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E' questa la sintesi dell'articolo di Luca Volontè pubblicato oggi da Lanuovabussola.it (SPAGNA. Pregano davanti all'abortificio, scatta la furia rossa del governo, 2.1.24, Lanuovabq.it). L'associazione “Pro Vida”, lo scorso 28 dicembre, memoria dei Santi Innocenti, ha organizzato delle manifestazioni di preghiera, “armati” di Santo Rosario davanti alle cliniche spagnole dove si praticano aborti. «Siamo venuti a chiedere che la vita venga difesa, questa battaglia è culturale ma deve essere anche spirituale», ha spiegato alla agenzia di stampa “ZENIT” un giovane di 25 anni, mentre si recava alla clinica Dator di Madrid per unirsi all'appello della piattaforma "La preghiera non è un crimine" e per partecipare al rosario che era stato indetto.

 In particolare dinanzi all'ospedale “Dator”, il più grande abortificio di Madrid. “Per mantenere l’ordine pubblico, il governo social-comunista spagnolo ha inviato 5 furgoni e 20 agenti, dispiegati per evitare scontri tra gli oranti cattolici e la marmaglia delle femministe abortiste accorse a difesa dell’omicidio degli innocenti”.

Paradossalmente gli unici che son finiti nel mirino della polizia sono stati i militanti di Pro Vida che stavano pregando, mentre le femministe che stavano manifestando contro Pro Vida hanno avuto mano libera di agire. Le femministe urlavano grida offensive sia ai cattolici che alle persone riunite. «Bruceremo la Conferenza episcopale, con tutti i vescovi dentro», «Via i rosari dalle nostre ovaie», «Che barbarie che chi non partorisce mai ci proibisca di abortire», sono state queste le minacce che facevano da controcanto alle litanie alla Madonna, mentre quelle stesse femministe cercavano indisturbate di intimidire i cattolici. Nulla di nuovo, la cosa grave è che la polizia ha deciso di arrestare alcuni giovani scesi a pregare nei pressi della clinica “Dator” di Madrid, ai quali sono stati chiesti i documenti e si è preteso che salissero su un furgone della blindato, venendo identificati come i pericolosi capigruppo del Rosario, mentre le femministe che minacciavano e intimidivano, non sono state né arrestate e né identificate.

Inoltre gli agenti hanno anche arrestato il dottor Jesús Poveda, un medico che ha passato quasi 40 anni ad aiutare le madri a rischio di aborto, che stava inscenando un sit-in individuale davanti alle porte della “Dator”. “Poveda - scrive Volontè - è stato quindi fedele interprete di quella che è già una tradizione del movimento pro vida in Spagna, si compie un atto di resistenza passiva in un solo giorno dell'anno, la festa dei Santi Innocenti, e si dedicano i restanti 364 a salvare i bambini concepiti”.

Volontè ricorda che in Spagna è stata approvata la Ley Orgánica 4/2022 del 12 aprile di riforma del Codice penale, dove si criminalizza le molestie alle donne che si recano in clinica per l'interruzione volontaria della gravidanza. Questa legge punisce con la reclusione da tre mesi a un anno o con il lavoro di pubblica utilità da 31 a 80 giorni chiunque, al fine di ostacolare il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza, molesti una donna con atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi, minando la sua libertà. Le stesse pene sono comminate se le molestie sono rivolte a professionisti sanitari, operatori o dirigenti di centri autorizzati a praticare l'aborto.

Secondo l'ultimo studio dell'Istituto per la Politica Familiare (IPF), in Spagna si praticano più di 253 aborti al giorno, uno ogni 5 minuti.

In conclusione secondo Volontè pare che il governo social comunista di Sanchez starebbe pensando ad una legge che liberalizzi l’aborto fino alla nascita. “C’è da temere un aggravarsi della persecuzione nei confronti di coloro che difendono la vita nascente e contrastano la legalizzazione del macello di bimbi innocenti, certamente i pro life che lo scorso 28 dicembre hanno osato incollare poster con immagini di bimbi abortiti o inneggianti la vita nascente o addirittura si sono permessi di regalare piccoli feti di plastica ai passanti, potrebbero rischiare pene ben più gravi delle attuali”.

