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Domenica il Referendum sul taglio dei parlamentari

Il 20 e 21 settembre i cittadini italiani saranno chiamati a votare per il referendum popolare confermativo sul testo di legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre del 2019, che riguarda il taglio dei parlamentari. Come noto, la riforma prevede una riduzione da 630 a 400 del numero dei deputati e da 315 a 200 di quello dei senatori elettivi: a tal fine, la legge di cui si chiede la conferma modifica gli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione.
 
Si tratta di un referendum confermativo del testo di legge costituzionale -  approvato in via definitiva  dal Parlamento lo scorso 7 ottobre 2019 - che taglia 345 parlamentari, andando a modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. Si tiene perché la proposta di legge di modifica della Costituzione nelle quattro letture parlamentari conformi non ha ottenuto la maggioranza qualificata necessaria per blindare il testo. L'Ufficio centrale per il referendum della Suprema Corte ha dichiarato conforme all'art. 138 della Costituzione la richiesta di referendum confermativo firmato da 71 senatori.“

Secondo fanpage, in una analisi molto interessante sulle ragioni del Si e di No alle modifiche della Costituzione,Il fronte del No al referendum è trasversale ai partiti e agli schieramenti politici, ma è unito nel considerare questa consultazione come “una truffa”, perché lascia intendere che il via libera alla riforma possa avere un potere taumaturgico rispetto ai tanti problemi legati al funzionamento delle nostre istituzioni. Il primo punto su cui si concentra l'attenzione degli oppositori alla Fraccaro è quello relativo ai risparmi risibili che il taglio dei parlamentari andrebbe a determinare, dal momento che la riforma non incide su stipendi, emolumenti e trattamenti pensionistici dei deputati e dei senatori, ma soprattutto non modifica l’architettura costituzionale in profondità. Le cifre sono basse in valore assoluto, parliamo dello 0,007 per cento della spesa pubblica italiana, dunque la domanda da porci è: perché tagliare proprio sui costi della democrazia?  

Nella lettura scrive fan page,dei sostenitori del No, la riforma Fraccaro compromette la rappresentanza e non tutela i cittadini italiani, in nome di un concetto controverso come quello di “governabilità”. Questo prima di tutto dal punto di vista numerico. Ad esempio, la riduzione media del tasso di rappresentanza al Senato della Repubblica è del 36,5%, con punte superiori al 50% per le piccole Regioni. Questo dato, a livello provinciale o sub-regionale, si tradurrebbe nell’esclusione dei territori meno popolosi da ogni possibilità di eleggere un proprio rappresentante, con uno scollamento maggiore fra eletti e territorio, proprio perché un deputato avrebbe una porzione molto più ampia di elettori da rappresentare. La rappresentanza, in questa lettura, dipende dal rapporto tra elettori ed eletti proprio nella misura in cui al di sotto di un certo livello “si determinerebbero squilibri nella composizione degli organi di garanzia e nei meccanismi di funzionamento delle stesse istituzioni rappresentative” (qui un'analisi di senso), oltre che in un sottodimensionamento dei referenti dei piccoli territori.

È il grande terreno di scontro tra i sostenitori del Sì e del No. Come sottolinea fanpage,meno parlamentari significa maggiore possibilità di controllo da parte dei leader politici e la messa in discussione definitiva dell’autonomia degli stessi rappresentanti dei cittadini? Per chi invita a votare No questo è lapalissiano, specie se abbinato a un meccanismo elettorale che sposta il peso della scelta nelle stanze dei partiti, eliminando preferenze e collegi uninominali che garantiscono un rapporto diretto tra eletti ed elettori. Un Parlamento composto da politici che devono la loro elezione esclusivamente alle decisioni degli organi di partito è più debole e meno autorevole, ma soprattutto più esposto a pressioni di lobby e gruppi di interesse.                                                                                                    
Questo intervento di Rino Formica, letto dal socialista Nannini del “Comitato socialista per il NO”, come riferisce l Avanti,alla manifestazione “La piazza che non ci sta”.

