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«Cinquemila "fighter" pronti a colpire»

È arrivata questa mattina la rivendicazione ufficiale dell'assalto contro il Charlie Hebdo, che ha causato dodici vittime a Parigi, nel primo di una serie di attacchi su suolo francese che si è concluso con la morte dei tre responsabili, i due fratelli Said e Cherif Kouachi e Amedy Coulibaly.

 

"Finché i soldati francesi occupano paesi come Mali o Centrafrica e bombardano la nostra gente in Siria e in Iraq, e finché la sua stupida stampa continuerà a offendere il Profeta, la Francia si esporrà al peggio", ha tuonato Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) in un messaggio video pubblicato sui siti jihadisti e rilanciato dai media francesi.

La compagna di Coulibaly, Hayat Boumeddiene, è sparita in Siria nei giorni in cui lui passava all'azione a Parigi. La Boumeddiene, ha fatto sapere ufficialmente la Turchia, ha soggiornato a Istanbul dal 2 all'8 gennaio per poi partire diretta in Siria. Coulibaly è inoltre sospettato anche di aver fatto esplodere un'autobomba a Villejuif, dintorni di Parigi, così almeno direbbe egli stesso nel video "postumo" comparso e poi fatto sparire dal web. Nel quale, fra l'altro, appare in modo sfocato una persona che assomiglia a Coulibaly.

 

Nuove "tragedie e terrore". E' la minaccia contenuta in un video di 11 minuti pubblicato oggi in cui uno dei leader di Al Qaida nello Yemen Nasr al-Ansi rivendica l'attacco a Charlie Hebdo. La Francia "appartiene al partito di Satana", la strage al giornale "ha vendicato il profeta", dice ancora Al-Ansi. Il ramo yemenita di Al Qaida aveva già rivendicato l'attacco a Charlie Hebdo in un video postato su Youtube il 9 gennaio in cui uno dei leader, Harith bin Ghazi al-Nadhari, aveva avvertito la Francia di smettere di "attaccare l'Islam, i suoi simboli e i musulmani o ci saranno nuove operazioni". Nel video di oggi al-Ansi dice che Al Qaida nello Yemen ha scelto l'obiettivo, ha studiato un piano e ha finanziato l'operazione".

Identificato "quarto uomo" della strage Il ricercatissimo "quarto uomo", complice dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly negli attacchi terroristici della settimana scorsa, è stato identificato dagli inquirenti grazie alle chiavi di una moto trovate nel rifugio di Coulibaly, secondo quanto si apprende da Le Parisien. L'uomo potrebbe però essere già fuggito in Siria.

Tra le accuse rivolte alla Francia quella di appartenere al "partito di Satana" e di avere "condiviso tutti i crimini dell'America. Ha commesso crimini in Mali e nel Maghreb islamico. La Francia ha sostenuto l'annicchilimento dei musulmani in Africa centrale in nome della purezza della razza".

Al-Ansi ha anche ricordato che, in un numero della rivista jihadista Inspire, pubblicata da al-Qaeda nella Penisola arabica, il direttore di Charlie Hebdo, Stephane Charbonnier, compariva in un elenco di persone nel mirino.

l monitoraggio e gli accertamenti erano partiti già prima dei fatti di Parigi. Ma dopo l'attentato a Charlie Hebdo le comunicazioni si sono intensificate. 
Sono in tutto una ventina i nomi iscritti sul registro degli indagati della procura di Roma con l'ipotesi di terrorismo internazionale, tra loro ci sono residenti all'estero finiti all'attenzione dell'antiterrorismo del Ros per le conversazioni sospette che fanno continuo riferimento alla jihad e alla possibilità di colpire in Italia. Un'indagine di cui potrebbe occuparsi un nuovo organismo ad hoc: il ministro Orlando, a conclusione d un vertice con le procure, ha annunciato che sarà la Direzione nazionale antimafia ad ospitare il coordinamento delle inchieste antiterrorismo.

