Strage in Egitto in una moschea nel nord del Sinai. L'attacco è stato condotto piazzando una bomba all'interno del luogo di culto e sparando sui fedeli che fuggivano dopo l'esplosione.
L'ultimo bilancio è di 115 morti e 120 feriti, scrive l'agenzia egiziana Mena. Numeri confermati anche dalla tv di Stato egiziana di all news, Nile News, che indica col termine religioso islamico di "martiri" le vittime.
Gli attentatori sarebbero giunti sul posto su fuoristrada 4x4. La presidenza della Repubblica ha annunciato un lutto nazionale di tre giorni per le vittime.
Un bilancio che al momento, con aggiornamenti che arrivano di minuto in minuto, colloca a 184 i morti in uno degli attacchi più sanguinosi che il Paese abbia conosciuto negli ultimi anni.
Gli ospedali del nord del Sinai hanno dichiarato lo Stato d’emergenza, in particolare quelli della zona di Bir Abed. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, che cita due testimoni oculari e una fonte delle forze di sicurezza, alcuni uomini armati non identificati, sospettati dalle autorità di far parte di gruppi islamisti, hanno lanciato gli ordigni per poi aprire il fuoco contro i fedeli, modus operandi tipico dei gruppi jihadisti. Una forte esplosione sarebbe anche avvenuta fuori dalla moschea al momento dell’uscita dei fedeli alla preghiera del venerdì islamico.
Sono i media statali a confermare le cifre, mentre l'agenzia ufficiale Mena aggiunge che 120 sono le persone che sono rimaste ferite in un attacco iniziato quando un commando ha piazzato degli ordigni, per poi iniziare a sparare raffiche all'impazzata sui fedeli, riunitisi alla moschea per la preghiera centrale del venerdì, la più importante della settimana per i musulmani.
Secondo quanto riferito al canale Extra News dal responsabile dei soccorsi, Ahmad al-Ansari, i terroristi hanno aperto il fuoco anche sulle ambulanze arrivate sul luogo dell'attacco, ostacolando così il lavoro dei soccorritori che, tuttavia, sono riusciti a raggiungere la moschea. Al momento l'attentato non è stato rivendicato da nessun gruppo.
Da anni nella penisola del Sinai è in corso un'operazione anti-terrorismo lanciata dalle forze governative, per respingere un'insurrezione di stampo islamico che dal 2013 in poi, dopo che i militari hanno rovesciato il governo eletto e guidato dai Fratelli musulmani, ha iniziato a colpito più duramente e di frequente.
La regione vive da tempo in stato d'emergenza e le vittime tra civili, militari e uomini della polizia si contano a centinaia. Militanti affiliati all'Isis hanno uccisi a settembre almeno 18 poliziotti, attaccando un convoglio nella zona di Al-Arish, città sulla strada che porta al valico con la Striscia di Gaza, che avrebbe dovuto essere riaperto domani per tre giorni, nell'ambito di negoziati in corso al Cairo tra le diverse fazioni politiche palestinesi.
Il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul-Gheit, «ha condannato nei termini più duri l'attentato Il capo dell'organizzazione dei paesi arabi esprime in particolare «le proprie più sincere condoglianze all'Egitto, e alla sua dirigenza, governo e popolo». Fra le condanne dell'attentato sono arrivate all'Egitto, sotto varie forme segnalate da media, anche quelle di Francia, Gran Bretagna, Iraq e Oman.
Nell’area del Sinai sono attivi gruppi jihadisti, tra cui l’Isis che ha colpito diversi luoghi di culto cristiani. Il 9 aprile di quest’anno sono state colpite le chiese copte di Tanta e Alessandria d’Egitto, dove sono morte 47 persone. In luglio almeno 23 soldati sono stati uccisi in un agguato. Questo resta comunque l'agguato più sanguinoso. A novembre 2014, Ansar Bait al-Maqdis, organizzazione jihadista egiziana, ha dichiarato la sua affiliazione al califfato islamico, trasformando la penisola del Sinai in una provincia dell’Isis.