Il rebus per Mattarella non è facile. Infatti le alleanze possibili per ottenere una maggioranza solida sono tutte da studiare. I dati certi sono tre: il Movimento Cinque Stelle è il primo partito, la coalizione di centrodestra è prima e il Pd è crollato. Qualcuno negli scenari futuri ha profetizzato una alleanza post voto tra i leghisti e i pentastellati.
Ma proprio il Carroccio rifiuta in modo chiaro questa ipotesi. Massimiliano Fedriga, Capogruppo della Lega alla Camera ha le idee molto chiare: "Salvini Premier? Sono convinto che il Presidente della Repubblica terrà in considerazione il risultato elettorale essendo la Lega la prima forza politica della coalizione che esprime la maggioranza dei voti e dei parlamentari". E ancora: "Non vedo personalmente grande alternativa a una coalizione del centro destra, anche vedendo i numeri. Come ha detto ieri il vice Segretario Federale del partito Giorgetti, il nostro interlocutore sono gli alleati; noi andiamo in quella direzione". Dunque la Lega resta saldamente nella coalzione di centrodestra. Le strade con i grillini resteranno separate.
Raffica di flash all'arrivo di Matteo Salvini nella sala stampa del quartier generale della Lega, in via Bellerio a Milano. Il leader del Carroccio, sorridente, ha mandato baci verso le telecamere, prima di sedersi per commentare i risultati delle elezioni politiche.
"E' una vittoria straordinaria, che ci carica di orgoglio, gioia e responsabilità", ha detto il leader della Lega. "Lo vedo come un voto di futuro. Gli italiani hanno premiato il futuro", aggiunge il leader del Carroccio, che ha ringraziato la Lega. "La squadra con cui ragionare e governare è quella di centrodestra". "Sono uno che mantiene la parola data - aggiunge - e l'impegno preso riguarda la coalizione di centrodestra, che ha vinto e che può governare".
"Sono e rimarrò populista: chi ascolta il popolo fa il suo dovere. Di 'radical-chic' gli italiani non ne hanno più voglia", ha aggiunto Salvini commentando i risultati delle elezioni politiche. Il voto, aggiunge, ha "punito l'arroganza di Renzi e dei suoi". "No a coalizione strane. No, no no...". Ripete tre volte "no" Matteo Salvini ai giornalisti che, in conferenza stampa, gli chiedono se per la Lega sia possibile una coalizione diversa da quella del centrodestra.
"Sarà il presidente della Repubblica a scegliere qual è il presidente del Consiglio che ha numeri più vicini alla realtà", ha spiegato il segretario della Lega. L'accordo nel centrodestra, ha ricordato, prevedeva che chi aveva "un voto in più avrebbe avuto l'onere e l'onore di farsi carico di tirare il paese fuori dalle sabbie mobili".
Incassa il 35,7% alla Camera e il 36% al Senato. Il Movimento 5 Stelle è, invece, il primo partito del Paese col 32,36% alla Camera e il 30,91% al Senato. A piangere è Matteo Renzi che, dopo il tracollo del Pd al 18,84%, dovrà ora fare i conti con i malpancisti dem. Più in generale, il quadro che ne esce è complicato. Nessuna forza politica, né da sola né in coalizione, avrebbe dunque la maggioranza e, quindi, l'autosufficienza per poter governare. A meno che non vi siano "innesti" esterni.
"Si parte da noi - esultano in Forza Italia - il centrodestra è la prima coalizione". All'interno della coalizione, secondo le proiezioni di Tecnè, la Lega supera Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi è al 14% alla Camera e al 14,4% al Senato, mentre il movimento guidato da Matteo Salvini è al 18,47% al Senato e al 17,59 alla Camera. "È un momento storico per il Carroccio", chiosa Giancarlo Giorgetti che, escludendo "intese" post voto, avvia le trattative con gli alleati. Tra questi anche Fratelli d'Italia che incassa oltre il 4%. "Dopo cinque anni di governo della sinistra il centrodestra e non il Movimento 5 Stelle è l'alternativa vincente - fanno sapere da Forza Italia - gli italiani, come aveva chiesto il presidente Berlusconi, non hanno fatto prevalere la deriva grillina". La partita, poi, non è affatto finita. "Ci sarà la fila per entrare nel centrodestra...", commenta il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta.
Nelle prossime ore la palla passerà al capo dello Stato Sergio Mattarella. Che non potrà prescindere dall'exploit del Movimento 5 Stelle. Alessandro Di Battista ha già fatto sapere che non intendono aprire ad altre soluzioni se non quella di un governo pentastellato a cui altre forze potrebbero dare l'appoggio su determinati provvedimenti. Ovvero, in altre parole, solo alle condizioni dettate dagli stessi Cinque Stelle. Tutto, però, dipende dal computo (finale) dei seggi. Alla Camera il M5S ne conquista tra 230 e 240, il centrodestra tra 247 e 257, il centrosinistra tra 110 e 120 e Liberi e uguali tra 11 e 19. Al Senato, invece, al centrodestra vanno tra 109 e 119 seggi, ai Cinque Stelle tra 128 e 140, al centrosinistra tra 44 e 55 e a Liberi e uguali tra 7 e 11. A queste proiezioni, però, vanno ad aggiungersi quelli che sono ancora incerti.
