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I nuovi scenari in Francia dopo le elezioni

Il barrage, lo sbarramento, ha funzionato. Bisogna dirla tutta. Emmanuel Macron ha vinto. Poi si può discutere sul significato di “vittoria”, in che senso abbia vinto, ma il primo obiettivo dichiarato del suo azzardo è centrato. L’assalto del Rassemblement National – al governo nel 2024 e all’Eliseo nel 2027 – è respinto. Per ora. Perché la storia non finisce oggi, ma intanto ha guadagnato tempo.

Le elezioni legislative francesi, nel secondo turno, hanno lasciato sgomenti un po’ tutti. Dopo il primo in cui la destra (Rassemblement National) aveva avuto la meglio, con il 30% dei voti, e sembrava inarrestabile, a sorpresa ha vinto la coalizione della sinistra, Nuovo Fronte popolare (Nfp). Anche l’affluenza alle urne ha fatto parlare di sé. Al secondo turno è stata del 66,63%, la più alta dal 1997. Un aumentato di più di 20 punti rispetto alle elezioni legislative del 2022. Domenica già alle 17 era stata superata quella delle elezioni legislative del 2012, 2017 e 2022: un dato ancora più notevole se si pensa che in Francia le scuole hanno chiuso da qualche giorno, e molte persone si trovavano già in vacanza o all’estero.

Ma in realtà i giochi non sono ancora fatti. Il risultato delle elezioni ha portato a una composizione del Parlamento estremamente frammentata e a una situazione di fatto inedita per la politica francese, che potrebbe portare a uno stallo istituzionale.

In un lungo messaggio pubblicato su X, il ministro delle Finanze del Governo di Parigi, Bruno Le Maire, ha messo in guardia dai rischi per l’economia francese da una situazione di stallo, ma anche dall’applicazione delle misure economiche.

Viste le premesse, per Macron il bicchiere è decisamente mezzo pieno, lo stallo è il massimo in cui potesse sperare. Certo, non si possono negare gli effetti collaterali. Sul lato destro, RN è comunque primo partito e raddoppia i suoi seggi all’Assemblea Nazionale. “Stiamo procedendo contro una coalizione di tutti i movimenti che va da LR a La France Insoumise. La marea continua a salire e la nostra vittoria è ormai solo ritardata”, ha commentato Marine Le Pen. Non c’è dubbio che RN avanzi elezione dopo elezione, ma dopo almeno due presidenziali e ora tre legislative questa “vittoria ritardata” comincia a ricordare sempre di più un certo Godot.

I scenari dopo le elezioni in Francia potrebbero essere questi :

  1. Governo Nuovo Fronte Popolare in cui la farebbe da padrone Mèlenchon. In assenza di una maggioranza assoluta, l’idea sarebbe quella di fare un esecutivo di minoranza che approvi parte dei suo programma tramite decreto. La Francia non è nuova ad esecutivi di questo tipo, ma vista anche l’eterogeneità delle forze del NFP, è possibile che duri da Natale a Santo Stefano.
  2. Governo Ensemble-Republicains. Se i macroniani e i gollisti trovassero un accordo e si mettessero insieme ad altri partiti di destra potrebbero aspirare a ottenere da Macron il premier.  In tutto farebbero circa 231 deputati. “Il Paese è a destra. Dobbiamo governare a destra. E non avere una coalizione con La France insoumise e il Nouveau Front populaire”, ha detto Gèrald Darmanin. “Ci stiamo rivolgendo ai repubblicani”, ha ribadito Benjamin Haddad, deputato dell’Ensemble ed ex segretario nazionale dell’UMP. Piccolo problema: questo governo potrebbe cadere facilmente sotto i colpi di una mozione di censura votata insieme dal Nuovo Fronte Popolare (182 deputati) e dal Raggruppamento Nazionale (143). A meno che non ci sia un accordo di astensione con alcuni partiti.
  3. Governo alla tedesca. In questo caso dovrebbero mettersi insieme tutti i “centristi” escludendo gli estremi. Quindi i socialisti, i macroniani e i gollisti. In totale farebbero oltre 296 deputati: una maggioranza assoluta, benché risicata. Ma i negoziati per formare il governo sarebbero molto lunghi.
  4. Governo tecnico. Se niente di tutto questo dovesse andare in porto, resta sempre l’ipotesi “alla Draghi”. I francesi dovrebbero “copiare” gli italiani che negli ultimi 10 anni ne hanno conosciuti di ogni tipo. Una sorta di governo di unità nazionale, formato di tecnici ed economisti, guidati da una figura non divisiva. Ne sono esistiti in Francia, ma questo non avrebbe – con ogni probabilità – nemmeno una larga maggioranza all’Assemblea. Sarebbe sempre minacciato da una mozione di sfiducia.
  5. Crisi istituzionale. Di fronte all’impossibilità di formare un esecutivo, Macron vedrebbe la Francia sprofondare nel caos. Dove l’ha portata sciogliendo, a sorpresa, le camere.

Fonte varie Agenzie 

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