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Il Consiglio finisce dunque senza (apparenti) sconfitti e garantisce ai falchi rigoristi guidati dall’Olanda di Mark Rutte una vittoria sostanziale sui temi di minor rilevanza mediatica (come i rebate) che ha permesso loro di annacquare le pretese più dure sul fondo per la ripresa.

Tutti vincitori ? Non credo, penso che vincitori, sono anche i frugali, che hanno costretto Michel, von der Leyen, Merkel, Macron e tutti gli altri a scendere sotto la soglia psicologica dei 400 miliardi di sussidi, venendo peraltro da una proposta iniziale di 500. Inoltre, hanno dimostrato ai loro elettori di aver saputo tenere testa all'asse franco-tedesco, piegandolo, e riuscendo anche ad aumentare i 'rebates', cioè i loro sconti al bilancio.

L'Austria in particolare l'ha quasi raddoppiato. Per chiudere la dura battaglia sulla governance si è invece trovato un compromesso che fa cantare vittoria a Rutte, che voleva il controllo sulle riforme degli altri, e non lascia completamente scontenta l'Italia, che si opponeva fermamente a lungaggini e intoppi nel processo di approvazione dei piani di rilancio e nel l'esborso dei fondi. Il meccanismo chiamato 'super freno d'emergenza' consente ad un Paese di portare i suoi dubbi sui piani di riforma all'Ecofin, ed eventualmente anche al Consiglio europeo, ma con un processo non automatico.

Giuseppe Conte dovrà ringraziare Angela Merkel e Emmanuel Macron da un lato e il fronte dei Paesi dell’Est Europa guidato dall’Ungheria di Viktor Orban dall’altro per l’esito della trattativa europea sul Recovery Fund che ha risparmiato al governo giallorosso una debacle senza precedenti.

“Un governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020 : per l’Italia riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità”.

Esiste anche la possibilità di finanziare retroattivamente le misure poste in essere da febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del fondo: ma il governo giallorosso, tra liquidità-fantasma e bonus vacanze, non ha promosso investimenti o politiche anti-crisi efficaci.

Roma dovrà affrontare con le proprie forze la parte più buia della recessione e ricordare che anche in futuro il sostegno non sarà gratuito. La spada di Damocle della creazione di nuovi vincoli e nuovi scrutini comunitari sulla nostra sovranità è tutt’altro che rimossa dalle nostre teste. E i tempi lunghi aiutano a capire come di “storico” ci siano stati solo gli annunci che vogliono il Recovery Fund come l’ancora definitiva di salvezza dell’Unione.

Come sottolineato in un'analisi su La Verità, ripresa da Dagospia: tra i 209 miliardi di euro concessi all'Italia, oltre 120 sono di prestiti, che però secondo i primi accordi conclusi tra maggio e inizio giugno saranno mobilitabili solo una volta conclusa l'erogazione degli aiuti a fondo perduto. Eventualità che renderebbe addirittura al 2024, a metà dell'esercizio di bilancio pluriennale 2021-2027 in cui il fondo è inserito.

Secondo il Secolo XIX e ancora presto per fare un calcolo esatto delle quote che spetteranno a ogni Paese, ma il governo italiano è convinto di aver salvaguardato gli 81,4 miliardi di sovvenzioni previsti nella proposta della Commissione.

Questo perché la fetta di “grants” della “Recovery and Resilience Facility”, lo strumento per finanziare le riforme negli Stati membri, rimane pressoché uguale (sale da 310 a 312,5 miliardi). E anche perché l'altro programma che vede l'Italia tra i principali beneficiari – RescEu, destinato alle regioni più colpite – scende di poco (da 50 a 47,5 miliardi). Per Roma crescerebbe nettamente la quota di prestiti a disposizione: da 91 a 127 miliardi secondo le stime.

Gli 81,4 miliardi inizieranno ad arrivare verosimilmente a partire dalla primavera 2021 e andranno spesi in fretta: entro il 2023. Dovranno servire per finanziare le riforme proposte dal governo sulla base delle raccomandazioni della Commissione. Sull’iter di approvazione dei piani nazionali, alla fine l’ha spuntata Mark Rutte, che ha incassato il cosiddetto “freno di emergenza” per poter congelare l’erogazione dei fondi verso un Paese in caso di non rispetto della tabella di marcia delle riforme. Resta al Consiglio il potere di approvare (a maggioranza qualificata) i piani nazionali.

Fortemente critici l'ex senatore espulso dal M5s Gianluigi Paragone e l'anima sovranista del centrodestra, più positivo il giudizio del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.

L'ex senatore pentastellato Gianluigi Paragone, noto per la sua posizione euroscettica, non vede nessun motivo per la soddisfazione del premier Conte sull'accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund, evidenziando che l'assistenza è costituita da meno aiuti e più prestiti, oltre al fatto che i fondi non saranno disponibili nell'immediato.

"Le esultanze di Conte stonano con un accordo tutt'altro che positivo: più prestiti e meno trasferimenti, tempi lunghi e il controllo degli altri Paesi su come gestiremo la nostra fetta (neanche troppo grossa)", ha scritto su Facebook Paragone.

Ancora più duro il giudizio del leader della Lega Matteo Salvini, che senza mezzi termini ha parlato di "fregatura grossa come una casa" intervenendo in una conferenza stampa con il responsabile sull'economia del suo partito Alberto Bagnai.

Due mesi fa il startmag scriveva questa nota di FT, l'inconsistenza di questo piano non è sfuggita all’editorialista Wolfgang Munchau che, dalle colonne del Financial Times, dubita del fatto che in questo momento le imprese riescano a moltiplicare i fondi ricevuti. Non c'è bisogno di crediti ma di interventi sul capitale delle imprese, eroso dalla crisi. Il Recovery Fund avrà un impatto marginale.

Tutta questa nebulosa ed inutile costruzione, proprio nei giorni in cui la Bce annuncia a ripetizione nuovi interventi. Il Financial Times ieri sera ha annunciato che la Bce si appresta ad acquistare, nell'ambito del programma già in atto, anche titoli il cui rating è sceso al livello spazzatura (junk). Si tratta soprattutto di obbligazioni societarie, che Bce può acquistare direttamente in emissione, ma potenzialmente anche di titoli pubblici che potrebbero subire in futuro dei declassamenti (Italia, in primis). Nella riunione di giovedì prossimo, c'è anche chi prevede l’aumento dell’ammontare di acquisti destinato a titoli pubblici (PEPP), fissato lo scorso 18 marzo a 750 miliardi. Con l’intervento dell’economista Olivier Blanchard, il coro di voci a favore di un intervento risolutivo della Bce è unanime. Solo l'Italia insiste a chiedere uno strumento dannoso, al più inutile.

