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Associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose

Il capo della Misericordia di Isola Capo Rizzuto, Leonardo Sacco, ed il parroco dello stesso paese, don Edoardo Scordio, sono tra i fermati dell'operazione denominata ''Jonny''. La Misericordia gestisce il Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Isola, uno dei più grandi d'Europa, che secondo le indagini sarebbe stato controllato dalla cosca Arena. I due sono accusati di associazione mafiosa, oltre a vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, reati aggravati dalle finalità mafiose. Il sindaco di Isola Capo Rizzuto Gianluca Bruno è indagato: reato ipotizzato è concorso esterno in associazione mafiosa.

La cosca Arena, tramite il governatore della "Fraternita di Misericordia" Leonardo Sacco, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di 'ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all'accoglienza dei migranti. Dalle indagini sarebbe emersa l'infiltrazione della cosca Arena nel tessuto economico crotonese e, in particolare, il controllo mafioso delle attività imprenditoriali connesse al funzionamento dell'accoglienza al Cara di Isola Capo Rizzuto che andava avanti da più di un decennio.

Cosi e stata smantellata la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto (Crotone) con il fermo di 68 persone disposto dalla Dda di Catanzaro. La cosca Arena controllava a fini di lucro la gestione del centro di accoglienza per migranti di Isola. Secondo le indagini, oltre alle tradizionali dinamiche criminali legate alle estorsioni esercitate in maniera capillare sul territorio catanzarese e crotonese, la cosca controllava anche il centro oltre a coltivare ingenti interessi nelle attività legate al gioco ed alle scommesse.

Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Nel corso dell'operazione anche un sequestro beni milionario.

La cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, da decenni al centro delle vicende criminali nel crotonese, aveva imposto la propria assillante presenza anche sull'area ionica della provincia di Catanzaro con estorsioni a tappeto ai danni di esercizi commerciali ed imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche.

Nella zona, gli Arena agivano direttamente attraverso i propri affiliati, oppure tramite fiduciari nominati responsabili della conduzione delle attività delittuose o anche attraverso la messa "sotto tutela" di cosche alleate. Tra il 2015 ed il 2016 infatti, in particolare a Catanzaro, una cellula, dipendente dalla cosca madre di Isola Capo Rizzuto ma radicata nel capoluogo, "aveva perpetrato una serie impressionante di danneggiamenti a fini estorsivi per fissare con decisione la propria influenza sull'area mentre cosche satelliti della famiglia avevano fatto altrettanto nell'area, di rilevante interesse imprenditoriale e turistico, immediatamente a sud di Catanzaro ricadente nei comuni di Borgia e Vallefiorita".

La cosca Arena lucrava sull'accoglienza dei migranti nel Cara "Sant'Anna" di Isola Capo Rizzuto grazie alla collusione con esponenti della "Fraternita di Misericordia", l'ente che gestisce il centro dell'isola lungo la statale 106. Dalle indagini è emersa un'infiltrazione del clan, da più di un decennio, in tutte le attività imprenditoriali connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara. Secondo gli investigatori, il tramite era Leonardo Sacco, governatore della Misericordia, che ha permesso di aggiudicare a imprese create ad hoc dai mafiosi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione presso il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa. Gli Arena e altre famiglie di 'ndrangheta si spartivano così i fondi europei destinati all'accoglienza dei migranti. Secondo l’accusa degli oltre 100 milioni di euro assegnati alla struttura per accogliere oltre 1600 immigrati al giorno, almeno 30 sarebbero stati dirottati nelle casseforti dei clan.Nei guai e finito anche il parroco di Isola Capo Rizzuto Don Eduardo Scordio di 70 anni

Il paradosso sarebbe che Don Edoardo Scordio, il parroco di Isola Capo Rizzuto sottoposto a fermo questa mattina nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Catanzaro, è balzato agli onori della cronaca negli anni Ottanta per le sue eclatanti iniziative contro le cosche mafiose che dominavano nel territorio, promuovendo fiaccolate e pronunciando omelie in piazza, spesso in occasione dei funerali di persone uccise in agguati di tipico stampo mafioso

Intanto Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, è oggi a Tripoli dove ha incontrato il premier libico Fayez Al Sarraj. Lo indica un tweet dell'Ambasciata italiana a Tripoli che rilancia una foto del ministro a colloquio con il presidente del Consiglio presidenziale.

