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La buona politica. I cattolici, la famiglia e il futuro dell'Italia

Il nuovo libro di Introvigne sulla crisi della famiglia

 

La crisi che sta attraversando da alcuni anni il nostro Paese – come il resto dell'Occidente d'altronde – non è solamente di tipo economico-finanziario ma, più a fondo, di natura etica ed antropologica. Eppure, nonostante tutta la sua evidente drammacità, il momento presente continua comunque a offrire – nel silenzio peraltro dei grandi mezzi di comunicazione sociale – anche numerosi segnali di speranza e di coraggio, ed è in definitiva da questi ultimi che bisogna ripartire. Si potrebbe sintetizzare così il messaggio finale del Convegno organizzato da Alleanza Cattolica tenutosi sabato 22 marzo a Roma su “La buona politica. I cattolici, la famiglia e il futuro dell'Italia”. Partendo dall'esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco, la giornata ha scattato una fotografia dell'Italia e di parte dell'Europa attuale decisamente controcorrente e molto distante dalle usuali tinte fosche disegnate dal politicamente corretto dominante. A prendere la parola per primo è stato il Reggente Nazionale Vicario dell'associazione, Massimo Introvigne, che prendendo spunto dal recente suicidio di un commerciante di Napoli - Eduardo De Falco - a seguito di una multa assurda inflittagli (faceva lavorare nel suo negozio di panetteria la moglie, ma senza contratto) che di fatto ha messo a rischio chiusura la sua attività commerciale, ha ricordato come, cifre alla mano, attualmente i suicidi per motivi economici siano una vera e propria emergenza nazionale: se ne registra “uno ogni due giorni e mezzo, con un aumento del 75% tra il 2012 e il 2013”. E i dati sui 'tentati suicidi', poi fortunatamente sventati, sono ancora più allarmanti. Si tratta di tragedie che dimostrano come la crisi oramai non riguardi più solamente i disoccupati o i cassintegrati, ma direttamente gli imprenditori e i commercianti, cioè quei soggetti che lavorano nonostante tutto e che comunque contribuiscono a creare ricchezza e occupazione nel Paese. E' una parte rilevante della popolazione adulta professionalmente attiva che oltre all'endemica crisi di consumi generali deve ora anche fare fronte alle tasse e alla pressione fiscale che non accenna a diminuire finendo così ultimamente per fallire. Secondo gli ultimi dati ISTAT, ad esempio, “in Italia falliscono 1000 imprese al giorno” e una quota ugualmente rilevante è a rischio di fallimento molto alto. Se poi a questo quadro si aggiunge anche il tasso di disoccupazione attuale (12,9%), e soprattutto quello relativo alla popolazione giovanile entro i 35 anni (dove, in proporzione, l'Italia detiene il triste record mondiale con il 42,4%) la situazione è oggettivamente spaventosa. Se ne può uscire? A dispetto di tutto, per il sociologo la risposta è senz'altro affermativa, sempre però che l'economia ritorni a mettere al centro dei suoi interessi e delle sue azioni la persona e la dimensione etica. Introvigne lo ha spiegato facendo riferimento a un particolare 'decalogo' creato ad hoc per l'occasione che recità così: innanzitutto 1) più realismo (la crisi dei mutui del 2008 negli Stati Uniti come l'attuale strapotere delle lobby della finanza virtuale sono fenomeni di una fuga nell'utopia fantastica che in una scienza empirica come quella economica può creare solo danni a lungo termine), 2) più solidarietà (particolarmente verso quei settori della società civile – come gli anziani e i bambini – messi ai margini da quella che Papa Francesco ha stigmatizzato come la “cultura dello scarto”), 3) rispetto per la vita (contrastando in ogni modo e con ogni mezzo le derive della cultura bioetica di stampo abortista ed eugenetico) 4) più economia reale (con un accento più convinto sulle dimensioni della gratuità e del dono - già auspicate da Benedetto XVI nella Caritas in veritate - e una maggiore sobrietà in generale), 5) più impegno politico e maggiore attenzione e coinvolgimento nella cosa pubblica (che resta una forma alta di carità, come insegna la Dottrina sociale della Chiesa), 6) più religione (cioè maggior richiamo alle ragioni di Dio e rispetto per chi le porta nell'agone pubblico), 7) più morale (ricordando, per inciso, che lo stesso Papa Francesco ha ribadito i pericoli della “dittatura del relativismo”, riprendendo nell'ultimo Discorso al Corpo Diplomatico l'espressione di Benedetto XVI), 8) più radici (che vuol dire anzitutto conservare il legame col territorio e con la propria terra, che in tempi di globalizzazione di massa rischia di svanire completamente), infine 9) più speranza (che è anzitutto una virtù teologale di fondamentale importanza per il cristiano) e 10) più famiglia che poi è “il primo Comandamento della Dottrina sociale oggi, dal momento che meno matrimoni vuol dire meno figli e dunque meno futuro per tutti”.

