portasse il “conto”, invece per i tavoli è passato il “Conte” (Roberto), per salutare e ringraziare i numerosi intervenuti.

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