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Tra conferme e defezioni, il vertice di Palermo alla fine si terrà. Le porte di villa Igiea per i partecipanti si apriranno intorno alle 19:00, quando il premier Giuseppe Conte accoglierà i capi delegazione che via via sfileranno all’interno della sede scelta per il vertice. Tra occasione per prendere la testa della cabina di regia per la Libia e timore per un suo possibile fallimento, il vertice segna comunque una tappa importante per la diplomazia italiana.

L’Italia, da quando ha annunciato l’organizzazione di una conferenza internazionale a Palermo sulla Libia, ha iniziato subito a lavorare per avere una platea di paesi più vasta possibile presente in Sicilia. Dagli Stati Uniti è arrivato subito il sostegno all’iniziativa, visto che l’idea di una cabina di regia italiana è stata formalizzata proprio a Washington. Il dubbio riguarda però il livello della presenza americana. Da Roma il “sogno” è poter avere Donald Trump, vista la visita del presidente americano prevista giorno 11 novembre a Parigi. Ma alla fine, a rappresentare gli Usa a Palermo sarò David Satterfield, sottosegretario con delega al Medio Oriente al consiglio di Stato. Sarà della partita anche l’altra potenza che ha spinto ed appoggiato l’Italia nell’azione sulla Libia: la Russia. Da Mosca a guidare la delegazione dovrebbe esserci il primo ministro Dmitri Medvedev. Per quanto riguarda l’Europa, è confermata la presenza dell’alto rappresentante della politica estera comunitaria, Federica Mogherini. Ma dal vecchio continente non verrà alcun capo di Stato, anche se ci saranno delegazioni da molti paesi.

­Per il governo di unità nazionale ci sarà invece il premier Al Serraj, assieme al suo vice Ahmed Maitig, uomo forte “moderato” di Misurata. Presenti inoltre altri due attori importanti: Aguila Saleh, presidente del parlamento di Tobruck, e Khaled Al Meshri, presidente dell’alto consiglio di Stato. In totale comunque, le delegazioni libiche dovrebbero essere molte di più comprendendo fazioni, tribù e partiti politici di ogni parte del paese. 

­C'e giallo su quello che dovrebbe essere l' ospite piu atteso ossia il generale Khalifa Haftar. Il leader della Cirenaica avrebbe dato il suo via libera definitivo alla presenza a Palermo nei giorni scorsi, ma nelle ultime ore tra conferme e smentite appare in forse la sua partecipazione. Un diniego di Haftar potrebbe compromettere seriamente l’andamento del vertice siciliano e far rimediare all’Italia una magra figura agli occhi della comunità internazionale. 

 A 24 ore dall'inizio dei lavori, ambienti dell'autoproclamato Esercito nazionale libico hanno fatto sapere in mattinata che il loro capo diserterà il summit perché non vuole sedere al tavolo con i rappresentanti del Qatar e di una fazione, il Libyan Fighting Group, secondo Haftar "legata ad al Qaida". 

L'indiscrezione poteva essere il frutto di un bluff del generale per alzare la posta del negoziato. Più tardi, però, si è avuta la percezione che la situazione stesse realmente precipitando. Altre fonti vicine ad Haftar infatti - rilanciate dapprima dal media libico Address Journal e in seguito, tramite la France Presse, dall'autorevole sito egiziano Al Ahram e da Al Arabiya - hanno diffuso la notizia che Conte in giornata sarebbe volato a Bengasi: una visita lampo, si legge nella ricostruzione, per discutere con Haftar "gli ultimi sviluppi sulla conferenza di Palermo". 

Palazzo Chigi ha smentito seccamente la notizia. Facendo trapelare che da parte del governo italiano "c'è la volontà di non interferire tra le parti libiche in una questione che è prettamente libica". La posta in gioco è però troppo alta per passare la mano, e le trattative per un ripensamento del generale proseguono. Per settimane la diplomazia italiana, ma anche i russi e gli americani, hanno cercato di convincere Haftar ad andare al summit. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero lo ha incontrato a Bengasi, lo stesso generale è stato ricevuto a Roma dal premier Giuseppe Conte. 

Il Premier Conte in una sua intervista riguardo alla conferenza di Palermo sulla Libia al quotidiano  La Stampa ha dichiarato : L'Italia e la comunità internazionale sostengono l'operato dell'Onu. Occorre superare lo stallo in cui versa da tempo il processo politico libico. Ma soprattutto occorre prevenire l'escalation di violenza di cui abbiamo avuto un ampio assaggio nei mesi scorsi. Il popolo libico chiede stabilità e benessere ed è su questa linea, concreta e inclusiva, che ci siamo mossi per preparare la conferenza di Palermo. L'analisi esposta da Salamé pochi giorni fa al Consiglio di Sicurezza è in linea con gli obiettivi dell'iniziativa italiana, che non a caso è stata valorizzata quale occasione preziosa per ribadire la coesione internazionale e favorire passi avanti. Salamé, del resto, non ha presentato una nuova "road map" bensì una ricalibratura del piano già approvato e da noi sostenuto senza remore. Si tratta, insomma, di rafforzare le prerogative del popolo libico e adempiere alle responsabilità istituzionali volte a far "ripartire" un Paese amico a noi vicino

Gli oppositori continua il Primo Ministro Italiano sono tali fintanto che vi sarà spazio per agende nascoste e interessi contraddittori. Abbiamo promosso un evento inclusivo e stiamo parlando con tutti: con pragmaticità ma anche estrema chiarezza. Ho incontrato di persona, e a lungo, tanto Sarraj che Haftar. Ho raccolto forti incoraggiamenti e testimonianze di stima che mi confortano nella strada intrapresa. A dispetto delle speculazioni e dei facili giudizi, non stiamo improvvisando e non coltiviamo ambizioni velleitarie, ma credo che l'Italia abbia la responsabilità e la capacità di svolgere un ruolo utile in questo processo così come nell'intera area mediterranea. Ripeto, utile: nessuno vuole fare pedagogia politica o, peggio, velleitarie forme di tutoraggio. Intendiamo aiutare in un percorso e non "dettare" soluzioni. Tanto meno imporle.