"Il premier Sarraj al ministro Minniti: Italia e Libia saldamente dalla stessa parte nella lotta contro il traffico di migranti". E' quanto si legge in un tweet dell'ambasciata italiana a TRipoli che ha dato conto della visita del ministro dell'Interno, Marco Minniti oggi nella capitale libica, dove ha incontrato il premier Fayez Al Sarraj. "Per un'efficace lotta contro l'immigrazione illegale, è fondamentale concentrarsi sul sud", è un altro messaggio formulato dal premier al ministro e sottolineato dalla rappresentanza diplomatica italiana. Minniti, che era accompagnato dal segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, ha visto anche il vicepresidente del Governo libico, Abdulsalam Kajman.

 

Secondo la Commissione Ue, che ha lasciato invariate le stime di crescita invernali (+0,9% nel 2016 e 2017, e +1,1% nel 2018), nel nostro Paese continua una "modesta ripresa". 

E mentre in Germania "la crescita della domanda interna si è rafforzata nel 2016 e le importazioni sono aumentate più delle esportazioni", quindi "l'avanzo commerciale dovrebbe cominciare a diminuire gradualmente". Inoltre si prevede "una crescita delle spese correnti" e "la continuazione dell'aumento della spesa per investimenti", e quindi "una diminuzione dell'avanzo primario". Il surplus scenderà allo 0,6% nel 2017 e allo 0,3% nel 2018. La crescita resta "forte", con il pil all'1,6% nel 2017 e all'1,9% nel 2018

In Italia "L'incertezza politica e il lento aggiustamento nel settore bancario rappresentano rischi al ribasso alle prospettive di crescita italiane": lo scrive la Commissione Ue nelle previsioni economiche di primavera. Bruxelles rileva anche che, dall'altra parte, "l'elevata fiducia nella manifattura potrebbe implicare una domanda esterna più forte di quella data dalle previsioni".

E' il Paese europeo che cresce meno di tutti. "Da 0,9% quest'anno passa a 1,1% l'anno prossimo", perché "persistono le fragilità strutturali che conosciamo", ha detto il commissario agli affari economici Pierre Moscovici presentando le nuove stime che confermano quelle di febbraio che già vedevano l'Italia in ultima posizione. 

La Commissione Ue rivede al ribasso le stime sul deficit italiano, che scende grazie alla manovra-bis a 2,2% quest'anno (a febbraio era dato a 2,4%), e a 2,3% nel 2018 (a febbraio 2,6%). "Le misure aggiuntive prese ad aprile, soprattutto per aumentare la riscossione delle tasse, manterranno stabile il carico fiscale nonostante la riduzione della tassazione per le imprese dal 27,5% al 24%,", scrive Bruxelles. In "leggero deterioramento" il deficit strutturale.

Ci sarà ancora un "leggero aumento" del debito italiano nel 2017, che salirà al 133,1% dal 132,6% del 2016, "dovuto anche alle risorse aggiuntive stanziate per il sostegno pubblico al settore bancario e agli investitori retail". Lo scrive la Commissione Ue spiegando che il debito scenderà poi al 132,5% nel 2018. Le nuove stime sono comunque leggermente migliorative di quelle di febbraio, quando il debito era visto a 133,3% per quest'anno e 133,2% per il prossimo.

"L'espansione della domanda interna è stato il maggior fattore di crescita" nel 2016, spiega Bruxelles, assieme alla "ripresa degli investimenti", sostenuta dalla politica accomodante della Bce. Nel 2017 accelerano anche le esportazioni. Italia resta maglia nera per crescita 2017-2018. 

Quest'anno Bruxelles prevede anche una "leggera accelerazione" degli investimenti nelle costruzioni, anche grazie a "più risorse stanziate per gli investimenti pubblici, un assorbimento più alto di fondi europei e l'impatto del piano Juncker". Nonostante ciò, le "costrizioni finanziarie" per il settore costruzioni e per le pmi restano. Nel 2018, il pil cresce "leggermente" a 1,1% grazie a export più forti, dinamica degli investimenti sostenuta, maggiori consumi privati dovuti anche a un aumento "moderato" degli stipendi.

Per Moscovici, l'incertezza che pesa sull'economia europea "dopo le elezioni in Olanda e in Francia, dovrebbe continuare a diminuire nei mesi a venire, all'avvicinarsi della conclusione dell'impressionante ciclo elettorale in Europa". Tra le consultazioni elettorali chiave previste per il 2017 restano ancora le elezioni tedesche a settembre.

