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Il duplice fallimento dei sistemi scolastici

requiem per la scuola

A fine maggio arrivano gli ultimi giorni di lezioni a scuola. E come sempre si arriva tutti stanchi, insegnanti, professori, personale Ata, alunni, studenti, genitori. Fare qualche riflessione sulla scuola non fa male, mi è capitato in altre occasioni. Non ho resistito a leggere un volumetto abbastanza critico sui sistemi scolastici, già il titolo è abbastanza provocatorio: “Requiem per la scuola”, scritto da Norberto Bottoni, pubblicato da Il Mulino (2013). Per la verità, quasi tutti i libri, gli studi che ho letto sulla scuola, hanno le caratteristiche della critica e della provocazione. Tuttavia il testo di Bottani non critica solo il sistema scolastico italiano, ma anche quello degli altri Paesi.“Gli odierni sistemi scolastici – di stampo ottocentesco – registrano ovunque un duplice fallimento, in termini di efficienza e di equità”, sentenzia Bottani, esperto di politiche scolastiche. Lo specialista è convinto che la scuola ancora non è riuscita a far acquisire a ogni studente quel “bagaglio minimo di conoscenze e competenze e quello di democratizzare la società, favorendo, mediante l'istruzione, la mobilità sociale”. Inoltre esiste un forte divario tra il mondo della scuola e le nuove tecnologie. Bottani nel testo fa riferimento ai cosiddetti “nativi digitali” che ormai sperimentano “molteplici spazi aperti di apprendimento e modalità di accesso alla conoscenza, molto lontani dai riti scolastici”. Forse basterebbe solo questo per mettere in crisi il sistema scuola.

La scuola di massa ha eliminato le discriminazioni sociali e scolastiche?

La questione principale che pone il libro al centro di ogni discussione sulla scuola è quella di eliminare le discriminazioni. Pertanto“la scuola dell'obbligo o l'istruzione obbligatoria finanziata con risorse pubbliche si legittima solo se garantisce a qualsiasi membro della società il conseguimento, alla fine dell'istruzione scolastica obbligatoria, di una base comune di conoscenze e competenze”. Questo è l'unico motivo che secondo Bottani, può giustificare la ripresa degli investimenti economici a favore dell'istruzione, nonostante la forte crisi economica iniziata nel 2008. Addirittura per Bottani se si dimostrasse con dati empirici, provenienti da valutazioni rigorose, che i servizi scolastici così come sono attualmente non sono in grado di fornire quelle “minime conoscenze e competenze per tutti, allora i servizi scolastici dovrebbero essere condannati a scomparire perchè non più giustificabili”.

Bottani è abbastanza critico nei confronti di chi pensa che il servizio scolastico pubblico sia “un bene irrinunciabile, una prestazione fondamentale che consente ai poveri di farsi, come si dice, una cultura, di apprendere a esprimersi e a scrivere, di non restare ignorante e quindi di non essere vittime delle persone istruite”. Ma è proprio così? Il servizio scolastico statale ha veramente conseguito questi risultati? Ha generato maggiore giustizia sociale, ha aiutato i poveri a trovare un posto al sole? Le stesse domande se li poneva Paola Mastrocola, nel suo “Togliamo il disturbo”, altro testo provocatorio sulla scuola.

Esiste un sistema scolastico di buona qualità?

Il libro fa qualche esempio di buona qualità del sistema scolastico, soprattutto quando riesce a coniugare i tre parametri di efficienza, equità ed eccellenza”, come avviene nel sistema scolastico finlandese e coreano, naturalmente del Sud. Anche se non si raggiunge mai la perfezione, nemmeno in questi sistemi.

Bottani nel libro cita diversi studi e documenti, infatti, le note sono abbastanza ricche. In tutti i sistemi scolastici un problema fondamentale è quello di aiutare gli alunni socialmente disagiati, quelli più poveri. Anche se “la pedagogia non fa distinzione tra ricchi e poveri, è unica, per cui è ritenuta giusta proprio perchè è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali”. La questione è aperta da più di mezzo secolo, è un problema etico che probabilmente non potrà essere risolto nemmeno con le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

“Requiem per la scuola” è suddiviso in due capitoli: nel primo tratteggia la crisi dei sistemi scolastici vigenti e si sostiene che se non si cambiano politiche, soprattutto, “se si continua a rivendicare l'espansione dei sistemi scolastici così come sono attualmente ci si imbatterà in una catastrofe vera e propria, che potrebbe consistere nella fine o nella scomparsa dei sistemi scolastici pubblici”. La crisi ormai è ineluttabile, inarrestabile. Non ha senso investire soldi per un sistema che non rispetta l'obiettivo della qualità dell'istruzione.

