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Il 20 e 21 settembre i cittadini italiani saranno chiamati a votare per il referendum popolare confermativo sul testo di legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre del 2019, che riguarda il taglio dei parlamentari. Come noto, la riforma prevede una riduzione da 630 a 400 del numero dei deputati e da 315 a 200 di quello dei senatori elettivi: a tal fine, la legge di cui si chiede la conferma modifica gli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione.
 
Si tratta di un referendum confermativo del testo di legge costituzionale -  approvato in via definitiva  dal Parlamento lo scorso 7 ottobre 2019 - che taglia 345 parlamentari, andando a modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. Si tiene perché la proposta di legge di modifica della Costituzione nelle quattro letture parlamentari conformi non ha ottenuto la maggioranza qualificata necessaria per blindare il testo. L'Ufficio centrale per il referendum della Suprema Corte ha dichiarato conforme all'art. 138 della Costituzione la richiesta di referendum confermativo firmato da 71 senatori.“

Secondo fanpage, in una analisi molto interessante sulle ragioni del Si e di No alle modifiche della Costituzione,Il fronte del No al referendum è trasversale ai partiti e agli schieramenti politici, ma è unito nel considerare questa consultazione come “una truffa”, perché lascia intendere che il via libera alla riforma possa avere un potere taumaturgico rispetto ai tanti problemi legati al funzionamento delle nostre istituzioni. Il primo punto su cui si concentra l'attenzione degli oppositori alla Fraccaro è quello relativo ai risparmi risibili che il taglio dei parlamentari andrebbe a determinare, dal momento che la riforma non incide su stipendi, emolumenti e trattamenti pensionistici dei deputati e dei senatori, ma soprattutto non modifica l’architettura costituzionale in profondità. Le cifre sono basse in valore assoluto, parliamo dello 0,007 per cento della spesa pubblica italiana, dunque la domanda da porci è: perché tagliare proprio sui costi della democrazia?  

Nella lettura scrive fan page,dei sostenitori del No, la riforma Fraccaro compromette la rappresentanza e non tutela i cittadini italiani, in nome di un concetto controverso come quello di “governabilità”. Questo prima di tutto dal punto di vista numerico. Ad esempio, la riduzione media del tasso di rappresentanza al Senato della Repubblica è del 36,5%, con punte superiori al 50% per le piccole Regioni. Questo dato, a livello provinciale o sub-regionale, si tradurrebbe nell’esclusione dei territori meno popolosi da ogni possibilità di eleggere un proprio rappresentante, con uno scollamento maggiore fra eletti e territorio, proprio perché un deputato avrebbe una porzione molto più ampia di elettori da rappresentare. La rappresentanza, in questa lettura, dipende dal rapporto tra elettori ed eletti proprio nella misura in cui al di sotto di un certo livello “si determinerebbero squilibri nella composizione degli organi di garanzia e nei meccanismi di funzionamento delle stesse istituzioni rappresentative” (qui un'analisi di senso), oltre che in un sottodimensionamento dei referenti dei piccoli territori.

È il grande terreno di scontro tra i sostenitori del Sì e del No. Come sottolinea fanpage,meno parlamentari significa maggiore possibilità di controllo da parte dei leader politici e la messa in discussione definitiva dell’autonomia degli stessi rappresentanti dei cittadini? Per chi invita a votare No questo è lapalissiano, specie se abbinato a un meccanismo elettorale che sposta il peso della scelta nelle stanze dei partiti, eliminando preferenze e collegi uninominali che garantiscono un rapporto diretto tra eletti ed elettori. Un Parlamento composto da politici che devono la loro elezione esclusivamente alle decisioni degli organi di partito è più debole e meno autorevole, ma soprattutto più esposto a pressioni di lobby e gruppi di interesse.                                                                                                    
Questo intervento di Rino Formica, letto dal socialista Nannini del “Comitato socialista per il NO”, come riferisce l Avanti,alla manifestazione “La piazza che non ci sta”.