"La morte di Gigi Riva tocca nel profondo il cuore di Cagliari e di tutta la Sardegna. Nella sua carriera di calciatore e di dirigente scorgiamo le caratteristiche dell'etica sportiva che, più volte, papa Francesco ha ricordato, soprattutto nel dialogo con gli atleti: la lealtà, il coraggio, la disciplina del corpo e della mente, la fantasia e il sacrificio, l'amicizia, lo spirito di gruppo, l'agonismo non come prevaricazione ma come ascesi spirituale, il riscatto sociale", lo ricorda l'arcivescovo. "Sardo di adozione, si è sentito parte di un popolo che lo ha apprezzato non solo per le sue doti sportive ma anche per la semplicita' e genuinita' che sempre l'hanno contraddistinto. La sua vita ci insegna che il vero campione non si lascia stordire dal divismo e che il contatto sincero e spontaneo con il popolo, e non solo con i tifosi, è un'occasione unica per trasmettere i valori autentici dello sport. Nella preghiera, affidiamo Gigi Riva all'abbraccio eterno del Signore che ama la vita".

È stato in primis il presidente della repubblica Sergio Mattarella a reagire alla morte di Gigi Riva con un messaggio pubblico rivolto alla leggenda del calcio italiano che ci ha lasciati nella giornata di ieri. A lui si sono uniti poi Giorgia Meloni, Matteo Renzi e tanti altri esponenti della politica del nostro Paese.

Gigi Riva era nato a Leggiuno in provincia di Varese, ma dopo aver fatto vincere uno scudetto nel 1970 al Cagliari diventò a tutti gli effetti un sardo doc. E del sardo aveva tutte le caratteristiche: quelle morfologiche e quelle culturali. Insomma Gigi Riva era un sardo. Diventato cittadino onorario di Cagliari nel 2005, Gigi Riva era per il giornalista sportivo Gianni Brera ‘Rombo di Tuono’, come Gianni Rivera era ‘l’abatino’. Ma in Sardegna divenne Giggiriva, un sardo come lo divenne anche Fabrizio De Andrè. Nel 1970 il Cagliari con lo scudetto la Sardegna si affrancò e da terra di pastori e banditi divenne terra di turismo e di bellezze naturali.

Sarà trasferita nello stadio Unipol Domus di Cagliari la salma della leggenda del calcio italiano, Gigi Riva, 79 anni, stroncato da un infarto lunedì 22 gennaio mentre era ricoverato in Cardiologia all'ospedale Brotzu. La camera ardente sarà allestita probabilmente dalle 12, per consentire a tutti coloro che l'hanno amato di porgergli l'ultimo saluto. I funerali, invece, sono previsti per domani alle 16 nella basilica di Bonaria, a Cagliari. Sarà Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, a presiedere la messa. In prefettura a Cagliari è stata convocata per le 11 una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza per definire i dettagli.

I media della stampa estera ricordano 'la leggenda italiana' Roma, 23 gen. (LaPresse) - La notizia della morte di Gigi Riva fa il giro sui giornali di tutto il mondo. In Germania la Bild titola "Muore la leggenda italiana Riva" e a corredo della notizia mette una foto di un contrasto tra Gigi Riva e Berti Vogts in Italia-Germania 4-3. In Inghilterra il Mirror ricorda Riva come "vincitore degli Europei" del 1968. Sempre in Germania Kicker scrive "L'Italia piange la scomparsa di uno dei migliori attaccanti del mondo: Luigi Riva e' morto". In Spagna Marca titola "È morto Gigi Riva, leggendario attaccante del calcio italiano". Il giornale spagnolo pubblica la foto di uno stacco di testa di Riva sotto gli occhi di Pele' nella finale di Coppa del Mondo 1970 contro il Brasile. In Francia L'Équipe dedica uno spazio in prima pagina a "Riva s'en va" e poi dedica uno spazio nella versione online dove definisce Gigi Riva come "l'eroe d'Italia che non lascio' mai la Sardegna". In Brasile O Globo racconta di Riva come "il miglior cannoniere della Nazionale italiana".

Il Consiglio regionale della Sardegna ha osservato un minuto di silenzio stamane per ricordare la leggenda del calcio italiano Gigi Riva, morto ieri in ospedale a Cagliari. La seduta dell'Aula è stata poi sospesa per una riunione dei capigruppo. "Non era solo un grande sportivo ma anche, e soprattutto, una grande persona", l'ha ricordato il presidente Michele Pais nel suo intervento. "Un vero sardo, non di nascita ma per scelta, un isolano doc che non ha mai voluto lasciare la sua squadra, i suoi tifosi e la sua terra d'adozione. Le istituzioni sarde oggi lo celebrano con 'il lutto regionalè sino al giorno delle esequie. Bandiere a mezz'asta all'esterno, listate a lutto all'interno degli edifici regionali. Un omaggio doveroso che accomuna istituzioni e gente comune. 