Nel secondo capitolo il testo si sofferma sulla questione dell'equità e dell'uguaglianza. Qui Bottani riconosce che nel passato molte scuole e molti insegnanti hanno fatto di tutto per ridurre le discriminazioni sociali rispetto all'istruzione e di migliorare l'uguaglianza scolastica. Molte riforme della scuola avevano sostanzialmente questo obiettivo. Certo Bottani ammette che qualche buon risultato c'è stato. Tuttavia “lo 'zoccolo comune delle competenze e delle conoscenze' alla fine della scuola dell'obbligo resta ancora un mito, in molti casi non vi si accenna neppure”. Ma il problema dei problemi per Bottani è la questione scottante dell'uguaglianza. Per essere più chiari è “non tanto dall'uguaglianza dei risultati scolastici, già di per sé un problema, quanto piuttosto da quella sociale che è una questione ancor più controversa”. Nel libro però si sostiene che questa non è una questione pertinente al servizio scolastico pubblico. Insiste ancora Bottani, sulla questione, e precisa: “sarebbe già un grande successo se la pedagogia e il servizio scolastico pubblico riuscissero a realizzare l'uguaglianza scolastica di base, cioè a far sì che tutti gli scolari, nessuno escluso, indipendentemente dalle proprie condizioni sociali, dalle proprie origini etniche, acquisissero alla fine della scolarità obbligatoria un insieme di conoscenze e competenze comuni, uguali per tutti”.Purtroppo però, la scuola odierna non sa ancora realizzare questo compito.

Il ruolo dell'insegnante nella scuola di massa.

Il libro di Bottani non può non occuparsi del ruolo degli insegnanti, a questo proposito, registra una perdita di prestigio della loro professione, nell'arco degli ultimi 60 anni. Scrive Bottani: “l'insegnamento, la prima professione intellettuale di massa prodotta dalla società industriale, è relegato in coda al plotone del rispetto sociale[...]”. Almeno così pensano gli insegnanti. Una professione, “strattonata da tutte le parti, sembrerebbe restare ben poco di prestigioso in questa professione da poveri, squattrinata, mal retribuita, nobile, dignitosa,, ma poco appetibile”.”Ma forse è stato sempre così”, scrive Bottani.

Il ruolo dell'insegnante è cambiato secondo l'esperto della “Compagnia di san Paolo”, oggi la scuola e quindi l'insegnante, sostituisce le strutture familiari e sociali in crisi, infatti, l'insegnante deve “governare una popolazione giovanile inquieta, sprovvista di punti di riferimento, alla mercè del consumismo,[...]gli insegnanti nell'attuale scuola di massa non hanno nemmeno la funzione che avevano i loro predecessori, ossia quella di selezionare l'èlite intellettuale, di coccolarla, e meritarsi con ciò il riconoscimento dei potenti[...]E' un modello scomparso. Oggi nelle scuole e nelle università, insegnanti e professori devono accogliere studenti che vogliono esigono un diploma, un pezzo di carta che faciliti l'entrata nel mondo del lavoro[...]”.

Bottani nel libro sottolinea che oggi si tende “a prolungare la durata della scolarizzazione, non fosse altro che per compensare il rischio della disoccupazione giovanile e per creare posti di lavoro nelle scuole”. A questo punto Bottani si genera un circolo vizioso:“in mancanza di un posto di lavoro accettabile per i giovani, li si trattiene sui banchi sempre più a lungo, legittimando la maggiore durata con argomenti educativi, aumentando al contempo il fabbisogno di insegnanti-educatori, bidelli (laddove ci sono come in Italia), tecnici di laboratorio, bibliotecari, segretarie di direzione, e così via”.

La scuola come parcheggio.

In questo quadro negativo non c'è che fare una conclusione:“si va a scuola perché non c'è altro da fare, perché la società non offre ai giovani niente di meglio. Sistemi scolastici e società sono però anche simili e le disuguaglianze si riproducono: coloro che sono privilegiati possono infatti permettersi studi prolungati perchè hanno, già in partenza, la garanzia di un collocamento sociale favorevole”.

Ci sono buoni motivi per affermare che per quanto riguarda la scuola di massa, e forse anche a quella del monopolio di stato, al modello tradizionale di scuola statale,“si è giunti al capolinea”. Occorre trovare idee originali per un programma che sappia rinnovare e modificare il modello ottocentesco di scuola statale.

Per quanto riguarda l'Italia, Bottani, prova a dare qualche indicazione, bisogna dare, finalmente corso alla decentralizzazione dell'istruzione, che significa soprattutto sottrarre al ministero la gestione e la dipendenza del personale scolastico. Puntare sull'autonomia, però al plurale: “ogni scuola deve essere libera di decidere come organizzarsi”.

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