“Il 2 giugno del 1946 fu il giorno della Repubblica e della elezione dell'Assemblea Costituente. Io c’ero. Un giovane socialista di 19 anni. I socialisti furono in prima fila per la Repubblica. Lo slogan elettorale era:”Votare prima per la Repubblica e poi per i socialisti.” Vinse la Repubblica ed il Partito socialista fu il primo partito della sinistra italiana. Fu in quel fuoco che si saldo’ l'indissolubile legame tra difesa delle Istituzioni repubblicane, rispetto della Carta costituzionale, e partecipazione di massa alle lotte sociali. Chi oggi dice “I problemi importanti sono economici e sanitari e non quelli istituzionali” utilizza una mezza verità per coprire una impresentabile tendenza reazionaria avversa alla democrazia rappresentativa. Per 70 anni abbiamo vissuto momenti di esperienza democratica e fronteggiato tentativi di restaurazione pre-repubblicana.

Ci ha difeso una Carta costituzionale rigida cioè una Carta che prevede procedure attente e meditate per ogni modifica alla Legge delle leggi. Ci siamo difesi con una forte partecipazione popolare e di massa alla vita politica ed è stata costruita una rete di rapporti tra popolo, istituzioni, partiti, sindacati e organizzazioni rappresentative dell’immensa ricchezza del pluralismo culturale e sociale. Ci siamo difesi perché il controllo sul potere era garantito da un costante allargamento delle rappresentanze a tutti i livelli che avveniva secondo i principi generali ed indiscutibili: più si allarga la partecipazione, più si deve allargare la rappresentanza. L'efficienza è doverosa ma la praticabilità del controllo è una necessità. Da anni le nostre istituzioni sono investite da tendenze semplificatrici che denotano forme gravi di rifiuto del pensiero profondo.

Scrive l Avanti, le conseguenze della rinuncia alla riflessione è la consegna al Capo, all'uomo della Provvidenza, di ogni decisione. È proprio il contrario di ciò che fa per istinto naturale un ragazzo che leggendo e studiando chiede di appropriarsi del proprio destino. Oggi siamo ad una prova alla quale si è sottoposti ogni volta che finisce un ciclo.

Nel ’46 pensammo prima alle istituzioni e poi alle condizioni per il benessere materiale. Oggi come allora il problema è lo stesso. Senza istituzioni democratiche non c’è vita libera. La riduzione dei parlamentari è un primo passo nella direzione nella erosione delle istituzioni democratiche.

Il secondo passo sarà quello di creare un bicameralismo perfetto e inutile.
Poi si dirà: due Camere uguali sono un lusso. Sopprimiamo una e poi si dirà una Camera con 200 parlamentari fa lo stesso lavoro di quella di 400. Togliamo quella di 400 che costa di più.

Poi, con una bella legge elettorale apparentemente proporzionale, ma piena di trabocchetti per ciò che riguarda lo sbarramento all'accesso alla competizione elettorale, con qualche disposizione sulle incompatibilità: il Gioco è fatto.

Così concude Rino Formica il suo intervento alla piazza del S.S.Apostoli letto da Nannini, e riportato dal quotidiano l Avanti,una legge ordinaria elettorale distruggerà la Costituzione rigida e travolgerà con la forza di una maggioranza parlamentare artificiale tutti i quorum di garanzia.

Un bel ritorno allo Statuto Albertino! Questo voto è importante ma è ancora più importante ciò che avverrà dopo il 21 settembre. Se vince il NO come qui ci auguriamo, i perdenti ci riproveranno. Se vince il SI’ bisognerà organizzare la Resistenza Costituzionale. Buon lavoro e arrivederci al 21.
 
Le ragioni del Si

La riforma è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle ed è appoggiata, oltre che dalle principali forze di maggioranza (Pd, Italia Viva e Leu), dai maggiori partiti di minoranza (Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia). La tesi principale sostenuta dalle forze politiche a favore del taglio è il risparmio - 100 milioni di euro all'anno - che la riduzione dei parlamentari porterebbe alle casse dello Stato.