Perché Gigi Riva per il popolo sardo, e non solo, è un mito, e lo rimarrà per sempre perchè la sua umanità lo ha fatto amare da tutti e non sarà mai dimenticato". "Con la scomparsa di 'rombo di tuonò si chiude un capitolo sportivo esaltante iniziato negli anni '60 e che ha avuto il suo momento più alto con lo scudetto vinto dal Cagliari", ha aggiunto Pais. "La notizia della sua scomparsa ieri è immediatamente rimbalzata in ogni angolo del mondo. La stampa regionale, nazionale e internazionale gli ha dedicato le prime pagine. Non vi nascondo che oggi leggendo i giornali mi sono commosso, perchè tutti noi siamo cresciuti con il mito di Gigi Riva". "Tutti noi lo abbiamo amato, rispettato come solo i sardi sanno fare, e l'abbiamo eletto a mito, Per sempre", ha proseguito il presidente del Consiglio regionale. "Perchè Gigi Riva è immortale, il suo passaggio sulla terra sarà indelebile, resterà una leggenda. Grazie Gigi. A nome mio personale e dell'intero Consiglio regionale esprimo il più profondo cordoglio alla famiglia". Fonte video: Consiglio Sardegna 

 

Fonte varie agenzie 

Il 31 dicembre 2022 ci lasciava il Papa emerito Benedetto XVI. Dopo dieci anni in quasi assoluto silenzio, tranne qualche intervento per ricordare che le cause della crisi morale di molti sacerdoti sono da ricercarsi nella rivoluzione antropologica esplosa nel 1968. In questi anni molto è stato scritto sul suo pontificato, in particolare sulla sua clamorosa rinuncia, vista da alcuni come un oscuro complotto. Quando poi si è trattato semplicemente di un ritiro, perché il suo fisico malconcio non gli permetteva di poter svolgere la sua missione al meglio. E da un tedesco abituato a fare tutto in ordine c'èra da aspettarselo.

Benedetto XVI-Joseph Ratzinger era una persona eccezionale ha detto l'ex senatore Marcello Pera. Eccezionale per il suo carattere, per la sua cultura, padroneggiava di prima mano teologia, filosofia, storia del cristianesimo e della chiesa. Eccezionale per la sua chiarezza e linguaggio, infine eccezionale fu per la sua fede.“L’umile servo nella vigna del Signore”.

Certamente fu il più grande teologo del Novecento, autentico moderno Dottore della Fede, un ricercatore innovativo. Per anni ha resistito alle “critiche e alle ingiurie, risolveva i dubbi, teneva basso il tono e alta la testa, non si piegava, perché aveva fisso lo sguardo su Cristo e la Verità”. Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il Papa emerito era un uomo che “aveva un tratto di grande gentilezza anche verso chi lo faceva soffrire. Non si ricorda che abbia mai alzato la voce, o si sia vantato per il suo possente edificio intellettuale”. L’insegnamento di Benedetto XVI, in particolare la sua attitudine all’ascolto e la sua umiltà) va preso in considerazione da chi ha responsabilità pubblica e politica.

Per chi volesse conoscerne la grandezza di Benedetto XVI, oltre ai suoi testi, si può accedere alla splendida biografia di Peter Seewald, pubblicata da Garzanti, che ha raccontato il percorso intellettuale e anche la profondità spirituale di questo gigante della Storia della Chiesa.

Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ricorda ed elogia Benedetto XVI, “per il suo umile e grande amore per la Chiesa, per il bene della quale ha scelto di rinunciare al servizio petrino, che non si riteneva più in grado di svolgere al meglio, e di trascorrere gli ultimi anni della vita accanto al nuovo Pontefice, nell’obbedienza e nella fedeltà assolute, come ha ripetutamente detto lui stesso”. Inoltre è importante ricordare Joseph Ratzinger sia quando era prefetto e poi da Papa, ma anche prima, quando era docente di teologia, di fronte a una Chiesa divisa, ha sempre lavorato per la sua unità. Anche se nel suo impegno, ricorda Invernizzi, “non ha mai smesso di condannare gli errori per affermare la verità, ma ha anche sempre manifestato l’amore convinto e concreto perché la comunione e l’unità nella Chiesa fossero comunque salvaguardate”. Argomentare di Benedetto XVI ma anche di san Giovanni Paolo II c'è sempre il rischio che qualcuno ne approfitti per “esaltarli” e contrapporli all'attuale pontefice Papa Francesco. E' un grosso errore, occorre ricordare e celebrare i due pontefici scomparsi, non per dividere ulteriormente ma per esaltare e difendere la Chiesa che hanno servito e amato. La continuità di Papa Francesco con i precedenti papi è evidente come ho cercato di dimostrare nel mio studio di qualche anno fa, (“Papa Francesco è progressista o conservatore?”) tra l'altro gradito da padre Livio Fanzaga.