Da queste elezioni è il centrosinistra a uscire con le ossa rotte. Alla Camera non arriva al 24%, mentre al Senato si ferma al 22,7%. E il primo imputato è Renzi. "Deciderà lui... ma prima pensiamo al Paese". Ettore Rosato, capogruppo piddì alla Camera, taglia corto quando gli domandano se Renzi lascerà la guida del Pd. "Voglio capire qual è la soluzione che il Parlamento può trovare per garantire un governo a questo Paese - si limita a dire - dopo discuteremo anche di cosa succede al Pd". Andando a guardare i singoli partiti della coalizione spicca, infatti, il crollo del Partito democratico. Che si ferma al 18,84% alla Camera e al 19,20% al Senato. Un abisso da quel 40,8% conquistato alle elezioni europee del 2014, ma anche dalla "non vittoria" di Pier Luigi Bersani nel 2013. Renzi assiste alla disfatta nel suo ufficio al Nazareno con un manipolo di big. Lo "schema" di buttare incolpare gli scissionisti regge solo fino a un certo punto, visti i risultati poco lusinghieri raggiunti dai bersaniani. Liberi e Uguali supera (di poco) il 3%, soglia di sbarramento per poter entrare in parlamento.
Oggi inizia la Terza Repubblica e sarà una Repubblica dei cittadini italiani". Così Luigi Di Maio in conferenza stampa all'hotel Parco dei Principi. "Questo è un risultato post-ideologico, che va al di là degli schemi di destra e sinistra: riguarda i grandi temi irrisolti della nazione. Insomma - ripete - temi, non ideologie".
"Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche a partire dalle figure di garanzie che vorremo individuare per le presidenze delle due camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori", ha precisato.
Di Maio si è detto "fiducioso che il presidente della Repubblica saprà guidare questo momento con autorevolezza e responsabilità".
"Il M5s triplica il numero dei parlamentari eletti", ha aggiunto sottolineando che "ci sono intere regioni che sono andate al Movimento Cinquestelle".
"Sentiamo la responsabilità di dare un governo al Paese. Lo diciamo soprattutto agli investitori: noi questa responsabilità la sentiamo", ha aggiunto Luigi Di Maio in conferenza stampa dove ricorda: "oggi le coalizioni non hanno i numeri per governare".
"Per il M5s queste elezioni sono state un trionfo: grazie a circa gli 11 milioni di italiani che ci hanno votato e dato la loro fiducia", ha aggiunto il leader M5s.
"Quello che stiamo vivendo in queste ore è un'emozione indescrivibile". Lo annota sulla sua bacheca Fb Luigi Di Maio che pubblica anche la foto in cui appare con Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista e abbraccia Beppe Grillo.
"È stato un tracollo... una débâcle", si è lasciato sfuggire persino qualche renziano scorrendo i numeri davanti alla tivù. Al Nazareno, questa notte, Renzi è arrivato prima del previsto e si è chiuso nel suo ufficio con un manipolo di big: Maurizio Martina, Matteo Orfini, Francesco Bonifazi, Luca Lotti e Matteo Richetti. Anche con gli "amici" i numeri sono stati davvero difficili da digerire. Perché sono lontanissimi dal 40% delle europee e dal referendum, ma anche dalla "non vittoria" di Pier Luigi Bersani nel 2013. E persino lo "schema" di buttare la croce sugli scissionisti regge solo fino a un certo punto, visti i risultati poco lusinghieri raggiunti dai bersaniani.
"Lo abbiamo biodegradato", ha scherzato oggi Beppe Grillo. La delusione, tra i dem, è evidente. Così come la tensione. Nessun dirigente si è fatto vivo in sala stampa, disertata nonostante il numero record (300) di accreditati. La minoranza interna, anche fisicamente, ha subito preso le distanze da Renzi. Ieri sera Andrea Orlando ha disertato il Nazareno per seguire lo spoglio a La Spezia, nel suo collegio. E anche il premier Paolo Gentiloni ha scelto il suo ufficio a Palazzo Chigi per seguire lo spoglio. Il loro obiettivo era mettere mano alla composizione della delegazione da inviare al Quirinale per le consultazioni. "Dovrà essere meno renzizzata", è stata la richiesta avanzata dalla minoranza. Ma il segretario potrebbe prenderli in contropiede. Al Nazareno si parla di dimissioni imminenti. Voce che il portavoce Marco Agnoletti si affretta a smentire. Almeno fino alle 17, quando Renzi parlerà in conferenza stampa.
Il declino di Matteo Renzi è tanto veloce quanto la sua ascesa al potere. Si consuma in così poco tempo che brucia tutto quello che incontra. Persino il Partito democratico che scivola sotto la soglia psicologica del 20%. In questa caduta c'è dentro di tutto: una puntata al governo senza passare dalle elezioni, un flop devastante al referendum elettorale, una campagna elettorale fallimentare. E così quel sindaco di Firenze, che si riprometteva di rottamare tutta la vecchia classe dirigente comunista, finisce per rottamare se stesso e il partito che si è messo a guidare con un mezzo colpo di mano.