Cm questi prestiti saranno fortemente condizionate nella destinazione, per cui la Commissione deciderà dove e come potrete spendere i vostri soldi, e vi diciamo che saranno spesi per cose poco utili, ma molto demagogiche. Sarà difficilissimo utilizzare questi fondi per qualcosa di utile, o proprio utilizzarli in generale;

Sono sottoposti al “Super freno” per cui i paesi (Olanda in testa, Austria seconda..) potranno rivolgersi alla Commissione per dire che “Non stiamo facendo le riforme” (leggasi tagli a pensioni e servizi sociali) e farli bloccare;

sono soldi che, direttamente o indirettamente, saranno pagati da noi e che faranno aumentare il peso delle decisioni non democratiche , di Bruxelles, a scapito di quelle democratiche, prese in Italia, sul nostro bilancio  

 

 

 

 

 

 

 

Prosegue il braccio di ferro a Bruxelles tra Paesi ricchi e autoproclamatosi «frugali», da una parte, che da 4 che erano inizialmente - Austria, Danimarca, Olanda e Svezia - sono saliti a 5 con la Finlandia, e Paesi del Sud «indebitati» dall'altra - Italia, Spagna, Grecia e Portogallo - che premono per massimizzare la mole del piano di europeo di rilancio post crisi pandemica, Next Generation Eu, e la quota di sovvenzioni a fondo perso (grants) che genererebbe. Gli stati nordici frenano su entrambi gli aspetti.

E mentre il G20 prevede recessione acuta, pronti a misure eccezionali  e studia una estensione del congelamento dei debiti dei Paesi più bisognosi e colpiti dal Covid nella seconda metà dell'anno, e nel frattempo incoraggia i creditori bilaterali, le banche di sviluppo multilaterali e altri attori a dare corso a quanto finora pattuito per venire incontro ai beneficiari dell'accordo, finora 42 Paesi per un debito complessivo di 5,3 miliardi di dollari. Lo si legge nel comunicato finale del G20 dei ministri delle Finanze e governatori, dopo il meeting virtuale sotto la presidenza saudita. "Considereremo una possibile estensione dell'Iniziativa per la sospensione dei pagamenti sui debiti (Dssi) nella seconda metà del 2020, tenendo conto degli sviluppi della pandemia e delle osservazioni del Fmi e della Banca mondiale sulle esigenze di liquidità dei Paesi".

In più, sul vertice è giunto il monito della presidente Bce Christine Lagarde, che ha messo in guardia i leader dal cercare frettolosamente un compromesso al prezzo di indebolire il piano di rilancio post crisi pandemica. «Meglio accordarsi su uno strumento ambizioso - ha detto - anche se richiede un po' più di tempo».

Un richiamo che sembra appoggiare la linea sostenuta anche dall'Italia. E durante lunga riunione che ha avuto ieri a Bruxelles con i leader dei paesi «frugali», il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rivolto al premier olandese Mark Rutte, ha sottolineato: «Vi state illudendo che la partita non vi riguardi o che vi riguardi solo in parte. In realtà se lasciamo che il mercato unico venga distrutto tu forse sarai eroe in patria per qualche giorno, ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente davanti a tutti i cittadini europei per avere compromesso una adeguata ed efficace reazione europea». I lavori proseguono e non si esclude che il vertice vada avanti anche lunedì.

Da una parte 22 Paesi europei sostengono un piano di sussidi da almeno 400 miliardi, dall'altra i 5 Paesi frugali non hanno alcuna intenzione di salire sopra i 350. Intanto a Bruxelles si continua a trattare: dopo il nulla di fatto della terza giornata, alle ore 16.00 ci sarà l'incontro in plenaria. La svolta potrebbe arrivare grazie all'intervento di Charles Michel

Fonti diplomatiche raccontano che improvvisamente anche Emmanuel Macron avrebbe perso le staffe, sbattendo i pugni sul tavolo contro il cancelliere austriaco Sebastian Kurz che si sarebbe alzato dal tavolo per rispondere al telefono: "Vedete? Non gli interessa, non ascolta gli altri. Ha un atteggiamento negativo". Neanche Angela Merkel sarebbe riuscita a mantenere la calma, soprattutto quando i Paesi frugali - messi in minoranza sul bilanciamento tra sussidi e prestiti - hanno posto l'attenzione sulla questione della condizionalità sullo stato di diritto. "Come mai nessuno qui stasera parla di stato di diritto?",

Nella notte non sono mancati momenti di altissima tensione. Ad alzare la voce è stato lo stesso avvocato, che avrebbe utilizzato toni durissimi nei confronti di Mark Rutte: "In realtà se lasciamo che il mercato unico venga distrutto tu forse sarai eroe in patria per qualche giorno, ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente davanti a tutti i cittadini europei per avere compromesso una adeguata ed efficace reazione europea". L'avvocato, con lo sguardo rivolto verso l'olandese, avrebbe rincarato la dose: "Il mio Paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato". L'Huffington Post riporta che il dubbio di Conte riguarda il rischio che "si voglia piegare il braccio a un Paese perché non possa usare i fondi" del Recovery Fund. Ha sostenuto a gran voce che i sussidi sono assolutamente necessari per tutti quei Paesi che hanno più difficoltà nella crescita economica e perciò il Recovery Plan "non può diventare uno strumento per condurre battaglie ideologiche", anche perché "questa negoziazione volta ad abbassare il livello di efficacia della reazione europea non ha senso

La domanda da porsi è: perché Viktor Orban sostiene l’Italia? Il punto fondamentale è che l'Ungheria ha dei rapporti bilaterali pessimi con l'Olanda e non tollera le ingerenze di Mark Rutte nella sua politica interna. Come riporta l'Agi, il premier ungherese ha accusato il collega olandese di odiarlo personalmente e di voler punire il suo Paese. “Non so per quale motivo personale il premier olandese odi me o l’Ungheria”, ha detto Orban in conferenza stampa. “Ci sta attaccando duramente e ha fatto capire che visto che, a suo avviso, l’Ungheria non rispetta lo Stato di diritto deve essere punita finanziariamente”, ha aggiunto, “ma questa è la sua personale opinione e non è accettabile perché ancora sulla situazione dello Stato di diritto in Ungheria non c’è una decisione” riferendosi alla procedura Ue avviata contro Budapest, in base all'articolo 7.

Sarebbe in particolare “un privilegio” la riforma per l’introduzione di Quota 100 che è stata introdotta dal governo M5S-Lega nel 2018 consente dal 2019 ai lavoratori italiani di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi. Secondo quanto ricostruito da Repubblica Rutte e il super-falco ministro delle Finanze Wopke Hoekstra avrebbero consultato i dati Ocse sulle pensioni per sottolineare che l'Italia, concedendo uno sconto di cinque anni all'età legale di pensionamento, si conceda dei lussi che gli altri Paesi non si possono permettere. Inoltre, ha fatto scalpore al duo Rutte-Hoekstra, secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, il fatto che “l’aspettativa di vita è di 18 anni e 8 mesi per un sessantacinquenne olandese, ma di 19 anni e 7 mesi per un sessantacinquenne italiano. A conti fatti, quindi, gli uomini italiani beneficiano in media di quasi tre anni di pensionamento in più degli olandesi”.