"Sono lieto, e questo sentimento è condiviso all'interno della Commissione" per la sua vittoria alle elezioni francesi, in quanto ha consentito di "evitare la minaccia di un populismo xenofobo violento e antieuropeo", e questo "è un segnale molto bello, non solo per la Francia ma anche per l'Europa".  Macron, ha aggiunto, "è un europeista impegnato, che potrà realizzare progressi nella governance dell'eurozona, benvenuto".

Continua a scendere la disoccupazione, che nell'eurozona dopo il calo a 9,4% del 2017 arriverà all'8,9% nel 2018, il livello più basso dal 2009. Stesso trend per l'Ue a 28: dopo la discesa all'8% quest'anno, il prossimo sarà record da fine 2008 con 7,7%. Sono le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, dove si sottolinea però che, nonostante il calo complessivo, la disoccupazione "resta alta in molti Paesi". Il calo arriva grazie a riforme strutturali, domanda interna e altre politiche.

Una "crescita salda" che continuerà con un "ritmo stabile", con un pil rivisto al rialzo per l'eurozona all'1,7% per il 2017 (1,6% nelle previsioni d'inverno), e invariato all'1,8% per il 2018. Ritoccato in su anche il pil per l'Ue a 28 a 1,9% per entrambi gli anni da 1,8%. Sono le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, secondo cui l'Europa entra così nel suo quinto anno consecutivo di ripresa, che sta ora raggiungendo tutti gli stati membri.

"L'incertezza che circonda le previsioni economiche resta elevata" ma "nel complesso i rischi sono diventati più bilanciati che in inverno anche se restano al ribasso". Così le previsioni di primavera della Commissione Ue, secondo cui i rischi possono venire "dalla futura politica economica e commerciale Usa e più ampie tensioni geopolitiche", ma anche "dall'aggiustamento economico della Cina, la salute del settore bancario in Europa e gli imminenti negoziati con la Gran Bretagna" per la Brexit.

Il deficit della Francia per il 2017 sarà del 3%, in calo dal 3,4% del 2016 ma in peggioramento dal 2,9% delle previsioni d'inverno a causa di "risultati inferiori alle attese su stato e sicurezza sociale, in parte compensate dai surplus di amministrazioni locali le cui spese hanno rallentato". Il pil resta a 1,4% nel 2017 e 1,7% nel 2018 in linea con le previsioni di febbraio. E' quanto emerge dalle previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, secondo cui "una ripresa graduale dell'export fa salire la crescita".

 

Con oltre il 25%, l'astensionismo raggiunge un record storico dal 1969: è quanto scrive l'Express. E' invece record storico assoluto di schede bianche, il 12%.

Marine Le Pen ha perso. Qualunque analisi sul mancato successo del sovranismo francese non può prescindere da questo dato certo. Ovvio, una vittoria dei lepenisti era decisamente improbabile, molto più dell'affermazione alle presidenziali americane di Donald Trump

Marine Le Pen, ha permesso al Front National di entrare nell'arco costituzionale, ma da qui a vincere le elezioni, è necessario passare per un discorso in grado di coinvolgere tutti i francesi. Non solo gli sconfitti dalla globalizzazione. Altrimenti ci sarà sempre un "barrage", un "patto repubblicano", in grado di respingere il Fn dalle competizioni elettorali. La figlia di Jean Marie sembra averlo capito: ecco annunciata la rivoluzione partitica del Fn.

Marine non è riuscita in nessuna delle due strategie. La linea di Francois Philippot di laicizzare il partito, riponendo in un angolo le battaglie sui valori non negoziabili, è forse la prima imputabile per questa sconfitta. I moderati, gli elettori liberali, quelli che storicamente hanno votato per i repubblicani e per l'Ump, non si sono evidentemente sentiti rassicurati nel votare l'espressione di un partito che ha smesso di essere chiaro riguardo alcune tematiche centrali per i cattolici. Attaccare il Papa, poi, ha fatto il resto. La strategia di marketing della rosa blu come simbolo della campagna elettorale, insomma, non ha, in fin dei conti, attratto nè l'elettorato socialista nè quello centrista. Almeno non nella misura che sarebbe servita per vincere. Anche la scelta di Dupont Aignan  come primo ministro designato, poi, sembra non essere servita: dai primi dati sembrerebbe che molti degli elettori dell'ex gollista al primo turno non abbiano votato per Marine Le Pen al secondo. 