Abbiamo preparato questa iniziativa con determinazione sottolinea il Premier Conte al quotidiano la Stampa e convinzione e continueremo con lo stesso spirito anche in seguito. Non intendiamo questa Conferenza come una vetrina o l'occasione di una photo opportunity. Ancora più importante sarà il lavoro che faremo in seguito per continuare a seguire questo processo. Ho parlato con molti leader internazionali, molti di più di quelli da lei citati, e da tutti ho raccolto interesse e sostegno, a prescindere dalle singole partecipazioni. I Paesi che cita saranno presenti e a livello più che adeguato, a partire dalla Russia e dalla Francia. Ma ciò che viene in questi giorni, poco citato e ne sono rimasto francamente sorpreso, è il fatto che Palermo riunisce intorno ad uno stesso tavolo i principali attori libici e il massimo livello politico di Paesi quali Algeria, Tunisia, Egitto, Ciad, Niger, Grecia e Malta. Basta guardare la carta geografica per rimettere in ordine questa costante e, a volte un po' superficiale, classifica delle adesioni. Ma anche il resto d'Europa e dei Paesi del Golfo vede non poche qualificate presenze. E parlo anche delle Istituzioni europee che saranno rappresentate da Tusk e Mogherini. Per rispondere alla sua domanda, dunque, non esito a definirmi soddisfatto che il nostro Paese abbia coagulato tanti - e indispensabili - partner intorno ad un tavolo dove i protagonisti saranno i libici.

Il nostro obiettivo, sottolinea il primo Ministro e condiviso dalla comunità internazionale, è una Libia stabile, con istituzioni scelte dal popolo libico. È questo lo scenario che mi vede totalmente favorevole. La Russia, quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza e attore internazionale di primo piano, può dare un contributo importante.Per il governo italiano il contrasto al terrorismo è una priorità. E fortunatamente sono moltissimi i Paesi ad avere questa priorità, partendo dagli stessi membri della Ue. Il nostro ruolo è dunque di rilievo, si esprime con coerenza e impegno. Senza dimenticare che la stabilità politico-istituzionale e lo sviluppo socio-economico sono la migliore medicina per prevenire il diffondersi del fenomeno terroristico.

Il premier Giuseppe Conte è giunto a Palermo. "Mi aspetto che Haftar sia presente. La sua visione non è certamente coincidente con quella del presidente Sarraj", ma "Mandela ha osservato che 'il compromesso è l'arte della leadership e i compromessi si fanno con gli avversari, non con gli amici'". Così il premier Giuseppe Conte in un'intervista in apertura di prima pagina della Stampa.  

Ci sarà anche il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk - oltre al "ministro degli Esteri" europeo Federica Mogherini - alla conferenza di Palermo sulla Libia. Lo si apprende da fonti di governo che spiegano come saranno 38 le delegazioni presenti al summit. Ed è prevista, al momento, anche la presenza del premier russo Dimitri Medvedev. Al tavolo sulla Libia parteciperanno inoltre delegazioni di Lega Araba, Fmi e Banca Mondiale mentre i giornalisti accreditati sono 450.

Alla Conferenza parteciperà anche il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. Lo annuncia la tv di Stato egiziana. "Il presidente Sisi va oggi nella città italiana di Palermo per una visita ufficiale di due giorni. Deve partecipare al summit dei leader interessati al dossier libico su invito del primo ministro italiano" Giuseppe Conte, annuncia un banner della tv. 

Sono una ventina le sigle - tra comitati, centri sociali, associazioni e movimenti - che nel pomeriggio, a partire dalle 17, sfileranno in corteo, da piazza Marina fino a piazza Politeama, per il contro-vertice sulla Libia. Ieri sera centinaia di giovani hanno partecipato alla 'street parade' dei centri sociali, partita da piazza Rivoluzione. "Politiche guerrafondaie, falsi processi di pacificazione, speculazione sui poveri e discriminazione razziale" gli slogan dei manifestanti che hanno protestato "contro una città militarizzata e negata di cui non si è più liberi abitanti ma ostaggio dei potenti e delle loro necessità". 

"Non possiamo accettare che la nostra città ci venga sottratta per permettere lo svolgimento di un summit assolutamente inutile parecchio dispendioso economicamente e che, peraltro, si manifesta come fallito ancor prima di iniziare - dice Nicola Calcavecchia dei centri sociali palermitani - Bisogna assolutamente sottolineare, oltre all'assenza dei grandi capi di Stato al posto dei quali vi saranno i semplici delegati, la defezione di una delle fazioni libiche, particolare non da poco se si considera che l'intento manifesto del summit era proprio quello di trovare un accordo tra le fazioni". La carovana, con cori, speakeraggio e musica ad alte frequenze, è stato organizzata proprio per "arrecare disturbo a danno degli ospiti del summit che si trovano a soggiornare presso alcuni degli alberghi del centro storico". "A loro i lussuosi alberghi e i salotti per le conferenze, a noi le strade e le piazze della nostra città da vivere e attraversare come meglio crediamo", afferma Alessandro Tagliarini, giovane dei centri sociali palermitani.