Altra tesi a sostegno dei promotori della riduzione è il secondo posto a livello europeo occupato dal nostro paese in materia di numero di eletti: sono 951, considerando anche i senatori a vita. Ma l'incidenza degli eletti in rapporto alla popolazione è in realtà tra le più basse d'Europa. Se passasse la riforma l'Italia avrebbe un'incidenza dello 0,7 ogni 100.000 abitanti conquistando il "primato" di questa speciale classifica. Tuttavia non sarà immediatamente in vigore: sarà necessario ridisegnare i collegi elettorali e modificare le norme che regolano l'elezione del presidente della Repubblica, e poi sciogliere le Camere per indire nuove elezioni.“

La Turchia ha "violato la sovranità della Grecia e di Cipro" nel Mediterraneo orientale e perciò "merita di essere sanzionata da parte dell'Unione europea". Ne è convinto il presidente francese Emmanuel Macron, dicendosi "completamente dalla parte di Grecia e Cipro rispetto alle violazioni turche della loro sovranità".

I leader dei sette Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo hanno dichiarato di essere pronti a sostenere sanzioni dell'UE contro la Turchia se Ankara si dimostrerà indisponibile al dialogo dopo l'inasprirsi dei contenziosi marittimi. "Riteniamo che, in assenza di progressi nell'impegno della Turchia al dialogo e a meno che non ponga fine alle sue attività unilaterali, l'Ue è pronta a elaborare una lista di ulteriori misure restrittive", che potrebbero essere discusse al Consiglio europeo il 24 e 25 settembre.

Come riferisce Eunews, parlando ai membri della Commissione Affari Esteri dell’UE a Bruxelles, il ministro greco per gli Affari europei Miltiadis Varvitsiotis ha affermato che la Grecia non sta perseguendo una risposta militare all'aggressione turca ma sta chiedendo una chiara reazione da parte dell’Europa.
“L’Unione Europea deve mostrare i denti imponendo severe sanzioni economiche contro laTurchia se questa si rifiuta di rimuovere le sue navi militari e le navi da trivellazione dalle acque del Mediterraneo orientale” ha detto giovedì 9 Settembre Varvitsiotis

Come riferisce l Ansa,"Se la Turchia non avanza sulla via del dialogo e non mette termine alle sue attività unilaterali, l'Ue è pronta a elaborare una lista di misure restrittive supplementari che potrebbero essere proposte in occasione del Consiglio europeo del 24 e 25 settembre", si legge nella dichiarazione finale del vertice di Ajaccio dei leader dei Paesi del Sud Europa. "Sosteniamo gli sforzi di mediazione" della commissione Ue e della Germania "che mirano a permettere una ripresa del dialogo" con la Turchia. "Ci rammarichiamo che la Turchia - si legge ancora - non abbia risposto agli appelli ripetuto dell'Ue a mettere fine alle sue azioni unilaterali e illegali nel Mediterraneo orientale e nell'Egeo. Riaffermiamo la determinazione a usare tutti i mezzi adeguati di risposta dell'Ue a queste azioni aggressive".

Secondo il ministro turco Mevlüt Çavuşoğlu, le dichiarazioni emerse alla fine del vertice dell’Euromed sarebbero “di parte, scollegate dalla realtà e priva di base giuridica” poichè spetterebbe alla Grecia di ritirare le sue navi militari nei pressi della nave di esplorazione di Oruç Reis sostenuta dalla NATO e di cessare la militarizzazione delle isole dell’Egeo orientale.

Le relazioni tra l'Unione Europea e la Turchia sono diventate particolarmente tese dopo che Ankara e Atene hanno avviato una serie di attività “provocatorie” nella regione rivendicando i rispettivi diritti di esplorazione energetica. Macron ha sottolineato che il MED7 è stato pensato come un incontro preparatorio, in vista delle più ampie discussioni in seno all’UE, con l'obiettivo di trovare una posizione comune sulla Turchia ed elaborare le strategie per mettere fine alle azioni di Ankara nel Mediterraneo orientale, ritenute illecite dalla maggior parte dei Paesi europei, in primo luogo Grecia, Cipro e Francia. Il premier spagnolo Pedro Sanchez crede che i leader europei del mediterraneo abbiano “mandato un messaggio chiaro per intraprendere un vero dialogo con la Turchia” e anche il premier Conte ha auspicato per il raggiungimento di “soluzioni condivise”.