La Le Pen è stata la voce nel partito utilizzata per cercare di intercettare questi consensi centristi e repubblicani. Isolata, temuta dal "Cabinet secret" dal quale Marine è circondata, neppure lei è stata decisiva per conquistare i voti dei cristiani d'oltralpe. Le fratture sociali, poi, se da una parte garantiscono una base solidissima al "Front National", di contro fanno sì che pochissimi elettori presenti nelle città urbanizzate francesi, vedano di buon occhio proposte di uscita dall'Euro o dagli organi sovraistituzionali europei. La Francia, quindi, è sì divisa tra periferie e città finanziarizzate, ma resta una nazione fondamentalmente legata alla storia dell'Europa stessa, fedele al destino continentale, attenta a non parcelizzare una società già profondamente segnata da una pericolosa sommatoria fatta da jihadisti radicalizzati, degrado periferico e criminalità. Fattori difficilmente distinguibili. Una Francia alla ricerca di un De Gaulle e non di un Napoleone.

A Marine Le Pen serviva mitigare la battaglia sull'Euro e una linea complessivamente più mediana. Il sistema elettorale a doppio turno, si sa, consente larghe possibilità di vittoria a chi punta al centro, specie se con la credibilità che Macron ha saputo mettere in campo. Il partito che vince le elezioni, solitamente, è quello che intercetta l'elettore medio, il simbolo del 50% più 1 della popolazione. Gli estremi, invece, si sfaldano addosso alle frange minoritarie della società, così com'è successo tra Marine Le Pen e Mélenchon al primo turno, consentendo ai grandi raggruppamenti macrocomprensivi di navigare in acque tranquille. Ad Emmanuel Macron, in questo caso.

"Ho telefonato a Macron per congratularmi. Gli ho fatto gli auguri per le immense sfide che si troverà di fronte": queste le prime parole di Marine Le Pen dopo i risultati. "I francesi hanno scelto la continuità", ha detto ammettendo la sconfitta. "Per noi è un risultato storico" che "pone il fronte patriottico come prima forza d'opposizione", ha aggiunto ancora Marine Le Pen. "Voglio rassicurare i francesi che hanno scelto di darmi il loro voto. Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e hanno fatto una scelta coraggiosa e fondamentale", ha aggiunto. "Voglio ringraziare gli 11 milioni di francesi che mi hanno accordato la loro fiducia", ha detto Marine Le Pen. "Lavorerò per raccogliere ancora più persone tra coloro che vogliono scegliere la Francia".

Trentanove anni, una carriera di enfant prodige alle spalle ma pochissima esperienza politica. Emmanuel Macron, il presidente più giovane della storia della repubblica francese, arriva all'Eliseo senza partiti in sella alla sua creatura 'En Marche!' dopo aver rottamato in pochi mesi un sistema che sembrava immutabile, quello dell'alternanza destra gollista-gauche socialista. 

"Sarò un uomo libero", ha promesso l'ex banchiere Rotschild, ex consigliere di Francois Hollande all'Eliseo, ex ministro dell'Economia. L'uomo che ha messo fine al vecchio bipolarismo della Quinta Repubblica vuole una Francia "forte e solidale", non vuol sentir più parlare di disfattismo ma soprattutto ha sempre tenuto alta - rischiando grave impopolarità - la bandiera dell'appartenenza all'Europa. Non da rinnegare, ma anzi da rafforzare. "Non ha un partito alle spalle che lo sostiene", "non ha la stoffa del politico", "non ha carisma": una dopo l'altra, queste affermazioni si sono sgretolate mentre Macron costruiva il suo personaggio, che dai corridoi ovattati dell'alta finanza ha saputo dare il meglio anche nelle arene più infuocate. "Lo sentite il mormorio della primavera? Domenica vinceremo e sarà l'inizio di una nuova Francia", ha detto in uno dei suoi ultimi comizi, fra invettive e atteggiamenti da guru. Il suo capolavoro: aver giocato in contropiede nel dibattito tv, distruggendo un osso duro come Marine Le Pen e facendo apparire evidenti le sue approssimazioni.