­La Francia invierà il ministro degli esteri, Jean-Yves Le Drian. La Germania sarà pure presente e rappresentata dal sottosegretario agli esteri, Niels Annen. Diplomatici e rappresentanti arriveranno anche da Spagna, Grecia e Malta. Per quanto riguarda l’Africa invece, la “pattuglia” dovrebbe essere abbastanza nutrita. Nelle scorse ore è stata infatti confermata la presenza con capi di Stato e di governo da parte di molti paesi confinanti con la Libia. Si tratta, in particolare, di Tunisia, Algeria, Egitto per il nord Africa. Per il Sahel invece, a Palermo dovrebbero arrivare anche rappresentanti di Niger e Ciad. Per la Tunisia sarà a Palermo il presidente Beji Caid Essebsi, per l’Algeria invece il primo ministro Ahmed Ouyahia. Non si sa ancora se in Sicilia l’Egitto sarà rappresentato o meno dal presidente Al Sisi. 

Presenti a Palermo anche Turchia e Qatar.Tali presenze avrebbero infastidito proprio l' Egitto essendo Ankara e Doha due importanti sponsor dei Fratelli Musulmani e quindi del movimento fortemente osteggiato da Al Sisi nel suo paese. Sarà presente anche l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamè. Sarà lui a rappresentare le Nazioni Unite in Sicilia. 

 

Secondo la nota del Presidente del Consiglio Conte sul sito ufficiale del Governo Italiano scrive  : "Le previsioni di crescita della Commissione Ue per il prossimo anno sottovalutano l’impatto positivo della nostra manovra economica e delle nostre riforme strutturali. Andiamo avanti con le nostre stime sui conti pubblici, sulla crescita che aumenterà e sul debito e il deficit che diminuiranno. Non ci sono i presupposti per mettere in discussione la fondatezza e la sostenibilità delle nostre previsioni.

Per questo riteniamo assolutamente inverosimile qualsiasi altro tipo di scenario sui conti pubblici italiani. Il deficit diminuirà con la crescita e questo ci permetterà di far diminuire il rapporto debito/PIL al 130% nel prossimo anno e fino al 126,7% nel 2021. 

L’Italia non è affatto un problema per i Paesi dell’Euro zona, scrive la nota del Premier al  sito ufficiale del Governo, e dell’Unione europea, ma anzi contribuirà alla crescita di tutto il continente. Le riforme strutturali che mettiamo in campo, dalla riforma dei centri per l’impiego alla semplificazione del codice degli appalti, alla riforma del codice e del processo civile insieme al piano investimenti, daranno maggiore impulso alla crescita rispetto a quanto previsto dalla Commissione Ue. Sulla base di queste valutazioni, guardiamo positivamente agli sviluppi del dialogo intrapreso con le Istituzioni europee".

I numeri sulla manovra usciti ieri dalla Commissione Ue sarebbero "totalmente campati per aria". Così il leghista Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio a Montecitorio, è pronto a dare battaglia.

Secondo Pierre Moscovici quelle diffuse sono invece "proiezioni su dati reali" e rivedono in forte rialzo il Deficit/Pil, che salirebbe al 2,9% il prossimo anno e al 3% nel 2020. "Mi sembrano numeri totalmente campati per aria - ha commentato Borghi nel corso di un'intervista a La Stampa-, che non possono per definizione essere reali in quanto proiezioni. Quindi stime, e come per tutte le stime, conta quello che avviene dopo".

"In passato sono stati forniti numeri totalmente avulsi dalla realtà. Il Def 2015 del Pd prevedeva per il 2018 un rapporto Debito/Pil al 127,4%. Siamo al 131,8. Parliamo di uno scostamento di quasi 80 miliardi. Direi che ci sono due pesi e due misure, altroché", ha denunciato il leghista.

Senza cambiamenti nel Documento di Bilancio, il prossimo 21 novembre l'Unione europea avvierà la procedura di infrazione per mancato rispetto della regola del debito."Non è uno scenario che ci preoccupa - ha spiegato Borghi -. Se la Commissione sanzionerà noi e non chi sforerà il 3% Deficit/Pil questo sarà un ottimo argomento per noi, per chiedere un cambiamento totale alle prossime elezioni europee". 

"Il debito - ha detto Di Maio - non deve rappresentare una colpa degli italiani. Il nostro obiettivo è ridurlo facendo degli interventi che ridanno diritti ai cittadini, col massimo dialogo con l'Ue e mai oltre il 2,4% di deficit che abbiamo fissato nella legge di bilancio". Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio in conferenza alla stampa estera. "La garanzia che diamo è che il 2,4 è il termine massimo di deficit e saremo pronti a garantirlo e ad intervenire quando servirà nella legge di bilancio", ha aggiunto  

Intanto botta e risposta sulla manovra tra il presidente dell'Eurogruppo, Mario Centeno, e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, dopo l'incontro a Roma.