Fondamentale sarà il ruolo di mediatore della Germania dopo che anche la Russia si è offerta questa settimana di fare da intermediario dei diversi interessi presenti nel Mediterraneo orientale.

Secondo il Sole 24 e possibile una svolta così severa o si tratta solo di pressioni diplomatiche? Diversi Paesi dell'Unione europea, Francia in testa, sono stanchi delle continue provocazioni e stanno vivendo forti tensioni con la Turchia, in particolare sulla questione libica, sulle questioni migratorie, sulla sicurezza e sulle riserve di gas nel Mediterraneo orientale, dove Ankara è accusata di perseguire una politica espansionista ed avventurista.

L'Eni e la francese Total hanno dovuto sospendere le attività di ricerca di idrocarburi nella zona di mare di Cipro a causa della presenza delle navi di Ankara. “Stiamo dicendo alla Turchia: da qui al Consiglio europeo, dimostrate di saper discutere prima del Mediterraneo orientale”, ha spiegato il ministro degli Esteri francese. “Spetta ai turchi garantire che questa questione (…) possa essere discussa (…). È possibile!”.  “A questo punto potremmo entrare in un circolo virtuoso su tutti i problemi posti”.

Questo è l’augurio secondo il Sole 24, della diplomazia ma la situazione è diventata particolarmente instabile nella regione dopo un mese di escalation, innescata il 10 agosto dal dispiegamento di una nave da ricerca sismica turca nelle acque rivendicate da Atene. In segno di sostegno al suo partner greco nell’UE, alla fine di agosto la Francia del presidente Emmanuel Macron ha rafforzato la sua presenza militare nel Mediterraneo orientale. E da mesi le due capitali si scambiano invettive. Il ministro Le Drian ha rifiutato di specificare la natura di queste possibili sanzioni. “C’è tutta una serie di misure che possono essere prese.

Non siamo affatto impotenti e lui (il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ndr) lo sa molto bene”, ha insistito il ministro. Le Drian ha accennato a una serie di sanzioni economiche, accusando Erdogan di aver creato “uno stato d’animo islamo-nazionalista” inteso a “nascondere la verità della situazione economica” in Turchia. Il 24 e 25 settembre si terrà il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo dell’UE. E quello sarà il momento della verità dopo le schermaglie e lo scambio di accuse di questi giorni.

Gli avvenimenti che hanno avuto luogo tra le ore 8.46 e le 10.03 dell’11 settembre 2001 appartengono ormai a una sorta di enorme mitologia condivisa, un immaginario collettivo che è al tempo stesso lo spartiacque storico del nostro tempo. Tutti conservano un ricordo di quella mattina – primo pomeriggio in Italia – un esercizio mnemonico molto simile a quello che la generazione precedente aveva sperimentato nel 1963, con l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dealey Plaza.

Dei quattro aerei dirottati dagli uomini di Al Quaeda, solo due hanno colpito l’obiettivo: le Torri Gemelle, nel cuore di New York, simbolo della ‘potenza’ e del fascino della città e dell’America. I grattacieli del World Trade Center che hanno fatto da sfondo a centinaia di film e serie tv da Spiderman a Superman, da Friends a Sex and the City, dai Soprano ai Simpson crollano, si sgretolano.

Un terzo, diretto al Pentagono, a Washington, colpisce la facciata ovest dell’edificio. L’ultimo precipita in un campo in Pennsylvania, prima di raggiungere il punto x, forse la Casa Bianca o il Campidoglio, il cui nome in codice era «la facoltà di Legge». I passeggeri del volo United Airlines 93, consapevoli di dover morire, hanno scelto di ribellarsi, riuscendo ad evitare che l’aereo arrivasse a destinazione. Restano le telefonate, parole preziose per chi le ha ricevute, ma anche per ricostruire quanto accaduto. Poche frasi che bastano per raccontare una tragedia senza precedenti.

