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La provincia di Pescara e il comune di Farindola sono ufficialmente sotto accusa per la tragedia dell'Hotel Rigopiano. 

Sei indagati della prima tranche di inchiesta sulla tragedia di Rigopiano sono iscritti sul registro per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose. Al direttore dell'hotel Di Tommaso è stato indagato anche ai sensi dell'art. 437, per atti omissivi in ambito di sicurezza sul lavoro. Gli inviti a comparire stilati dalla procura di Pescara, pm Tedeschini e Papalia, nei confronti del presidente della Provincia Antonio Di Marco, del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, del direttore dell'albergo Bruno Di Tommaso, dei due funzionari della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio più il dipendente del comune di Farindola Enrico Colangeli, sono stati notificati dal Nucleo Carabinieri Forestali e dal comando provinciale dei carabinieri di Pescara.

Tra gli indagati per la tragedia dell'hotel Rigopiano risultano il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il direttore dell'albergo Bruno Di Tommaso. Con loro sono stati iscritti sul registro degli indagati i due funzionari della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio più il dipendente del comune di Farindola Enrico Colangeli.

Sei persone, tra amministratori e funzionari pubblici, risultano indagati dalla Procura di Pescara per la tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Lo scorso 18 gennaio una valanga travolse la struttura causando 29 morti, mentre i superstiti furono undici. A quanto si è appreso a palazzo di Giustizia si tratterebbe di una prima tranche di inchiesta. Gli inquirenti stanno notificando in queste ore agli interessati l'iscrizione sul registro degli indagati

La strada che collega l'hotel a Farindola è di competenza della Provincia di Pescara: spettava a lei – sostengono gli investigatori del comando Carabinieri Forestali di Pescara che hanno curato questo filone d'indagine - garantirne pulizia e percorribilità. Di più: nel Piano neve approvato poche settimane prima della tragedia, quel tratto veniva indicato come “strategico”. È vero che il 18 gennaio la neve caduta era stata tanta, ma è anche vero che la turbina predisposta per l'area di Farindola, di proprietà della Provincia, era ferma in officina dal 6 gennaio perché non si trovavano i pezzi di ricambio. Nonostante ciò, ancora il 17 gennaio, nel pomeriggio, una pattuglia della polizia provinciale aveva scortato otto macchine di clienti fino al resort, nonostante le condizioni meteo sconsigliassero la salita.

Condizioni tali che, secondo i magistrati, avrebbero dovuto indurre il sindaco Lacchetta a emettere un'ordinanza di sgombero dell'hotel per pericolo incombente  uno o due giorni prima del 18 gennaio. Lo poteva fare, visto che aveva aperto un Coc (Centro operativo comunale) già il 15 per gestire l'emergenza neve. Lacchetta dovrà rispondere anche del perché durante il suo mandato non ha mai convocato la la commissione valanghe nonostante dalla Prefettura ne indicassero l' utilita. C'è poi la questione dei bollettini Meteomont, che segnalavano l'innalzamento del rischio valanghe da livello due a livello quattro (su scala di cinque): è vero che non gli sono mai stati comunicati dalla Prefettura né dalla Regione, come lui

stesso sostiene, ma secondo la procedura amministrativa ricostruita dagli inquirenti in base alle convenzioni stipulate tra gli enti locali, il sindaco aveva comunque il dovere di andare a controllare il bollettino Meteomont sul sito istituzionale in situazioni di allarme. E agire di conseguenza. 

 

Non esiste infatti l'obbligo all'accoglienza. Esiste il dovere morale, politico e giuridico di dare assistenza ed asilo a chi fugge da guerre e persecuzioni. In una sua esclusiva il quotidiano Il Giornale spiega cosa succede con l ONG : questo non comprende i migranti economici, stranieri i cui flussi ogni Stato al mondo regola in base alle proprie capacità finanziarie e politiche. Nonostante ciò, le Ong stanno de facto sostenendo un afflusso incontrollato di uomini senza diritto all'accoglienza. Ne volete una prova? Nel 2016 delle 91mila domande di asilo esaminate in Italia, appena 17mila (il 19%) hanno avuto esito positivo. Gli altri non erano dunque profughi e "spingerli" ad arrivare in Italia per poi ottenere un giusto diniego li ha soltanto esposti ad inutili rischi in mare. Le organizzazioni umanitarie diranno che non è così, che loro pattugliano le coste libiche al solo scopo di salvare vite umane. Beh: qualcosa non sta funzionando allora. Da quando hanno iniziato le loro operazioni di SAR (ricerca e soccorso) i morti in mare non sono diminuiti. Sono aumentati.