In questi giorni - ha spiegato Tria - il governo è impegnato nella predisposizione di una risposta sugli aspetti ancora controversi" della manovra, una manovra "che il governo intende confermare nei suoi pilastri fondamentali".  "Ci rendiamo conto - ha detto ancora il ministro - che i problemi rilevati richiederebbero una manovra espansiva più incisiva ma è stato necessario trovare un corretto bilanciamento tra la stabilità finanziaria e sociale, entrambe necessarie".Intanto il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio si mostra fiducia su una eventuale multa. "In questo momento - ha detto - non c'è in previsione una multa per l'Italia. Io credo nel dialogo che avremo con Bruxelles". "Ieri il Ministero dell'economia ha contestato le previsioni della Commissione, perché pensiamo che dal punto di vista econometrico siano sbagliate. Ma allo stesso tempo il nostro obiettivo è spiegare a Bruxelles i punti di partenza di questo Governo che partiva dal 2 di deficit senza far nulla", ha aggiunto.  

"Non ho dubbi sull'impegno dell'Italia per l'euro e la crescita sostenibile. E' essenziale che la legge di bilancio dimostri questi impegni", afferma Centeno. 

"Abbiamo avuto un confronto sulle rispettive opinioni sulla manovra di bilancio italiana che come voi sapete preoccupa gli stati membri - ha detto il ministro - . Noi abbiamo spiegato che queste preoccupazioni non sono fondate sul contenuto reale della nostra manovra di bilancio". E ancora: "Per evitare questa procedura sul debito noi dovremmo fare una manovra di restrizione fiscale violentissima, andare a un deficit dello 0,8%, che per una economia in forte rallentamento sarebbe un suicidio, non credo che la Commissione si aspetti una reazione di questo tipo anche se formalmente rispettosa delle regole di bilancio". 

Il rallentamento dell'economia evidenziato dagli ultimi dati, "anche alla luce dell'incertezza internazionale, rafforza ulteriormente gli obiettivi della manovra, contrastare il rallentamento della crescita e fornire uno stimolo con gli investimenti pubblici". Lo ha detto il ministro dell'economia, Giovanni Tria, in audizione sulla manovra, ricordando l'impatto espansivo della legge di bilancio, pari allo 0,6% del Pil. "La manovra 2019 - ha evidenziato - è stata pensata "per uscire dalla trappola della bassa crescita". "Le nostre preoccupazioni su un rallentamento sono confermate" e questo rende ancora "più necessario confermare l'effetto anticiclico della manovra". Le misure contenute nella legge di bilancio, ha proseguito, "aiuteranno il Paese a crescere per assicurare un maggior benessere ai nostri concittadini". 

 

 

La Commissione Ue "sta considerando" la procedura per debito contro l'Italia e per questo sta anche preparando il rapporto sul debito. "Lo abbiamo fatto anche gli anni scorsi, concludendo che l'Italia era sostanzialmente in linea con i requisiti del Patto e quindi non abbiamo aperto la procedura. Ma in questo caso, se il Documento programmatico di bilancio non cambia materialmente, dobbiamo riconsiderare le conclusioni": lo ha detto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis.  

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha lasciato la riunione dell'Ecofin in anticipo sulla fine dei lavori, per rientrare a Roma. Il ministro non ha quindi partecipato al tradizionale incontro con la stampa, previsto alla fine della due giorni di lavori.  

"La manovra è una". Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha risposto ai cronisti che gli hanno chiesto, a margine dell'inaugurazione di Eicma, il salone delle due ruote che si tiene a Milano, se ci sarà una manovra bis. A chi gli ha poi chiesto se al ritorno del ministro Tria dall'Eurogruppo ci sarà un vertice di maggioranza Giorgetti ha risposto: "Basta chiamarli vertici, è una cosa normale si tratta solo di una riunione".

L'Ue rinvia per ora la resa dei conti e vira su una tregua momentanea, puntando a un 'dialogo' dell'ultima chance con la speranza che l'Italia, per usare l'espressione utilizzata dal ministro delle finanze francese Bruno Le Maire, "afferri la mano" tesale dalla Commissione Ue e comunque modifichi la sua manovra. Le aspettative su questo punto sono cristalline: Bruxelles, ha avvertito il commissario Pierre Moscovici, si aspetta "un bilancio nuovo e rivisto" entro il 13 novembre. E anche l'Eurogruppo, che lo ha sottolineato nero su bianco in una dichiarazione in cui invita ugualmente a un "dialogo aperto e costruttivo". Un atteggiamento che cerca una sintonia con quello portato all'Eurogruppo dal ministro Tria per arrivare a una soluzione accettabile per tutti che resti nell'alveo delle procedure europee. "Non c'è né scontro né compromesso" con l'Ue, ha detto Tria, ma la manovra "non cambia, stiamo discutendo". 

L'Italia infatti, è il messaggio, non vuole rompere con l'Ue né ritiene di essere una minaccia per l'eurozona, però allo stesso tempo non intende modificare la sua manovra e vorrebbe vedersi riconoscere un' 'eccezione' nell'ambito delle regole esistenti. La doppia scadenza resta quindi quella del 13 e 21 novembre, quando a parlare per prima sarà la risposta dell'Italia alla Commissione, e dopo la nuova valutazione di Bruxelles e il suo rapporto rivisto sul debito italiano. Per questo si va verso un vertice di governo mercoledì a Roma con il premier Giuseppe Conte e i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio per studiare la risposta da inviare a Bruxelles. Anche se il clima politico resta incandescente, annoverando un nuovo botta e risposta su accuse di nazionalismo e xenofobia tra il commissario agli affari economici Pierre Moscovici e il leader della Lega.  