“Il 2 giugno del 1946 fu il giorno della Repubblica e della elezione dell'Assemblea Costituente. Io c’ero. Un giovane socialista di 19 anni. I socialisti furono in prima fila per la Repubblica. Lo slogan elettorale era:”Votare prima per la Repubblica e poi per i socialisti.” Vinse la Repubblica ed il Partito socialista fu il primo partito della sinistra italiana. Fu in quel fuoco che si saldo’ l'indissolubile legame tra difesa delle Istituzioni repubblicane, rispetto della Carta costituzionale, e partecipazione di massa alle lotte sociali. Chi oggi dice “I problemi importanti sono economici e sanitari e non quelli istituzionali” utilizza una mezza verità per coprire una impresentabile tendenza reazionaria avversa alla democrazia rappresentativa. Per 70 anni abbiamo vissuto momenti di esperienza democratica e fronteggiato tentativi di restaurazione pre-repubblicana.

Ci ha difeso una Carta costituzionale rigida cioè una Carta che prevede procedure attente e meditate per ogni modifica alla Legge delle leggi. Ci siamo difesi con una forte partecipazione popolare e di massa alla vita politica ed è stata costruita una rete di rapporti tra popolo, istituzioni, partiti, sindacati e organizzazioni rappresentative dell’immensa ricchezza del pluralismo culturale e sociale. Ci siamo difesi perché il controllo sul potere era garantito da un costante allargamento delle rappresentanze a tutti i livelli che avveniva secondo i principi generali ed indiscutibili: più si allarga la partecipazione, più si deve allargare la rappresentanza. L'efficienza è doverosa ma la praticabilità del controllo è una necessità. Da anni le nostre istituzioni sono investite da tendenze semplificatrici che denotano forme gravi di rifiuto del pensiero profondo.

Scrive l Avanti, le conseguenze della rinuncia alla riflessione è la consegna al Capo, all'uomo della Provvidenza, di ogni decisione. È proprio il contrario di ciò che fa per istinto naturale un ragazzo che leggendo e studiando chiede di appropriarsi del proprio destino. Oggi siamo ad una prova alla quale si è sottoposti ogni volta che finisce un ciclo.

Nel ’46 pensammo prima alle istituzioni e poi alle condizioni per il benessere materiale. Oggi come allora il problema è lo stesso. Senza istituzioni democratiche non c’è vita libera. La riduzione dei parlamentari è un primo passo nella direzione nella erosione delle istituzioni democratiche.

Il secondo passo sarà quello di creare un bicameralismo perfetto e inutile.
Poi si dirà: due Camere uguali sono un lusso. Sopprimiamo una e poi si dirà una Camera con 200 parlamentari fa lo stesso lavoro di quella di 400. Togliamo quella di 400 che costa di più.

Poi, con una bella legge elettorale apparentemente proporzionale, ma piena di trabocchetti per ciò che riguarda lo sbarramento all'accesso alla competizione elettorale, con qualche disposizione sulle incompatibilità: il Gioco è fatto.

Così concude Rino Formica il suo intervento alla piazza del S.S.Apostoli letto da Nannini, e riportato dal quotidiano l Avanti,una legge ordinaria elettorale distruggerà la Costituzione rigida e travolgerà con la forza di una maggioranza parlamentare artificiale tutti i quorum di garanzia.

Un bel ritorno allo Statuto Albertino! Questo voto è importante ma è ancora più importante ciò che avverrà dopo il 21 settembre. Se vince il NO come qui ci auguriamo, i perdenti ci riproveranno. Se vince il SI’ bisognerà organizzare la Resistenza Costituzionale. Buon lavoro e arrivederci al 21.
 
Le ragioni del Si

La riforma è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle ed è appoggiata, oltre che dalle principali forze di maggioranza (Pd, Italia Viva e Leu), dai maggiori partiti di minoranza (Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia). La tesi principale sostenuta dalle forze politiche a favore del taglio è il risparmio - 100 milioni di euro all'anno - che la riduzione dei parlamentari porterebbe alle casse dello Stato.

Altra tesi a sostegno dei promotori della riduzione è il secondo posto a livello europeo occupato dal nostro paese in materia di numero di eletti: sono 951, considerando anche i senatori a vita. Ma l'incidenza degli eletti in rapporto alla popolazione è in realtà tra le più basse d'Europa. Se passasse la riforma l'Italia avrebbe un'incidenza dello 0,7 ogni 100.000 abitanti conquistando il "primato" di questa speciale classifica. Tuttavia non sarà immediatamente in vigore: sarà necessario ridisegnare i collegi elettorali e modificare le norme che regolano l'elezione del presidente della Repubblica, e poi sciogliere le Camere per indire nuove elezioni.“
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