Questo in concreto significa riconoscere che la Chiesa è la comunità dei credenti in Cristo, che dobbiamo riscoprire la bellezza e l’importanza dell’autorità superando ogni forma di individualismo, cioè sottomettendo il nostro giudizio, in sostanza rifiutando una forma insidiosa di relativismo.

Oggi abbiamo bisogno di una Chiesa unita, non dilaniata dalle lotte intestine, una Chiesa che eviti le proposte ambigue, le reazioni scomposte, che non manchi di rispetto verso l’autorità e che usi il potere per servire e unire, non per dividere ed esasperare. Attenzione alle divisioni che non diventino scisma che poi rimangono nella Storia senza che nessuno ricorda perché sono cominciate.

 

Come ogni anno l'Agenzia Fides (Organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie dal 1927) stila l'elenco dei missionari cattolici uccisi nel mondo. Quest'anno sono 20: 1 Vescovo, 8 sacerdoti, 2 religiosi non sacerdoti, 1 seminarista, 1 novizio e 7 tra laici e laiche. Come capita ogni anno questo elenco di assassinio violento non riesce a bucare l'informazione dei Media, per la verità non riesce neanche a sensibilizzare il mondo dei credenti, attratti da altre campagne come la raccolta dei “tappi” di plastica.

Ne Il Dossier a cura di Stefano Lodigiani, pubblicato il 30 dicembre 2023 si registrano 2 missionari uccisi in più rispetto all’anno precedente. Quest’anno il numero più elevato torna a registrarsi in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari: 5 sacerdoti, 2 religiosi, 1 seminarista, 1 novizio. In America sono stati assassinati 6 missionari: 1 Vescovo, 3 sacerdoti, 2 laiche. In Asia sono morti, uccisi dalla violenza, 4 laici e laiche. Infine in Europa è stato ucciso un laico.

Come negli anni precedenti, l’Agenzia Fides usa il termine “missionario” per tutti i battezzati, riconoscendo che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 120). Del resto l’elenco annuale di Fides da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma prende in considerazione tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa morti in modo violento, anche quando ciò avviene non espressamente “in odio alla fede”. Per questo si preferisce non utilizzare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro proponendoli, dopo un attento esame, per la beatificazione o la canonizzazione.

Uno dei tratti distintivi che accomunano la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2023 - rileva Fides -  è senza dubbio la loro normalità di vita: non hanno compiuto cioè azioni eclatanti o imprese fuori del comune che avrebbero potuto attirare l’attenzione e farli entrare nel mirino di qualcuno. Scorrendo le poche note sulla circostanza della loro morte violenta troviamo sacerdoti che stavano andando a celebrare la Messa o a svolgere attività pastorali in qualche comunità lontana; aggressioni a mano armata perpetrate lungo strade trafficate; assalti a canoniche e conventi dove erano impegnati nell’evangelizzazione, nella carità, nella promozione umana. Si sono trovati ad essere, senza colpa, vittime di sequestri, di atti di terrorismo, coinvolti in sparatorie o violenze di diverso tipo.

Il Dossier offre alcuni cenni biografici e circostanze della morte dei venti missionari che hanno perso la vita per il Vangelo. C'è anche un'altra “normalità”, secondo Fides ed è quella di vivere la fede offrendo la loro semplice testimonianza evangelica come pastori, catechisti, operatori sanitari, animatori della liturgia, della carità…. Avrebbero potuto andare altrove, spostarsi in luoghi più sicuri, o desistere dai loro impegni cristiani, magari riducendoli, ma non lo hanno fatto, pur essendo consapevoli della situazione e dei pericoli che correvano ogni giorno. Ingenui, agli occhi del mondo.