Che con la scusa dei salvataggi combattono la loro personale battaglia per costringere il Vecchio Continente a trasformarsi in un porto accogliente per chiunque voglia sbarcare in cerca di un futuro. Senza alcuna regola.

Sia chiaro: non è certo un crimine sottrarre dall'annegamento persone che rischiano di morire su un gommone alla deriva. Ben diverso il discorso se, come sospettano le procure di Catania, Palermo, Cagliari e Reggio Calabria, le organizzazioni umanitarie in qualche modo (anche involontariamente) "incentivano" le partenze allo scopo di migliorare e aumentare i flussi migratori.

Perché lo fanno? Continua il Giornale : Il motivo è semplice: non condividono le politiche europee e non credono dunque ci sia nulla di male a fare quel che fanno. Medici Senza Frontiere, Save The Children, Moas, Sea-Eye e via dicendo pretendono la creazione di "canali legali" per le migrazioni ed è per questo che si impegnano così alacremente nel traghettarli in Italia. Finché l'Ue non aprirà le porte agli immigrati attraverso "vie istituzionali", loro continueranno a piazzarsi a poche miglia dalle coste libiche e ad intercettare i barconi. A scriverlo sono loro stesse nei propri siti internet: "Considerata la mancanza di operazioni di ricerca e soccorso dedicate e su vasta scala, abbiamo deciso di attivarci in prima persona", scrive MSF. E poi aggiunge: "Siamo consapevoli di come le operazioni di ricerca e soccorso non costituiscano affatto una soluzione: solo l’istituzione di vie legali e sicure per raggiungere l’Europa potrebbe ridurre o eliminare del tutto le morti in mare". Simili le parole usate da Save The Children: "Tra le raccomandazioni presentate alla UE e agli Stati Membri - si legge online - chiediamo di attivare e garantire vie sicure e legali attraverso le quali i migranti, e in particolare i bambini, possano raggiungere l’Europa evitando di affidarsi a trafficanti spregiudicati". Life Boat, con la sua nave Minden, non è da meno e accusa l'Ue di avere politiche di "preclusione" del Mediterraneo. Stesso identico ritornello per tutte le altre associazioni caritatevoli.

In sintesi, secondo il quotidiano Italiano le Ong vorrebbero che l'Ue accettasse legalmente tutti gli stranieri, annullando così le rotte dei trafficanti, ma producendo immigrazione di massa. Sembra vogliano sostituirsi agli Stati, costringendo l'Italia e l'Europa ad accogliere indistintamente chiunque domandi cittadinanza. A dirlo non è un populista qualunque, ma il pm di Catania Carmelo Zuccaro. Il quale nella sua audizione di fronte alle commissioni parlamentari si è chiesto se sia "consentito ad organizzazioni private sostituirsi a forze politiche e alla volontà delle Nazioni".

L'agenzia Frontex ha più volte urlato ai quattro venti che la presenza delle imbarcazioni umanitarie favorisce gli affari dei criminali dediti alla compravendita di esseri umani. In che modo? Le organizzazioni non-profit non hanno poteri di polizia, quindi non possono arrestare gli scafisti. Azioni cui sono dedite invece i militari della missione Eu Navfor Med-Sophia. "Dobbiamo registrare una sorta di scacco che la presenza di Ong provoca all’attività di contrasto", fece presente a marzo il pm Zuccaro. Una volta scafisti e facilitatori erano costretti a rimanere sui gommoni e spesso venivano individuati e arrestati dalla marina. Oggi, invece, riescono a fuggire. Per due motivi: primo, le associazoni sono troppo vicine alla costa libica e le ore di navigazione dei migranti sono così poche che non richiedono la presenza dei trafficanti; secondo, i barconi vengono scortati da moto d'acqua per "recuperare" il colplice senza costringerlo ad avvicinarsi alle navi di salvataggio e permettendo pure di recuperare il motore per un nuovo viaggio della morte.

Le leggi del mercato fanno il resto. Nell'ultimo anno, scrive il Giornale con l'esplosione massiccia delle missioni umanitarie nel Mediterraneo, le partenze dalla Libia verso l'Italia sono cresciute del 30%. A certificarlo è l'agenzia di frontiera europea Frontex: la rotta centrale mediterranea sta registrando un incremento inimmaginabile a fronte del calo degli sbarchi provenienti dalla rotta orientale. Tra gennaio e metà aprile 2017, solo 6mila persone hanno attraversato l'Egeo, passando dalla Turchia alla Grecia (-94% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente). Sono invece 36mila i migranti traghettati in Italia e partiti dalla Tripolitania. Per monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, "le navi Ong salvano vite". Ed è vero. Ma è altrettanto vero che le operazioni delle Organizzazioni Non Governative hanno reso la rotta centrale Mediterranea la via più redditizia: costi bassi (bastano barconi malridotti), rotte brevi (le navi umanitarie sono a poche miglia dalla Libia) e pochi rischi (nessun trafficante arrestato). Per la gioia degli schiavisti.