Sono numeri che raccontano anche un problema sanitario. Più di 51mila persone hanno fatto richiesta al fondo di indennizzo per le vittime, poi prorogato con il James Zadroga 9/11 Health and Compensation Act e allungato ancora con il provvedimento firmato da Obama nel 2015 per assicurare fondi fino al 2020. Fondi che sembravano finiti la scorsa estate.

In luglio il presidente Trump ha firmato la legge per autorizzare il finanziamento fino al 2090 delle vittime degli attacchi terroristici. La legge si chiama Never Forget the Heroes, mai dimenticare gli eroi. Lo ha fatto dopo una dura protesta, guidata dal conduttore tv Jon Stewart, nata perché il fondo per la compensazione da 7 miliardi di dollari che era stato istituito è andato esaurito e i pagamenti delle prestazioni sono stati ridotti fino al 70%.

il presidente Donald Trump con la moglie Melania, e il suo rivale, il candidato democratico Joe Biden, omaggeranno i caduti dell'11 settembre.
Sarà una cerimonia diversa dal passato: ridotta da 90 a 20 minuti, senza pubblico, musica e preghiere. Si inizia alle 9.45 per terminare alle 10.03. L'unico a parlare, sarà quasi certamente il presidente Trump: ci si aspetta un discorso teso ad esaltare il valore di quegli eroi, nel pieno delle polemiche per le sue presunte offese ai caduti americani della Prima guerra mondiale, definiti "perdenti".

Il vicepresidente Mike Pence è atteso per entrambi i ricordi a New York, mentre il presidente Donald Trump e lo sfidante democratico Joe Biden hanno in programma di recarsi al Flight 93 National Memorial in Pennsylvania. A New York, i doppi fasci di luce che evocano le torri gemelle cadute sono stati quasi cancellati in nome della sicurezza contro il virus, fino a quando una protesta ha fatto ripristinato il tributo. I vigili del fuoco hanno citato il virus esortando i membri a evitare le ricorrenze degli attacchi del 2001 che hanno ucciso quasi 3.000 persone, tra cui quasi 350 vigili del fuoco.


I parenti di alcune vittime dicono di aver capito che il ricordo del Ground Zero ha dovuto cambiare in un anno quando è cambiato così tanto altro. Altri temono che la pandemia stia rendendo chiaro ciò che temevano stesse accadendo: che l'impegno a non dimenticare mai stia svanendo. I piani di quest'anno sono stati per un bilanciamento delle celebrazioni nei siti in cui gli aerei dirottati pilotati dai terroristi di al-Qaeda si sono schiantati l'11 settembre 2001: New York, il Pentagono e un campo vicino a Shanksville, in Pennsylvania.

Con i divieti di assembramento in vigore e il timore di un nuovo balzo dei casi di coronavirus, le commemorazioni al World Trade Center vedranno come protagoniste solo le famiglie delle vittime: nessun palco è stato allestito, ma ci saranno decine di distributori di disinfettanti per le mani

Il Museo dell'11 settembre comunque riapre per l'occasione dopo sei mesi di stop, con l'accesso garantito solo per i componenti delle famiglie delle vittime. A non cambiare saranno solo il suono delle campane per ognuno degli attacchi e i fasci di luce al posto delle Torri Gemelle.

Un ridimensionamento delle celebrazioni che ha scatenato polemiche nonostante i numeri mostrino chiaramente l'impatto della pandemia sulla Grande Mela: le vittime del virus a New York sono 23.741, quasi nove volte più dell'11 settembre. Ma ad alcuni i numeri non bastano e denunciano come la pandemia sia solo una 'scusa' per violare l'impegno al 'Never Forget', mai dimenticare, a 19 anni di distanza dallo shock.