Spiragli di intesa al Vertice Ue sul Recovery Fund. "Abbiamo lavorato su un quadro per un possibile accordo, è un passo avanti e dà la speranza che forse oggi ce ne possano essere altri o che un accordo sia possibile". Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel arrivando al Consiglio europeo per la quarta giornata di negoziati sul Recovery Fund e il bilancio Ue. "I negoziati - ha aggiunto - sono incredibilmente duri, ma situazioni straordinarie richiedono uno sforzo straordinario, spero che le divergenze residue possano essere superate".

David Sassoli alza la posta. "Dopo giorni di discussioni, gli europei si aspettano una conclusione all'altezza di questa fase storica. Siamo preoccupati per un futuro che mortifichi la solidarietà europea e il metodo comunitario". Così il presidente del Parlamento Ue David Sassoli. "Il Parlamento Ue ha indicato le proprie priorità e si aspetta che vengano rispettate - aggiunge -. Occorrono subito nuove risorse proprie e una efficace difesa dei principi dello stato di diritto. Inoltre, il Parlamento ha più volte chiesto la soppressione dei rebates. Senza queste condizioni il Pe non darà il proprio consenso". "Il Quadro finanziario pluriennale deve assicurare nel medio periodo la copertura adeguata delle principali sfide europee, come il Green Deal europeo, la digitalizzazione, la resilienza e la lotta alle disuguaglianze", prosegue Sassoli, precisando che "il Covid-19 non si è esaurito e ci sono nuovi focolai in Europa. È più che mai necessario agire presto e con coraggio".

l'ex ministro delle finanze greco ed economista Yanis Varoufakis pubblicata sul Berliner Zeitung. L’economista ci fornisce una visione da sinistra, ma non per questo meno pessimistica, del futuro dell'Europa con il Recovery Fund. L'Unione  è sempre più divisa, in mano ad un pugno di oligarchi che guadagnano dalla sua divisione tramite la svalutazione della valuta e la politica degli interessi zero, ma senza fare nulla a favore del popolo, e delle classi più basse che, ovunque, saranno sempre più schiacciate ed oppresse. Una visione pessimistica, ma molto realistica, dell’epoca del Recovery Fund.  

Secondo Varoufakis l fallimento ex ante ha a che fare con la politica del 2020: eliminando tutti i prestiti concessi alle imprese (che sono irrilevanti dal punto di vista fiscale), le iniezioni fiscali nell’economia dell’UE sono: (a) piccole nel complesso e (b) irrimediabilmente sbilanciate, con la Germania da un lato pompare molta più stimolo fiscale nella sua economia mentre l'Italia e la Spagna non possono – il risultato è un ingrandimento della più grande debolezza dell'Europa: i nostri squilibri interni.

Il fallimento ex post deriva dalla scomparsa dell'idea di un Eurobond – l'unico strumento che potrebbe impedire, nel 2021 o nel 2022 (quando il patto fiscale viene rienergizzato) una nuova austerità in paesi come l'Italia e la Spagna. Dal momento che il deficit di bilancio di queste nazioni supererà il 10% del PIL, si può immaginare che il risanamento di bilancio necessario per tornare al patto fiscale produrrà un ulteriore aumento degli squilibri che hanno fatto a pezzi l’Eurozona dal 2010.

 

Alla vigilia della presidenza tedesca dell'Unione europea Angela Merkel entra a gamba tesa sul governo italiano  "Il Mes va usato", "Decido io".
Lo fa su un argomento, l'accesso ai fondi messi a disposizione dal Meccanismo europeo di stabilità, che è un nervo scoperto per il premier Giuseppe Conte perché ancora oggi divide profondamente la maggioranza giallorossa.

"È uno strumento che può essere usato da tutti - ha messo in chiaro la cancelliera tedesca - non lo abbiamo attivato perché rimanga inutilizzato". Un'ingerenza non indifferente che ha fatto infuriare Palazzo Chigi. "Rispetto le opinioni di Angela - ha replicato - ma a far di conto per l'Italia sono io con il ministro Gualtieri, i Ragionieri dello Stato ed i ministri". Capitolo chiuso? Mica tanto. Perché le pressioni dei tedeschi sull'Italia non si limiteranno a semplici consigli. Presto passeranno all'attacco.

I nodi stanno venendo tutti al pettine ci pensa Angela Merkel a ricordarlo a Palazzo Chigi, il cui orizzonte resta pieno d’incognite. A partire dal Mes, il nuovo prestito per le spese sanitarie creato sull'onda dell’emergenza dettata dal coronavirus.

La questione del fondo salva-Stati 'leggero' è tornata ancor più d'attualità per il pressing, quasi un invito esplicito a usarlo, giunto dalla cancelliera tedesca in un'intervista a diversi quotidiani europei tra cui La Stampa. Ma sul punto il premier non vuole avere pressioni esterne. La sua preoccupazione è tenere in piedi il fragilissimo equilibrio di una maggioranza debole nei numeri e costantemente segnata dalle tensioni dentro i due principali partiti alleati. Il fondo Ue per la ripresa «non può risolvere tutti i problemi – sono state le parole di Merkel –. Lavoro per convincere questi Paesi (i cosiddetti 4 stati 'frugali' che non vogliono aiuti diretti, ndr), ma le trattative sono difficili». Quindi, il messaggio: «Non abbiamo messo a disposizione degli Stati strumenti come il Mes o Sure perché restino inutilizzati».

Proprio rispetto al fondo Salva-Stati, il presidente del Consiglio sta affrontando la partita più difficile, stretto tra il netto rifiuto del Movimento 5 Stelle ad utilizzare i 37 miliardi che l'Unione europea metterebbe a disposizione dell'Italia per il comparto sanitario messo a dura prova dall'emergenza Covid-19, e il pressing del Partito Democratico che chiede invece a Conte di decidere al più presto sul suo utilizzo. Conte ha però respinto le pressioni dei dem, sottolineando che qualsiasi decisioni sarà rimandata a settembre.

«Il fatto che la Germania tifi Mes per l’Italia è l’ennesima riprova che il Mes è una fregatura o una “sola”, come si dice a Roma», dice il leader della Lega Matteo Salvini. «Lo stanno rifiutando tutti, dalla Grecia alla Spagna e alla Francia - ha aggiunto - la Merkel si occupi di Germania che all’Italia ci pensiamo noi». Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, rincara la dose: «In Parlamento vedremo chi sarà con noi e chi invece ci vuole consegnare alla troika. La posizione di Fratelli d’Italia è chiara: il Mes è una trappola, e l’Italia non deve caderci dentro».