"Stasera la Francia ha vinto": queste le prime parole di Emmanuel Macron all'arrivo al Louvre, davanti all'enorme folla. "Chi diceva 'non è possibile' - ha aggiunto - non conosce la Francia". "Voglio esprimere un pensiero per Marine Le Pen, non fischiate, hanno espresso, una rabbia e una collera, va ascoltata...", ha detto ancora aggiungendo "Farò di tutto affinché nei prossimi anni non ci sia nessun motivo per votare per gli estremi". "La Francia e il mondo si aspettano da noi la difesa dello spirito dei Lumi, ovunque". 

"Vi servirò in nome del nostro motto: Libertà, Eguaglianza, Fraternità, vi servirò sulla base della fiducia che mi avete attribuito, vi servirò con amore, viva la Repubblica, viva la Francia", ha concluso così Macron il suo discorso. Poco prima delle 23:00 Brigitte Macron è salita sul palco della piazza del Louvre per salutare i militanti che l'hanno accolta con un applauso, cantando la Marsigliese. Emmanuel Macron l'ha presa per mano e la nuova première Dame ha salutato tutti, mostrandosi commossa ed emozionata. Poi l'hanno raggiunta i tre figli con i 7 nipoti e amici della coppia Macron.

Mattarella scrive a Macron, segnale forte di adesione all'Ue. "Auguri di cuore a Emmanuel Macron. La sua vittoria è una vittoria per un'Europa unita": ha scritto su Twitter il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert. "Congratulazioni a Emmanuel Macron! Contento che i francesi abbiano scelto un avvenire europeo", ora "insieme per un'Europa più forte e più giusta", è il messaggio del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. 

 

"Congratulazioni a Emmanuel Macron, contiamo su una Francia che contribuisca a cambiare l'Unione per riavvicinarla ai cittadini!", scrive su Twitter il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. Anche Theresa May si è affrettata a felicitarsi con Emmanuel Macron per l'elezione a presidente della Francia. "Congratulazioni a Emmanuel Macron e ai francesi che hanno scelto la Libertà, l'Uguaglianza e la Fraternità e detto 'no' alla tirannia delle 'fake news'", dice il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk su Twitter dopo l'elezione di Macron all'Eliseo. Matteo Renzi su Twitter: "La vittoria di Macron scrive una straordinaria pagina di speranza per la Francia e per l'Europa. EnMarche! incammino".  "Evviva Macron Presidente. Una speranza si aggira per l'Europa", scrive il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

 

 

Dopo l'attentato sugli Champs-Elysees Macron si è detto "pronto a proteggere i francesi". Forse anche per rassicurare su quelli che per lungo tempo sono stati indicati come i suoi punti deboli, difesa e sicurezza, Macron si è mostrato spesso al fianco del ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, in pole per un posto importante nel suo governo. Ai connazionali ha promesso "un'alternativa profonda". Prima segretario generale di Hollande, poi suo ministro dell'Economia, il 'rottamatore' con il pallino delle riforme ha fondato il suo movimento, 'En Marche!', poco più di un anno fa, nel marzo 2016, per poi dimettersi a sorpresa dall'esecutivo socialista e candidarsi all'Eliseo. Nella fulminea carriera che lo ha portato ai vertici, non era mai passato per uno scrutinio, prima del doppio turno che lo ha incoronato presidente.

Durante la lunga campagna elettorale, pesi massimi del governo socialista come l'ex premier Manuel Valls e alla fine anche il presidente Francois Hollande sono passati con lui. L'enfant prodige di Amiens sposato con Brigitte, la sua ex insegnate di scuola di 25 anni più grande di lui della quale tanto si è scritto, promette una società più aperta e flessibile, lontana da corporativismi e privilegi del passato, in grado di rispondere alle sfide globali. La sua convinzione è che occorre superare gli steccati ideologici e la vecchia dicotomia destra/sinistra che frenano il rilancio e la creazione di posti di lavoro.

 

 

Iniziava cosi il testo della lettera di Aldo Moro alla famiglia che sarebbe stata consegnata il 5 maggio pochi giorni prima della sua morte:  Tutto sia calmo. Le sole reazioni polemiche contro la D.C. Luca no al funerale.

"Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in se' e dell'incredibilita' di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l'indirizzo della mia vita. Ma ormai non si puo' cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si puo' solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilita' della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza cosi' come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E' poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare........