Le polemiche sulle celebrazioni riflettono una città divisa, in difficoltà, che per ora sogna soltanto di tornare quello che era, ovvero una spumeggiante metropoli al centro del mondo. Per ora resta appunto un sogno: Midtwon con gli uffici chiusi appare quasi abbandonata, così come il Financial District, dove l'assenza dei banchieri si fa notare. L'Upper East Side, il noto quartiere dei ricchi, sta lentamente riprendendo vita dopo mesi di deserto con il rientro in città di alcune - poche - famiglie per l'inizio delle scuole. I ristoranti in città possono ancora solo offrire pranzi e cene all'aperto: lo faranno fino al 30 settembre, poi potranno riaprire - con una capacità del 25% al massimo - i loro locali interni. 

 

Anche le palestre, riaperte da poco, lavorano a capacità limitata: è necessario prenotarsi settimanalmente per poter accedere alle strutture. I bar sono ancora chiusi e i musei solo su prenotazioni. L'unica isola felice è Central Park, dove tutto è sempre perfetto e sicuro in un città che sta registrando un preoccupante balzo dei numeri dei senzatetto e della criminalità.

 

 

Il coronavirus Covid-19 torna al centro delle cronache per nuove rivelazioni sulle sue origini, che tornano a mettere sotto accusa Pechino ed il governo cinese. Questa volta non da fuori ma dal di dentro, con una denuncia circostanziata che preoccupa gli alti gradi della politica proprio perché proviene dal mondo della scienza

A sollevare il polverone la dottoressa Li-Meng Yan,scrive qui finanza, che ha lavorato alla Hong Kong School of Public Health e che indica senza mezzi termini il laboratorio di Wuhan come origine del virus. Da lei la denuncia al governo cinese, accusato di essere a conoscenza dell’origine dell’epidemia e di aver nascosto al mondo la minaccia.

la dottoressa si trova negli Stati Uniti, come riferisce Money, dopo essere scappata da Hong Kong per evitare che il governo cinese, da lei accusato di aver insabbiato il suo lavoro, potesse perseguirla. La biologa ha rilasciato le sue affermazioni in un'intervista rilasciata alla conduttrice del talk show britannico Loose Women su ITV, Jane Moore

La dottoressa e virologa Li-Meng Yan ha affermato di possedere le prove di quanto afferma, ovvero che il COVID-19 sia opera dell'uomo e che non provenga dalla natura, così come si vorrebbe far credere al mondo. La diffusione della notizia secondo cui l'origine del coronavirus sia stato il mercato di Wuhan, per la Yan è solo una fake fornita per coprire la verità.

Le prove scientifiche di cui dice di essere in possesso, le avrebbe ottenute dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina e dai medici locali, in modo particolare da una sua conoscenza che l’ha avvertita il 31 dicembre 2019 sull’elevata contagiosità tra essere umani del coronavirus.

Studiando la sequenza del genoma del COVID-19, la dottoressa Yan sostiene che esso proviene da un laboratorio cinese. Delle sue informative è stata cancellata ogni traccia dal governo cinese, il quale avrebbe arruolato delle persone con l’obiettivo di screditare la sua persona.

Secondo il quotidiano Romano il Tempo mentre la commissione parlamentare per l'intelligence continua a fare il suo lavoro, io posso dire che ci sono significative prove che questo virus è arrivato da quel laboratorio a Wuhan». Così il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, intervistato dalla Abc , aggiungendo che i cinesi «hanno una storia di fallimenti in laboratori» che «non vengono gestiti secondo gli standard».  Per approfondire leggi anche: Il coronavirus viene dal laboratorio di Wuhan Il responsabile per gli Esteri di Washington ha detto che, in base alle informazioni raccolte dalla commissione parlamentare per l'Intelligence, non si tratterebbe comunque di un virus creato dall'uomo. Mentre in America «gli scienziati ci avrebbero avvertito, avremmo scambiato informazioni e trovato una soluzione», in Cina c'è stato il «classico metodo della propaganda comunista», ha aggiunto Pompeo, spiegando che esperti Usa e internazionali non hanno avuto accesso a questo e altri laboratori in Cina.