Quelli individuati da Roma sono lupi solitari, da anni gli investigatori li tengono sotto controllo. Sono residenti in varie città, specie nel Nord Italia, ma anche all'estero, sospettati di avere legami con la jihad e per questo considerati potenzialmente pericolosi. L'inchiesta romana è partita qualche anno fa dal monitoraggio dei siti di propaganda islamica, i continui proclami a favore della jihad e alla possibilità di un gesto eclatante hanno portato a ritenere gli indagati ”pericolosi”, ma nessuno di loro ha mai indicato un obiettivo da colpire, altrimenti, spiegano gli inquirenti, sarebbero già stati fermati. L'attenzione dalle comunicazioni via web ma si è già estesa ai luoghi di ritrovo per possibili attività di indottrinamento e di reclutamento.

Una procura lombarda, invece, avrebbe già individuato alcuni reclutatori maghrebini di possibili jihadisti pronti a partire. A Milano intanto è ancora aperta l'inchiesta su Maria Giulia Sergio, che ha scelto il nome Fatima per la jihad, la donna italiana di 27 anni partita nei mesi scorsi per combattere in Siria. Una decina di indagati si contano invece nel filone di inchiesta relativo ai foreign fighters siriani partiti da Cologno Monzese nel 2012.

Ieri intanto il Copasir ha ascoltato il sottosegretario con delega all'intelligence Marco Minniti, che al comitato parlamentare di controllo ha consegnato l'elenco dettagliato dei 53 foreign fighters partiti dall'Italia, dei quali aveva parlato anche il ministro degli interni Angelino Alfano. Il documento evidenzia come i guerriglieri provenienti dall'Italia siano distribuiti sul territorio nazionale, in particolare al nord (vengono da Torino, Modena, Comiso, Mantova, Milano, Como, Cantù, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Biella) e abbiano un'età compresa tra i 19 e i 42 anni. Sono quattro le tipologie di foreign fighters: quelli, di cittadinanza italiana o no, che con certezza hanno raggiunto la Siria per partecipare alla jihad; i membri di gruppi radicali, che hanno lasciato il Paese diretti in luoghi limitrofi alle zone in cui si combatte e poi sono rientrati; quelli provenienti da altri paesi e imbarcatisi dall'Italia verso Est e, viceversa, quelli rientrati attraverso l'Italia e ora in Europa, le cui identità sono state segnalate alle autorità competenti.

Un'attenzione specifica è ovviamente rivolta ai soggetti rientrati in Italia, sebbene al momento non ci siano prove sufficienti per dire che abbiano partecipato alla guerra santa. «Stiamo lavorando perché nessuno dei rischi potenziali diventi concreto, e al momento siamo preoccupati ma senza allarmi specifici», ha spiegato il sottosegretario. Tra i rischi da tenere sotto controllo, aggiunge il vicepresidente del Copasir Giuseppe Esposito c'è soprattutto «quello delle possibili emulazioni».

Il sottosegretario tornerà al Copasir tra due settimane per discutere le possibili strategie di rafforzamento dell'intelligence. Un piano che dovrebbe passare per il potenziamento del personale, l'aumento delle risorse logistiche ed eventuali interventi di riforma del testo di legge sui servizi. «Concorderemo insieme la strategia da seguire», chiosa Rosa Calipari membro del Copasir in quota Pd.

Il controverso comico francese Dieudonné, indagato dalla procura di Parigi per apologia di terrorismo, è stato arrestato stamattina nella sua casa nel centro della Francia e posto in stato di fermo.  Sono state aperte in Francia già una cinquantina di procedure giudiziarie per apologia di terrorismo, dopo gli attentati della settimana scorsa. Lo rendono noto fonti giudiziarie dopo il fermo, stamattina, del comico Dieudonné. Noto per i suoi atteggiamenti provocatori e accusato spesso di antisemitismo, Dieudonné aveva partecipato alla marcia di domenica, poi - tornando a casa - aveva scritto sul web il messaggio "Je suis Charlie Coulibaly". Di fronte alle proteste dei frequentatori di social network, Dieudonné aveva tolto il post la mattina di lunedì, spiegando poi in una lettera di sentirsi considerato "come Amedy Coulibaly" ma di "sentirsi Charlie".

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