La correzione della manovra italiana dovrà essere "considerevole": lo ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. "Numericamente l'Italia avrebbe dovuto assicurare un miglioramento del deficit strutturale di 0,6% invece c'è un peggioramento di 0,8%. Pari a una deviazione dell'1,4%. E' una deviazione molto ampia", ha aggiunto.

Arrivando all'Ecofin, a chi gli chiedeva quali saranno i prossimi passi, ha risposto: "Il dialogo continuerà, certo abbiamo qualche disaccordo ma questo non vuol dire che non possiamo avere un dialogo costruttivo tra la Commissione Ue e l'Italia, è una cosa abituale tra i Paesi e la Commissione".  "Dobbiamo spiegare alla Commissione, ma non posso anticipare ora la risposta" sulla manovra che verrà data entro il 13 novembre a Bruxelles come richiesto, ha aggiunto.

"Ci aspettiamo una risposta forte e precisa da parte del governo italiano" e i prossimi passi "dipendono dalla qualità della risposta, la palla è nel campo dell'Italia" da cui "attendiamo una manovra rivista, e il primo punto è quindi averne una", ha detto il commissario Ue agli affari economici, Pierre Moscovici all'arrivo all'Ecofin. "Il 13 novembre non è la fine del mondo ma solo un nuovo passo", ha aggiunto, però "una cosa è essere flessibili nell'interpretazione delle regole, un'altra è essere fuori dalle regole".

"Salvini rasenta continuamente il nazionalismo e la xenofobia", ha detto il commissario francese. "Oltre ad insultarmi - ha ribattuto il leader della Lega - questo signore non ha nient'altro da fare? Io nel frattempo vado avanti". Scintille che hanno visto risposte anche da parte del vicepremier Luigi di Maio e dal presidente del consiglio, Giuseppe Conte, ma che non sembrano aver influito sul confronto europeo. "Dialogo, dialogo, dialogo", è il mantra ripetuto all'Eurogruppo sia dal commissario Moscovici che dai colleghi europei, inclusi i 'falchi' di Olanda e Germania. Se l'Eurogruppo non adotterà nessuna decisione per oggi, però il monito inviato a Roma è chiaro: sì a una discussione, ma l'Italia deve far rientrare la sua manovra nelle regole Ue cooperando con la Commissione, che tutti i 18 sostengono. 

"Temo che l'approccio e i passi assunti dal governo italiano stiano mettendo a rischio questi obiettivi", ha detto il ministro slovacco Peter Kazimir. Anche perché, ha ricordato il collega dell'Irlanda che nel 2010 si sottopose a un trattamento 'lacrime e sangue' per salvare le sue banche e l'euro, "una delle dolorose lezioni della crisi economica che abbiamo imparato è che, se tu condividi la moneta con molti altri Paesi, abbiamo tutti una responsabilità verso gli altri". L'Eurogruppo e la Commissione, a cui tra l'altro non tornano i conti delle stime italiane su deficit e Pil, restano però scettici sulle promesse dell'Italia di riportare i conti in ordine a partire dal 2020.

"L'Italia deve presentare una nuova bozza di bilancio, che aspettiamo sperando che ci siano passi" per portare la manovra "in linea con le regole di bilancio Ue", ha avvertito chiaramente il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno. Il concetto è stato ribadito anche durante l'incontro bilaterale tra Moscovici e Tria: "Sono persuaso - ha detto il commissario - che il ministro abbia compreso la necessità che l'Italia agisca nel quadro delle regole fiscali europee". La situazione venutasi a creare con l'Italia è infatti anche il convitato di pietra della riforma dell'eurozona, sempre più in difficoltà e su cui invece Parigi spinge, ha affermato Le Maire, per "prendere decisioni entro fine anno". Il mancato rispetto delle regole di bilancio, però, da sempre spauracchio dei Paesi rigoristi del Nord per la condivisione dei rischi, costituisce un ostacolo serio.

 

 

Che la manovra del governo non piacesse all'Europa è ormai cosa nota. Ma dopo la bocciatura ufficiale della legge di Bilancio e la spada di Damocle della procedura di infrazione, ora la Commissione Ue taglia anche le stime di crescita dell'Italia nel 2018, portandole all'1,1% dall'1,3% previsto a luglio.

Bruxelles rivede al rialzo le stime sul deficit italiano: nel 2018 dall'1,7% previsto in primavera sale a 1,9%, per poi schizzare al 2,9% nel 2019 "a causa delle misure programmate" come reddito di cittadinanza, riforma Fornero e investimenti pubblici che "aumenteranno significativamente la spesa". Nel 2020 sfonda il tetto del 3%, raggiungendo il 3,1%. La Ue precisa che tale cifra non tiene in considerazione la clausola di salvaguardia, cioè l'aumento dell'Iva, data la "sistematica sterilizzazione".

La Commissione Ue prevede "solo un lento miglioramento" per il mercato del lavoro in Italia, e rivede leggermente al ribasso le stime della disoccupazione: dal 10,8% nel 2018 previsto la scorsa primavera si scende al 10,7%, e dal 10,6% del 2019 si cala al 10,4%, per poi arrivare al 10% nel 2020.