Come riferisce money,anche a luglio, la dottoressa aveva accusato le autorità comuniste di essere a conoscenza del potenziale letale del virus fin da subito, ma di aver scelto di nasconderlo alla pubblica opinione e al mondo per timore di rivolte.

Il direttore dell’istituto di virologia di Wuhan, secondo money,ha negato che il coronavirus possa essere uscito dalla sua struttura. Si tratta del solito complottismo? Non resta che attendere se arriverà il giorno, in cui la biologa possa mostrare le prove dell’origine di coronavirus, creato dall’uomo e non proveniente dalla natura, secondo la Yan.

Quanto sostenuto dalla biologa Li-Meng Yan viene smentito dalla Commissione sanitaria nazionale cinese, che nega ci siano stati ritardi di comunicazione o insabbiamenti da parta del governo della Cina. Tutti i dati sul virus sarebbero stati diffusi tempestivamente alla comunità internazionale.

Secondo Insider Over, insomma, la versione del virus creato in laboratorio torna a prendere piede anche se, come detto, non vi sono ancora prove effettive a conferma di ciò. Certo è che le parole della dottoressa sollevano nuovi interrogativi, gli stessi che l’Oms aveva contribuito a sciogliere scagionando la Cina da ogni responsabilità. Anzi: anche varie pubblicazioni scientifiche hanno ribadito che le origini del Sars-CoV-2 sono completamente naturali e che non esistono collegamenti alcuni con la struttura di Wuhan.


Miss Li, parlando da un luogo segreto per ragioni di sicurezza, ha tuttavia annunciato che presto sarà in grado di pubblicare prove della reale natura del virus. Una natura “sintetica”, visto che per la dottoressa l’agente patogeno sarebbe nato nei laboratori dello Hubei, da dove sarebbe poi uscito scatenando il disastro che abbiamo oggi sotto gli occhi. Per quanto riguarda i rapporti secondo cui il nuovo coronavirus avrebbe avuto origine da un wet market di Wuhan, queste informazioni non sarebbero altro che “una cortina di fumo creata dal governo di Pechino per nascondere la vera origine del Covid”. Detto altrimenti, la rivelazione di Li contribuisce a mettere nuove pressioni sulle spalle del governo cinese.

Scrive l'ex sottosegretario Guglielmo Picchi su Twitter: "Salvini aggredito a Pontassieve da una facinorosa militante antifascista che gli ha strappato camicia e rosario. I veri democratici". Secondo quanto riporta Repubblica Firenze, la donna che ha avvicinato il leader della Lega è una 30enne congolese. Pronto l'intervento degli agenti di polizia presenti sul posto hanno fermato la giovane donna che, secondo la Digos era "in stato di alterazione". Sempre secondo quanto riferito da alcuni testimoni la donna lavora al Comune di Pontassieve con un progetto di servizio civile e stava tornando dall'ufficio quando ha incrociato per strada Salvini.

Matteo Salvini è stato aggredito a Pontassieve, in Toscana, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali 2020. Prima il cambio di programma per le minacce al locale che avrebbe dovuto ospitare, poi l'aggressione: la tappa di Pontassieve (Firenze) del tour elettorale in Toscana del leader della Lega, stamani, è stata segnata da un episodio violento. Appena Matteo Salvini è arrivato in centro per il suo comizio, una 30enne originaria del Congo lo ha strattonato, urlandogli, ha riferito Salvini, «Io ti maledico!», e finendo per strappargli la camicia e un rosario che portava al collo, prima di essere bloccata dalle forze dell'ordine.  