La leader di FdI concorda con Salvini su quale sia il vero risultato del vertice europeo: "Mentre il Fondo per la ripresa viene declinato al futuro e con contorni ancora tutti da definire, l'unica cosa certa e' che tra pochi giorni sarà operativo il Mes con le sue condizionalità tutt'altro che light".

Oggi l Incontro a Berlino per il premier Giuseppe Conte con la Cancelliera tedesca Angela Merkel in vista del consiglio europeo. "La cancelliera incontra i leader di diversi Paesi europei e questi scambi servono a sondare le posizioni e la possibilità di eventuali linee di compromessi", ha risposto nei giorni scorsi la portavoce Martin Fietz a una domanda in proposito.

Conte sarà ricevuto dalla cancelliera al Castello di Meseberg. I due leader terranno una conferenza stampa alle 17.30 e poi avranno una cena di lavoro.
Conte e Rutte, la cena “indigesta” sul Recovery Fund: «Ci sono ancora divergenze»

Prima di andare da Cancelliera Merkel qualche giorno fa era andato in Olanda,
trattativa su trattativa, riunione dopo riunione, il Recovery Fund rischia di uscire dal Consiglio Ue di metà mese con più condizionalità del famigerato Meccanismo europeo di stabilità. Sarà per i 500 miliardi a fondo perduto e i 250 sotto forma di prestiti e la resistenza dei Paesi del Nord Ue, ma allo stato delle proposte avanzate sinora dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel e dalla cancelliera Angela Merkel, si comprende che potrebbe esserci uno stretto rapporto tra soldi erogati e riforme. Quali? Non soltanto quelle che ha promesso il governo di turno, nel nostro caso l'esecutivo-Conte, ma anche sulla base delle raccomandazioni che ogni anno Bruxelles rivolge ai partner renitenti

Per l'Italia si tratterebbe di ricevere risorse dal Recovery solo dopo aver fatto la riforma del mercato del lavoro, del fisco, della giustizia (con i tribunali ancora chiusi), delle pensioni (abolendo Quota 100). Ciò l'Italia ha in parte promesso e in parte gli è stato chiesto nel corso degli anni da parte della Commissione. Inoltre, a valutare il progresso del processo riformatore - si legge nella bozza presentata da Michel - non sarà più la Commissione Ue, ma il Consiglio europeo e quindi i governi. A Palazzo Chigi la proposta del presidente del consiglio europeo piace poco, perché tra l altro sarebbe l intervento della troika

Al sentir parlare di “troika” – anche se non esplicitata direttamente – le tensioni a Palazzo Chigi sono aumentate ulteriormente, con la conferma che purtroppo ancora non c'è un piano condiviso europeo dopo più di 3 mesi dall'inizio dell’emergenza coronavirus: «Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno avuto uno scambio di vedute telefonico sulle prospettive di un Recovery Fund ambizioso e all'altezza della sfida del Covid-19,», rivela una nota ufficiale di Palazzo Chigi, con il Presidente del Consiglio che ha chiesto ulteriore sforzo “ambizioso” a Bruxelles pur condividendo in pieno il piano presentato da Macron e Merkel.

Da un lato il piano di Macron e Merkel da almeno 500 miliardi di euro con previsti fondi perduti e contributi di debito rimborsabile a livello comunitario, dall'altro la controproposta di Austria-Olanda-Svezia-Danimarca lanciata stamane dal Premier Sebastian Kurz da Vienna: «Vogliamo essere solidali con gli stati che sono stati colpiti duramente dalla crisi ma riteniamo che la strada giusta siano mutui e non contributi», ha spiegato il presidente austriaco in una intervista al quotidiano Obersterreichischen Nachrichten. La differenza è praticamente incolmabile tra l’area Francia-Italia-Spagna-Grecia con il sostegno della Germania sull’emissione di bond garantiti dal bilancio Ue e finanziamenti a fondo perduto e il contro-piano dei Paesi del Nord.

Intanto i  frugali non mollano e Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca possono contare sui paesi dell'est Europa per mettere in difficoltà l'asse franco-tedesco e, di conseguenza, anche l'Italia che ha urgente necessità di poter attingere ai fondi in tempi rapidi. Convincere il primo ministro olandese che stavolta l'Italia fa sul serio, è stato l'obiettivo di Conte ieri sera all'Aja dove è stato accolto, prima del premier Rutte, da Geert Wilders, leader dell'opposizione olandese con al collo un cartello «Non un centesimo all'Italia». «Sarebbe doverosa ora una presa di distanza da parte della Lega, compagna di gruppo parlamentare» di Wilders, sostiene Filippo Sensi (Pd) ricordando lo stretto rapporto del sovranista olandese con il leghista Salvini. Conte e Rutte, la cena “indigesta” sul Recovery Fund: «Ci sono ancora divergenze» la strada per l'accordo tra i Ventisette non è ancora spianata del tutto e non è escluso che a fine mese possa essere convocata una nuova riunione.

In vista del Consiglio Ue, mercoledì Conte sarà in Parlamento e la maggioranza rischia di essere alle prese con le risoluzioni pro-Mes dei radicali di +Europa Riccardo Magi ed Emma Bonino che dovrebbero essere messe al voto costringendo Conte e parte della sua maggioranza a dire se intendono considerare il Mes tra gli strumenti a disposizione







Conferenza stampa virtuale attraverso i nostri canali della stampa estera del Prof. Alberto Zangrillo, primario di anestesia e terapia intensiva dell'ospedale Vita-Salute San Raffaele di Milano medico personale di Silvio Berlusconi. il professore è stato invitato dalla collega Julia Virsta a rispondere alle domande dei colleghi. Le mie domande e risposte del Professore durante la conferenza stampa:

Professore vorrei domandare perché si deve andare in emergenza fino a dicembre se il virus non ha la forza di prima la seguo e concordo con le sue dichiarazioni sulla malattia potrei avere la Sua opinione ?