All’Angelus della festa di Santo Stefano, il primo martire della comunità cristiana, Papa Francesco ha ricordato: “Ancora ci sono – e sono tanti – quelli che soffrono e muoiono per testimoniare Gesù, come c’è chi è penalizzato a vari livelli per il fatto di comportarsi in modo coerente con il Vangelo, e chi fa fatica ogni giorno a rimanere fedele, senza clamore, ai propri buoni doveri, mentre il mondo se ne ride e predica altro. Anche questi fratelli e sorelle possono sembrare dei falliti, ma oggi vediamo che non è così. Adesso come allora, infatti, il seme dei loro sacrifici, che sembra morire, germoglia, porta frutto, perché Dio attraverso di loro continua a operare prodigi (cfr At 18,9-10), a cambiare i cuori e a salvare gli uomini” (Angelus, 26 dicembre 2023).

In occasione della Giornata Mondiale dell'Abbraccio, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLA) ne ricorda il valore. Un gesto di solidarietà e vicinanza che, nella lotta contro la SLA, unisce il terzo settore e le aziende. Con 37mila cioccolatini, la campagna natalizia "Il Buon Gusto della Ricerca" promossa da Galbusera ha riscosso un ampio successo di adesioni e, oltre a questo, l’azienda ha scelto di fare di più, "abbracciando" la causa con una donazione complessiva di 51mila euro.

«L’abbraccio, uno dei gesti più semplici ed istintivi dell'uomo, è forse anche uno dei più potenti. Con esso, riusciamo ad esprimere solidarietà, vicinanza, conforto e speranza, comunicando il nostro supporto e la nostra presenza. Celebriamo questa generosa donazione oggi, con la speranza che questa Giornata possa rappresentare un momento di riflessione e consapevolezza per tutti.» dichiara Fulvia Massimelli, presidente nazionale AISLA.

Questa donazione, come molte altre iniziative del terzo settore, mostra come la sinergia tra aziende e organizzazioni non profit rappresenti un valore aggiunto per l'intera società. Ogni donazione, infatti, produce un doppio beneficio sociale, perché non solo migliora la vita delle persone che ricevono l’aiuto, ma contribuisce anche a creare un contesto più sano e positivo nel presente e nel futuro. A confermarlo è l’Istituto Italiano della Donazione, presente oggi con AISLA alla consegna della donazione.

«Le organizzazioni non profit hanno un ruolo fondamentale nella promozione della cultura del dono, un gesto spontaneo di generosità e solidarietà che può rappresentare un segno forte per costruire una società più giusta ed equa. Valorizzare e coltivare la solidarietà attraverso il dono, infatti, può aiutare a superare crisi economiche e di valori. L'obiettivo deve essere quello di costruire una cultura condivisa del dono, capace di promuovere l'impegno sociale e il coinvolgimento dei cittadini nella costruzione del bene comune.» commenta Cinzia Di Stasio, segretario generale dell’Istituto Italiano Donazione.

Ecco come un piccolo gesto compiuto dai clienti durante i frenetici acquisti natalizi si è trasformato in qualcosa di straordinario. Con la scelta dei cioccolatini Caffarel per la ricerca, Galbusera è riuscita a raggiungere la cifra incredibile di 37.162 euro. Ma l'impegno dell'azienda non si è fermato qui, infatti, Galbusera ha voluto fare ancora di più donando la cifra tonda di 51.060 euro.

«È con gratitudine che ci uniamo alla lotta contro la sclerosi laterale amiotrofica. Galbusera, come azienda, sente la responsabilità di contribuire alla costruzione della società in cui desideriamo vivere e ci impegniamo a farlo attraverso il sostegno alle organizzazioni non profit e il loro meraviglioso lavoro. Non si tratta solo di donare somme di denaro, ma di abbracciare un dovere e una responsabilità sociale a cui tutti siamo richiamati.» aggiunge Diego Ponasso, Direttore Retail di Galbusera.

La testimonianza di Davida Rafanelli, presidente di SLOW food, socio AISLA e persona con Sla, racconta il lato umano, quello dove l'affetto diventa sostanza: «La Giornata Mondiale dell’Abbraccio ci ricorda l'importanza di essere comunità e di unirci per affrontare insieme le sfide che la vita ci presenta. La mia esperienza personale mi ha insegnato che la solidarietà e il sostegno degli altri possono fare la differenza. Dobbiamo andare “oltre” e diffondere questa consapevolezza.»

 

Fonte Uff.Stampa AISLA

 

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