"Ieri mi ha stupito il silenzio del premier Conte: il leader dell'opposizione aggredito e il presidente del Consiglio che non dice nulla", ha affermato questa mattina Matteo Salvini in diretta su Rai3 ad Agorà. "A casa mia qualcosa la dice", ha continuato il leader della Lega, dopo aver ringraziato tutti gli altri esponenti che hanno speso parole di solidarietà, compreso il ministro dell'Interno: "Mi ha fatto piacere la manifestazione di solidarietà della ministra dell'Interno Lamorgese". Nel clamore mediatico scatenato dall'aggressione, che Matteo Salvini liquida come "gesto isolato", fa rumore il silenzio del Presidente del Consiglio, che nel suo ruolo rappresenta tutti gli italiani.

Secondo il Messaggero di Roma,«La camicia me la ricompro, ma strappare dal collo un rosario che mi ha regalato un parroco è una cosa che non sta né in cielo né in terra, e quella persona si dovrebbe vergognare», ha detto a caldo Salvini, il quale poi in una diretta Facebook ha smorzato i toni: «Alla persona che mi ha aggredito - ha affermato - dico che mi dispiace per te, ma non porto rancore, ti perdono, capitolo chiuso, andiamo avanti. Non uso questo gesto, di cui avrei voluto fare a meno, per fare campagna elettorale. Questo episodio non mi ha impaurito ma mi ha solo stupito in negativo. La Toscana non è questo, non è violenza, ma è inclusione, rispetto, confronto». Intanto a Salvini un nuovo rosario è stato donato nel pomeriggio dal parroco di Luco di Mugello, altra tappa del suo tour in provincia di Firenze.

Le forze dell'ordine, secondo quanto riporta Italpress, hanno identificato la giovane, riconoscendola come A.F.B, una trentenne originaria del Congo, immigrata regolare in Italia. Altri accertamenti sono in corso da parte della questura, che ha parlato della ragazza come di una persona "in evidente stato di alterazione psico-fisica". Da quanto emerso fino ad ora, sembra che la giovane congolese sia impegnata nel servizio civile per il Comune di Pontassieve, nel progetto La scuola, l'ambiente e la comunicazione istituzionale. Il Corriere della Sera parla della giovane identificata come di una ragazza "ben inserita, laureata e incensurata, che partecipa spesso alle iniziative del comitato Bianco e Nero che si occupa di progetti di solidarietà verso l'Africa". Sembra che la donna sia ben conosciuta in paese. La ragazza era tra il pubblico radunatasi per accogliere Salvini ed è stata subito allontanata dalla scorta, dalla digos e dai carabinieri presenti: ora rischia una denuncia per violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. Per la definizione dei reati, è in corso anche la visione dei filmati che hanno ripreso il momento dell'aggressione

Si diffondono le prime informazioni circa l'identità della donna che gli ha strappato la camicia e il rosario: si chiama Auriane Fatima Bindella, trent’anni, originaria del Congo con regolare permesso di soggiorno.

Di lei dicono secondo Money,che sia ben inserita sia dal punto di vista sociale che lavorativo, infatti è impegnata in un progetto di servizio civile per l'educazione scolastica e ambientale. Lo scorso anno è stata vittima di un episodio di razzismo alla stazione del paesino toscano, dove un uomo l'aveva offesa verbalmente e sputato. Un comportamento che (forse) potrebbe essere alla base dell’aggressione a Salvini, ma che ovviamente non può giustificare comportamenti vessatori e violenti.

Smentita la notizia per cui Auriane Fatima Bindela sarebbe affetta da problemi psicofisici, come era stato detto appena dopo l’aggressione, invece gli amici confermano che si tratta di “una ragazza intelligente, integrata, colta, impegnata e pacifica, che forse ha solo perso la lucidità per un minuto”.

Amici e conoscenti di Auriane, secondo money,sentiti dalle Forze dell’ordine e dai giornalisti sul posto, confermano che la donna sia in ottima salute fisica e mentale e che si tratterebbe di un gesto isolato. Auriane ha un regolare permesso di soggiorno ed è impegnata nel servizio civile del Comune nel progetto “La scuola, l’ambiente la comunicazione istituzionale”. Una ragazza colta, attiva politicamente che vive gli eventi della socialità di Pontassieve.

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