Allora io credo che prospettarsi in un piano di emergenza nazionale anticipandolo in tempi come e stato fatto dal nostro primo ministro sulla base evidentemente sui suggerimenti del comitato tecnico scientifico debba essere visto come io e tanti altri colleghi hanno affermato in primis rimanendo alle nostre competenze proprio per le ragioni che denuncia il vostro collega Greco che evidentemente mi trovano assolutamente concordo cioè il virus almeno in Italia  sta dimostrando fortunatamente essere contenuto quindi pur continuando ad essere presente non e piu in grado produrre malattia quindi così come noi italiani siamo stati estremamente veloci come primo paese occidentale a cooperare una risposta efficace in termini organizzativi e anche in termini di risposta terapeutica sanitaria organizzata io credo che dobbiamo essere molto veloci nel andare a riaprire rispettando i criteri della prudenza per poter far rinascere una socializzazione che porta alla ripresa dell economia e per vivere sociale comune della Nazione che altrimenti rischia di perdersi e di morire per altre ragioni e sempre più difficilmente potrà rinascere ho letto questa mattina su Nyt,e almeno 5,4 milioni di Cittadini Americani hanno perso il diritto al assistenza assicurativa sanitaria per quale motivo perche hanno perso il lavoro voi tutti sapete che il sistema sanitario americano e basato sulle assicurazioni e quindi e l esempio piu chiaro del rischio che noi tutti possiamo andare a correre al netto delle assicurazioni se non facciamo partire l economia ci sara un impoverimento globale che portera alla poverta cronica che portera alla fame che portera inevitabilmente alla morte di questo paese e di tutti i paesi che non riuscirano invece
a reagire con un piano strategico economico supportato da regole sanitarie che devono essere di visione moderna di coraggio e di prospettiva per il futuro

Ci sono voci che il virus esisteva già da ottobre in italia secondo lei esiste traccia ?  e perché in italia da 80 giorni si muore solo di questa malattia? perche non e stata fatta una giusta statistica dei morti durante il lock down  ?

Il dott. Giorgio Lambrinopulos ha fatto e formulato questa domanda prima di sentire una mia precedente risposta riguardo il fatto che si possono essere delle evidenze della presenza del virus in Italia in tempi molto precoci, non lo si può escludere,si deve studiare dal punto di vista virologica e epidemiologica con molta attenzione e questo probabilmente porterà diciamo ad avere delle riflessioni per il futuro soprattutto per quello che e necessità di avere dei sistemi di rettificazioni come ho detto di un ense potenzialmente molto pericolose in tutto il continente Europeo e in particolar modo in Italia e sicuramente un importante snodo dal punto di vista di business e dal punto di vista delle persone che mi circola per quanto riguarda invece la seconda parte della domanda credo veramente di avere gia risposto ho detto che in italia nessuno muore di covid esplicitamente da almeno due mesi oggi nella mia intervista sul quotidiano il Tempo che lo spiega in modo molto chiaro e evidente che collateralmente la gente continua purtroppo a morire di patologie che sono state trascurate che sono state ignorate in questo momento in pronto soccorso dell'area metropolitana di milano sono pieni di persone affetti da patologie croniche che sono state trascurate per cui purtroppo e frequente il caso che addirittura qualcuno avesse fatto esami ematochimici o di laboratorio o di diagnostica che avevano evidenziato per esempio di tumore adominale sotto diafragmatico in organi particolarmente insidiosi come il pancreas come il fegato e solo ora si puo arrivare ad un aprofondimento da punto di vista diagnostico che purtroppo molte volte risulta ormai tardivo perche noi sapiamo che esistono delle patologie tempo indipendenti,che non lasciano scampo per non parlare di tutte le patologie in pertinenza del mondo cardiovascolare che sono assolutamente tempodipendenti pensate al infarto di miocardio che prevede che la terapia per essere efficace possa avere i tempi  di gestione assolutamente corti assolutamente limitati neccessariamente rispettati nella fase pandemica e quindi hanno prodotto un aumento della mortalita che non e stata ancora qualificata in modo correto

Grazie Professore per le sue risposte


Il Covid-19 "dal punto di vista clinico non esiste più". Ne è convinto il primario del San Raffaele di Milano Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva. Parole che hanno immediatamente infiammato la polemica tra gli esperti, con espressioni di sconcerto  e di condanna soprattutto da parte degli scienziati che fanno parte del comitato tecnico scientifico.    

Tutto è cominciato durante la trasmissione Mezz'ora in più su Raitre, quando a proposito delle osservazioni sulla situazione della Regione Lombardia, Zangrillo ha detto: "Mi viene veramente da ridere. Oggi è il 31 di maggio e circa un mese fa sentivamo gli epidemiologi dire di temere grandemente una nuova ondata per la fine del mese/inizio di giugno e chissà quanti posti di terapia intensiva ci sarebbero stati da occupare. In realtà il virus, praticamente, dal punto di vista clinico non esiste più".  
Non è un mistero che il professor Zangrillo non ammetta ignoranza né approssimazione sulla interpretazione dei dati, specie per quelli relativi al numero di decessi. Da settimane, infatti, è diventato ''il pomo della discordia'' nelle vicende in orbita Covid. Spesso al centro di polemiche accese, il medico del San Raffaele continua a sostenere che la pandemia sia in fase discendente scongiurando l'eventualità di una seconda ondata. "Dal punto di vista clinico, il Coronavirus non esiste più. Ci metto la firma", ha dichiarato qualche giorno fa. Affermazioni che hanno suscitato le ire degli illustri colleghi virologi, pronti a smentire le sue affermazioni con forza

L'ultima bagarre qualche giorno fa. Zangrillo è stato protagonista con il virologo Andrea Crisanti di un botta e risposta al vetriolo durante la trasmissione Carta Bianca. Il dibattito tra i due medici ha fatto scintille sull’analisi dell'attuale situazione dell'epidemia di coronavirus in Italia. “In questo momento in Italia non ci si sta ammalando, è un'osservazione clinica. - ha detto il professore - L’osservazione virologica ci dice che i tamponi eseguiti sono poverissimi di carica virale. Agli italiani dobbiamo dirlo. Se poi mi dite ‘fermati, Zangrillo perché sei troppo facilone’, mi fermo e mi taccio per sempre. Ma se non dico quello che sto osservando, non faccio un buon servizio”. 

 
Immediata la replica del direttore della Microbiologia e virologia dell’Università di Padova: "Non vorrei che questo messaggio venisse frainteso e tutti capissero ‘è finita, non dobbiamo più preoccuparci’. Questo senso di euforia ci induce ad abbassare la guardia, non vorrei che il professor Zangrillo si pentisse tra 2-3 mesi di aver indotto comportamenti meno sicuri. Il virus c’è ancora".

lo dice uno studio fatto dal virologo e direttore dell'Istituto di virologia, professor Clementi, lo dice, insieme alla Emory University di Atlanta, il professor Silvestri. I tamponi eseguiti negli ultimi 10 giorni hanno una carica virale dal punto di vista quantitativo assolutamente infinitesimale rispetto a quelli eseguiti su pazienti di un mese, due mesi fa. 
 
Lo dico consapevole del dramma che hanno vissuto i pazienti che non ce l'hanno fatta, ma non si può continuare a portare l'attenzione, anche in modo ridicolo, dando la parola non ai clinici, non ai virologi veri, ma a quelli che si auto-proclamano professori: il virus dal punto di vista clinico non esiste più". Lucia Annunziata, la conduttrice della trasmissione, ha replicato: "È una frase molto forte quella che lei dice, professore". E il clinico di rimando: "La firmo".

Secondo il professore, "c'è un solo numero che vale" ed "è l'evidenza: noi in questo Paese abbiamo sentito un mese fa un professore di Boston, che è un epidemiologo-statistico che si chiama Vespignani, condizionare le scelte del governo dicendo che andavano costruiti 151 mila posti di terapia intensiva. 
 