E continuava con tante altri pensieri verso la Famiglia e verso il suo partito il DC di allora, e oggi al' Aula del Senato della Repubblica ospita la celebrazione del "Giorno della memoria" istituito con la legge n. 56 del 2007 "al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice". La cerimonia avrà inizio alle 10.55 con l'esecuzione dell'Inno nazionale da parte degli studenti del Liceo Scientifico "Farnesina" di Roma

L'introduzione e la conduzione sono affidati al direttore del quotidiano "la Repubblica" Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi assassinato il 17 maggio 1972. Porteranno la loro testimonianza il padre di Walter Rossi, Francesco Rossi, la vedova di Claudio Graziosi, Silvana Perrone Graziosi, il figlio di Carlo Casalegno, Andrea Casalegno. Uno studente leggerà un testo del giornalista Cesare Martinetti in memoria dell'avvocato Fulvio Croce. Il programma prevede quindi l'intervento di una studentessa dell'Istituto Professionale Statale "J.B. Beccari" di Torino. Prenderà quindi la parola il Presidente del Senato, Pietro Grasso.

Pero la figlia di Aldo Moro dice "basta". Non ci sarà la famiglia dello statista assassinato dalle Br alle celebrazioni per l'anniversario della morte dell'ex presidente del Consiglio italiano della Dc. 

Non parteciperemo più a nessuna celebrazione per questo ennesimo e terribile 9 maggio - dice la figlia Maria Fida Moro in una intervista al Corriere.Non ne posso più dell’indifferenza e della bruttezza della politica". Dal 2007 la data della morte di Moro è diventata la Giornata della Memoria dedicata alle vittime del terrorismo. Ma è ancora una memoria incompleta, vuota, che alla famiglia non sta più bene. "Voglio costringere lo Stato a fare la sua parte - dice la Figlia - Perché noi, io e mio figlio Luca, continuiamo ad essere tagliati fuori dal riconoscimento della legge per le vittime del terrorismo. Che è applicata a tutti, tranne che ad Aldo Moro. Per questo ho anche chiesto che la giornata cambi data: mi offende e mi ferisce che papà sia l’emblema delle vittime ma per lui la legge non valga".

Una decisone assurda. In sostanza Aldo Moro è il simbolo delle vittime del terrorismo, ma la sua famiglia è tagliata fuori dai risarcimenti che spettano a chi muore sotto il fuoco del terrorismo (politico così come islamico). "Io mi sto battendo per il principio, non per un fatto economico - aggiunge la donna - Io vorrei che si tornasse a ricordare l’Aldo Moro vivo e quello per cui ha vissuto. E invece no: ci sono terroristi che anche oggi hanno spazio sui media, voce, rispetto. E una vita. A lui si riconosce soltanto il diritto di fare la parte del cadavere in un bagagliaio". Poi l'affondo, con la promessa di "rivolgermi alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo" per avere dallo Stato quel riconoscimento che sarebbe dovuto arrivare molto tempo fa: dichiarare Moro vittima del terrorismo. "È una cosa che mi farà vergognare ancora di più di essere italiana".

Intanto questa e la storia che ha sconvolto l Italia era il 16 marzo 1978, poco dopo le 9, un commando delle Brigate Rosse entra in azione in via Fani, a Roma: blocca le auto del presidente Dc Aldo Moro, uccide i 5 uomini di scorta e portano via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo rivendicano l'azione con una telefonata all' Ansa.  Il sequestro terminerà 55 giorni dopo, il 9 maggio, con l'uccisione dello statista.

- 16 marzo: poco dopo le 9 un commando delle Brigate Rosse entra in azione a via Fani, a Roma. In pochi minuti, dopo aver bloccato con un tamponamento le auto del presidente Dc Aldo Moro, le Br uccidono i 5 uomini di scorta e portano via Moro su una Fiat 132 blu. Poco dopo rivendicano l'azione con una telefonata all' Ansa. Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero generale. In serata il governo Andreotti, il primo con il voto favorevole del Pci, ottiene la fiducia alla Camera e al Senato.

 - 18 marzo: Arriva il 'Comunicato n.1' delle Br, che contiene la foto di Moro e annuncia l'inizio del 'processo'. - 19 marzo: Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro.

- 20 marzo: al processo di Torino, il 'nucleo storico' delle Br rivendica la responsabilita' politica del rapimento.