Su questo punto, in particolare, interviene il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, spiegando che "Le previsioni della Commissione europea relative al deficit italiano sono in netto contrasto con quelle del Governo italiano e derivano da un'analisi non attenta e parziale del Documento Programmatico di Bilancio (DPB), della legge di bilancio e dell'andamento dei conti pubblici italiani, nonostante le informazioni e i chiarimenti forniti dall'Italia". Tria si dice "dispiaciuto" della "défaillance tecnica della Commissione". E aggiunge: che la "defaillance tecnica" non "influenzerà la continuazione del dialogo costruttivo con la Commissione stessa in cui è impegnato il Governo italiano. Rimane il fatto che il Parlamento italiano ha autorizzato un deficit massimo del 2,4% per il 2019 che il Governo, quindi, è impegnato a rispettare".

"A causa del deterioramento del bilancio, unito ai rischi al ribasso sulla crescita, l'alto debito italiano rimarrà stabile attorno al 131% su tutto il periodo delle previsioni" cioè 2018, 2019 e 2020. Lo scrive la Commissione Ue nelle nuove previsioni economiche autunnali. "A causa del deterioramento del bilancio, unito ai rischi al ribasso sulla crescita, l'alto debito italiano rimarrà stabile attorno al 131% su tutto il periodo delle previsioni" cioè 2018, 2019 e 2020.Le previsioni Ue tagliano il Pil italiano del 2018 da 1,3% a 1,1% e ritoccano quello 2019 da 1,1% a 1,2%. E' quanto emerge dalle previsioni d'autunno della Commissione Ue. "Dopo una crescita solida nel 2017 l'economia italiana ha rallentato nella prima metà di quest'anno per l'indebolimento dell'export e della produzione industriale. Una ripresa degli export e una maggiore spesa pubblica sosterranno la crescita moderatamente ma l'associato rischio nel deficit, assieme ad interessi più alti e considerevoli rischi al ribasso, mette in pericolo la riduzione dell'alto debito", si legge nel testo.

L'Italia si conferma ultima per crescita in tutta Europa sia per il 2018 che per il 2019 e il 2020. Con l'1,1% quest'anno, persino la Gran Bretagna nonostante le difficoltà legate alla Brexit fa meglio con l'1,3%. Nel 2019, allo stesso livello di pil dell'1,2% dell'Italia ci sarà solo Londra ma ormai sarà già fuori dall'Ue. La peggiore crescita dopo l'Italia sarà l'1,5% del Belgio, secondo con l'1,4% anche nel 2020 dietro l'1,3% italiano.

"Le prospettive di crescita sono soggette ad elevata incertezza e ad intensificati rischi al ribasso" e "le misure previste" dall'Italia "potrebbero rivelarsi meno efficaci, con un impatto minore sulla crescita", scrive la Commissione Ue nelle nuove stime economiche.

La Ue avverte anche sullo spread: "Un aumento prolungato dei tassi d'interesse peggiorerebbe le condizioni del credito delle banche e ridurrebbe ulteriormente la fornitura di credito, mentre la spesa pubblica potrebbe ridurre gli investimenti privati. "In alcuni Paesi dell'eurozona altamente indebitati, soprattutto in Italia, il circolo vizioso tra banche e debito sovrano potrebbe riemergere in caso di dubbi sulla qualità e la sostenibilità dei conti pubblici, che in un ambiente di riprezzamento complessivo dei rischi e di un aumento dei costi di rifinanziamento, potrebbe sollevare preoccupazioni di stabilità finanziaria e pesare sull'attività economica". Tra gli altri rischi negativi per l'economia segnalano la guerra commerciale Usa-Cina e la Brexit.

Una "crescita sostenuta ma meno dinamica in un'incertezza elevata". Le previsioni economiche Ue d'autunno rivedono al ribasso le stime di crescita dell'eurozona per il 2019 a 1,9% dal 2% dell'estate e pronosticano 1,7% nel 2020, mentre confermano il 2,1% per il 2018 dopo il 2,4% del 2017. "Incertezza e rischi, sia interni che esterni, sono in aumento e cominciano a pesare sul ritmo dell'attività economica", avverte il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis.

l'Italia cresce lentamente secondo le stime. Eppure gli italiani sono più ricchi anche se producono meno.

A dirlo è l'Ocse, secondo cui nel secondo trimestre di quest'anno il reddito individuale è schizzato al +1,6% contro l -0,4% del primo trimestre. Cala però il pil pro capite rallenta: ora è +0,2% da +0,3% dei primi tre mesi dell'anno.

Secondo il rapporto, nei primi 9 mesi dell'anno, nell'Ocse, la crescita del Pil reale pro capite ha superato la crescita del reddito pro capite reale delle famiglie di 0,7 punti percentuali, contro i 0,5 punti percentuali dell'Italia, gli 1,2 punti della francia, gli 0,3 punti della Germania, gli 1,7 punti della Gran Bretagna e gli 0,2 punti degli Usa. Dal primo trimestre del 2010, tra le sette maggiori economie mondiali, il divario tra crescita del reddito disponibile pro capite reale e Pil reale pro capite è stato più alto nel Regno Unito (7,1 punti percentuali), mentre negli Stati Uniti e in Canada, la crescita il reddito pro capite reale delle famiglie ha superato la crescita del Pil reale pro capite rispettivamente del 3% e dello 0,3%. Anche l'Unione europea nel suo complesso ha mostrato un notevole divario negativo tra crescita reale del reddito familiare e Pil pro capite, pari al 6,8%.