Domani uscirà un editoriale a firma mia e del professore Gattinoni in cui diciamo ufficialmente perché questo non va bene, perché è una frenesia, perché terrorizzare il Paese è qualcosa di cui qualcuno si deve assumere le responsabilità, perché i nostri pronto soccorso e i nostri reparti di terapia intensiva sono vuoti e perché la Mers e la Sars, le due precedenti epidemie, sono scomparse per sempre e quindi è auspicabile che capiti anche per la terza epidemia da coronavirus. Dovremo stare attentissimi, prepararci, ma non ucciderci da soli".

Scheda biografica

Nato il 13 Aprile 1958 a Genova

Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Milano nel 1983. Specialità in Anestesia e Rianimazione presso l'Università degli Studi di Milano.

Per la sua formazione professionale ha frequentato i seguenti centri: Queen Charlotte Hospital di Londra, Hospital de la Santa Creu I Sant Pau di Barcellona, Cardiothoracic Centre of Monaco di Montecarlo, Hetzer Deutsches Herzzentrum – Berlin, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

 Honors and Positions

Autore di oltre 500 pubblicazioni, di cui oltre 230 su riviste internazionali indicizzate (citate più di 4000 volte, Hindex 27; Hindex ultimi 5 anni 18, IF totale >350) e 23 libri o capitoli di libri. Ha pubblicato studi randomizzati su BMJ e Circulation.
Presidente della Commissione del Ministero della Salute per la Pandemia Influenzale.
Vice Presidente della Commissione Nazionale Ricerca Sanitaria.
Membro della Commissione di Bioetica del Ministero della Salute.
Presidente della II Commissione del Consiglio Superiore di Sanità.
Membro della Commissione Sviluppo Sanità della Regione Lombardia
Editor in Chief della rivista “Heart Lung and Vessels” (indicizzata su pubmed), membro dell’editorial board di “Advances in Medicine” e revisore di grant per donors internazionali (tra cui la Swiss National Science Foundation).
Secondo il database Scopus, è tra i primi 10 medici al mondo per numero di pubblicazioni degli ultimi 2 anni nell’ambito “anesthesia” e tra i primi 20 nell’ambito “intensive care”.

Ha partecipato, spesso in qualità di principal investigator, a 27 protocolli di ricerca randomizzati approvati dal Comitato Etico dell’Ospedale San Raffaele.
Nel periodo 2009-2011 è stato Consulente del Ministro della Salute, Prof. Ferruccio Fazio, e Membro del Comitato Scientifico del CCM (Centro Controllo Malattie Nazionali del Ministero della Salute).

Insignito del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi , in data 2 giugno 2004.
Insignito del titolo di Commendatore dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano , in data 27 dicembre 2010.

Attività di insegnamento

Professore a contratto per le Scuole di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica, Neurochirurgia e Chirurgia dell’Apparato Digerente.
Docente presso il Corso Post-Graduate di Chirurgia e protesi Odontostomatologica (direttore Prof. Gherlone) dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
 Docente nell’ ambito del corso elettivo sulle Moderne procedure di trattamento del paziente nel periodo perioperatorio per studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia.
 Attività didattica tutoriale agli specializzandi di Anestesia e Rianimazione e Cardiologia.
 Attività didattica formativa professionalizzante (APRO) per studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia.
Docente nell’ambito del Corso Integrato sull’Assistenza avanzata al paziente critico con patologia cardiocircolatoria all’interno del Master di I Livello in Assistenza Infermieristica Avanzata al Paziente Critico.
Docente nell’ambito del Corso Integrato di Emergenze Medico Chirurgiche.
Docente nell’ambito del Corso Integrato di Infermieristica Clinica in Area Critica

Ha svolto anche le seguenti attività di insegnamento

Docente nell’ambito del I° Corso Annuale Teorico Pratico di Ecocardiografia Transesofagea.
Docente nell’ambito del Master di Eco-doppler in cardiochirurgia – Insufficienza Mitralica Degenerativa
Docente nell’ambito del Corso di Aggiornamento SIAARTI, La moderna Anestesia Bilanciata Anestesia Generale e Protezione
Direttore e docente del Master di II Livello in Terapia Intensiva Cardiochirurgia, Università Vita-Salute Ospedale San Raffaele.

Attività di ricerca in atto

Supporti avanzati al circolo e alla ventilazione (ECMO, VAD, cuore artificiale); Trattamento dello scompenso cardiaco acuto; Ventilazione non invasiva (in terapia intensiva e ai piani di degenza); Terapie anticoagulanti alternative in terapia intensiva; ottimizzazione emostasi perioperatoria; Cardioprotezione da alogenati; Prevenzione della mortalità perioperatoria e trattamento dell’infarto miocardico acuto perioperatorio (betabloccanti, inotropi, antiaggreganti, clonidina…); Prevenzione e trattamento dell’insufficienza renale acuta perioperatoria e del danno d’organo del paziente critico; Cardiac biomarkers (proBNP, cardiac troponin) and Renal biomarkers (ouabaine); Sepsi in terapia intensiva; Emergenze intra (medical emergency team) ed extra ospedaliere; Management anestesiologico del paziente ad elevatissimo rischio periprocedurale (per esempio sottoposto a procedure di sostituzione valvolare percutanea); Sviluppo di nuove tecnologie; Meta-analisi in ambito cardiovascolare e intensivistico per individuare farmaci o tecniche in grado di migliorare l’outcome in sala operatoria e in terapia intensiva.

Attività Clinico-Assistenziale

Dirigente Medico dal 1986

Primario dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardio-Toraco-Vascolare, IRCCS Ospedale San Raffaele dal 2003.

Primario dell'Unità Operativa di Terapia Intensiva e Rianimazione Generale, IRCCS Ospedale San Raffaele e dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione San Raffaele Turro dal 2008.

 Finanziamenti/Grants

Vincitore bando ricerca Finalizzata del Ministero della Salute, anno 2009.   “Levosimendan to reduce mortality in high risk cardiac surgery patients. A multicentre randomized controlled trial (Levosimendan in pazienti cardiochirurgici ad alto rischio. Uno studio multicentrico randomizzato controllato)”.
Responsabile Clinico del progetto finanziato dalla Regione Lombardia, anno 2009. “Utilizzo di sistemi di assistenza ventricolare sinistra a flusso continuo in pazienti affetti da insufficienza cardiaca terminale”.
Referente progetto CCM “Supporto extracorporeo cardiorespiratorio con ECMO (extracorporeal membrane oxygenation) in pazienti con scompenso cardiaco: miglioramento dell’outcome e prevenzione delle complicanze”. Anno 2009 – Prot. CNR-iBFM n. 00000175 del 14/04/2009.