Intanto spunta un video. Immagini chiare che potrebbero sostenere i racconti fatti dai migranti e i sospetti della procura di Catania. Nel video registrato con un cellulare dai migranti e pubblicato dalla Stampa, infatti, si vede una moto d'acqua che scorta il barcone carico di immigrati. Una decina di passeggeri in una imbarcazione di legno, con lo scafista a gestire il timone. A realizzare il filmato col cellulare è uno dei disperati in cerca di futuro in Europa. Quando inquadra il trafficante, questi lo intima di smettere. I compagni di viaggio pregano, parlano, sperano. Ma non si tratta di una traversata della disperazione. Al loro fianco infatti spunta quella moto d'acqua che secondo gli investigatori sta scortando la bagnarola fino a pochi metri dalle navi delle organizzazioni per poi caricare lo scafista e tornarsene in Libia. Poco dopo i migranti vengono caricati sulla Aquarius, il "vascello da ricerca" gestito in coppia da Sos-Mediterranée e Medici Senza Frontiere. Il telefonino mostra i canti, i balli e le feste di chi ormai si trova al sicuro sul ponte delle associazioni caritatevoli.

"Sto bene, il problema è stata la detenzione, la privazione della libertà personale, ha detto Gabriele Del Grande ai cronisti a Bologna. "Sono stato vittima di una violenza istituzionale. Quello che mi è successo è illegale, un giornalista privato della libertà mentre sta svolgendo un lavoro in un paese amico", ha spiegato. "Non ho ancora capito perchè sono stato fermato, gli avvocati cercheranno di capirlo" ha detto Del Grande. 

Il giornalista ha ribadito di non aver subito alcun tipo di violenza: "non mi è stato torto un capello" e ha precisato che a fermarlo sono stati "agenti in borghese", per cui non è riuscito a capire se fossero poliziotti o militari. "Sono stato fermato e sono uscito stanotte dal luogo dove mi trovavo" ha spiegato.

"Ringrazio tutti, anche chi a livello turco si è mosso per me, dall'ambasciatore al ministro degli esteri della Turchia. Oggi fortunatamente sono libero"

Gabriele Del Grande è libero. Il reporter, regista e blogger di Lucca, di 34 anni, il 9 aprile scorso era stato fermato al confine con la Siria, dove stava facendo alcune interviste, e poi trattenuto in un centro di detenzione amministrativa in Turchia. Del Grande era giunto nel Paese il 7 aprile. 

L'aereo di linea della Turkish air lines che lo ha riportato in Italia da Istanbul è atterrato all'aeroporto di Bologna 

Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha parlato questa mattina con il padre di Gabriele Del Grande, Massimo, al quale ha espresso la sua grande soddisfazione per l'imminente arrivo in Italia del giornalista e blogger. Lo rende noto Palazzo Chigi. La liberazione è "frutto - sottolinea Gentiloni - dell'impegno svolto con discrezione e determinazione dalla nostra diplomazia". "Oggi è una bellissima giornata" ha detto il padre di Gabriele, nel ringraziare al telefono il premier.

Emozionato, Massimo Del Grande, padre del giornalista Gabriele appena liberato dalle autorità turche, ha annunciato che il figlio "dovrebbe arrivare questa mattina a Bologna". "Stiamo andando a prenderlo, è un gran giorno", ha detto Del Grande a Rainews 24. "Mi ha chiamato il ministro Alfano. Ci hanno detto che sta bene", ha detto ancora aggiungendo che la prima cosa che farà sarà di "abbracciarlo forte". 

"Stiamo andando tutti a Bologna. La moglie di Gabriele sta arrivando da Milano". Lo ha detto Massimo Del Grande, padre di Gabriele, in viaggio dalla provincia di Pistoia verso il capoluogo emiliano con la moglie e gli altri due figli, dove "alle 10.10 - spiega - è previsto l'arrivo dell'aereo" con a bordo il documentarista. Massimo Del Grande ha ancora spiegato che a informarlo della liberazione è stato il ministro Alfano e che ancora non ha parlato col figlio: "Come si poteva, è in aereo".

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