Per quanto riguarda il solo secondo trimestre la crescita del reddito individuale rallenta a +0,3% da +0,7%, mentre il Pil pro capite cresce da +0,4% a +0,6%. Nell'area euro il reddito individuale avanza marginalmente rispetto al Pil pro capite: +0,5% contro +0,4%. In Germania la ricchezza individuale frena a +0,1%, contro il +1,2% del primo trimestre e il Pil pro capite cresce a +0,4%, mentre in Francia il reddito individuale s'invola a +0,5%, contro il -0,5% dei primi tre mesi dell'anno e il Pil pro capite è stabile a +0,1%. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna la ricchezza individuale cresce rispettivamente dello 0,4% e dello 0,3%, mentre il Pil pro capite accelera da +0,4% a +0,9% negli Usa e solo dello 0,2% nel Regno Unito.

Il governo porrà la questione di fiducia al decreto sicurezza e immigrazione, si apprende da fonti di Palazzo Chigi del M5S.

Con l'intervento illustrativo del relatore, Stefano Borghesi (Lega), l'Aula di Palazzo Madama ha iniziato l'esame del decreto sicurezza, già licenziato la settimana scorsa dalla Commissione Affari costituzionali del Senato.

"Senza la fiducia avrei votato contro il provvedimento, che credo finirà per produrre più irregolari. Ma siccome mi aspetto che questo governo farà in futuro cose buone, nel momento della fiducia uscirò dall'Aula. Ma posso assicurare che tutti i miei colleghi, nel merito di questa legge, la pensano come me". Lo afferma Paola Nugnes, senatrice 'ortodossa' dei 5 Stelle. "La verità - aggiunge - è che non si vuol fare vedere che Fi e FdI votano a favore

La risposta di De Falco non si è fatta attendere. "La replica non esiste. Ho sempre assunto su di me le responsabilità del mio ruolo in ogni momento, e le responsabilità del mio ruolo non le decide Buffagni. Se un genio si sente più illuminato degli altri, evidentemente non riesce a far parte di una comunità. Che faccio, commento 'ste sciocchezze? Non voglio scendere a quei livelli, proprio per rispetto della mia storia, del mio nome e del futuro che deve avere la dialettica politica. 

Per rispetto all'intelligenza di tutti, non voglio commentare questa roba. Io non ho presentato 80 emendamenti. Questa è gente che parla senza sapere di che cosa sta parlando, con una superficialità che è essa stessa criminale. Spero ancora che il provvedimento in aula possa essere all'ultimo migliorato. Nel caso in cui dovesse essere posta la fiducia, valuterò la situazione. A quel punto la fiducia non si riferisce più al provvedimento ma al governo. Se su questo provvedimento può cadere il governo? Non lo so. Chi pone la fiducia pone in discussione, non io".

Un'altra dissidente, Paola Nugnes, ha annunciato: "Non permettere un regolare dibattito dell'aula, voler mettere insieme il giudizio su un provvedimento con un giudizio complessivo sul governo e sulle sue funzioni future non è il modo più opportuno di procedere. Alla fiducia non posso in coscienza votare no, ho ancora molte aspettative in questo esecutivo soprattutto sulla legge di bilancio espansiva che si sta approntando. Ritengo che mi asterrò dal votare".

In aula a Palazzo Madama ha iniziato a parlare il relatore, il senatore leghista Stefano Borghesi. Secondo quanto confermato da fonti governative di entrambi i partiti di maggioranza, M5s e Lega, il governo porrà la questione di fiducia al dl Sicurezza. Tra i nodi da superare la contrarietà di almeno quattro dissidenti  5 stelle che hanno annunciato la loro avversità al decreto, caro alla Lega e voluto dal ministro dell'Interno Matteo Salvini. Che si trova in viaggio per il Ghana e che ha fatto sapere che dovrebbe essere in aula domani per il probabile via libera definitivo.

Insomma, il governo mette all'angolo i dissidenti. Stamattina, su Radio Capital, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Stefano Buffagni ha tuonato: "Se Gregorio De Falco non voterà il decreto si assumerà le sue responsabilità. Se non si ritrova nella maggioranza sono certo che si dimetterà e tornerà a fare il suo lavoro. Se pensi che c’è un provvedimento con delle criticità ne discuti internamente, nella maggioranza, non è che presenti 80 emendamenti come se fossi all'opposizione, perché questo mette in difficoltà tutti. Intendiamoci, quello che sta facendo la Lega con il ddl anticorruzione è esattamente lo stesso giochino".

Tito Boeri continua a "picconare" il governo e soprattutto continua a puntare il dito contro la manovra. Il presidente dell'Inps non ha mai digerito le nuove misure previste in manovra sul fronte previdenziale. Boeri è stato molto duro nei giorni scorsi e adesso rincara la dose: "La Manovra non è ancora definita perchè sulle pensioni, come ho sottolineato anche nei giorni scorsi, è ancora da scrivere: ci sono soltanto dei fondi ma non c’è ancora nulla dentro la legge di bilancio. Questo non lo dico in senso negativo; è tutto ancora da fare. Più che riscrivere la manovra bisogna ancora scriverla e quindi - ha sottolineato Boeri - la si può scrivere anche bene e spero che venga fatto".

Intanto in vista della riunione dell'Euro gruppo di oggi, il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, torna ad attaccare duramente l'Italia criticando la manovra economica presentata dal governo Conte. "Che il governo italiano voglia mettere in opera un piano contro la povertà e degli investimenti in infrastrutture lo capisco perfettamente e non lo discuto - spiega in un'intervista a France info  - ma non si può fare ciò che si vuole quando si appartiene alla zona euro, perché i governi e gli Stati hanno firmato insieme dei trattati, il Patto di Stabilità, che impone delle regole comuni. Tutti le hanno rispettate - incalza - se all'improvviso qualcuno dice che queste regole non valgono, parla non solo al popolo ma anche ad altri".