Coordinatore Responsabile del Progetto stipulato il 26 novembre 2009 tra il Ministero della Salute, l’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza e la Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor per la realizzazione della: “Rete nazionale per la gestione della sindrome da insufficienza respiratoria acuta grave da polmoniti da virus A(H1N1) e l’eventuale utilizzo della terapia ECMO”.
Vincitore bando Ricerca Indipendente della Regione Lombardia, anno 2010. “Attività di coordinamento e gestione domiciliare di pazienti portatori di dispositivi di assistenza ventricolare (VAD) per il trattamento dell'insufficienza cardiaca terminale: il VAD Coordinator”.
 
 

La Cina mira a diventare "l'unica superpotenza del mondo", dice il direttore dell'FBI. 

Il direttore dell'FBI Christopher Wray ha tenuto un discorso presso l'Hudson Institute di Washington in cui ha ampiamente parlato della Cina e della minaccia che rappresenta.

Wray ha parlato dei tentativi cinesi di trarre vantaggio dall'innovazione e dalla tecnologia degli Stati Uniti, tra cui l'hacking Equifax, il furto di tecnologie militari, la pressione all'autocensura e la coercizione dei funzionari eletti statunitensi a livello locale.

"Se sei un adulto americano, è molto più probabile che la Cina abbia rubato i tuoi dati personali", ha detto Wray. "Ora siamo arrivati al punto in cui l'FBI sta aprendo un nuovo caso di controspionaggio relativo alla Cina circa ogni dieci ore". Analizziamo i rapporti che la Cina sta creando nel Mondo e specialmente con Iran :

Il presidente iraniano Hassan Rouhani ed il suo omologo cinese Xi Jinping avevano definito le relazioni tra i due Paesi, nel corso di una conversazione telefonica svoltasi alla fine di aprile, come speciali e strategiche. I due avevano inoltre parlato di rapporti commerciali promettenti, da potenziare con accordi bilaterali e lo sviluppo di progetti infrastrutturali comuni. Xi Jinping ed Hassan Rouhani avevano poi criticato l'atteggiamento degli Stati Uniti definito come una minaccia alla pace, sicurezza e stabilità della regione dal Capo di Stato iraniano e Xi Jinping aveva espresso riserve sulle sanzioni americane nei confronti di Teheran. Uno dei collanti che tiene unite due nazioni, ideologicamente così diverse, è proprio l'inimicizia e la rivalità con Washington, che sotto l'Amministrazione Trump ha assunto atteggiamenti ancora più ostili nei confronti delle parti.

La crisi – con l'economia iraniana sempre più ostaggio delle sanzioni americane, l'Europa partner evanescente e sponda sempre più debole per Teheran – potrebbe stringere in un abbraccio di ferro i due Paesi. Conviene ad entrambi. A Teheran per rianimare la sua economia e continuare ad armarsi, eludendo sanzioni e embargo. A Pechino per saziare la sua fame di energia.  

l'alleanza tra Cina e Iran si scaldasse anche sul piano militare. Secondo l'Istituto Internazionale di Ricerca di Stoccolma per la Pace, la Cina ha esportato armi per un valore di 269 milioni di dollari dal 2008 al 2018. Alla fine di dicembre, Cina, Iran e Russia – vale a dire i principali “nemici” degli Usa – hanno tenuto 4 giorni di esercitazioni militari tra l'Oceano Indiano e il Golfo dell’Oman. La Cina ha un'altra urgenza: blindare le rotte marittime. La base a Gibuti serve a questo. Il Paese è il principale esportatore di merci “containerizzate”: spedisce merci tre volte più degli Usa. Con la pirateria che infesta il 90 percento delle rotte marittime del mondo, il conto che la Cina può pagare rischia di essere astronomico. L'abbraccio a Teheran si spiega anche così.

Il messaggio è stato recapitato nel bel mezzo dell'escalation: le relazioni tra Pechino e Teheran non si toccano. Anzi, «la determinazione della Cina a sviluppare un partenariato strategico globale con l'Iran non cambierà», ha fatto sapere l'inviato cinese in Iran, Chang Hua.

Il modello è già stato ampiamente collaudato. La Cina lo ha sperimentato in Venezuela, per esempio. O in Africa. Il vuoto lasciato dal disimpegno Usa è un'occasione formidabile per il Dragone per tessere alleanze, per conquistare peso geopolitico. Sullo sfondo c'è la “partita” per la leadership mondiale. E al tavolo siedono solo due giocatori: Usa e Cina. I due giganti hanno assunto posizioni speculari, rovesciate una rispetto all'altra. Non è un caso che mentre l'America di Trump sembri perseguire la sua strategia del "dis-ordine" mondiale, la Cina provi a presentarsi come un attore di stabilizzazione

La protezione della Cina è di grande importanza per Teheran e alcuni sviluppi sembrerebbero  provarlo. L'Iran è riuscito ad inviare rifornimenti di greggio in Venezuela per supportare l’esecutivo di Nicolas Maduro, sempre più in difficoltà a causa della crisi economica, senza che gli Stati Uniti intervenissero per impedire un'azione ritenuta ostile. Il supporto di Pechino ha probabilmente avuto il suo peso nell’inibire una reazione da parte di Washington ed in questo modo la Repubblica Popolare ha rafforzato ulteriormente gli ottimi rapporti con Iran e Venezuela.

Il Medio Oriente rischia di essere sconvolto, se i suoi tratti politici, dal sempre maggior interventismo della Cina che si è materializzato in un accordo segreto venticinquennale con l'Iran per lo sviluppo della collaborazione bilaterale tra i due paesi. Ora, pian piano, stanno emergendo i contenuti sinora rimasti molto riservati e che cambieranno profondamente il disegno dell'area in un modo che non sarà gradito né all'Occidente né ai suoi alleati.

L'Iran ha un ruolo di primaria importanza nella Nuova Via della Seta varata da Pechino nel 2013, in fase avanzata di realizzazione: essa consiste in una rete viaria e ferroviaria tra la Cina e l'Europa attraverso l'Asia Centrale, il Medio Oriente e la Russia, abbinata a una via marittima attraverso l'Oceano Indiano, il Mar Rosso e il Mediterraneo. Per le infrastrutture viarie, ferroviarie e portuali in oltre 60 paesi sono previsti investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari.

la Cina sta effettuando in Iran investimenti per circa 400 miliardi di dollari: 280 nell’industria petrolifera, gasiera e petrolchimica; 120 nelle infrastrutture dei trasporti, compresi oleodotti e gasdotti. Si prevede che tali investimenti, effettuati in un periodo quinquennale, saranno successivamente rinnovati.