A seguire è stata la volta del professor Mauro Ronco, ordinario di diritto penale all'università di Padova, che ha analizzato l'evoluzione del contesto internazionale dal punto di vista geopolitico negli ultimi vent'anni, dalla caduta del Muro di Berlino (1989) e il successivo crollo imprevisto dell'Unione Sovietica (1991) ad oggi. Ne è emerso un quadro particolarmente complesso in cui, se è vero che i livelli di libertà sono superficialmente maggiori rispetto a un tempo (se non altro per la fine del socialismo reale in mezza Europa), tuttavia resta pure vero che alla fine dell'età delle ideologie non è subentrata una stagione di ritrovata primavera per i popoli ma – per l'appunto – una “dittatura del relativismo” supportata da nuovi organismi internazionali (si pensi al ruolo 'tecnicamente' sovversivo esercitato dalle influenti agenzie dell'ONU, per esempio riguardo alla diffusione capillare della teoria di genere, a partire dalle Conferenze de Il Cairo (1994) e Pechino (1995)) e da Corti e tribunali sovranazionali che intervengono sempre più a gamba tesa su materie e temi di competenza degli Stati nazionali. Un problema ulteriore è rappresentato poi dalla gestione della politica economica dell'Unione Europea appaltata ormai da anni alla Germania che fa da sola il bello e il cattivo tempo senza che interi Stati membri possano opporsi. Per questo, appare assolutamente prioritario che accordi e trattati 'rigidi' di un tempo siano almeno rivisti o quantomeno resi più flessibili alla luce anche della fase di impasse che attraversano le economie nazionali (private ormai pure della sovranità monetaria e quindi della capacità di battere moneta) e che durerà ancora a lungo. Nel pomeriggio il Convegno ha toccato poi i temi caldi dell'attualità politica interna con un'intervista di Marco Invernizzi al professor Giovanni Orsina (docente di Storia contemporanea e vicedirettore della School of Governament dell'Università Luiss "Guido Carli" di Roma) autore di un affascinante - quanto opportuno - saggio interpretativo sulla figura più discussa degli ultimi vent'anni, cioè, neanche a dirlo, Silvio Berlusconi (cfr. G. Orsina, Il berlusconismo nella storia d'Italia, Marsilio 2013, Pp. 239, Euro 16,58) e che rilegge la parabola storica della politica repubblicana italiana come un tentativo – continuamente reiteratosi, nonostante i puntuali insuccessi – di applicare al nostro Paese un “modello giacobino” o, come lo definisce eloquentemente Orsina, un “modello ortopedico” che vorrebbe tessere sul Paese reale le ideologie e le perniciose utopie – perlopiù esterofile e antitaliane – del Paese legale, o meglio delle sue ristrette elites benpensanti autoproclamatesi tali. La manifestazione si è conclusa poi con la tavola rotonda sui problemi portati oggi dall'ideologia di genere alla famiglia – introdotta e moderata dal magistrato Alfredo Mantovano – che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Mirjana Andjic e Zeljka Markic del Comitato del referendum per la famiglia in Croazia che hanno raccontato la recente straordinaria mobilitazione del popolo croato che – contro il governo, il Presidente della repubblica e molti altri partiti, nonché tutta la grande stampa – è riuscito a far passare in Costituzione l'unicità del matrimonio come unione indissolubile e aperta alla vita di un uomo e di una donna. Un esempio nato dal basso che - dopo la Manif pour tous francese, che peraltro sugli stessi temi ha raccolto in piazza a Parigi oltre un milione di persone - fa ben sperare per un'inversione di tendenza anche nel resto d'Europa.

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