Nell'intervista a France Info Moscovici assicura che l'Eurogruppo sosterrà la decisione di chiedere all'Italia una versione rivista del Documento programmatico di bilancio. "I ministri delle Finanze - annuncia - diranno che il passo della Commissione è un passo di rispetto dello Stato di diritto e di rispetto di una regola che non è stupida, perchè assicura che il debito pubblico non aumenta troppo". Secondo il commissario agli Affari economici, le sanzioni all'Italia potranno anche arrivare, ma restano "lesito peggiore" di questa trattativa. "Non sono mai stato un partigiano di una sanzione - ci tiene, poi, a precisare - sono a favore del dialogo. Sono per un dialogo ininterrotto, continuo, vigoroso con l'Italia".

Interrogato su cosa farà la Commissione europea nel caso l'Italia non presenti un nuovo Documento programmatico di bilancio, Moscovici non si è voluto sbilanciare: "Vedremo... ma la Commissione c'è per far rispettare lo Stato di diritto, la regola, il regolamento di comproprietà della zona euro, perché non bisogna pensare che ciò che accade in Italia non abbia impatto sulla Francia - continua il commissario agli Affari economici - se l'Eurozona è destabilizzata, se abbiamo problemi finanziari, sono i francesi che ne soffriranno".

Contro Salvini, a Bruxelles, hanno ormai detto di tutto. Gli hanno dato del fascista e del razzista, lo hanno paragonato ai peggiori dittatori del Novecento e adesso lo accusano di instaurare una “democrazia illiberale” in Italia. Rientra tutto nella propaganda che alcuni commissari europei, insieme ai governi di Francia e Germania, stanno cercando di portare avanti per invitare gli europei a non votare i partiti sovranisti alle prossime elezioni europee. 

Nel mirino dell’Unione europea c’è (sempre) l’Italia. In quello di certi commissari c’è, in particolar modo, Matteo Salvini. Tanto che, nel giorno in cui si riunisce l’Eurogruppo, Pierre Moscovici, oltre a criticare l impianto della manovra economica  preannunciando sanzioni economiche contro Roma, attacca il vicepremier leghista accusandolo di creare un “clima” di populismo e democrazia illiberale. Ormai da Bruxelles piovono anatemi quotidiani contro il governo gialloverde. Insulti e accuse che si fanno sempre più violente pur di provare a delegittimare quelle forze sovraniste che, stando ai sondaggi, faranno il botto alle elezioni europee del prossimo maggio.

Intervistato da La verita, Doris ha ribadito che l'Italia è un Paese sicuro e che il sistema non è in pericolo come descritto da molti. "Guardi, l' altro giorno al bar mi ha fermato un signore, peraltro favorevole a questo governo - spiega il presidente di Mediolanum -: aveva timore di acquistare i titoli di Stato italiani. Naturalmente gli ho detto: 'Vai tranquillo'. Anche la mia banca sta continuando a comprare titoli di Stato, che restano prodotti sicuri. È significativo che un elettore di questa maggioranza abbia già perso fiducia".

Sul tema spread, Doris ci va cauto. Ha timore, come lo ha Ignazio Visco, il presidente di Banca d'Italia. Ma cerca di fare da pompiere: "Per carità, lo spread ha effetti nefasti: le banche vedono il patrimonio erodersi e non sono più in grado di fare credito. Ma spesso gli economisti si concentrano solo sui numeri. A me interessano i sentimenti dei risparmiatori, che generano effetti molto più immediati della salita dello spread. Chi ha paura di solito stacca il cervello: taglia subito i consumi e gli investimenti".

L'obiettivo di Ennio Doris è quello di diffondere tranquillità: l'Italia è sotto attacco, ma il sistema è solido. E i risparmiatori non devono avere la percezione del contrario, perché è dalla loro paura che si crea il pericolo per il Paese. E, come ha spiegato il presidente di Mediolanum, è il pensiero anche di Silvio Berlusconi, che ha incontrato di recente.

Ma questo non significa che Doris sia perfettamente in linea con i dettami dell'Unione europea. "Io ho vissuto la tragedia della guerra, e quindi mi batterò sempre perché vi sia amicizia e collaborazione tra i popoli europei. Certo, l' Italia era il Paese più europeista in assoluto e ora non lo è più. Forse qualche colpa a Bruxelles ce l' hanno", spiega il banchiere. "A volte sembrano davvero semplici burocrati, senza legittimazione elettorale, con una concezione dell' economia di stampo socialista. L' Unione deve rispettare le tradizioni e la diversità delle nazioni: deve guidare ma non imporre. Ricordo che negli anni Settanta Margaret Thatcher attaccava sempre l' Europa e questo mi infastidiva. Poi la vidi a Milano, la sentii parlare contro questa élite e aprii gli occhi, me ne innamorai".

E sulla caduta del governo nel 2011, il giudizio del presidente di Banca Mediolanum è chiaro: "I guai iniziarono nell'aprile di quell'anno, quando le banche tedesche cominciarono a liberarsi dei titoli di debito italiani. Quando la svendita uscì alla luce del sole, lo spread decollò". Poi arrivò Mario Monti. E la storia la conosciamo tutti. Mentre la Germania continua a pensare a noi come "colonia", teorizzando anche una patrimoniale.

 

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