Nel settore energetico la China National Petroleum Corporation, società di proprietà statale, ha ricevuto dal governo iraniano un contratto per lo sviluppo del giacimento offshore di South Pars nel Golfo Persico, la maggiore riserva di gas naturale del mondo. Inoltre, insieme a un’altra società cinese, la Sinopec (per i tre quarti di proprietà statale), è impegnata a sviluppare la produzione dei campi petroliferi di West Karoun. Sfidando l’embargo Usa, la Cina sta aumentando le importazioni di petrolio iraniano. Ancora più grave per gli Usa è che, in questi e altri accordi commerciali tra Cina e Iran, si prevede un crescente uso del renminbi cinese e di altre valute, escludendo sempre più il dollaro.

Uno degli elementi segreti dell'accordo siglato lo scorso anno è che la Cina investirà 280 miliardi di dollari  nello sviluppo dei settori petroliferi e petrolchimici iraniani. Tale importo verrà finanziato anticipatamente nel primo periodo di cinque anni dell'accordo , ma le parti potranno concordare di estenderlo ed allargarlo a scadenze  sempre quinquennali. Quindi sono previsti altri  120 miliardi di dollari di investimenti, sempre incrementali, per migliorare le infrastrutture di trasporto e di produzione dell’Iran. In cambio di ciò, per cominciare, alle società cinesi verrà data la prima opzione per fare offerte su qualsiasi progetto – nuovo, in stallo o incompleto – relativi, gas e prodotti petrolchimici in Iran.

La Cina sarà inoltre in grado di acquistare tutti i prodotti petroliferi, di gas e di petrolchimici con uno sconto minimo garantito del 12% sul prezzo medio mobile a sei mesi dei prodotti comparabili di riferimento, più un altro 6-8% di quella metrica per compensi adeguati al rischio più altri sconti giù in atto, per un totale di una scontistica pari al 32%. Le condizioni di pagamento alla Cina saranno particolarmente favorevoli. Già questa parte dell’accordo è tale da spiazzare competitivamente tutti i paesi occidentali negli scambi commerciali sul mercato mondiale dei prodotti finiti, visto l'enorme sconto nelle forniture riservato a Pechino. Cumulato con altri sconti

Un'altra parte chiave dell'elemento segreto dell’accordo di 25 anni è legata al coinvolgimento totale che la Cina sarà coinvolta integralmente nella costruzione dell’infrastrutture nell'Iran centrale, in allineamento con il principale progetto multi-generazionale geopolitico della Cina, “One Belt, One Road “(OBOR). Per cominciare, la Cina intende utilizzare la manodopera attualmente a basso costo disponibile in Iran per costruire fabbriche che saranno finanziate, progettate e supervisionate da grandi aziende manifatturiere cinesi con specifiche e operazioni identiche a quelle cinesi.

I prodotti finiti saranno quindi in grado di accedere ai mercati occidentali attraverso nuovi collegamenti di trasporto, anch’essi pianificati, finanziati e gestiti dalla Cina. Praticamente Pechino si prepara la delocalizzazione in paesi a basso costo, come sta già facendo con diversi paesi africani come l’Etiopia, al fine di mantenere  la dominanza globale nel settore della manifattura permettendosi una posizione di sola dirigenza  delle proprie élite anche all’estero. In una prima fase già concordata la Cina interverrà elettrificando la rete ferroviaria iraniana e realizzando tratte ad alta velocità ferroviaria.

“La scorsa settimana, il leader supremo (Ali Khamenei) ha concordato l'estensione dell’accordo esistente per includere nuovi aspetti  militari oltre quelli proposti originariamente proposti dalle  figure senior nell’IRGC (la Guardia Islamica Rivoluzionaria) e dai servizi di intelligence  iraniana, e ciò comporterà una completa cooperazione militare aerea e navale tra Iran e Cina, con la Russia che parteciperà in un  ruolo chiave “, ha dichiarato una delle fonti iraniane.

“C’è un incontro in programma nella seconda settimana di agosto tra lo stesso gruppo iraniano e le loro controparti cinese e russa, che concorderà i dettagli rimanenti ma, a condizione che vada come previsto, quindi dal 9 novembre,  bombardieri russi e cinesi, truppe  ed  aerei da trasporto avranno accesso illimitato alle basi aeree iraniane ” sempre secondo le stesse fonti. “Questo spostamento di interessi militari  inizierà con strutture ad uso di tutte le nazioni appositamente costruite accanto agli aeroporti esistenti di Hamedan, Bandar Abbas, Chabahar e Abadan”

I  bombardieri schierati saranno presumibilmente versioni modificate in Cina dei Tupolev Tu-22M3 russi a lungo raggio, con una gamma di specifiche di produzione di 6.800 chilometri (2.410 km con armi a bordo), ed i cacciabombardieri a medio raggio  Sukhoi Su-34,  a cui si può aggiungere lo stealth  Sukhoi-57. Alcune basi iraniane sono state già utilizzate per azioni russe in Siria.

Se veramente gli USA, l'Occidente o Israele pensano di voler contenere l'Iran hanno una finestra d'intervento che si assottiglia ogni giorno che passa.
Pechino non spera in un conflitto tra gli Usa e la Repubblica Islamica. Né si schiererebbe concretamente con quest’ultima qualora un simile scenario si materializzasse.

In primo luogo, la Cina non vuole complicare le tortuose e prioritarie relazioni con la Casa Bianca. La guerra dei dazi innescata da Washington ha danneggiato notevolmente l'economia cinese. Pechino spera che la firma della fase 1 dei negoziati commerciali dia respiro alle esportazioni verso il mercato americano e spinga Washington a ridimensionare le critiche su dossier interni ostici, come Hong Kong, Xinjiang e Taiwan. Tuttavia, la tregua non scongiura la collisione tecnologica, militare e di soft power tra le due potenze.

La partnership tra Cina ed Iran deve fare i conti con il forte squilibrio di forze esistente tra i due Paesi: c'è il rischio, dunque, che Teheran possa sviluppare una dipendenza eccessiva nei confronti della Repubblica Popolare Cinese e dei suoi investimenti, come nel caso della Nuova Via della Seta. L’Iran è tra i maggiori beneficiari dell'iniziativa commerciale e la posizione geografica del Paese lo rende uno snodo vitale per favorire l'espansione di Pechino in Asia centrale e nel Caucaso. 

La Cina dovrebbe investire 120 miliardi nei trasporti e nelle infrastrutture iraniane ed i due Stati hanno inoltre firmato un accordo di cooperazione contro il terrorismo nel 2016. Non è escluso, però, che Pechino consideri Teheran come una semplice pedina per rafforzare le proprie posizioni nella regione: le tensioni internazionali hanno portato la Repubblica Popolare a ridurre le importazioni di petrolio dall'Iran ed a sostituirle con quelle provenienti dall'Arabia Saudita, nemico strategico del Paese. Il partenariato tra Cina ed Iran è stato inoltre strumentale alla diffusione del Covid-19 nella nazione mediorientale, che risulta tra le più colpite dal virus.

 

 

 

 

 

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