- 21 marzo: Il governo approva il decreto antiterrorismo.

- 25 marzo: Le Br fanno trovare il 'Comunicato n.2'.

- 29 marzo: Arriva il ''comunicato n. 3'' con la lettera al ministro dell'Interno Cossiga in cui Moro dice di trovarsi ''sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi'' e accenna alla possibilita' di uno scambio. Moro non voleva renderla pubblica, ma i brigatisti scrivono di averla resa nota perche' ''nulla deve essere nascosto al popolo''. Recapitate anche altre lettere indirizzate alla moglie e a Nicola Rana.

- 4 aprile: Arriva il 'Comunicato n. 4', con una lettera al segretario della Dc Benigno Zaccagnini.

- 7 aprile: Il ''Giorno'' pubblica una lettera di Eleonora Moro al marito. La famiglia tiene un linea del tutto autonoma rispetto alla ''fermezza'' del governo. - 10 aprile: Le Br recapitano il 'comunicato n.5' e una lettera di Moro a Taviani, che contiene forti critiche.

- 15 aprile: Il 'Comunicato n.6' annuncia la fine del 'processo popolare' e la condanna a morte di Aldo Moro.

- 17 aprile: Appello del segretario dell'Onu Waldheim.

- 18 aprile: Grazie ad un' infiltrazione d' acqua, polizia e carabinieri scoprono il covo di via Gradoli 96. I brigatisti (Moretti e Balzerani) sono pero' assenti. A Roma viene trovato un sedicente 'comunicato n.7' in cui si annuncia l' avvenuta esecuzione di Moro e l' abbandono del corpo nel Lago della Duchessa. Il comunicato, falso in modo evidente, e' ritenuto autentico e per giorni il corpo di Moro sara' cercato, con un grande schieramento di forze, in un lago di montagna, tra le province di Rieti e L'Aquila, ghiacciato da mesi.

- 20 aprile: Le Br fanno trovare il vero 'Comunicato n.7', a cui e' allegata una foto di Moro con un giornale del 19 aprile.

- 21 aprile: La direzione Psi e' favorevole alla trattativa.

- 22 aprile: Messaggio di Paolo VI agli ''Uomini delle Brigate rosse'' perche' liberino Moro ''senza condizioni''.

- 24 aprile: Il 'Comunicato n.8' delle Br chiede in cambio di Moro la liberazione di 13 Br detenuti, tra cui Renato Curcio. Zaccagnini riceve un' altra lettera di Moro, che chiede funerali senza uomini di Stato e politici.

- 29 aprile: E' il giorno delle lettere. Messaggi di Moro sono recapitati a Leone, Fanfani, Ingrao, Craxi, Pennacchini, Dell' Andro, Piccoli, Andreotti, Misasi e Tullio Ancora.

- 30 aprile: Moretti telefona a casa Moro e dice che solo un intervento di Zaccagnini, ''immediato e chiarificatore'' puo' salvare la vita del presidente Dc.

- 2 maggio: Craxi indica i nomi di due terroristi ai quali si potrebbe concedere la grazia per motivi di salute.

- 5 maggio: Andreotti ripete il 'no alle trattative'. Il 'Comunicato n. 9' annuncia:''Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo, eseguendo la sentenza''. Lettera di Moro alla moglie:''Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l'ordine di esecuzione''.

- 9 maggio: Verso le 13,30, in via Caetani (vicino alle sedi di Dc e Pci), dopo una telefonata di Morucci avvenuta poco prima delle 13, la polizia trova il cadavere di Moro nel portabagagli di una Renault 4 rossa. Era in corso la direzione Dc, dove sembra che Fanfani stesse per fare un discorso aperto alla trattativa. Moro sarebbe stato ucciso la mattina presto nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti come ''prigione del popolo''.

La cerimonia di oggi per ricordare il grande Statista Aldo Moro e tutte le vittime del terrorismo si concluderà con la premiazione delle 3 scuole vincitrici del concorso "Tracce di memoria", bandito dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in collaborazione con la "Rete degli archivi per non dimenticare" e con la Direzione generale per gli archivi. Sarà il Presidente del Senato a consegnare le targhe ai rappresentanti delle scuole vincitrici, con il Sottosegretario all'Istruzione Vito De Filippo.

Nell'Aula di Palazzo Madama saranno presenti: il Presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano, la Vice Presidente della Camera Marina Sereni, il Ministro dell'Interno Marco Minniti, i Presidenti delle Associazioni dei familiari delle vittime.

La cerimonia sarà trasmessa in diretta televisiva da RaiUno, a cura di Rai Parlamento, dal canale satellitare, dalla webtv e dal canale YouTube del Senato. Prima della celebrazione in Aula, alle ore 9, il Presidente del Senato ha reso omaggio ad Aldo Moro in Via Caetani, in rappresentanza del Presidente della Repubblica, a 39 anni dal ritrovamento del corpo dell'ex Presidente del Consiglio ucciso dalle Brigate Rosse.

 "Se decideremo di aprire una pratica, eventualmente convocando il procuratore Zuccaro, questo non significa affatto che abbiamo già emesso un giudizio. Sarà nel caso una valutazione preliminare finalizzata ad acquisire informazioni, ad avere un quadro della situazione e poi decidere cosa fare". Lo ha detto a Radio Radicale il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini sulla vicenda che riguarda il procuratore di Catania che ha sollevato la questione dei salvataggi dei migranti in mare da parte delle ong.

"Penso che sia maturo il tempo nel quale noi promuoviamo una riflessione su questo tema - ha detto ancora Legnini - e credo anche che la vicenda catanese stimoli ad andare in questa direzione. Poiché il tema della sicurezza nel nostro Paese e quello del lecito governo dei flussi migratori sono temi che coincidono con aspetti rilevantissimi dell'interesse nazionale, credo che assumere l'iniziativa di quella direzione corrisponda all'interesse nazionale"           

"Ong? Ci aspettiamo i primi arresti. C'e' qualcuno che non fa volontariato, ma fa soldi sulla pelle di questi disgraziati", ha detto Matteo Salvini incontrando i giornalisti a Catania, dopo avere dormito nel Cara di Mineo. "C'è qualcuno al soldo degli scafisti, c'è qualcuno che sta facendo pulizia etnica sia in Africa sia in Italia. Aspettiamo i primi arresti e i primi sequestri di imbarcazioni. Un Paese serio comincia a sequestrare delle imbarcazioni. Purtroppo al Governo abbiamo - ha proseguito - o gente poco seri

Ho dormito al Cara di Mineo, in quello che una volta era un presidio di sicurezza, che invece ora porta insicurezza a tutti i paesi del circondario". Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini incontrando i giornalisti a Catania dopo la sua visita ieri nel Centro accoglienza rifugiati politici più grande d'Europa. "Abbiamo parlato con commercianti, agricoltori, mamme e papà - ha aggiunto Salvini - che sono disperati per la convivenza impossibile con queste migliaia di persone. Non ce l'ho con questi 3.300 ospiti, né con i volontari che gestiscono il posto. Ce l'ho con una politica che sta dando vita al più grande centro commerciale di carne umana di tutta Europa. Non me la prendo ne' con loro ne' con i gestori. Me la prendo - ha concluso il leader della Lega - con la politica complice che in Sicilia si chiama Crocetta ed Alfano. Mi domando dove siano. Indegni siciliani sia l'uno che l'altro".

"Gentiloni tace e per me e complice. Se Gentiloni tace sui dossier dei servizi segreti sul business dello scafismo di Stato, è complice e quindi é allucinante questo silenzio del presidente del consiglio", ha detto il leader della Lega.

"E' giusto che la Procura e la Magistratura siano vigili e assumano conoscenze sulla situazione attuale nel Mediterraneo, perché i migranti non siano doppiamente vittime. Però il fuoco politico indistintamente sulle nove Ong che operano nel Mediterraneo per salvare le vite umane - di fronte  alle morti che sono passate a oltre 5 mila nel 2016 rispetto alle 3 mila del 2015 - con risorse di fondazioni bancarie e di privati, della società civile, è stato un atto ipocrita e vergognoso". Così mons. Giancarlo Perego, direttore di Migrantes, fondazione Cei.

A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo": lo ha detto il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato. Il magistrato ha aggiunto che ci sono ong più collaborative con l'autorità giudiziaria e altre meno, ma ciò "non l'abbiamo mai interpretato come un ostacolo alle indagini, ma come un atteggiamento ideologico, una sorta di coerenza, loro sono a favore del migrante non a favore della polizia".

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